Bersagli delle proteste l'Ue imperialista e i governi nazionali
Accogliere le rivendicazioni dei contadini salvaguardando l'ambiente

Sono stati i contadini tedeschi a iniziare le proteste. La miccia che ha innescato la mobilitazione è stata la decisione del governo guidato dal cancelliere federale socialdemocratrico Olaf Scholz di cancellare le agevolazioni sul gasolio agricolo, misura adottata da molti Paesi per aiutare i contadini e le aziende agricole a sostenere le spese per il carburante, adesso rimesse in discussione a causa dei tagli al bilancio della prima economia del continente, attualmente in recessione. Manifestazioni e blocchi stradali, a Berlino e in altre città, sono iniziati già nel dicembre scorso.
Rapidamente le proteste hanno contagiato la Francia con manifestazioni in decine di città. Anche qui si protesta contro il taglio alle agevolazioni sul gasolio e contro le politiche agricole dell'Unione Europea che colpiscono sopratutto i piccoli produttori. In Olanda e Belgio nel mirino sono finite le limitazioni agli allevamenti. A Bruxelles il primo febbraio gli agricoltori di mezza Europa con centinaia di trattori hanno assediato la sede del Parlamento Europeo per protestare contro la Politica Agricola Comunitaria (PAC). In alcuni paesi dell'Est come Romania e Polonia gli agricoltori protestano contro i loro governi che per sostenere (giustamente) l'Ucraina contro l'aggressione russa hanno agevolato i prodotti alimentari di Kiev, scaricandone però le conseguenze sui loro contadini alle prese con la concorrenza di prodotti che costano di meno. Anche se le proteste sono partite da temi specifici diversi, in tutti i paesi europei i contadini denunciano le stesse cose: una politica europea che penalizza l'agricoltura e soprattutto i piccoli e medi produttori, redditi troppo bassi, inflazione, concorrenza estera, burocrazia, aumento dei prezzi del carburante.
Anche in Italia da alcuni giorni le proteste sono sempre più estese. A Milano da martedì 30 gennaio quasi 200 agricoltori hanno sistemato i loro trattori vicino a Melegnano, a sud della città, nei pressi dell'inizio dell'autostrada A1; altri hanno bloccato il casello autostradale di Brescia e varie strade in Piemonte e Liguria. Nel Centro e nel Sud il traffico è stato ostacolato in alcune regioni tra cui Puglia, Calabria e Lazio, soprattutto nei pressi dell'importante svincolo della A1 di Orte. In Toscana spicca tra le varie iniziative quella attorno al casello Valdichiana della A1, dove stazionano con i loro trattori centinaia di contadini. In Sardegna proteste sia a Cagliari che a Sassari. Con data ancora da definire, alcune associazioni di agricoltori hanno comunicato la volontà di indire una manifestazione nazionale a Roma, fin sotto i palazzi del potere.
La mobilitazione italiana si è quindi inserita nel più ampio movimento continentale. Il nostro Paese ha le sue peculiarità, ad esempio le grandi organizzazioni di rappresentanza degli agricoltori hanno un peso minore rispetto ad altre nazioni, perché queste generalmente vanno a braccetto con gli amministratori centrali e locali, a partire dalla Coldiretti, vero e proprio zerbino del governo neofascista della Meloni. La rabbia dei contadini è indirizzata contro la PAC, contro il taglio di alcune agevolazioni, per un riequilibrio della filiera della produzione e distribuzione dei prodotti agricoli e alimentari tutta a discapito dei piccoli e medi contadini e a vantaggio dei grossi produttori, dei maggiori grossisti e della Grande Distribuzione Organizzata (GDO).
