Sulla base della documentata denuncia presentata dal Sudafrica al principale organo giudiziario delle Nazioni Unite che ha sede in Olanda
Israele deve rispondere dell'accusa di genocidio dei palestinesi alla Corte di giustizia internazionale dell'Aja
Respinta la richiesta sionista di archiviare il caso ma il genocidio continua
 
La giudice americana Joan Donoghue che presiede la Corte internazionale di Giustizia dell'Aia annunciava il 26 gennaio di avere accolto la richiesta presentata dal Sudaffrica di sottoporre a giudizio Israele con l'accusa di genocidio dei palestinesi; la richiesta sionista di archiviare il caso era respinta perché la Corte con un voto quasi unanime dei 15 componenti ritiene che "almeno alcuni degli atti commessi da Israele a Gaza sembrano essere in grado di rientrare nelle disposizioni della convenzione sul genocidio".
"La giornata di oggi segna una vittoria decisiva per lo Stato di diritto internazionale e una pietra miliare significativa nella ricerca di giustizia per il popolo palestinese. Con una sentenza storica, la Corte internazionale di giustizia ha stabilito che le azioni di Israele a Gaza sono plausibilmente genocidio e ha indicato misure provvisorie su questa base. Per l'attuazione dello Stato di diritto internazionale, la decisione è epocale. Il Sudafrica ringrazia la Corte per la sua rapida decisione", dichiarava il ministero degli esteri del Sudafrica.
Parimenti il Movimento di Resistenza Islamica Hamas accoglieva "con favore la decisione della Corte Internazionale di Giustizia dell'Aia, che ha incriminato lo stato occupante con l'accusa di genocidio" e chiedeva che "l'esercito di occupazione protegga i civili, revochi l'assedio imposto al nostro popolo nella Striscia di Gaza, rispetti i suoi doveri come forza occupante nel quadro del diritto internazionale e del diritto internazionale umanitario. Questa decisione significa la cessazione di ogni forma di aggressione contro il nostro popolo palestinese a Gaza".
Il percorso processuale sarà molto lungo e quindi la Corte, riconosciuto il "diritto dei palestinesi di Gaza ad essere protetti da atti di genocidio" e che "esiste un rischio reale e imminente che venga causato un danno irreparabile ai diritti che ha ritenuto plausibili, prima di prendere la sua decisione finale", ritiene che Israele deve anzitutto "in conformità con i suoi obblighi ai sensi della Convenzione sul genocidio, prendere tutte le misure in suo potere per impedire la commissione, contro i palestinesi di Gaza, di qualsiasi atto che rientra nel campo di applicazione dell'articolo II della Convenzione", e deve riferire entro un mese sulle misure che adotterà per non violare quei diritti. La Corte ritiene inoltre che Israele "debba garantire, con effetto immediato, che il suo esercito non commetta nessuno degli atti sopra menzionati", "debba adottare tutte le misure in suo potere prevenire e punire l’incitamento diretto e pubblico a commettere un genocidio contro i palestinesi" e "debba adottare senza indugio misure efficaci consentire la fornitura dei servizi di base e dell’assistenza umanitaria urgentemente necessari porre rimedio alle difficili condizioni di vita a cui sono sottoposti i palestinesi nella Striscia di Gaza". Riguardo agli ostaggi israeliani, la Corte ne ha chiesto il rilascio immediato e incondizionato.
L'iter giudiziario si era avviato il 29 dicembre scorso con la presentazione formale della denuncia del Sudafrica e con la prima seduta pubblica della Corte l'11 e il 12 gennaio per ascoltare le motivazioni presentate delle due parti. La documentata e dettagliata denuncia presentata dal Sudafrica sosteneva che “Israele ha commesso, sta commettendo e vuol continuare a commettere atti di genocidio contro il popolo palestinese a Gaza” violando la “Convenzione per la prevenzione e la punizione del crimine di Genocidio” varata nel 1948 e ratificata da più di 150 paesi, Israele compreso. L'accusa era appoggiata dai 57 paesi dell''Organizzazione dei Paesi Islamici e dai 120 paesi del movimento dei Non Allineati, come riportato nella Dichiarazione di Kampala del 21 gennaio, al termine del 19° vertice dell'organizzazione, ossia da una consistente maggioranza dei paesi dell'Onu.
La principale organizzazione della resistenza paletinese, il movimento di Hamas aveva dichiarato che era disponibile a rispettare una eventuale richiesta di tregua da parte della Corte "solo le farà anche Israele".
