Intervista di Stalin con la prima delegazione operaia americana
9 settembre 1927

Prima domanda. Quali nuovi principi furono praticamente aggiunti al marxismo da Lenin e dal Partito comunista? Sarebbe giusto dire che Lenin credeva nella "rivoluzione creatrice'', mentre Marx era più incline ad attendere che lo sviluppo delle forze economiche arrivasse al suo culmine?
Risposta.
Penso che Lenin non ha "aggiunto'' al marxismo nessun "nuovo principio'', come non ha soppresso nessuno dei "vecchi'' principi del marxismo. Lenin fu e resta il discepolo più fedele e più conseguente di Marx e di Engels, e si fonda interamente e completamente sui principi del marxismo. Ma Lenin non fu soltanto un realizzatore della dottrina di Marx e di Engels. Oltre a ciò, egli fu il continuatore della dottrina di Marx e di Engels. Cosa significa ciò? Ciò significa che egli ha sviluppato ulteriormente la dottrina di Marx e di Engels conformemente alle nuove condizioni di sviluppo, conformemente alla nuova fase del capitalismo, l'imperialismo. Questo significa che, sviluppando ulteriormente la dottrina di Marx nelle nuove condizioni della lotta di classe, Lenin ha portato al patrimonio generale del marxismo qualche cosa di nuovo in confronto a quello che fu dato da Marx e da Engels, in confronto a quello che poteva essere dato nel periodo del capitalismo preimperialistico; però quello che Lenin ha portato di nuovo al patrimonio del marxismo si basa interamente e completamente sui principi dati da Marx e da Engels. In questo senso appunto noi parliamo del leninismo come del marxismo dell'epoca dell'imperialismo e delle rivoluzioni proletarie. Ecco alcune questioni sulle quali Lenin ha dato qualche cosa di nuovo, sviluppando ulteriormente la dottrina di Marx. In primo luogo, la questione del capitalismo monopolistico, dell'imperialismo, come nuova fase del capitalismo. Marx ed Engels dettero nel "Capitale'' un'analisi delle basi del capitalismo. Ma Marx ed Engels vissero nel periodo di dominio del capitalismo premonopolistico, nel periodo di quieta evoluzione del capitalismo e della sua "pacifica'' estensione su tutto il globo terrestre. Questa vecchia fase terminò alla fine del XIX e all'inizio del XX secolo, allorché Marx ed Engels non vivevano più. è comprensibile che Marx ed Engels potevano soltanto intuire le nuove condizioni di sviluppo del capitalismo che si crearono con la nuova fase del capitalismo, venuta a sostituire la vecchia fase, con la fase imperialista e monopolista di sviluppo, quando la graduale evoluzione del capitalismo venne ad essere sostituita da uno sviluppo a salti, catastrofico, del capitalismo, quando l'ineguaglianza di sviluppo e le contraddizioni del capitalismo si manifestarono con forza particolare, quando la lotta per i mercati di vendita e i mercati di esportazione del capitale, data la estrema ineguaglianza dello sviluppo, rese inevitabili delle guerre imperialiste periodiche, per delle nuove spartizioni periodiche del mondo e delle sfere di influenza. Il merito di Lenin e, di conseguenza, ciò che vi è di nuovo in Lenin è che egli, fondandosi sulle tesi fondamentali del "Capitale'', ha dato un'analisi marxista scientifica dell'imperialismo, come ultima fase del capitalismo, mettendo in luce le sue piaghe e le condizioni della sua inevitabile catastrofe. Sulla base di questa analisi è sorta la nota tesi di Lenin che nel periodo dell'imperialismo è possibile la vittoria del socialismo nei singoli paesi capitalistici, presi separatamente. In secondo luogo, la questione della dittatura del proletariato. L'idea fondamentale della dittatura del proletariato, come dominio politico del proletariato e come metodo d'abbattimento violento del potere del capitale, venne data da Marx e da Engels. In questo campo ciò che vi è di nuovo in Lenin è: a) che egli ha scoperto il potere dei Soviet come forma statale della dittatura del proletariato, utilizzando a questo scopo l'esperienza della Comune di Parigi e della rivoluzione russa; b) che egli ha spiegato il valore della formula della dittatura del proletariato dal punto di vista del problema degli alleati del proletariato, definendo la dittatura del proletariato come forma particolare dell'alleanza di classe del proletariato, che è il dirigente, con le masse sfruttate delle classi non proletarie (contadini, ecc.), che sono dirette dal proletariato; c) che egli ha sottolineato con forza particolare che nella società divisa in classi la dittatura del proletariato è il tipo più alto di democrazia, la forma della democrazia proletaria che esprime gli interessi della maggioranza (cioè degli sfruttati), in contrapposto alla democrazia capitalista, che esprime gli interessi della minoranza (cioè degli sfruttatori). In terzo luogo, la questione delle forme e dei metodi della edificazione vittoriosa del socialismo nel periodo della dittatura del proletariato, nel periodo transitorio dal capitalismo al socialismo, in un paese circondato da Stati capitalisti. Marx ed Engels consideravano il periodo della dittatura del proletariato come un periodo più o meno lungo, pieno di scontri rivoluzionari e di guerre civili, durante il quale il proletariato, trovandosi al potere, prende le misure di carattere economico, politico, culturale e organizzativo, necessarie per creare al posto della vecchia società capitalista la nuova società socialista, la società senza classi, la società senza Stato. Lenin si mantenne interamente e completamente sul terreno di queste tesi fondamentali di Marx e di Engels. In questo campo ciò che vi è di nuovo in Lenin è: a) che egli ha dimostrato la possibilità di edificare interamente la società socialista nel paese della dittatura del proletariato, circondato da Stati imperialisti, a condizione che questo paese non venga soffocato dall'intervento militare degli Stati capitalisti che lo circondano; b) che egli ha tracciato le vie concrete della politica economica ("nuova politica economica''), seguendo le quali il proletariato, avendo nelle mani le leve di comando dell'economia (industria, terra, trasporti, banche, ecc.), collega l'industria socializzata con l'economia agricola ("saldatura dell'industria con l'economia contadina'') e conduce così tutta l'economia al socialismo; c) che egli ha tracciato le vie concrete per attirare e condurre gradualmente le masse fondamentali dei contadini nella corrente dell'edificazione socialista attraverso la cooperazione, che costituisce, nelle mani della dittatura del proletariato, il più grande mezzo per la trasformazione della piccola economia contadina e per la rieducazione delle masse fondamentali dei contadini nello spirito del socialismo. In quarto luogo, la questione dell'egemonia del proletariato nella rivoluzione, in ogni rivoluzione popolare, tanto nella rivoluzione contro lo zarismo quanto nella rivoluzione contro il capitalismo. Marx ed Engels abbozzarono le linee fondamentali dell'idea dell'egemonia del proletariato. Il nuovo in Lenin è che egli ha sviluppato ulteriormente e ha allargato questi abbozzi facendone un sistema armonico dell'egemonia del proletariato, un sistema armonico della direzione delle masse lavoratrici della città e della campagna da parte del proletariato, non solo nell'opera di abbattimento dello zarismo e del capitalismo, ma anche nell'opera di edificazione socialista durante la dittatura del proletariato. è noto che, grazie a Lenin e al suo partito, l'idea dell'egemonia del proletariato ha avuto un'applicazione magistrale in Russia. Questo spiega, tra l'altro, il fatto che la rivoluzione in Russia ha portato al potere il proletariato. Prima le cose avvenivano di solito in modo che gli operai durante la rivoluzione lottavano sulle barricate, versavano il loro sangue, abbattevano il vecchio regime, e il potere cadeva nelle mani dei borghesi, i quali in seguito opprimevano e sfruttavano gli operai. Così andarono le cose in Inghilterra e in Francia. Così andarono le cose in Germania. Da noi in Russia, le cose hanno seguito un altro corso. Da noi gli operai non sono stati soltanto la forza d'assalto della rivoluzione. Essendo la forza d'assalto della rivoluzione, il proletariato russo si è sforzato, nello stesso tempo, di essere l'egemone, il dirigente politico di tutte le masse sfruttate della città e della campagna, stringendole intorno a sé, staccandole dalla borghesia, isolando politicamente la borghesia. Ed essendo l'egemone delle masse sfruttate, il proletariato russo ha sempre lottato per prendere il potere nelle proprie mani e utilizzarlo per i suoi interessi, contro la borghesia, contro il capitalismo. Così appunto si spiega perché in Russia ogni azione rivoluzionaria potente, tanto nell'ottobre 1905, quanto nel febbraio 1917, ha portato sulla scena i Soviet dei deputati operai, come embrione del nuovo apparato del potere, destinato a schiacciare la borghesia, in contrapposto al parlamento borghese, vecchio apparato del potere, destinato a schiacciare il proletariato. Due volte da noi la borghesia tentò di restaurare il parlamento borghese e di por fine ai Soviet: nell'agosto 1917 al tempo del "Preparlamento'', prima della presa del potere da parte dei bolscevichi, e nel gennaio 1918, al tempo dell'"Assemblea