Intervenendo a un simposio organizzato in occasione del 130° anniversario della nascita di Mao
Il nuovo imperatore Xi strumentalizza il pensiero e l'opera di Mao per far accettare la sua politica socialimperialista al popolo cinese

Il nuovo imperatore della Cina, Xi Jimping, continua a portare avanti la sua opera truffaldina di “cinesizzazione” del marxismo allo scopo di fornire le basi ideologiche alla strategia egemonica mondiale del socialimperialismo cinese. Dopo aver consolidato, col XX Congresso del PCC tenutosi nell'ottobre 2022, il suo potere assoluto nel partito e nello Stato, liquidando ogni residuo della vecchia classe dirigente, sostituendola con tutti i suoi uomini più fidati e facendosi rieleggere per un terzo mandato di Segretario del partito, Presidente della Repubblica e capo delle forze armate, l'imbroglione arcirevisionista si è dedicato infatti a promuovere il suo pensiero, ovvero il “pensiero di Xi Jinping sul socialismo con caratteristiche cinesi per una nuova era”, come il “marxismo del XXI secolo”, cioè l'ideologia che dovrebbe guidare il “socialismo con caratteristiche cinesi” verso la “modernizzazione e il ringiovanimento della nazione cinese”. Formule revisioniste dietro le quali si cela il suo sogno imperialista di fare della Cina una superpotenza economica e militare in grado di poter scalzare l'egemonia mondiale del declinante, ma ancora dominante, imperialismo americano.

La nuova tattica dell'imbroglione Xi su Mao
Naturalmente ciò che lui chiama “marxismo adattato al contesto cinese e alle esigenze dei nostri tempi” è solo una parodia del marxismo, un marxismo snaturato che lui e i suoi predecessori, a partire dal rinnegato Deng Xiaoping, hanno opportunisticamente “interpretato” a copertura del loro tradimento dell'eredità ideologica, politica e pratica di Mao. Operazione affatto nuova ma tipica degli opportunisti e dei revisionisti di ogni epoca, che si richiamano al marxismo a parole, ma rifiutano il suo intero e coerente sviluppo in marxismo-leninismo-pensiero di Mao, per poter allargare il campo del marxismo alla socialdemocrazia, al liberalismo e ad altre varianti dell'ideologia borghese capitalista.
Tuttavia questo imbroglione non può presentarsi come il nuovo “Marx del XXI secolo” senza dover fare per forza i conti con un gigante del pensiero e dell'azione come Mao, anche perché sa benissimo che egli è ancora molto ricordato e amato dal proletariato e dalle masse popolari cinesi; e in particolare la sua figura e il suo pensiero continuano ad ispirare le serpeggianti ribellioni dei giovani rivoluzionari cinesi, come dimostra la loro enorme affluenza, lo scorso 26 dicembre, a Shaoshan, città natale di Mao, per commemorare il 130° anniversario della sua nascita. Ecco perché Xi, dopo aver tentato, sia con la celebrazione del centenario della fondazione del PCC, sia col XX Congresso del partito, di sminuire la figura di Mao cancellandone la grandezza di Maestro del proletariato internazionale, erede e continuatore di Marx, Engels, Lenin e Stalin, per confinarlo sostanzialmente nel ruolo di padre della patria, adesso cambia tattica e lo esalta come un “grande marxista”, ma solo per dare una veste di sinistra alla propria politica capitalista, fascista e imperialista.
L'occasione è stata appunto il 130° anniversario della nascita di Mao, celebrato con un simposio tenuto il 26 dicembre dal CC del PCC presso la Grande sala del popolo a Pechino alla presenza di tutti i membri del Comitato permanente dell'Ufficio politico. Nell'aprire il suo intervento, infatti, rievocando la figura di Mao, Xi non ha mancato stavolta di aggiungere al merito di “grande patriota ed eroe nazionale nella storia cinese moderna”, anche quelli di “grande marxista e grande rivoluzionario, stratega e teorico proletario”, nonché di “grande internazionalista che ha dato contributi significativi alla liberazione delle nazioni oppresse e alla causa del progresso umano in tutto il mondo”. Ma i suoi sono riconoscimenti del tutto formali e insinceri, (oltreché assai parziali in quanto lo definisce semplicemente e genericamente “grande marxista e grande rivoluzionario”), perché in realtà ciò gli serviva solo per portare il discorso dove voleva lui, ovvero dipingere Mao come una sorta di precursore del proprio disegno socialimperialista.

