Inchiesta Save the Children
In Italia 336 mila bambini e ragazzi sfruttati

 
Lo scorso 4 aprile l'organizzazione Save the Children ha presentato a Roma la sua indagine sul lavoro minorile in Italia denominata “Non è un gioco”, una documentata analisi di 94 pagine - basata su un campione di 2.080 studenti di 15 province e 72 scuole - che fotografa una realtà tanto drammatica quanto sfuggevole, quella dello sfruttamento del lavoro dei giovani al di sotto dei 16 anni – l'età minima lavorativa in base alla legge - nel nostro Paese.
Si stima che attualmente vengano coinvolti in esperienze di lavoro continuative, saltuarie o occasionali - soprattutto nelle attività di ristorazione, nei negozi, nei lavori in campagna e ora anche in servizi online – non meno di 336 mila ragazzi tra i 7 e i 15 anni, cioè il 6,8% di questa fascia di età, una percentuale che arriva al 20% tra gli adolescenti compresi tra i 14 e i 15 anni, e il 27,8% degli intervistati ha dichiarato di svolgere attività lavorative dannose per i percorsi scolastici e per il benessere psicofisico.
Il 65,4% dei lavoratori tra i 7 e i 15 anni sono di sesso maschile e il 5,7% di essi è costituito da figli di immigrati o comunque da giovani immigrati.
I settori maggiormente interessati allo sfruttamento del lavoro dei minori di 16 anni, come si legge a pagina 6 del rapporto, sono quelli della ristorazione (25,9%), della vendita al dettaglio nei negozi e attività commerciali (16,2%), delle attività in campagna (9,1%), delle attività svolte in cantiere (7,8%), delle attività di cura con continuità di fratelli, sorelle o parenti (7,3%) alle quali si aggiungono, da alcuni anni, nuove forme di lavoro online (5,7%).
Nel periodo in cui lavorano, mette in evidenza il rapporto, questi minori sono costretti a trascurare, tralasciare o addirittura abbandonare definitivamente la scuola: più della metà dei giovanissimi intervistati lavora tutti i giorni o qualche volta a settimana, la metà di loro per oltre 4 ore al giorno, tanto che la percentuale di bocciature, tra chi ha lavorato prima dei 16 anni rispetto a chi non ha mai lavorato, è doppia.
Nel rapporto è stata evidenziata anche la relazione tra esperienze lavorative precoci e coinvolgimento nel circuito penale: è emerso che quasi il 40% di coloro che hanno dovuto affrontare il Tribunale per i minorenni (ossia minori e giovani adulti giudicati per reati commessi quando erano minorenni) hanno svolto attività lavorative prima dell'età legale.
Del resto, tali giovanissimi lavoratori che non hanno ancora compiuto i 16 anni sperimentano l'illegalità precocemente in quanto, inevitabilmente, lavorano in nero, quindi senza contratto né diritti, e tale situazione è per essi assai diseducativa, portandoli a pensare che le leggi non abbiano alcun valore, con le conseguenze spesso disastrose di entrare nel circuito penale minorile.
Lo studio, infine, mette in risalto come il livello di istruzione dei genitori sia significativamente associato al lavoro minorile: alle pagine 32, 33 e 34 del rapporto si evidenzia come la percentuale di genitori senza alcun titolo di studio o con la licenza elementare o media sia molto più alta tra gli adolescenti che hanno avuto esperienze di lavoro: ciò è correlato, ovviamente, con il fatto che un titolo di istruzione superiore offre prospettive lavorative economicamente migliori per i genitori (o il genitore) e di conseguenza elimina per i figli la necessità di lavorare precocemente per aiutare la famiglia.

12 aprile 2023