costituente'', dopo la presa del potere da parte del proletariato, e ogni volta essa fu sconfitta. Perché? Perché la borghesia era già isolata politicamente, perché masse di milioni di lavoratori consideravano il proletariato come unico capo della rivoluzione e i Soviet erano già stati controllati e provati dalle masse, come il loro potere operaio, la cui sostituzione con un parlamento borghese sarebbe stata per il proletariato un suicidio. Non c'è quindi da stupirsi se da noi il parlamento borghese non ha attecchito. Ecco perché la rivoluzione in Russia ha portato al potere il proletariato. Tali sono i risultati della messa in pratica del sistema leninista dell'egemonia del proletariato nella rivoluzione. In quinto luogo, la questione nazionale e coloniale. Marx ed Engels, analizzando ai loro tempi gli avvenimenti d'Irlanda, d'India, di Cina, dei paesi dell'Europa centrale, di Polonia e d'Ungheria, dettero le idee direttrici fondamentali circa la questione nazionale e coloniale. Lenin nelle sue opere si è fondato su queste idee. In questo campo ciò che vi è di nuovo in Lenin è: a) che egli raccoglie queste idee in un sistema armonico di concezioni circa le rivoluzioni nazionali e coloniali nell'epoca dell'imperialismo; b) che egli lega la questione nazionale e coloniale alla questione dell'abbattimento dell'imperialismo; c) che egli proclama che la questione nazionale e coloniale è parte integrante della questione generale della rivoluzione proletaria internazionale. Infine, la questione del partito del proletariato. Marx ed Engels tracciarono le linee fondamentali della dottrina del partito come reparto d'avanguardia del proletariato, senza il quale (senza partito) il proletariato non può raggiungere la propria liberazione, né nel senso della presa del potere, né nel senso della trasformazione della società capitalista. In questo campo ciò che vi è di nuovo in Lenin è che egli ha sviluppato ulteriormente questi abbozzi in relazione alle nuove condizioni di lotta del proletariato nel periodo dell'imperialismo, dimostrando: a) che il partito è la forma superiore dell'organizzazione di classe del proletariato in confronto alle altre forme di organizzazione del proletariato (sindacati, cooperative, organizzazione statale), di cui il partito deve coordinare e dirigere il lavoro; b) che la dittatura del proletariato può essere realizzata soltanto attraverso il partito, che ne è la forza direttiva; c) che la dittatura del proletariato può essere totale soltanto nel caso in cui sia diretta da un solo partito, dal partito dei comunisti, il quale non divide e non deve dividere la direzione con altri partiti; d) che senza una disciplina di ferro nel partito non possono essere realizzati i compiti della dittatura del proletariato per schiacciare gli sfruttatori e trasformare la società di classe in società socialista. Ecco, essenzialmente, quello che Lenin ha dato di nuovo nelle sue opere, concretizzando e sviluppando ulteriormente la dottrina di Marx, in relazione alle nuove condizioni di lotta del proletariato nel periodo dell'imperialismo. Perciò si dice da noi che il leninismo è il marxismo dell'epoca dell'imperialismo e delle rivoluzioni proletarie. Di qui si vede che il leninismo non può essere separato dal marxismo e tanto meno può essergli contrapposto. Nella domanda della delegazione si dice ancora: "Sarebbe giusto dire che Lenin credeva nella `rivoluzione creatrice', mentre Marx era più incline ad attendere che lo sviluppo delle forze economiche arrivasse al suo culmine?". Penso che dire così sarebbe completamente errato. Penso che qualsiasi rivoluzione popolare, se essa è veramente tale, è una rivoluzione creatrice, perché abbatte il vecchio sistema e ne crea, ne costruisce uno nuovo. Naturalmente, non vi può essere nulla di creativo nelle cosiddette "rivoluzioni'', che capitano qualche volta, per esempio in Albania, sotto forma di "insurrezioni'' lillipuziane di alcune tribù contro delle altre. Però i marxisti non hanno mai considerato queste "insurrezioni'' lillipuziane come delle rivoluzioni. Non si tratta, evidentemente, di simili "insurrezioni'', ma della rivoluzione popolare di massa che solleva le classi oppresse contro le classi che le opprimono. E questa rivoluzione non può essere che creatrice. Marx e Lenin erano appunto per una simile rivoluzione e solo per essa. è chiaro che una simile rivoluzione non può sorgere in qualsiasi condizione, e può avvenire solo in determinate condizioni favorevoli d'ordine economico e politico.
 
Seconda domanda. Si può dire che il partito comunista controlla il governo?
Risposta. Tutto dipende da quello che s'intende per controllo. Nei paesi capitalistici si ha un concetto alquanto originale del controllo. So che diversi governi capitalistici, nonostante l'esistenza di parlamenti “democratici”, sono controllali dalle grandi banche. I parlamenti dichiarano che son loro a controllare i governi. In realtà, invece, avviene che la composizione dei governi è fissata in precedenza dai maggiori consorzi finanziari, i quali controllano anche l'operato dei governi. Chi non sa che in nessuna “potenza” capitalistica può essere formato un gabinetto contro la volontà dei maggiori magnati della finanza? È sufficiente una piccola pressione finanziaria perché i ministri volino via dai loro posti come dei fuscelli. Questo è un vero e proprio controllo delle banche sui governi, nonostante l'apparente controllo dei parlamenti.
Se si intende un controllo di questo genere, debbo dichiarare che nel nostro paese il controllo dei sacchi di scudi sul governo è inconcepibile, è assolutamente da escludersi non foss'altro per il fatto che le banche sono già state nazionalizzate molto tempo fa, e i sacchi di scudi sono stati buttali fuori dall'URSS.
Forse la delegazione intendeva parlare non di controllo, ma di direzione del governo da parte del partito? Se la delegazione intendeva chiedere questo, rispondo: sì, da noi il partito dirige il governo. E il partito può farlo perché da noi il partito gode della fiducia della maggioranza degli operai e dei lavoratori in generale, e ha il diritto di dirigere gli organi governativi a nome di questa maggioranza.
In che cosa si manifesta la direzione del governo da parte del partito operaio dell'URSS, da parte del partito comunista dell'URSS?
Innanzi tutto, nel fatto che nel nostro paese, attraverso i Soviet e i loro congressi, il partito comunista cerca di far eleggere ai posti governativi più importanti i suoi candidati, i suoi quadri migliori, devoti allo causa del proletariato e pronti a servire il proletariato lealmente e fedelmente. E questo riesce nella enorme maggioranza dei casi perché gli operai e i contadini hanno fiducia nel partito. Non per caso da noi i dirigenti degli organi del potere sono dei comunisti e godono di un enorme prestigio nel paese.
In secondo luogo, nel fatto che il partito controlla il lavoro degli organi amministrativi, il lavoro degli organi governativi, correggendo gli inevitabili errori e difetti, aiutandoli a tradurre in atto le decisioni del governo e cercando di garantire loro l'appoggio delle masse; d'altra parte essi non prendono nessuna importante decisione senza appropriate direttive del partito.
In terzo luogo, nel fatto che quando si elabora il piano di lavoro dei vari organi governativi nel campo dell'industria o dell'agricoltura, del commercio e della cultura, il partito dà le direttive generali che determinano il carattere e l'indirizzo del lavoro di questi organi per il periodo in cui i piani sono operativi.
La stampa borghese di solito si “meraviglia” di questa “interferenza” del partito negli affari dello stato. Ma questa “meraviglia” è completamente fuor di luogo. È risaputo che nei paesi capitalistici i partiti borghesi “interferiscono” esattamente nello stesso modo negli affari dello stato e dirigono i governi; non solo, ma in quei paesi la direzione è concentrata nelle mani di una ristretta cerchia di persone che sono legate in un modo o nell'altro alle grandi banche e che, per questo motivo, cercano di nascondere alla popolazione la loro funzione.
Chi non sa che ogni partito borghese in Inghilterra o negli altri paesi capitalistici ha un suo gabinetto segreto composto da un ristretto gruppo di persone, le quali concentrano nelle loro mani la direzione? È sufficiente ricordare il noto discorso di Lloyd George a proposito del gabinetto “ombra” del partito liberale. La differenza a questo riguardo tra il paese dei Soviet e i paesi capitalistici consiste nel fatto che:
a) nei paesi capitalistici i partiti borghesi dirigono lo stato nell'interesse della borghesia e contro il proletariato, mentre nell'URSS il partito comunista dirige lo stato nell'interesse del proletariato e contro la borghesia;
b) i partiti borghesi nascondono al popolo la loro funzione dirigente ricorrendo a gabinetti segreti, equivoci, mentre il partito comunista dell'URSS non ha bisogno di nessun gabinetto segreto, ma bolla la politica e la pratica dei gabinetti segreti e dichiara apertamente di fronte a tutto il paese che si assume la responsabilità della direzione dello stato.
Un delegato . Il partito dirige i sindacati in base agli stessi principi?
