Trieste
Gli operai della Wärtsilä continuano la lotta contro i licenziamenti
Prorogato di 6 mesi il contratto di solidarietà
 
Le ultime notizie sulla vertenza triestina ci dicono che la multinazionale finlandese il 17 gennaio ha accettato la proroga del Contratto di solidarietà per altri sei mesi. Una notizia che ha colto un po' tutti di sorpresa in quanto Wartsila ha smentito sé stessa: solo una settimana prima aveva fatto saltare l'accordo che scadeva il 31 dicembre. In pratica l'azienda non può aprire alcuna procedura di licenziamento almeno per i prossimi sei mesi. Inoltre quell'accordo vincolava le parti a definire le condizioni per ottemperare al più presto l’obiettivo generale di quella stessa intesa, ossia quello di “mantenere la vocazione industriale del sito con produzioni a elevato valore aggiunto, valorizzando l’elevato valore professionale delle maestranze e producendo ricadute positive sul l’intero territorio triestino”. Condizioni impossibili da ottenere con una proroga di così poco tempo.
Un risultato, seppur parziale, dovuto in gran parte alla lotta tenace dei lavoratori che hanno presidiato i cancelli dell'azienda, hanno organizzato decine di presidi, manifestazioni e cortei. Una mobilitazione che ha coinvolto tutte le realtà triestine, a partire dai portuali, e costretto le istituzioni locali e il governo nazionale a prendere l'iniziativa per scongiurare i 450 licenziamenti annunciati dalla multinazionale finlandese a luglio 2022. Questo non risolve assolutamente la vertenza perché da Helsinki hanno confermato l'intenzione di chiudere il sito produttivo di Bagnoli della Rosandra (Trieste) con i 450 addetti, che peraltro mette a repentaglio anche i siti del gruppo che si occupano di manutenzione e servizi di Genova, Napoli e Taranto, dove lavorano altre 600 persone.
Trieste è scesa in piazza compatta perché con l'abbandono della produzione, che sarebbe spostata in Finlandia, la città perderebbe uno dei suoi più importanti siti industriali, insediato sul territorio da molto tempo. L'attuale stabilimento è quello costruito negli anni '60 che ospitava la storica fabbrica Grandi motori Trieste, costituita da una joint venture tra Fiat e Fincantieri e poi con il tempo passata sotto il controllo della cantieristica pubblica. Nel 1996 è stata acquisita da Wärtsilä e dall'anno successivo è entrata a fare parte stabilmente del gruppo. L'azienda, tra le più grandi d'Europa nel settore, produce motori navali, tra cui il più grande del mondo, oltre che generatori di corrente per centrali elettriche e gruppi elettrogeni.
Quella di Wärtsilä è l'ennesima vicenda in cui il privato va a braccetto con il pubblico per chiedere soldi per poi, quando lo ritiene più opportuno, delocalizzare da un altra parte lasciando il deserto industriale e occupazionale. Si tratta delle cosiddette delocalizzazioni, contro cui si è battuto con forza il Collettivo di fabbrica ex-Gkn (proponendo anche una legge specifica), costringendo il Governo a prendere in considerazione misure (ancora poco efficaci) che fermino questa pratica, che sta portando alla chiusura di importanti realtà industriali del nostro Paese.
Secondo l’elenco stilato dalla Regione Friuli Venezia Giulia, negli ultimi 5 anni Wärtsilä ha beneficiato di 11.514.458 euro di contributi pubblici statali, più 502.877 euro dalla Regione per investimenti in tecnologie innovative, mentre a gennaio 2022 dal Mise e dalla Regione ne arrivarono 3.770.920. A questi vanno aggiunti i 30 milioni di euro di garanzie Sace, ottenute nel dicembre del 2020 per rimediare al grave turbamento dell’economia dovuto alla pandemia. Poi ancora 20 milioni di euro che vennero richiesti nel 2017 per superare una crisi produttiva della società. Allo stesso anno risale un’operazione con cui Wärtsilä Italia ha ceduto due capannoni e le aree contigue a Interporto di Trieste Spa per 20 milioni di euro, capitali che derivano dal subentro nella società delle quote della ex Provincia di Trieste da parte di Friulia e autorità portuale. Da ultimo ci sono i 4 milioni di euro richiesti allo sportello Pnrr lo scorso aprile. Da questi numeri rimangono poi esclusi gli importanti contributi per la cassa integrazione ordinaria.
Wärtsilä non può andarsene in questo modo, gettando sul lastrico da un giorno all'altro i lavoratori. Se, come sembra, sia Ansaldo che il colosso giapponese Mitsubishi sono interessati ad acquisire la parte produttiva, i finlandesi devono dare la disponibilità a prorogare gli ammortizzatori sociali per il tempo necessario alla stesura di un chiaro Accordo di programma. I punti cruciali sono capire la validità o meno del progetto industriale di Ansaldo Energia e chiarire quale funzione avrà Wärtsilä in futuro non solo per Trieste e i suoi 300 “ esuberi” dichiarati, ma anche per gli altri 600 dipendenti sparsi nel resto d'Italia. Sono queste le garanzie richieste dai lavoratori e dai sindacati.

7 febbraio 2024