Il nazisionista Benjamin Netanyahu aveva invece dichiarato che avrebbe continuato la guerra di occupazione e il genocidio dei palestinesi "e nessuno ci fermerà, né l'Aja né l'asse del male", sostenuto dai complici imperialisti Usa e Gran Bretagna. D'altra parte il regime sionista di Tel Aviv ha già arrogantemente ignorato la condanna della Corte dell'Onu nel 2004 per la costruzione illegale del muro nella Cisgiordania occupata, così come delle risoluzioni Onu contro l'occupazione della Cisgiordania e Gerusalemme Est. E dopo la decisione di dare il via al processo i nazisionisti attaccavano il principale organo giudiziario delle Nazioni Unite col ministro della sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir che definiva antisemita la Corte dell'Aja perché "non cerca la giustizia ma solo di perseguitare il popolo ebraico" e col ministro della Difesa Yoav Gallant secondo il quale antisemita sarebbe anche l'accusa del Sudafrica sul genocidio a Gaza.
Eppure le cronache quotidiane del genocidio dei palestinesi parlano chiaro sulle responsabilità del regime sionista di Tel Aviv, senza contare le numerose denunce, l'ultima delle quali quella dell'11 gennaio scorso dell'organizzazione umanitaria Oxfam che rendeva noti i risultati di un proprio studio che calcolava una media giornaliera di circa 250 vittime palestinesi, due terzi dei quali bambini e donne, uccise dai soldati sionisti che in poco più di tre mesi hanno rasa al suolo la Striscia di Gaza e messo a rischio anche molte altre vite per fame, malattie e freddo. Il tasso di mortalità giornaliero della guerra di aggressione sionista a Gaza, denunciava Oxfam, è il più alto di qualsiasi recente grande conflitto armato imperialista, da quello in Siria che ha contato 96,5 morti al giorno all'aggressione russa all'Ucraina con 43,9 vittime e dieci volte tanto quello in Afghanistan con 23,8 vittime.
La decisione della Corte dell'Aja non ha fermato la criminale guerra dei nazisionisti contro il popolo palestinese, spacciata per "autodifesa", ma nulla toglie all'importanza politica della denuncia di genocidio da parte del governo sudaficano, una denuncia che non poteva essere ignorata o liquidata come un atto di antisemitismo, dalla falsa etichetta con la quale viene definito dalla campagna propagandistica filosionista di tutti i principali mezzi di informazione dei paesi imperialisti occidentali complici a chiunque non si pieghi alla presunta verità diffusa dai criminali del regime di Tel Aviv; i nazisionisti sono i carnefici e non le vittime dei palestinesi. Questa l'evidenza degli atti presentati nella denuncia sudafricana.
Nel discorso di apertura dell'11 gennaio, alla prima audizione davanti alla Corte, l'ambasciatore sudafricano in Olanda Vusimuzi Madonsela accusava Israele per “aver commesso atti equiparabili al genocidio”, a “crimini umanitari” e di aver attuato una nuova “Nakba del popolo palestinese”, l'esodo forzato dei palestinesi. Sottolineava che la questione palestinese non è iniziata il 7 ottobre con l'attacco di Hamas, come pretenderebbero i nazisionisti di Tel Aviv per coprire quello che l'ambasciatore sudafricano ha definito un “crimine perpetrato attraverso la colonizzazione israeliana a partire dal 1948, che ha sistematicamente e con la forza espropriato, sfollato e frammentato il popolo palestinese, negandogli deliberatamente il diritto inalienabile all’autodeterminazione riconosciuto a livello internazionale e il diritto al ritorno riconosciuto a livello internazionale come rifugiati nelle loro città e villaggi in quello che oggi è lo Stato di Israele”.
Il ministro sudafricano della Giustizia, Ronald Lamola, denunciava "il regime istituzionalizzato di leggi, politiche e pratiche discriminatorie di Israele, progettate e mantenute per stabilire un dominio e sottoporre il popolo palestinese a un sistema di Apartheid su entrambi i lati della cosiddetta Green Line" e sosteneva che "la lunga impunità decennale per violazioni diffuse e sistematiche dei diritti umani ha incoraggiato Israele alla reiterazione e all’intensificazione dei crimini umanitari in Palestina. Il Sudafrica riconosce che gli atti genocidi e le omissioni da parte dello Stato di Israele fanno inevitabilmente parte di un continuum di atti illegali perpetrati contro il popolo palestinese. La richiesta colloca gli atti e le omissioni di Israele nel contesto più ampio dei 25 anni di apartheid, dei 56 anni di occupazione e dei 16 anni di assedio imposti alla Striscia di Gaza”.
