Nell'Ungheria di Orban, amico e alleato di Meloni
L'antifascista Salis in catene e al guinzaglio nel tribunale di Budapest
È accusata di aver aggredito due nazifascisti ungheresi

Ilaria Salis – attivista antifascista e maestra elementare di 39 anni di origini sarde e residente a Monza – fu arrestata l'11 febbraio 2023 a Budapest insieme ad alcuni militanti antifascisti tedeschi con l'accusa di avere aggredito e ferito con dei manganelli due degli estremisti ungheresi nazifascisti che avevano celebrato il giorno prima nella capitale ungherese il cosiddetto “giorno dell'onore” per ricordare i militari delle Croci Frecciate ungheresi e delle SS tedesche uccisi durante la liberazione di Budapest da parte dell'Armata Rossa nel 1945.
Al di là del fatto che riguarda l'attivista italiana, non sfugga il fatto che il regime ungherese di Orban, amico e stretto alleato di Giorgia Meloni, permette che vengano ignominiosamente celebrati i diretti responsabili - Croci Frecciate ungheresi ed SS tedesche – dello sterminio di oltre 560.000 ebrei ungheresi e che venga oltraggiata la liberazione di Budapest da parte dell'Armata Rossa di Stalin, a seguito della quale ritrovarono la libertà, nella sola capitale magiara, oltre 119.000 ebrei presenti in quell'area urbana, la cui sorte sarebbe stata altrimenti segnata.
Eppure i criminali nazifascisti hanno potuto liberamente sfilare per Budapest ostentando svastiche, croci frecciate e altri ignominiosi simboli che disonorano l'umanità intera mentre gli antifascisti, tra i quali la Salis, sono finiti in galera in regime di detenzione cautelare in attesa di processo.
Oltre alla Salis è imputato nello stesso procedimento e con le stesse accuse anche il ventitreenne milanese Gabriele Marchesi, attivista agli arresti domiciliari cautelari a Milano su richiesta dell'Ungheria che però avrebbe voluto l'estradizione sul proprio territorio e la custodia nelle proprie carceri, richiesta quest'ultima rifiutata dalla Corte d'appello di Milano che ha negato l'estradizione a causa del grave trattamento dei detenuti nel sistema carcerario ungherese.
È proprio l'infame regime detentivo ungherese ad avere focalizzato l'attenzione della stampa sulla vicenda dell'attivista italiana, perché la stampa italiana aveva già trattato la vicenda – si ricordi un articolo di Repubblica apparso lo scorso 16 dicembre a firma di Fabio Tonacci – ma è il filmato della prima udienza tenuta a Budapest il 29 gennaio scorso, diffuso dapprima dal tg3 e da Rainews24 il giorno stesso e poi il 1° febbraio durante la trasmissione Piazza Pulita, ad avere indignato l'opinione pubblica italiana: nel filmato si vede l'attivista entrare nell'aula, dove si svolge il processo, incatenata alle mani e ai piedi e condotta dal personale di polizia con un guinzaglio metallico.
Al processo erano presenti i famigliari dell'attivista, e il padre ha ripetutamente lanciato l'allarme sulle condizioni psicologiche e fisiche della giovane donna, mettendo in rilievo sia le precarie condizioni igieniche del carcere dove è detenuta sia l'inerzia delle autorità diplomatiche e consolari italiane in Ungheria, alle quali si era comunque tempestivamente rivolto subito dopo l'arresto, e il motivo di questa inerzia è chiaro, ed è chiaramente intuibile dalle reazioni del governo Meloni sulla vicenda: infatti il governo italiano era informato sin dal suo arresto sul fatto che l'attivista italiana riceveva un trattamento infame ,a non ha mosso un dito, evidentemente per non disturbare gli ottimi rapporti che la Meloni e Salvini hanno da sempre intrattenuto con Orban, e anche l'apparente inettitudine delle autorità consolari e diplomatiche a Budapest si spiegano con gli ordini provenienti dal ministro degli Esteri, Tajani, di lasciar correre.
L'esigenza politica di non disturbare Orban e il suo regime fascistoide la si può cogliere dalle ripetute dichiarazioni di ministri che, come Matteo Salvini, vogliono che il processo si tenga a Budapest e ritengono corrette le procedure detentive ungheresi o che, come Francesco Lollobrigida, dichiarano di non aver visto il filmato della Salis nei giorni in cui tutti i telegiornali diffondono le immagini della giovane donna in catene.
La verità è che i governi fascisti retti da Orban e dalla Meloni preferiscono consentire e addirittura favorire nei propri rispettivi territori le manifestazioni di chi si ispira alle Croci Frecciate di Ferenc Szàlasi, al nazionalsocialismo di Adolf Hitler e al fascismo di Benito Mussolini – organizzazioni complessivamente responsabili di decine di milioni di morti innocenti - piuttosto che tutelare i diritti di un'attivista antifascista che si oppone alla celebrazione di tali orrori.
Durante l'udienza Ilaria Salis, per la quale la magistratura ungherese ha chiesto una condanna a 11 anni di reclusione, si è dichiarata non colpevole delle accuse mosse dalla magistratura ungherese mentre la Procura ungherese ha chiesto una condanna a undici anni di carcere: la prossima udienza si terrà il 24 maggio prossimo.
L'accusa si basa su alcuni video che mostrano alcune persone che a volto coperto colpiscono con manganelli due militanti nazifascisti, che comunque hanno riportato ferite lievi con prognosi di alcuni giorni: la Salis fu fermata mentre si trovava su un taxi insieme a due attivisti tedeschi, anche essi sotto processo per il medesimo episodio.
Al PMLI non sfugge il profondo significato politico della lotta contro il nazifascismo di ieri e di oggi, ed esprime quindi a Ilaria Salis la propria solidarietà politica, mettendo al contempo in rilievo il carattere reazionario dei regimi di Orban e della Meloni, i quali consentono liberamente ai militanti neri di mettere in scena nei rispettivi territori le loro ripugnanti provocazioni contro le forze di liberazione dal nazifascismo – si chiamino esse Armata Rossa di Stalin in Ungheria o Comitato di Liberazione Nazionale in Italia - e al contempo perseguitano duramente chi, come Ilaria Salis, si oppone allo stesso, identico abominevole nazifascismo.

7 febbraio 2024