Stalin . Sostanzialmente sì. Formalmente il partito non può dare ai sindacati nessuna direttiva. Ma il partito dà direttive ai comunisti che lavorano nei sindacati. È noto che nei sindacati vi sono gruppi di comunisti, come ve ne sono nei Soviet, nelle cooperative ecc. Questi gruppi di comunisti, facendo opera di persuasione, hanno il dovere di ottenere che gli organi dei sindacati, dei Soviet, delle cooperative ecc. prendano decisioni conformi alle direttive del partito. Ed essi ci riescono nella grande maggioranza dei casi perché l'influenza del partito sulle masse è enorme e perché il partito gode della grande fiducia delle masse. In questo modo si assicura l'unità d'azione fra le più diverse organizzazioni del proletariato. Altrimenti il lavoro di queste organizzazioni della classe operaia sarebbe discorde e confuso.
 
Terza domanda. Dato che in Russia è legale un solo partito, come fate a sapere che le masse simpatizzano per il comunismo?
Risposta. È vero che nell'URSS non vi sono partiti borghesi legali, che solo un partito, il partito degli operai, il partito dei comunisti gode della legalità. Abbiamo noi tuttavia il modo e i mezzi per convincerci che la maggioranza degli operai, la maggioranza delle masse lavoratrici simpatizza per i comunisti? Parlo, naturalmente, delle masse operaie e contadine e non della nuova borghesia, non dei relitti delle vecchie classi sfruttatrici che sono già state schiacciate dal proletariato. Sì, abbiamo la possibilità, abbiamo il modo e i mezzi per sapere se le masse operaie e contadine simpatizzano o no per i comunisti.
Prendiamo i periodi più importanti della vita del nostro paese e vediamo se vi è motivo di affermare che le masse simpatizzano effettivamente per i comunisti.
Prendiamo prima di tutto un periodo così importante come la Rivoluzione d'Ottobre nel 1917, quando il partito dei comunisti, proprio in quanto partito, fece apertamente appello agli operai e ai contadini affinché rovesciassero il potere della borghesia, e quando questo partito ottenne l'appoggio dell'enorme maggioranza degli operai, dei soldati e dei contadini.
Qual era allora la situazione? Al potere stavano i socialisti-rivoluzionari (s.-r.) e i socialdemocratici (menscevichi), che avevano fatto blocco con la borghesia. L'apparato del potere, al centro e alla periferia, così come l'apparato di comando dell'esercito, che contava dodici milioni di uomini, si trovavano nelle mani di questi partiti, nelle mani del governo. Il partito dei comunisti era semillegale. I borghesi di tutti i paesi profetizzavano l'inevitabile fine del partito dei bolscevichi. L'Intesa sosteneva senza riserve il governo di Kerenski. Nonostante ciò il partito dei comunisti, il partito dei bolscevichi non cessò di far appello al proletariato affinché rovesciasse il governo e instaurasse la dittatura del proletariato. E che cosa avvenne? La grande maggioranza delle masse lavoratrici nelle retrovie e al fronte sostenne nel modo più deciso il partito dei bolscevichi, il governo di Kerenski fu rovesciato e fu instaurato il potere del proletariato.
Come è potuto accadere che i bolscevichi risultassero allora vincitori nonostante le profezie contrarie dei borghesi di tutti i paesi sulla fine del partito dei bolscevichi? Non dimostra forse questa circostanza che le larghe masse dei lavoratori simpatizzano con il partito dei bolscevichi? Penso di sì.
Eccovi la prima prova del prestigio e dell'influenza del partito comunista tra le larghe masse della popolazione.
Prendiamo il periodo successivo, il periodo dell'intervento, il periodo della guerra civile, quando i capitalisti inglesi occuparono la Russia settentrionale, la regione di Arcangelo e Murmansk, quando i capitalisti americani, inglesi, giapponesi e francesi occuparono la Siberia spingendo alla ribalta Kolciak, quando i capitalisti francesi e inglesi si preparavano ad occupare il “sud della Russia” portando sugli scudi Denikin e Wrangel.
Fu quella la guerra dell'Intesa e dei generali controrivoluzionari russi contro il governo comunista di Mosca, contro le conquiste fatte nell'ottobre dalla nostra rivoluzione. Fu quello il periodo in cui la forza e la stabilità del partito comunista furono messe duramente alla prova tra le larghe masse degli operai e dei contadini.
E che cosa avvenne? Non è forse noto che come risultato della guerra civile gli invasori furono cacciati dalla Russia e i generali controrivoluzionari furono spazzati via dall'esercito rosso?
Risultò anche che le sorti della guerra furono decise in ultima analisi non dai mezzi tecnici che i nemici dell'URSS fornivano abbondantemente a Kolciak e a Denikin, ma dalla giusta politica, dalla simpatia e dall'appoggio delle grandi masse della popolazione.
Fu dovuta al caso la vittoria del partito dei bolscevichi? Naturalmente no. Non dice forse questa circostanza che nel nostro paese il partito comunista gode della simpatia delle larghe masse di lavoratori? Penso di sì.
Eccovi la seconda prova della forza e della stabilità del partilo comunista nell'URSS.
Passiamo al periodo attuale, al periodo postbellico, quando all'ordine del giorno ci sono i problemi dell'edificazione pacifica, quando alla fase della rovina economica è succeduta la fase della ricostruzione dell'industria e, infine, la fase della ricostruzione di tutta la nostra economia nazionale su una nuova base tecnica. Abbiamo ora il modo e i mezzi per controllare la forza e la stabilità del partito dei comunisti, per determinare in quale misura larghe masse di lavoratori simpatizzano per questo partito? Penso che li abbiamo.
Prendiamo innanzi tutto i sindacati dell'Unione Sovietica, che abbracciano circa dieci milioni di proletari; esaminiamo la composizione degli organi dirigenti dei nostri sindacati. È forse un caso che alla testa di questi organi vi sono dei comunisti? Naturalmente no. Sarebbe assurdo pensare che gli operai dell'URSS non si preoccupino della composizione degli organi dirigenti dei sindacati. Gli operai dell'URSS sono cresciuti e si sono educati nelle tempeste di tre rivoluzioni. Essi hanno imparato, come nessun altro, a mettere alla prova i loro dirigenti e a cacciarli via se non soddisfano gli interessi del proletariato. Una volta Plekhanov era l'uomo più popolare nel nostro partito. Eppure gli operai non esitarono a isolarlo risolutamente quando si convinsero che Plekhanov si era allontanato dalla linea proletaria. E se questi operai esprimono la loro piena fiducia verso i comunisti eleggendoli ai posti di responsabilità nei sindacati, ciò non può non essere l'indizio evidente che la forza e la stabilità del partito comunista fra gli operai dell'URSS sono enormi.
Eccovi la prova che le larghe masse degli operai simpatizzano incondizionatamente per il partito comunista.
Prendiamo le ultime elezioni ai Soviet. Nel nostro paese il diritto di eleggere i Soviet spetta a tutta la popolazione adulta dell'URSS, dai diciotto anni in su, indipendentemente dal sesso e dalla nazionalità, esclusi gli elementi borghesi che sfruttano il lavoro altrui e che sono stati privati dei diritti elettorali. Si tratta di circa sessanta milioni di elettori, la cui enorme maggioranza è naturalmente costituita dai contadini. Dei sessanta milioni di elettori hanno esercitato il loro diritto circa il 51 per cento, cioè più di trenta milioni. Guardate ora la composizione degli organi dirigenti dei nostri Soviet al centro e alla periferia. È forse dovuto al caso il fatto che la schiacciante maggioranza degli elementi dirigenti eletti sia comunista? Evidentemente, no. E questo fatto non prova forse che il partito comunista gode della fiducia di masse di milioni di contadini? Penso di sì.
Eccovi un'altra prova della forza e della stabilità del partito comunista.
Prendiamo il Komsomol (Unione comunista della gioventù), che abbraccia circa due milioni di giovani operai e contadini. È forse dovuto al caso il fatto che l'enorme maggioranza degli elementi dirigenti della gioventù comunista sia composta da comunisti? Penso di no.
Eccovi un'altra prova del prestigio e della forza del partito comunista.
Prendiamo infine le nostre innumerevoli assemblee, conferenze, riunioni di delegate ecc., che abbracciano masse di milioni di lavoratori, uomini e donne, operai e operaie, contadini e contadine di tutte le nazionalità che fanno parte dell'URSS. In Occidente si fa talvolta dell'ironia su queste assemblee e conferenze, affermando che in generale i russi amano far molte chiacchiere. Invece per noi queste assemblee e conferenze hanno un'importanza enorme perché ci permettono sia di controllare lo stato d'animo delle masse, sia di mettere in luce i nostri errori e trovare il modo di eliminarli; noi commettiamo infatti non pochi errori e non li nascondiamo, poiché pensiamo che scoprire gli errori e correggerli onestamente sia un modo eccellente per migliorare il lavoro di direzione del paese. Leggete i discorsi che si tengono in queste assemblee e conferenze, leggete le osservazioni semplici e concrete di questi “uomini semplici”, operai e contadini, leggete le loro decisioni, e vedrete quanto grandi sono l'influenza e il prestigio del partito comunista, vedrete che qualsiasi altro partito del mondo potrebbe invidiare questa influenza e questo prestigio.
