Per fare cassa
Meloni svende ai privati le aziende di Stato
Importanti quote di Mps, Eni, Poste, Ferrovie e Telecom finiranno sul mercato per un controvalore di circa 20 miliardi

Per finanziare la stangata da 24 miliardi e far quadrare i conti della legge di bilancio 2024 approvata dal parlamento del regime neofascista il 29 dicembre scorso con pesanti tagli alla sanità, assistenza sociale e alle risorse destinate ai Comuni e alle Regioni, la premier neofascista Meloni e il ministro fascioleghista dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, hanno annunciato di voler mettere mano al dossier sulle privatizzazioni svendendo ai privati e ai grandi gruppi finanziari internazionali importanti quote azionarie e pezzi pregiati delle più importanti aziende pubbliche a partecipazione statale tra cui Mps, Telecom, Poste, Ferrovie, Eni ed Enel, per un controvalore di circa di 20 miliardi.
“La mia idea è ridurre la presenza dello Stato dove non è necessaria” ha proclamato Meloni durante la conferenza stampa del 4 gennaio. I conti li aveva già messi nero su bianco Giorgetti nella NaDef (Nota di aggiornamento del documento di economia e finanza) approvata dal Consiglio dei ministri lo scorso 27 settembre facendo esplicito riferimento a ulteriori privatizzazioni per un importo pari all’1% del prodotto interno lordo (Pil) con la stima di un incasso di circa 20 miliardi di euro in tre anni.
Secondo i calcoli di alcuni analisti vendendo solo il 49% delle quote di Fs e meno del 14% di Poste, di cui lo Stato detiene attualmente poco meno del 65%, il governo potrebbe incassare tra i 4,7 e i 6,7 miliardi di euro.
Dunque, altro che “difesa del made in Italy” di cui cianciano Meloni e la sua maggioranza neofascista: il decreto sulle privatizzazioni approvato in Consiglio dei ministri il 25 gennaio punta esclusivamente a far cassa per abbattere il debito pubblico svendendo ai fondi di investimento esteri infrastrutture strategiche del Paese in perfetta continuità e in peggioramento con la lunga stagione di dismissioni dei “gioielli di famiglia” inaugurata oltre un trentennio fa da Romano Prodi e Mario Draghi e proseguita con tutti i governi successivi: da Andreotti, a Amato da Ciampi, a Berlusconi, Dini, D'Alema, Monti, Letta, Renzi e Gentiloni che hanno favorito il progressivo smantellamento e distruzione dell’industria pubblica italiana e privatizzato tutto ciò che era appetibile sul mercato capitalista comprese le banche, autostrade, aereoporti, ferrovie e società partecipate.
Infatti, oltre a Poste e Fs nel mirino di Meloni e Giorgetti ci sono almeno un'altra quindicina di società. In cima alle vendite c'è il Mps, la banca senese di cui Mef detiene il 64% del pacchetto azionario potrebbe finire sul mercato già a partire dai prossimi mesi e dalla cessione il governo conta di ricavare almeno 2 miliardi. Poi c'è Ita Airways che, una volta ceduta la prima “tranche” del 41% a Lufthansa per 325 milioni, il completamento della cessione frutterebbe altri 309 milioni. Per quanto riguarda Eni il governo pensa di mettere sul mercato circa il 12,35% di azioni che ai valori attuali frutterebbe circa 6 miliardi. Altri 2 miliardi Meloni conta di incassarli dalla cessione del 3,6% di Enel; 0,79 miliardi dalla vendita del 10,2% di Leonardo, 1,39 dal 9,8% di Terna e 1,66 miliardi dall’11,3% di Snam.
Ma non è finita, perché su proposta della Lega di Salvini, il piano di privatizzazioni elaborato dal governo potrebbe arricchirsi di ulteriori svendite dando in pasto al mercato anche le cosiddette “società in house” (quelle che gestiscono i rifiuti, l’acqua i trasporti e altri beni e servizi essenziali come Ama a Roma o Amat a Milano). Un'idea condivisa in pieno anche dal vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani che ha commentato: “La direzione indicata da Meloni è quella giusta... Berlusconi ne ha fatto un cavallo di battaglia e sono soddisfatto che anche il presidente del Consiglio nel corso della conferenza stampa di oggi abbia toccato questi temi, particolarmente a cuore a Fi”.
Sul sito del Ministero dell'Economia e Finanza è stato pubblicato un lungo elenco delle aziende partecipate dello Stato divise in società quotate o in società con strumenti finanziari non quotati e società non quotate con relativa quota di partecipazione percentuale che entro tre anni potrebbero finire sul mercato.
Tra le società quotate in borsa ci sono: Banca Monte Paschi di Siena S.p.A. (39,23%), Enav spa (53,28%), Enel spa (23,59%), Eni spa (4,67% Tesoro e 27,731% Cassa depositi e prestiti spa), Leonardo spa (30,20%), Poste italiane spa (29,26% e 35% Cassa depositi e prestiti spa).
Tra le società con strumenti finanziari quotati partecipate dallo Stato figurano invece: Amco spa – Asset management company spa (99,78%); Agenzia Nazionale per l’Attrazione degli Investimenti e lo Sviluppo d’impresa spa (Invitalia) (100%); Cdp – Cassa depositi e prestiti spa (82,77%); Fs – Ferrovie dello Stato Italiane spa. (100%); Rai – Radio televisione italiana spa (99,56%); Sace spa (100%).

7 febbraio 2024