Non corrisponde a realtà la rappresentazione fatta da molti media italiani, dove i contadini europei vengono dipinti come dei reazionari e degli inquinatori che non vogliono regolamentazioni opponendosi alla PAC e al “Green Deal”, ossia a quella politica UE favorevole a una crescita sostenibile e inclusiva concepita, almeno in teoria, per stimolare l'economia, migliorare la salute e la qualità della vita dei cittadini e tutelare la natura a partire dall'agricoltura. Sicuramente i populisti, sovranisti e fascisti cercano di indirizzare la protesta in questo senso, cioè contro qualsiasi provvedimento che contrasti il cambiamento climatico, che oltretutto danneggia proprio gli agricoltori, oppure fuorviando con temi complottisti come la “farina” di grillo.
Il governo italiano si distingue in questa opera di strumentalizzazione, addirittura volendo passare come sostenitore degli agricoltori, ma è vero l'esatto contrario. Per fare un esempio l'ultima Legge di bilancio ha eliminato le agevolazioni Irpef sui terreni agricoli e sui contributi previdenziali dei giovani agricoltori. Allo stesso modo Salvini e la Lega, il ministro dell'Agricoltura Lollobrigida e Fratelli d'Italia, tentano di cavalcare la protesta contro la PAC, ma la politica agricola europea è il frutto del compromesso tra i singoli Stati, e quindi ha il consenso di tutti i governi, siano essi guidati dalla destra che dalla “sinistra” borghese. Sono ridicole le accuse della destra alla “burocrazia di Bruxelles” quando ai vertici delle istituzioni europee, a partire dalla Von der Lyen, siedono esponenti che appartengono allo stesso gruppo politico dei tre maggiori partiti di governo, e spesso proprio nella Commissione europea per l'agricoltura e lo sviluppo rurale che elabora la PAC.
Allo stesso modo contestare a chi protesta il fatto che il bilancio Europeo è impegnato per circa il 30% a dare sostegno agli agricoltori, non spiega niente. La stragrande maggioranza dei contributi vanno a sostegno delle grandi aziende, mentre alle piccole, spesso a conduzione familiare, vanno solo le briciole. La stessa regola prevista dalla PAC che per avere i sussidi impone di lasciare a “riposo” il 4% del terreno per favorire l'ambiente e la rigenerazione è facilmente attuabile dalle grandi aziende e da chi possiede grandi estensioni di terreno, e invece economicamente poco sostenibile per i piccoli produttori.
La sostenibilità ambientale non si potrà certo raggiungere nel capitalismo, ma già adesso bisogna agire e vanno bene tutte le misure che vanno in questo senso. Il problema che sollevano i contadini è che non si può scaricare la decarbonizzazione e il contrasto del cambiamento climatico sui piccoli produttori che invece vanno sostenuti. Il problema non sono i contadini e le piccole imprese, ma gli allevamenti intensivi, l'utilizzo smodato della chimica, le coltivazioni in mano alle grandi multinazionali, la liberalizzazione dei prezzi senza alcun controllo su un bene primario come il cibo, lo strapotere dei grossisti e della GDO che tengono in pugno i piccoli produttori. Una situazione insostenibile che favorisce anche lo sfruttamento dei lavoratori, non a caso nel settore agricolo vi è il più alto tasso di lavoro irregolare.
Insomma questa protesta è legittima e incontra le simpatie della popolazione, che è ben consapevole della situazione disastrosa in cui versa la nostra agricoltura e della miseria in cui sono condannati i piccoli e medi contadini che lavorano come bestie e a malapena riescono a pareggiare i conti. Tant'è che negli ultimi anni abbiamo assistito alla chiusura di un numero impressionante di piccole aziende agricole, mentre a ingrassare sono i grandi proprietari e la grande distribuzione che si assicurano i maggiori profitti, dettano legge e sono i primi a lucrare sugli aumenti dei prezzi pagati dai consumatori. Questo è il sistema economico capitalistico: rovina e miseria della piccola e media produzione rispetto alla grande, subalternità del settore primario rispetto a quello secondario, mentre il potere economico è dominio incontrastato del capitale finanziario, speculatore e parassitario.

7 febbraio 2024