Eccovi un'altra prova ancora della stabilità del partito comunista.
Queste sono le vie e i mezzi che ci danno la possibilità di provare la forza e l'influenza del partito comunista tra le masse popolari.
Ecco perché so che le larghe masse degli operai e dei contadini dell'URSS simpatizzano per il partito comunista.
 
Quarta domanda. Un gruppo di senza partito che organizzasse una frazione e presentasse alle elezioni candidati propri su una piattaforma che appoggiasse il governo sovietico, ma nello stesso tempo chiedesse l'abolizione del monopolio del commercio estero, potrebbe avere fondi propri per condurre un'attiva campagna politica?
Risposta. Penso che in questa domanda sia insita una contraddizione inconciliabile. È impossibile immaginare un gruppo che si basi su una piattaforma di appoggio al governo sovietico e che nello stesso tempo chieda l'abolizione del monopolio del commercio estero. Perché? Perché il monopolio del commercio estero è una delle basi intangibili della piattaforma del governo sovietico. Perché un gruppo che esiga l'abolizione del monopolio del commercio estero non può essere propenso a sostenere il governo sovietico. Perché cotesto gruppo potrebbe essere soltanto un gruppo profondamente ostile a tutto il regime sovietico.
Nell'URSS ci sono naturalmente elementi che chiedono l'abolizione del monopolio del commercio estero. Sono i nepmen, i kulak, i relitti delle classi sfruttatrici già sconfitte ecc. Questi elementi sono però una minoranza insignificante della popolazione. Penso che la delegazione nella sua domanda non intenda riferirsi a questi elementi. Se si tratta invece degli operai e delle masse dei contadini lavoratori, debbo dire che la richiesta di abolire il monopolio del commercio estero susciterebbe soltanto risa e ostilità.
Difatti che cosa significherebbe per gli operai l'eliminazione del monopolio del commercio estero? Significherebbe la rinunzia a industrializzare il paese, a costruire nuove fabbriche e officine e ad ampliare le vecchie. Significherebbe inondare l'URSS di merci provenienti dai paesi capitalistici, contrarre la nostra industria, data la sua relativa debolezza, moltiplicare il numero dei disoccupati, peggiorare la situazione materiale della classe operaia, indebolire le sue posizioni economiche e politiche. Significherebbe, in fin dei conti, rafforzare i nepmen e la nuova borghesia in generale. Potrebbe consentire il proletariato dell'URSS a questo suicidio? Evidentemente no.
E che cosa significherebbe l'eliminazione del monopolio del commercio estero per le masse dei contadini lavoratori? Significherebbe trasformare il nostro paese da paese indipendente in paese semicoloniale e impoverire le masse contadine. Significherebbe il ritorno al regime del “libero commercio” che regnava ai tempi di Kolciak e Denikin, allorché le forze unite dei generali controrivoluzionari e degli “alleati” erano libere di spogliare e depredare a loro piacimento milioni di contadini. Significherebbe in ultima analisi rafforzare i kulak e gli altri elementi sfruttatori nelle campagne. I contadini hanno provato a sufficienza le delizie di questo regime in Ucraina e nel Caucaso settentrionale, nella regione del Volga e in Siberia. Quali ragioni vi sono per credere che essi vogliano mettersi di nuovo questo laccio al collo? Non è forse chiaro che le masse dei contadini lavoratori non possono essere favorevoli all'abolizione del monopolio del commercio estero?
Un delegato . La delegazione ha sollevato la questione del monopolio del commercio estero, della sua abolizione, come un punto attorno al quale potrebbe organizzarsi tutto un gruppo della popolazione se nell'URSS non ci fosse il monopolio di un solo partito, il monopolio della legalità.
Stalin . La delegazione ritorna così sul problema del monopolio del partito comunista come unico partito legale nell'URSS. Su questa questione ho già risposto brevemente quando ho parlato delle vie e dei mezzi che ci permettono di mettere alla prova la simpatia delle larghe masse degli operai e del contadini per il partito comunista.
Quanto agli altri strati della popolazione, i kulak, i nepmen, i resti delle vecchie e sconfitte classi sfruttatrici, essi sono stati privati del diritto di avere una propria organizzazione politica, così come sono stati privati dei diritti elettorali. II proletariato ha tolto alla borghesia non soltanto le fabbriche e le officine, le banche e le ferrovie, la terra e le miniere. Le ha tolto anche il diritto di avere una propria organizzazione politica, poiché il proletariato non vuole la restaurazione del potere della borghesia. La delegazione, a quanto pare, non solleva obiezioni contro il fatto che il proletariato dell'URSS abbia tolto alla borghesia e ai grandi proprietari fondiari le fabbriche e le officine, la terra e le ferrovie, le banche e le miniere. (Ilarità ).
Ma la delegazione, mi sembra, è un po' perplessa perché il proletariato non si è fermato qui ed è andato oltre, togliendo alla borghesia i diritti politici. Ciò, a mio parere, non è affatto logico, anzi è del tutto illogico. Perché mai il proletariato dovrebbe dimostrarsi generoso nei riguardi della borghesia? Forse che in Occidente la borghesia, che è al potere, dimostra una sia pur minima generosità nei riguardi della classe operaia? Forse che essa non costringe all'illegalità i partiti della classe operaia veramente rivoluzionari? Per quale motivo si pretende che il proletariato dell'URSS sia generoso verso il suo nemico di classe? Ritengo che la logica abbia le sue esigenze. Chi pensa alla possibilità di restituire alla borghesia i suoi diritti politici, se vuol essere logico deve andare oltre e sollevare anche la questione della restituzione alla borghesia delle fabbriche e delle officine, delle ferrovie e delle banche.
Un delegato . La delegazione intende chiarire in qual modo opinioni diverse da quelle del partito comunista, esistenti nella classe operaia e fra i contadini, possono essere espresse legalmente. Non sarebbe giusto dedurne che la delegazione si interessa del problema di concedere i diritti politici della borghesia, del modo come la borghesia potrebbe trovare mezzi legali per manifestare le proprie opinioni. Si tratta precisamente del modo come opinioni della classe operaia e dei contadini, diverse da quelle del partito comunista, possono esprimersi legalmente.
Un altro delegato . Queste diverse opinioni potrebbero esprimersi nelle organizzazioni di massa della classe operaia, nei sindacati, ecc.
Stalin . Benissimo. Dunque non si tratta di restituire i diritti politici alla borghesia, ma del conflitto di opinioni in seno alla classe operaia e ai contadini.
C'è oggi un conflitto di opinioni fra gli operai e le masse contadine lavoratrici nell'Unione Sovietica? C'è senza dubbio. È impossibile che milioni di operai e di contadini la pensino alla stessa maniera su tutti i problemi pratici e in tutti i particolari. Ciò non capita mai. In primo luogo esiste una grande differenza tra gli operai e i contadini sia nella situazione economica, sia nel modo di vedere determinate questioni. In secondo luogo, esistono determinate differenze di opinioni anche nella stessa classe operaia, differenze di educazione, differenze di età e temperamento, differenze tra gli operai di origine operaia e gli operai provenienti dalla campagna, ecc. Tutto ciò porta a un conflitto di opinioni fra gli operai e fra le masse lavoratrici contadine, conflitto che trova la sua espressione legale nelle riunioni, nei sindacati, nelle cooperative, durante le elezioni ai Soviet, ecc.
Ma esiste una differenza radicale tra il conflitto di opinioni oggi, nelle condizioni della dittatura proletaria, e un conflitto di opinioni nel passato, prima della Rivoluzione d'Ottobre. Allora, nel passato, il conflitto di opinioni tra gli operai e i contadini lavoratori verteva soprattutto sulle questioni inerenti al rovesciamento dei grandi proprietari fondiari, dello zarismo, della borghesia, sulla demolizione degli ordinamenti borghesi. Oggi, nelle condizioni della dittatura del proletariato, il conflitto di opinioni si svolge non attorno alle questioni inerenti al rovesciamento del potere sovietico, alla demolizione degli ordinamenti sovietici, ma attorno alle questioni inerenti al miglioramento degli organi del potere sovietico, al miglioramento del loro lavoro. Qui sta la differenza radicale.
Non c'è nulla di sorprendente nel fatto che in passato il conflitto di opinioni intorno al problema della demolizione rivoluzionaria degli ordinamenti esistenti determinasse il sorgere di parecchi partiti rivali in seno alla classe operaia e alle masse dei contadini lavoratori. Questi partiti erano: il partito dei bolscevichi, il partito dei menscevichi, il partito dei socialisti-rivoluzionari. D'altra parte non è molto difficile comprendere che oggi, con la dittatura del proletariato, il conflitto di opinioni, che si pone l'obiettivo non di demolire gli ordinamenti sovietici esistenti, ma di migliorarli e consolidarli, non dà motivo all'esistenza di più partiti tra gli operai e le masse lavoratrici della campagna.
