Patto militare tra la Russia e il Niger
L'imperialismo russo allarga l'influenza nel Sahel e controlla i flussi dei migranti

Com'era prevedibile il colpo di Stato militare dello scorso 26 luglio sta spostando il Niger sempre più nell'orbita della Russia di Putin. Il 4 dicembre gli emissari di Mosca e il governo militare di Niamey guidato dal generale Omar Tchiani hanno concluso un accordo per il rafforzamento della cooperazione militare tra i due Paesi. Come riferisce la stampa locale l'intesa è stata conclusa durante la visita del viceministro della Difesa russo Junus-bek Yevkurov nella capitale nigerina, dove è stato accolto dal ministro della Difesa Salifou Modi e dallo stesso Tchiani. Il funzionario russo è il primo rappresentante del governo russo a visitare il paese centroafricano, dopo il colpo di Stato che ha portato alla deposizione del presidente filoccidentale Mohamed Bazoum e l'espulsione del contingente militare francese di circa 1.500 uomini, il cui ritiro e riposizionamento nel Ciad è già cominciato e si concluderà entro la fine dell'anno.
Yevkurov è un ex parà caucasico, già noto per aver guidato una colonna di blindati russi dalla Bosnia a Pristina battendo sul tempo le truppe della Nato durante la guerra nel Kosovo nel 1999. Successivamente ha combattuto in Cecenia e presieduto l'Inguscezia, dove ha stroncato la rivolta islamista. Dopo l'eliminazione di Prigozhin ha preso di fatto il suo posto a capo dei mercenari della Wagner all'estero, e adesso è lui l'emissario di Putin per la Libia e la regione del Sahel. Prima di recarsi a Niamey, infatti, aveva visitato a capo di una delegazione il generale Haftar a Bengasi, per discutere alcuni progetti che prevedono fra l'altro la costruzione di una base navale russa in Cirenaica. Poi era andato nel Mali per stringere gli accordi con la giunta militare promettendo altri soldati per combattere le milizie Jihadiste.

Un crocevia del flusso di migranti
Adesso, grazie all'accordo militare anche con la giunta di Niamey, la Russia prende il controllo di buona parte del Sahel, e in particolare delle carovaniere che da Agadez nel Niger arrivano fino alla città di Sebha nel Fezzan libico, avamposto della Wagner, da dove il traffico di migranti che cercano di raggiungere il Mediterraneo può essere facilmente indirizzato verso Bengasi, nel territorio dell'alleato Haftar. Ciò che dà in mano a Putin un'arma strategica da usare all'occorrenza per ricattare e mettere in difficoltà l'Europa, e in particolare l'Italia.
Va aggiunto che pochi giorni prima dell'accordo, il 27 novembre, il governo militare nigerino aveva abrogato la legge per il contrasto ai trafficanti di uomini, concedendo anche l'amnistia per tutti i trafficanti già condannati e detenuti in Niger, che era stata approvata nel 2015 dal governo del presidente Mahamadou Issoufou sostenuto dall’Unione europea, e finanziata con un fondo fiduciario d’urgenza della Ue per l’Africa. Una legge facente parte in realtà in una serie di misure volte a esternalizzare le frontiere europee in Niger, sigillando la frontiera con la Libia per tenere bloccati in appositi lager i migranti in cambio di un pacchetto di “aiuti per lo sviluppo”, sul modello del patto concordato tra la Merkel e il dittatore turco Erdogan per i profughi siriani.
Il Niger è un crocevia importante per i flussi di migranti che dai paesi dell'Africa occidentale cercano di raggiungere le coste del Mediterraneo. Esso confina infatti a Nord con Algeria e Libia, che si affacciano sul Mediterraneo, mentre a Sud e ad Ovest confina rispettivamente con Nigeria e Benin e con Mali e Burkina Faso, paesi che a loro volta rappresentano la porta d'ingresso e di transito per i migranti che partono dai paesi dell'Africa occidentale, come la stessa Nigeria, il Senegal, la Costa D'Avorio, il Gambia, la Sierra Leone e altri paesi di forte emigrazione. Dal 2016 ad oggi l'Oim (l'Organizzazione internazionale per le migrazioni) calcola che più di quattro milioni di persone abbiano attraversato il Niger, e che solo quest'anno circa 50.000 migranti siano entrati nel Paese.