Altri componenti della delegazione sudafricana sottolineavano aspetti specifici dell'accusa di genocidio dei palestinesi denunciando che “a Gaza non c’è un semplice conflitto, ma una potenza occupante che compie atti distruttivi”, "atti distruttivi perpetrati da una potenza occupante, Israele, che ha sottoposto il popolo palestinese a una violazione oppressiva e prolungata dei suoi diritti all’autodeterminazione per più di mezzo secolo. Tali violazioni si verificano in un mondo in cui Israele, per anni, si è considerato al di là e al di sopra della legge”. E che oggi manifesta "un intento genocida contro i palestinesi di Gaza. Questo è evidente dal modo in cui viene condotto l'attacco militare" che segue "un chiaro modello di condotta: l'attacco alle case delle famiglie e alle infrastrutture civili, che ha devastato ampie aree di Gaza. I bombardamenti e i cecchini che colpiscono uomini, donne e bambini, la distruzione delle infrastrutture sanitarie e la mancanza di accesso all'assistenza umanitaria". Atti criminali che mettono in pratica “l’intento genocida contro i palestinesi di Gaza", nella Striscia "l’1% della popolazione palestinese è stata già sistematicamente decimata e una persona su quattro è rimasta ferita dal 7 ottobre”.
Un avvocato dell'accusa chiamava direttamente in causa il premier Netanyahu che il 28 ottobre aveva fatto riferimento a un versetto biblico che evocava "il comando di Dio a Saul dove ordinava agli Israeliti di uccidere tutti gli uomini, le donne e i bambini di Amalek", "i leader politici, i comandanti militari e le persone che ricoprono posizioni ufficiali di Israele hanno sistematicamente ed in termini espliciti dichiarato il loro intento genocida", che di fatto costituisce la politica ufficiale del regime sionista. “Stiamo combattendo contro animali umani”, sosteneva il ministro della Difesa Gallant; “quando diciamo che Hamas dovrebbe essere distrutto, intendiamo anche coloro che festeggiano, coloro che sostengono e coloro che distribuiscono caramelle: sono tutti terroristi”, secondo il ministro della Sicurezza Nazionale Ben-Gvir; “non esistono civili non coinvolti a Gaza” e “valutiamo l’uso dell’atomica” secondo il Ministro del Patrimonio Amichai Eliyahu. Queste dichiarazioni, dichiarava l'accusa, "sono state poi ripetute dai soldati sul terreno di Gaza mentre erano impegnati in atti di distruzione” e confermate da immagini di soldati israeliani che ballano all’interno di Gaza e cantano evocando appunto “Amalek” e intonando le frasi “Non ci sono civili non coinvolti”. E “Cancelliamo Gaza”. Che i civili palestinesi siano bersagli degli assassini sionisti lo conferma inolte l'uccisione da parte dei militari di Tel viv dei tre ostaggi sfuggiti ai rapitori che avanzavano verso di loro sventolando una bandiera bianca.
"Un genocidio è in atto a partire dall’uccisione di massa dei palestinesi a Gaza”, rilanciava l'accusa ricordando che “Israele ha usato circa 6mila bombe a settimana. Almeno 200 volte ha usato bombe da 900 kg nel Sud di Gaza, che pure aveva definito sicuro. Nessuno viene risparmiato. Nemmeno i neonati. Il Segretario Generale delle Nazioni Unite ha già descritto la Striscia come un cimitero per i bambini”. Infine si sottolineava che "gli attacchi di Israele hanno ferito o mutilato 60mila palestinesi per la maggior parte donne e bambini. Il sistema sanitario è stato fatto collassare. Un gran numero di civili palestinesi, compresi bambini, vengono arrestati, legati, costretti a spogliarsi, caricati su camion e portati in località sconosciute". Le vittime civili crescono a un ritmo impressionante, "ogni giorno vengono colpite mediamente 48 madri e circa 200 bambini, 3 medici, 2 insegnanti, 1 giornalista e diversi impiegati delle Nazioni Unite. Almeno 10 bambini subiscono amputazioni quotidiane, spesso senza anestesia. C’è un urgente bisogno di misure provvisorie per proteggere i palestinesi di Gaza dalla violazione da parte di Israele della convenzione sul genocidio”.

31 gennaio 2024