Ecco perché la legalità di un solo partito, il partito dei comunisti, il monopolio di cui gode questo partito, non soltanto non solleva obiezioni tra gli operai e i contadini lavoratori, ma, al contrario, viene accettata come qualcosa di necessario e desiderabile.
La posizione del nostro partito, in quanto unico partito legale nel paese (monopolio del partito comunista), non e qualcosa di artificioso e inventato deliberatamente. Non si può creare artificiosamente, attraverso macchinazioni amministrative ecc., una posizione siffatta. Il monopolio del nostro partito è sorto dalla vita stessa, si è formato storicamente in conseguenza del fallimento definitivo dei partiti dei socialisti-rivoluzionari e dei menscevichi, e della loro scomparsa dalla scena, date le condizioni esistenti nel nostro paese.
Che cosa erano in passato i partiti dei socialisti-rivoluzionari e dei menscevichi? Erano veicoli dell'influenza borghese fra il proletariato. Da chi furono alimentati e tenuti in vita questi partiti fino all'Ottobre del 1917? Dall'esistenza della classe borghese, dall'esistenza, in ultima analisi, del potere borghese. Non è forse chiaro che con l'abbattimento della borghesia dovevano scomparire le basi dell'esistenza di questi partiti?
E che cosa sono diventati questi partiti dopo l'Ottobre 1917? Sono diventati i partiti che propugnano la restaurazione del capitalismo e l'abbattimento del potere del proletariato. Non è forse chiaro che questi partiti dovevano perdere del tutto terreno e influenza tra gli operai e gli strati dei contadini lavoratori?
La lotta tra il partito dei comunisti e i partiti dei socialisti-rivoluzionari e dei menscevichi per l'Influenza sulla classe operaia non è cominciata ieri. Cominciò nel momento stesso in cui i prodromi di un movimento rivoluzionario di massa si manifestarono in Russia, prima ancora del 1905. Il periodo dal 1903 all'ottobre 1917 fu un periodo di accaniti conflitti di opinioni in seno alla classe operaia del nostro paese, un periodo di lotta fra i bolscevichi, i menscevichi e i socialisti-rivoluzionari per l'influenza sulla classe operaia. In quel periodo la classe operaia dell'URSS passò attraverso tre rivoluzioni. Nel fuoco di queste rivoluzioni essa sperimentò, mise alla prova questi partiti e la loro efficienza ai fini della causa della rivoluzione proletaria, ne mise alla prova lo spirito rivoluzionario proletario. E quando, alla vigilia dell'Ottobre 1917, la storia tirò le somme di tutta la passata lotta rivoluzionaria, quando la storia mise sulla sua bilancia i partiti che lottavano in seno alla classe operaia, la classe operaia dell'URSS fece la sua scelta definitiva e scelse il partito comunista come unico partito proletario.
Come spiegare il fatto che la scelta della classe operaia sia caduta sul partito comunista? Non è forse vero che i bolscevichi nel Soviet di Pietrogrado, per esempio nell'aprile del 1917, erano una minoranza insignificante? I socialisti rivoluzionari e i menscevichi non avevano forse nei Soviet la schiacciante maggioranza? Nelle giornate dell'Ottobre tutto l'apparato del potere e tutti i mezzi di coercizione non si trovavano forse nelle mani dei partiti dei socialisti-rivoluzionari e dei menscevichi che facevano blocco con la borghesia?
Ciò si spiega col fatto che il partito comunista era allora per la cessazione della guerra, per una pace democratica immediata, mentre i partiti dei socialisti rivoluzionari e dei menscevichi sostenevano “la guerra fino alla vittoria finale”, la continuazione della guerra imperialistica.
Ciò si spiega col fatto che il partito comunista era allora per l'abbattimento del governo Kerenski, per l'abbattimento del potere borghese, per la nazionalizzazione delle fabbriche e delle officine, delle banche e delle ferrovie, mentre i partiti dei menscevichi e dei socialisti-rivoluzionari lottavano a favore del governo Kerenski e difendevano i diritti della borghesia sulle fabbriche e sulle officine, sulle banche e sulle ferrovie.
Ciò si spiega col fatto che il partito dei comunisti era allora per l'immediata confisca delle terre dei grandi proprietari fondiari a favore dei contadini, mentre i partiti dei socialisti-rivoluzionari e dei menscevichi rinviavano questa questione all'Assemblea costituente, la cui convocazione veniva, a sua volta, rinviata a tempo indeterminato.
Perché mai meravigliarsi se gli operai e i contadini poveri hanno fatto, alla fine, la loro scelta a favore del partito comunista?
Perché mai meravigliarsi se il partito dei socialisti-rivoluzionari e quello dei menscevichi sono naufragati così rapidamente?
Ecco donde viene il monopolio del partito comunista ed ecco perché il partito comunista è andato al potere.
Il periodo successivo, quello che seguì all'Ottobre 1917, il periodo della guerra civile, vide la catastrofe definitiva dei partiti dei menscevichi e dei socialisti-rivoluzionari e il trionfo definitivo del partito dei bolscevichi. In questo periodo, gli stessi menscevichi e i socialisti-rivoluzionari facilitarono il trionfo del partito comunista. Sconfitti e mandati a fondo durante la Rivoluzione d'Ottobre, i relitti del partito menscevico e socialista-rivoluzionario parteciparono alle rivolte controrivoluzionarie dei kulak, fecero blocco con i seguaci di Kolciak e i Denikin, si misero al servizio dell'Intesa e si screditarono definitivamente agli occhi degli operai e dei contadini. Si creò una situazione in cui i socialisti-rivoluzionari e i menscevichi, trasformatisi da rivoluzionari borghesi in controrivoluzionari borghesi, aiutavano l'Intesa a soffocare la nuova Russia, la Russia sovietica, mentre il partito dei bolscevichi, raccogliendo attorno a sé tutto ciò che vi era di vivo e rivoluzionario, portava sempre nuove schiere di operai e contadini alla lotta per la patria socialista, alla lotta contro l'Intesa.
È naturale quindi che la vittoria dei comunisti in questo periodo dovesse portare - e portò effettivamente - alla piena disfatta dei socialisti-rivoluzionari e dei menscevichi. Perché dunque meravigliarsi se dopo tutto questo il partito comunista è diventato l'unico partito della classe operaia e dei contadini poveri?
Ecco come si è formato il monopolio del partito comunista come unico partito legale nel nostro paese.
Voi parlate di conflitto di opinioni tra gli operai e i contadini, oggi, nelle condizioni della dittatura proletaria. Ho già detto che il conflitto di opinioni c'è e ci sarà, che nessun progresso è possibile senza di esso. Ma nelle condizioni attuali il conflitto di opinioni tra gli operai non si svolge attorno alla questione di principio dell'abbattimento degli ordinamenti sovietici, ma attorno ai problemi pratici relativi al miglioramento dei Soviet, alla correzione degli errori commessi dagli organi sovietici, cioè attorno ai problemi relativi al consolidamento del potere sovietico. Si comprende facilmente come questo conflitto di opinioni possa soltanto rafforzare e perfezionare il partito comunista. Si comprende facilmente come questo conflitto di opinioni possa soltanto rafforzare il monopolio del partilo comunista. Si comprende facilmente che questo conflitto di opinioni non può alimentare la formazione di altri partiti in seno alla classe operaia e ai contadini lavoratori.
 
Quinta domanda. Potete dirci in breve quali sono i principali punti di dissenso fra voi e Trotzki ?
Risposta. Debbo dire, innanzi tutto, che i dissensi con Trotzki non sono di carattere personale. Se questi dissensi avessero un carattere personale, il partito non se ne occuperebbe nemmeno per un'ora, perché al partito non piace che singoli individui si mettano in evidenza.
Probabilmente voi alludete ai dissensi nel partito. In questo senso capisco la vostra domanda. Sì, ci sono dissensi nel partito. Del loro carattere hanno parlato recentemente nei loro rapporti, in modo abbastanza particolareggiato, Rykov a Mosca e Bukarin a Leningrado. Questi rapporti sono stati pubblicati. Non ho nulla da aggiungere a quello che vi si dice sui dissensi. Se non avete questi documenti, ve li posso procurare (La delegazione informa che ha i documenti in questione) .
Un delegato . Al nostro ritorno saremo interrogati su questi dissensi, ma non abbiamo tutti i documenti. Per esempio non abbiamo “la piattaforma degli ottantatrè”.
Stalin . Questa “piattaforma” non l'ho firmata. Non ho il diritto di disporre di documenti altrui. (Ilarità) .
 
Sesta domanda. Nei paesi capitalistici lo stimolo principale allo sviluppo della produzione è fondato sulla speranza di trarre profitti. Questo stimolo, da un punto di vista relativo naturalmente, manca nell'URSS. Che cosa lo sostituisce e, a vostro parere, in quale misura questo nuovo elemento è efficace e può essere permanente?