Mao “precursore” dell'arcirevisionista Xi?
Come riporta infatti la sintesi dell'agenzia Xinuhua, nel suo discorso Xi “ha sottolineato che Mao ha dedicato la sua vita al raggiungimento degli obiettivi di prosperità nazionale, ringiovanimento della nazione cinese e promozione del benessere del popolo. Ha guidato il popolo nell'avvio dello storico processo di adattamento del marxismo al contesto cinese, forgiando il grande, glorioso e giusto Partito Comunista Cinese, fondatore della Nuova Cina con coloro che godono dello status di padroni del paese, creando un sistema socialista avanzato e costruendo un nuovo modello di esercito popolare invincibile. Ha reso storici e indelebili contributi alla nazione cinese e al popolo cinese, e ha dato contributi brillanti che passeranno alla storia”. Parole da cui traspare abbastanza nettamente, al di là degli elogi retorici, il tentativo di attribuire a Mao concetti tipici del “pensiero di Xi Jinping sul socialismo con caratteristiche cinesi per una nuova era”, come l'“adattamento del marxismo al contesto cinese”, il “ringiovanimento della nazione cinese”, e la “prosperità nazionale”, naturalmente capitalistica quale la intende il nuovo imperatore.
“Far avanzare la trasformazione della Cina in un paese forte e realizzare il grande ringiovanimento della nazione cinese su tutti i fronti verso la modernizzazione cinese”, ha aggiunto significativamente Xi, “è una causa non realizzata della vecchia generazione di rivoluzionari come Mao Zedong, ed è la solenne e storica responsabilità dei comunisti cinesi contemporanei”. Secondo questo imbroglione, quindi, non ci sarebbe nessuna differenza tra il vero socialismo realizzato da Mao in Cina sul modello dell'URSS socialista di Lenin e Stalin, e quello farlocco “con caratteristiche cinesi” teorizzato da Xi, che serve solo da simulacro per mascherare il capitalismo, l'economia di mercato e la proprietà privata restaurati dal rinnegato Deng e dai suoi seguaci revisionisti e socialfascisti, fino alla loro evoluzione in socialimperialismo perseguita da Xi. Quest'ultimo non farebbe insomma che continuare l'opera iniziata da Mao, e questo dice tutto su che razza di sfacciato imbroglione anti marxista-leninista sia il nuovo imperatore cinese.

L'internazionalismo di Mao e il socialimperialismo di Xi
Non per nulla, fatta questa sporca operazione iniziale, in tutto il resto del discorso Xi nemmeno nomina più Mao e si dedica invece a snocciolare ed esaltare, con abbondanza di iperbole, tutti i punti della sua marcia ideologia imperialista: dalla “modernizzazione che è la causa del popolo cinese”, all'“adattamento del marxismo al contesto cinese e alle esigenze dei nostri tempi”, anche integrandolo con “la bella cultura tradizionale” (leggi confucianesimo); dal continuare la politica capitalista denghiana delle “riforme e apertura”, per “sviluppare continuamente le forze produttive” (capitalistiche, ndr), alla lotta alla corruzione nel partito, che è la bandiera da lui impugnata contro una piaga evidentemente molto diffusa ma anche uno spauracchio per tenere sotto ricatto i suoi avversari politici.
Ancor più stridente con l'eredità marxista-leninista e internazionalista proletaria di Mao appare la linea di politica estera socialimperialista espressa da Xi nell'ultima parte del discorso celebrativo, dove ha ribadito la politica di “un paese due sistemi” per il governo delle ex colonie Hong Kong e Macao, assicurando formalmente “un elevato grado di autonomia”, ma enfatizzando in realtà “la necessità di accertarsi che Hong Kong e Macao siano amministrate da patrioti”: cioè che Pechino non rinuncerà a ingerirsi con ogni mezzo per garantirsi il pieno controllo dei due territori.
Ancor più minaccioso il discorso di Xi è stato sulla questione di Taiwan, col ribadire che “realizzare la completa riunificazione della Cina è conforme all'andamento dei tempi e alla volontà del popolo cinese, e agli interessi generali della nazione cinese. La Cina deve essere e lo sarà sicuramente riunificata”. Soprattutto se letto nel contesto delle sempre più muscolari manovre militari che la marina e l'aviazione cinesi compiono nello stretto di Taiwan, anche in risposta all'espansione e alle provocazioni dell'imperialismo americano e dei suoi alleati asiatici nella regione dell'Indo-Pacifico, dove aumentano le probabilità che scocchi la scintilla che darà il via alla terza guerra mondiale.
In conclusione quella del nuovo imperatore cinese è solo un'altra sporca operazione di strumentalizzazione del pensiero e dell'opera di Mao per far accettare meglio al popolo cinese la sua politica revisionista e socialimperialista.

10 gennaio 2024