Il fallimento della strategia Ue e le ambizioni dell'Italia
È in nome della lotta al “terrorismo islamico, alla criminalità organizzata e all'immigrazione irregolare”, che da una decina d'anni la Ue aveva stretto un patto economico-militare di “difesa e sicurezza”, con i precedenti governi nigerini filoccidentali. Tra cui la missione “civile” denominata Eucap Sahel Niger, attiva dal 2012, e la Missione di partenariato militare dell'Ue in Niger (Eumpm), istituita dal Consiglio europeo lo scorso febbraio per addestrare e sostenere le forze armate nigerine nella guerra al “terrorismo”, attualmente a guida italiana e dotata di una forza di 130 tra militari e agenti di polizia messi a disposizione da vari Stati europei. Proprio in contemporanea con l'annuncio dell'accordo politico-militare stipulato con i russi il governo di Niamey ha emesso un comunicato per annunciare l'intenzione di revocare tutte e due le missioni europee.
Resta invece attiva per ora la missione militare italiana Misin (Missione bilaterale di supporto nella repubblica del Niger), che per anni ha addestrato migliaia di soldati e gendarmi Nigerini, istituita nel 2018 dal governo Gentiloni con il voto favorevole anche di FdI, e che dopo il colpo di Stato ha interrotto le attività e ha ridotto gli effettivi a circa 250 militari e 13 mezzi terrestri. Tuttavia la giunta militare ha fatto sapere a Roma di voler continuare l'addestramento, anzi addirittura aumentarlo. L'ex ministro della Difesa all'epoca dell'accordo, Lorenzo Guerini, attualmente presidente PD del Copasir, aveva già espresso a ottobre l'intenzione dell'Italia di rimanere in Niger nonostante il golpe e la cacciata della Francia: “L’Africa ha un ruolo chiave in relazione alla sicurezza – aveva detto in un convegno sul jihadismo della Fondazione MedOr -. Noi lì siamo presenti, pure dal punto di vista militare, e dobbiamo essere molto prudenti. Ci siamo, e dobbiamo restarci: il Niger è un hub strategico e andarsene sarebbe un errore anche perché non ci viene richiesto”. Anche gli americani, che in Niger hanno una base militare e che non disdegnano di trattare con la giunta militare golpista per poter restare nel Paese, incoraggiano riservatamente la permanenza italiana; che a sua volta può approfittare dell'occasione per scalzare la Francia e ritagliarsi con l'appoggio degli Usa un ruolo da protagonista in una regione così strategica e ricca di risorse naturali, secondo le ambizioni neocolonialiste della neofascista Meloni e del suo “Piano Mattei”.

L'imperialismo di Putin subentra a quello di Macron
Le manifestazioni antifrancesi e in appoggio al colpo di Stato del 26 luglio, con lo sventolio di bandiere della Russia da parte della popolazione di Niamey, avevano già fatto intravedere il cambio di scenario che si stava determinando nella regione, con l'estromissione dei francesi e il successivo accordo militare con la Russia, dopo che già anche in Mali e in Burkina Faso i militari avevano preso il potere cacciando le truppe francesi e facendo entrare al loro posto i mercenari della Wagner. Che evidentemente non sono ancora percepiti in Africa come truppe colonialiste al pari di quelle francesi.
La Francia, che aveva spostato il suo contingente militare in Niger dopo la cacciata dal Mali, era rimasta spiazzata dalla deposizione del presidente Bazoum, e aveva spinto per un intervento militare della Comunità economica degli Stati dell'Africa occidentale (Ecowas) per reinsediarlo, ma senza mai riuscire a concretizzarlo, anche per il mancato sostegno degli Usa che prendevano invece pragmaticamente atto della mutata situazione. Perciò a fine settembre a Macron non restava altro che rassegnarsi a ritirare l'ambasciatore, che viveva ormai sotto assedio a Niamey, e dichiarare che “non c'è più la Françafrique”; annunciando così il ritiro completo entro l'anno dal Niger, un Paese strategico per Parigi, che ci ricava tra l'altro un terzo dell'uranio per le sue centrali nucleari.
Nel frattempo la giunta militare nigerina non solo si rafforzava stringendo un accordo con le giunte omologhe del Mali e del Burkina Faso per dissuadere da interventi militari dall'esterno, ma trattava con la Russia (che non aveva appoggiato ufficialmente il golpe, preferendo farlo fare all'ideologo di Putin, Aleksandr Dugin) per rafforzare gli accordi militari, che esistevano tra i due paesi già dal 2017 e rinnovati ogni due anni, per farli diventare veri e propri contratti su larga scala. Fino all'accordo politico e militare del 4 dicembre che allarga decisamente l'influenza dell'imperialismo russo sull'intera regione del Sahel.


7 febbraio 2024