Risposta. È vero che il principale motore dell'economia capitalistica è il profitto. È esatto anche che il profitto non è né lo scopo, né il motore della nostra industria socialista. Qual è dunque, allora, il motore della nostra industria?
Innanzi tutto , la circostanza che le fabbriche e le officine appartengono, nel nostro paese, a tutto il popolo e non ai capitalisti, che le fabbriche e le officine sono dirette non da agenti dei capitalisti, ma dai rappresentanti della classe operaia. La coscienza che gli operai lavorano non per il capitalista, ma per il proprio stato, per la propria classe, è una forza motrice straordinaria per lo sviluppo e il perfezionamento della nostra industria.
Occorre osservare che nella loro enorme maggioranza i direttori delle nostre fabbriche e officine sono operai, nominati dal Consiglio superiore dell'economia nazionale d'accordo con i sindacati, e che nessuno di questi direttori può restare al suo posto contro la volontà degli operai o dei rispettivi sindacati.
Occorre inoltre osservare che in ogni officina o fabbrica esiste un comitato di officina o di fabbrica, eletto dagli operai, che controlla l'attività dell'amministrazione dell'azienda.
Occorre infine osservare che in ogni azienda industriale si tengono riunioni di produzione alle quali partecipano tutti gli operai di quella data azienda, nelle quali gli operai controllano tutto il lavoro del direttore dell'azienda, discutono il piano di lavoro dell'amministrazione dell'officina, rilevano gli errori e le lacune e hanno la possibilità di correggere questi errori attraverso i sindacati, attraverso il partito, attraverso gli organi del potere sovietico.
Non è difficile comprendere che tutte queste circostanze mutano radicalmente sia la posizione degli operai, sia il regime interno dell'azienda. Se in regime capitalistico l'operaio considera la fabbrica una proprietà che gli è estranea e ostile, addirittura una prigione, in regime sovietico l'operaio considera la fabbrica non già una prigione, ma una cosa che gli è vicina e cara, al cui sviluppo e miglioramento è profondamente interessato.
Non credo ci sia bisogno di dimostrare che questo nuovo atteggiamento degli operai verso la fabbrica, verso l'azienda, questo senso di attaccamento degli operai per l'azienda è l'immensa forza motrice di tutta la nostra industria.
Ciò serve a spiegare perché di giorno in giorno tra gli operai aumenta il numero degli inventori nel campo della tecnica di produzione e degli organizzatori dell'industria.
In secondo luogo , la circostanza che i redditi dell'industria non servono, da noi, ad arricchire singole persone, ma ad espandere sempre più l'industria, a migliorare la situazione materiale e culturale della classe operaia, a diminuire i prezzi dei prodotti industriali necessari sia agli operai che ai contadini, e quindi, ancora una volta, a migliorare la situazione materiale delle masse lavoratrici.
Il capitalista non può destinare i suoi redditi a migliorare le condizioni della classe operaia. Egli vive per il profitto. Altrimenti non sarebbe un capitalista. Egli cerca il profitto per trasformarlo in capitale supplementare da esportare nei paesi meno sviluppati allo scopo di ricavare nuovi e ancora maggiori profitti. In questo modo i capitali si spostano dall'America del nord in Cina, in Indonesia, nell'America del sud, e in Europa, dalla Francia nelle colonie francesi, dall'Inghilterra nelle colonie inglesi.
Da noi questo non avviene perché noi non facciamo né ammettiamo una politica coloniale. Da noi i redditi dell'industria restano nel paese allo scopo di ampliare l'industria, di migliorare le condizioni degli operai, allo scopo di accrescere la capacità del mercato interno, mercato contadino compreso, attraverso la riduzione dei prezzi dei prodotti industriali. Nel nostro paese, circa il dieci per cento dei profitti dell'industria è destinato al miglioramento del tenore di vita della classe operaia. Nel nostro paese, una somma equivalente a un tredicesimo del salario in denaro degli operai è devoluto all'assicurazione sociale della classe operaia a spese dello stato. Una determinata parte dei redditi (non sono ora in grado di dire quale precisamente) è destinata alle esigenze culturali, all'addestramento professionale e alle ferie degli operai. Una parte abbastanza considerevole di questi redditi (anche qui non sono in grado di dire precisamente quale) è destinata ad elevare il salario in denaro degli operai. La rimanente parte dei redditi dell'industria viene spesa per sviluppare ulteriormente l'industria, per riparare le vecchie officine, per costruirne delle nuove e, infine, per ridurre i prezzi dei prodotti industriali.
La grande importanza di tutto questo per tutta la nostra industria consiste nei seguenti fatti:
a) si facilita l'avvicinamento dell'agricoltura all'industria e si attenuano i contrasti tra la città e la campagna;
b) si favorisce l'ampliamento del mercato interno, urbano e rurale, creando nello stesso tempo una base sempre più ampia per l'ulteriore sviluppo dell'industria.
In terzo luogo , il fatto che la nazionalizzazione dell'industria facilita la direzione pianificata di tutta l'economia industriale nel suo complesso.
Questi stimoli e forze motrici della nostra industria sono fattori permanenti? E possono essere fattori che agiscono in modo permanente? Sì, sono indiscutibilmente stimoli e motori che agiscono in modo permanente. E quanto più si svilupperà la nostra industria, tanto più aumenterà la forza e l'importanza di questi fattori.
 
Settima domanda. Fino a che punto l'URSS può collaborare con l'industria capitalistica di altri paesi?
Esiste un limite determinato a tale collaborazione o si tratta solo di un esperimento per vedere in quale parte la collaborazione è possibile, e in quale no?
Risposta. Evidentemente, qui si allude ad accordi temporanei con gli stati capitalistici nel campo dell'industria, nel campo del commercio e, forse, nel campo delle relazioni diplomatiche.
Ritengo che l'esistenza di due sistemi opposti - il sistema capitalistico e il sistema socialista - non escluda la possibilità di tali accordi. Penso che tali accordi siano possibili e opportuni in una situazione di sviluppo pacifico.
L'esportazione e l'importazione sono il terreno più opportuno per tali accordi. Noi abbiamo bisogno di attrezzature, di materie prime (per esempio, cotone), di semilavorati (metallici ecc.), mentre i capitalisti hanno bisogno di un mercato di sbocco per queste merci. Qui esiste il terreno per un accordo. I capitalisti hanno bisogno di nafta, di legname, di cereali, mentre noi abbiamo bisogno di un mercato di sbocco per queste merci. Qui esiste il terreno per un accordo. Noi abbiamo bisogno di crediti e i capitalisti hanno bisogno di buoni interessi. Ecco ancora il terreno per un accordo, questa volta nel campo del credito, ed è noto che gli organi sovietici sono i debitori più solvibili e scrupolosi.
La stessa cosa si può dire per quanto riguarda il campo diplomatico. Noi facciamo una politica di pace e siamo pronti a firmare con gli stati borghesi patti bilaterali di non aggressione reciproca. Noi facciamo una politica di pace e siamo pronti a concludere un accordo sul disarmo, giungendo fino alla completa eliminazione degli eserciti permanenti, cosa questa che noi abbiamo dichiarato dinanzi a tutto il mondo già alla Conferenza di Genova. Eccovi il terreno per un accordo nel campo diplomatico.
I limiti di questi accordi? I limiti son posti dall'opposta natura dei due sistemi, tra i quali esiste emulazione, lotta. Entro i limiti ammessi da questi due sistemi, ma solo entro questi limiti, gli accordi sono pienamente possibili. Lo dimostra l'esperienza degli accordi con la Germania, l'Italia, il Giappone ecc.
Sono questi accordi un semplice esperimento oppure possono avere un carattere più o meno durevole? Ciò non dipende soltanto da noi, dipende anche dall'altra parte contraente. Dipende anche dalla situazione generale. Una guerra può mandare all'aria tutti quanti gli accordi. Ciò dipende infine dalle condizioni degli accordi. Noi non possiamo accettare condizioni capestro. Abbiamo un accordo con Harriman, che sfrutta le miniere di manganese in Georgia. Questo accordo è stato stipulato per venti anni. Come vedete non si tratta affatto di un termine molto breve. Abbiamo un accordo anche con la Lena Gold-Fields Company , che estrae l'oro in Siberia. Accordo della durata di trent'anni, un termine ancora più lungo. Abbiamo infine un accordo col Giappone per lo sfruttamento dei giacimenti di nafta e di carbone di Sakhalin.
Noi vorremmo che questi accordi avessero un carattere più o meno stabile. Ma questo, naturalmente, non dipende soltanto da noi, dipende anche dall'altra parte contraente.
 
Ottava domanda. Quali sono le principali differenze tra la Russia e i paesi capitalistici nella politica verso le minoranze nazionali?
Risposta. Evidentemente si allude alle nazionalità dell'URSS che in passato erano oppresse dallo zarismo e dalle classi sfruttatrici russe e non avevano una propria organizzazione statale.
La differenza fondamentale sta nel fatto che negli stati capitalistici esistono l'oppressione e l'asservimento nazionale, che da noi, nell'URSS, sono stati entrambi radicalmente distrutti.
Là, negli stati capitalistici, accanto alle nazioni di prima categoria, alle nazioni privilegiate, alle nazioni “costituite in stato” esistono nazioni di seconda categoria, nazioni “senza stato”, nazioni che non godono della parità di diritti, prive di determinati diritti e, innanzi tutto, del diritto di costituirsi in stato. Da noi, nell'URSS, al contrario, tutti gli attributi della disuguaglianza e dell'oppressione nazionale sono stati eliminati. Da noi tutte le nazioni godono di uguali diritti e sono sovrane, poiché i privilegi nazionali e statali di cui godeva la nazione grande-russa, prima dominante, sono stati aboliti.
Naturalmente non si tratta qui di dichiarazioni sulla parità di diritti delle nazionalità. Le dichiarazioni sulla parità di diritti delle nazioni abbondano in tutti i partiti borghesi e socialdemocratici. Ma quale valore ha una dichiarazione se non viene tradotta in atto? Il problema è di distruggere le classi che sono gli alfieri, i creatori e i veicoli dell'oppressione nazionale. Da noi queste classi erano i grandi proprietari fondiari, i capitalisti. Noi abbiamo rovesciato queste classi, distruggendo in tal modo la possibilità dell'oppressione nazionale. E precisamente perché abbiamo rovesciato queste classi, l'effettiva parità di diritti fra le nazioni è divenuta possibile nel nostro paese.
Questo è ciò che noi chiamiamo tradurre in atto l'idea dell'autodecisione delle nazioni, incluso il diritto alla separazione. Proprio perché abbiamo messo in atto l'autodecisione delle nazioni, proprio per questo siamo riusciti a sradicare la sfiducia reciproca tra le masse lavoratrici delle varie nazioni dell'URSS e a unire le nazioni, sul principio della volontarietà, in un unico stato federale. L'Unione delle Repubbliche socialiste sovietiche quale esiste oggi è il frutto della nostra politica nazionale e l'espressione dell'unione volontaria delle nazioni dell'URSS in un unico stato federale.
Non credo ci sia bisogno di dimostrare che questa politica nella questione nazionale è inconcepibile nei paesi capitalistici, poiché là sono ancora al potere i capitalisti, che sono i creatori e i veicoli della politica di oppressione nazionale.
Non è possibile, per esempio, non rilevare il fatto che alla testa dell'organo supremo del potere nell'URSS, il Comitato esecutivo centrale dei Soviet, non c'è obbligatoriamente un presidente russo, ma ci sono sei presidenti, tanti quante sono le repubbliche federate che fanno parte dell'URSS, dei quali uno è russo (Kalinin), uno è ucraino (Petrovski), uno bielorusso (Cerviakov), uno azerbaigiano (Musabiekov), uno turkmeno (Aitakov), uno uzbeko (Faisulla Khogiaiev). Questo fatto è una delle più chiare espressioni della nostra politica nazionale. Inutile dire che nessuna repubblica borghese, sia pure la più democratica, non si deciderebbe a fare un simile passo. Invece da noi questo passo è un fatto implicito, che scaturisce logicamente da tutta la nostra politica di eguaglianza fra le nazioni.
 
Nona domanda. I capi operai americani giustificano la loro lotta contro i comunisti adducendo due circostanze:
1) i comunisti distruggono il movimento operaio con la loro lotta di frazione in seno ai sindacati e con i loro attacchi ai dirigenti sindacali non radicali;
2) i comunisti americani ricevono ordini da Mosca e perciò non possono essere buoni militanti sindacali dato che essi pongono la loro lealtà verso una organizzazione straniera al di sopra di quella verso il proprio sindacato.
Come si può eliminare questo ostacolo affinché i comunisti americani possano lavorare assieme alle altre istanze del movimento operaio americano?
Risposta. Ritengo che i tentativi dei dirigenti operai americani di giustificare la loro lotta contro i comunisti non reggano ad alcuna critica. Nessuno ha ancora dimostrato né dimostrerà che i comunisti distruggono il movimento operaio. Per contro bisogna ritenere come assolutamente dimostrato che i comunisti sono i più fedeli e i più coraggiosi combattenti del movimento operaio in tutto il mondo, America compresa.
Non è forse vero che durante gli scioperi e le dimostrazioni degli operai i comunisti si trovano nelle prime file della classe operaia, si espongono ai primi colpi dei capitalisti, mentre in quelle occasioni i dirigenti operai riformisti si rifugiano dietro le spalle dei capitalisti? Come possono i comunisti non criticare la viltà e lo spirito reazionario dei dirigenti operai riformisti? Non è forse chiaro che questa critica non può che stimolare e rafforzare il movimento operaio?
Questa critica, è vero, distrugge l'autorità dei dirigenti operai reazionari. Ma che c'è di strano? I dirigenti operai reazionari rispondano con una controcritica e non cacciando i comunisti dai sindacati.
Ritengo che il movimento operaio americano, se vuol vincere e svilupparsi, non può fare a meno del conflitto di opinioni e di tendenze in seno ai sindacati. Ritengo che il conflitto di opinioni e di tendenze in seno ai sindacati, la critica dei dirigenti reazionari ecc. si svilupperanno sempre più, nonostante l'opposizione dei dirigenti operai riformisti. E alla classe operaia americana questo conflitto di opinioni e questa critica sono assolutamente necessari per poter fare una scelta tra le varie tendenze e trasformarsi alla fine in forza organizzata indipendente in seno alla società americana.
Le lamentele dei dirigenti riformisti americani contro i comunisti provano soltanto che essi non sono convinti di aver ragione e sentono che la loro posizione non è salda. E proprio per questo temono la critica come la peste. Merita attenzione il fatto che i dirigenti operai americani sono, a quanto risulta, avversari più risoluti di una democrazia elementare di quanto non lo siano molti borghesi della stessa America.
È assolutamente falsa l'affermazione che i comunisti americani lavorino “agli ordini di Mosca”. Non troverete al mondo nessun comunista che consenta ad agire “in base a ordini” provenienti dall'estero, contro le proprie convinzioni, contro la propria volontà, contro le esigenze della situazione. Comunisti simili, se pur esistono in qualche parte, non varrebbero un centesimo.
I comunisti sono gli uomini più audaci e più coraggiosi, ed essi lottano contro una massa di nemici. Il merito dei comunisti, tra l'altro, sta anche nel fatto che essi sanno difendere le proprie convinzioni. Perciò è strano parlare dei comunisti americani come di persone che non hanno proprie convinzioni e che sono capaci di agire soltanto “in base a ordini” provenienti dall'estero.
Nell'affermazione dei dirigenti operai di giusto c'è soltanto una cosa, e precisamente che i comunisti americani fanno parte dell'organizzazione internazionale comunista e ogni tanto si consultano con il centro di questa organizzazione su determinati problemi. Ma in questo, che cosa c'è di male? Forse che i dirigenti operai americani sono contro l'organizzazione di un centro operaio internazionale? È vero, essi non aderiscono ad Amsterdam. Ma non vi aderiscono non perché siano contrari ad un centro operaio internazionale, ma perché ritengono Amsterdam un'organizzazione troppo a sinistra. (Ilarità) .
Perché mai i capitalisti possono organizzarsi su scala internazionale, e la classe operaia, o una sua parte, non deve avere una sua organizzazione internazionale?
Non è chiaro che Green e i suoi amici della Federazione americana del lavoro calunniano i comunisti americani ripetendo servilmente le storielle dei capitalisti sugli “ordini di Mosca”?
C'è della gente che pensa che i membri dell'Internazionale Comunista a Mosca non facciano altro che scrivere ordini per tutti i paesi. Così, dato che i paesi che fanno parte dell'Internazionale Comunista sono più di sessanta, potete immaginarvi la situazione dei membri dell'Internazionale Comunista, i quali non dormono, non mangiano, ma stanno seduti giorno e notte a scrivere direttive per questi paesi. (Ilarità) . E con questa ridicola storiella i dirigenti operai americani pensano di nascondere la paura che hanno dei comunisti, di occultare il fatto che i comunisti sono i più coraggiosi e i più fedeli militanti della classe operaia americana!
La delegazione chiede come si può uscire da questa situazione. Penso che c'è una sola via d'uscita: permettere il conflitto di opinioni e di tendenze in seno ai sindacati americani, abbandonare la politica reazionaria che consiste nel cacciar via i comunisti dai sindacati, e dare alla classe operaia americana la possibilità di fare una libera scelta fra queste tendenze, giacché l'America non ha ancora avuto la sua Rivoluzione d'Ottobre, e gli operai non hanno ancora avuto la possibilità di scegliere definitivamente tra le varie correnti sindacali.
 
Decima domanda. Attualmente viene inviato del denaro in America per sostenere il Partito comunista americano o il giornale comunista Daily Worker?
Se no, quanto versano i comunisti americani alla III Internazionale come quota annua?
Risposta. Se volete alludere ai rapporti tra il partito comunista americano e la III Internazionale, debbo dire che il Partito comunista americano, come parte dell'Internazionale Comunista, indubbiamente versa le quote all'Internazionale Comunista, ed è lecito supporre che l'Internazionale Comunista, come centro del movimento comunista internazionale, aiuta nei limiti delle sue possibilità il partito comunista americano quando lo giudichi necessario. Ritengo che in questo non vi sia nulla di sorprendente o di straordinario.
Se invece volete alludere ai rapporti tra il Partito comunista americano e il Partito comunista dell'URSS, debbo dichiarare che non so di nessun caso in cui i rappresentanti del Partito comunista americano si siano rivolti al Partito comunista dell'URSS chiedendo aiuti. Potete pensare che ciò è strano, ma è un fatto che dimostra l'estrema scrupolosità dei comunisti americani.
Ma che cosa avverrebbe se il Partito comunista americano chiedesse un aiuto al Partito comunista dell'URSS? Ritengo che il Partito comunista dell'URSS lo aiuterebbe secondo le sue possibilità. Infatti, che cosa varrebbe un partito comunista, per di più al potere, se si rifiutasse di aiutare nei limiti del possibile un partito comunista di un altro paese ancora sotto il giogo del capitalismo? Direi che un partito comunista di questo genere non vale un centesimo.
Ammettiamo che la classe operaia americana giunga al potere dopo aver rovesciato la propria borghesia; ammettiamo che alla classe operaia americana, vittoriosa nella grande lotta contro il capitalismo, si rivolga la classe operaia di un altro paese chiedendo un aiuto materiale: potrebbe la classe operaia americana rifiutare questo aiuto? Penso che si coprirebbe di vergogna se esitasse a darlo.
 
Undicesima domanda. Sappiamo che alcuni buoni comunisti non approvano affatto che il partito comunista esiga che tutti i nuovi membri siano atei, dal momento che oggi, il clero reazionario è stato schiacciato. Potrebbe il partito comunista essere in futuro neutrale nei riguardi di una religione che appoggiasse tutta la scienza nel suo insieme e non si opponesse al comunismo?
Potreste voi in futuro permettere ai membri del partito di professare convinzioni religiose, se queste non sono incompatibili con la lealtà verso il partito?
Risposta. In questa domanda ci sono parecchie inesattezze.
In primo luogo, di quei “buoni comunisti” di cui parla la delegazione non ne conosco. È poco probabile in generale che esistano comunisti siffatti. In secondo luogo, debbo dichiarare che, da un punto di vista formale, da noi non esistono condizioni per cui il candidato a membro del partito debba necessariamente essere ateo. Le nostre condizioni per entrare nel partito sono le seguenti: accettazione del programma e dello statuto del partito, incondizionata sottomissione alle decisioni del partito e dei suoi organi, pagamento delle quote, appartenenza a una delle organizzazioni di partito.
Un delegato . Spesso ho letto che si espelle dal partito chi crede in dio.
Stalin . Posso soltanto ripetere quanto ho già detto sulle condizioni per entrare nel partito. Non poniamo altre condizioni.
Questo vuol forse dire che il partito è neutrale nei riguardi della religione? No. Noi facciamo e faremo propaganda contro i pregiudizi religiosi. Le leggi del nostro paese riconoscono ad ogni cittadino il diritto di professare la religione che vuole. È un fatto che riguarda la coscienza di ciascun individuo. Proprio per questo abbiamo separato la chiesa dallo stato. Ma pur avendo separato la chiesa dallo stato e proclamato la libertà di coscienza, abbiamo conservato il diritto di ogni cittadino di combattere la religione, tutte le religioni, con la convinzione, la propaganda e l'agitazione. Il partito non può essere neutrale nei riguardi della religione e fa una propaganda antireligiosa, contro tutti i pregiudizi religiosi, perché il partito è per la scienza, mentre i pregiudizi religiosi sono contro, giacché tutte le religioni sono l'antitesi della scienza. Casi come quelli avvenuti in America, dove recentemente sono stati condannati dei darwiniani, da noi non sono possibili perché il partito persegue la politica di difendere in ogni modo la scienza.
Il partito non può essere neutrale nei riguardi dei pregiudizi religiosi e continuerà la propaganda contro di essi, perché questo è uno dei mezzi più sicuri per scalzare l'influenza del clero reazionario che appoggia le classi sfruttatrici e predica l'obbedienza a queste classi. Il partito non può essere neutrale nei riguardi dei propagatori di pregiudizi religiosi, nei riguardi del clero reazionario che avvelena la coscienza delle classi lavoratrici.
Abbiamo schiacciato il clero reazionario? Sì, lo abbiamo schiacciato. Il guaio è che non è ancora stato liquidato del tutto. La propaganda antireligiosa è il mezzo che deve portare fino in fondo l'opera di liquidazione del clero reazionario. Si verificano casi in cui certi membri del partito talvolta ostacolano il pieno sviluppo della propaganda antireligiosa. Se essi vengono espulsi è molto bene, poiché nelle file del nostro partito non c'è posto per siffatti “comunisti”.
 
Dodicesima domanda. Potete delineare brevemente i tratti caratteristici della società futura che il comunismo cerca di creare?
Risposta. I tratti generali della società comunista sono delineati nelle opere di Marx, Engels e Lenin.
In breve, l'anatomia della società comunista può essere descritta nel modo seguente: sarà una società in cui a) non esisterà la proprietà privata degli strumenti e dei mezzi di produzione, ma la proprietà sociale, collettiva; b) non esisteranno né classi né potere statale, ma lavoratori dell'industria e dell'agricoltura che amministreranno i propri affari economici come libera associazione di lavoratori; c) l'economia nazionale, organizzata secondo un piano, si baserà sulla tecnica più progredita sia nel campo dell'industria che nel campo dell'agricoltura; d) non ci sarà antagonismo tra città e campagna, tra industria e agricoltura; e) i prodotti saranno suddivisi in base al principio dei vecchi comunisti francesi: “da ciascuno secondo le sue capacità, a ciascuno secondo i suoi bisogni”; f) la scienza e l'arte godranno di condizioni così favorevoli da poter raggiungere la piena fioritura; g) l'individuo, liberato dalla preoccupazione del pane quotidiano e dalla necessità di conformarsi ai “poteri costituiti”, diventerà veramente libero.
E così via, così via.
È chiaro che siamo ancora molto lontani da una simile società.
Quanto alle condizioni internazionali necessarie per il pieno trionfo della società comunista, esse si formeranno e si svilupperanno con lo sviluppo delle crisi rivoluzionarie e delle azioni rivoluzionarie della classe operaia nei paesi capitalistici.
Non si può immaginare che la classe operaia di un paese o di più paesi si avvii verso il socialismo, e tanto meno verso il comunismo, e che i capitalisti degli altri paesi se ne stiano a guardare indifferenti e con le braccia conserte. Meno ancora si può immaginare che la classe operaia dei paesi capitalistici accetti di essere semplice spettatrice del vittorioso sviluppo del socialismo in questo o quel paese. In realtà i capitalisti faranno tutto quanto sarà in loro potere per soffocare questi paesi. In realtà ogni serio passo verso il socialismo, e tanto più verso il comunismo, in questo o quel paese sarà inevitabilmente accompagnato da un irresistibile slancio della classe operaia dei paesi capitalistici verso la conquista del potere e del socialismo in questi paesi.
Così, nel corso dell'ulteriore sviluppo della rivoluzione internazionale e della reazione internazionale, si formeranno due centri di importanza mondiale: il centro socialista che unirà i paesi gravitanti verso il socialismo, e il centro capitalista che unirà i paesi gravitanti verso il capitalismo. La lotta tra questi due campi deciderà le sorti del capitalismo e del socialismo in tutto il mondo.

 
Note: 1. Comune di Parigi, primo "governo della classe operaia'' (Marx) nella storia. Assunse il potere in seguito all'insurrezione del proletariato parigino nel marzo del 1871. Aiutato dall'esercito di occupazione prussiano, il governo reazionario francese affogò nel sangue la Comune di Parigi. 2. Preparlamento, assemblea permanente creata dalla borghesia all'inizio dell'ottobre 1917 e composta dai rappresentanti di varie organizzazioni sociali per lottare contro i Soviet. Il "Preparlamento'' fu organizzato in modo che nel suo seno la maggioranza fosse assicurata ai rappresentanti della borghesia e ai suoi agenti: i menscevichi e i socialisti-rivoluzionari. Fin dalla sua prima seduta la frazione bolscevica, dopo aver letto una dichiarazione, abbandonò il Preparlamento e in seguito lo boicottò. Tale tattica era stata stabilita dal Comitato centrale del partito su proposta di Lenin e di Stalin, contro i traditori Kamenev e Zinoviev, che, partecipando al Preparlamento, tentavano, a mezzo di un accordo coi menscevichi e i socialisti-rivoluzionari, di far fallire l'insurrezione armata.

17 gennaio 2024