Argentina
Sciopero generale contro privatizzazioni e tagli di Milei

Nella vittoriosa campagna elettorale del novembre scorso l'allora candidato della destra Javier Milei aveva annunciato che avrebbe affrontato con decisione la pesantissima crisi economica che da anni paralizza l’Argentina e colpisce soprattutto le masse popolari. A poche settimane dal suo insediamento, il nuovo presidente ha presentato in parlamento la cosiddetta “Ley Ómnibus”, un testo composto da oltre 500 articoli che assieme a alcune leggi appena varate ha come filo conduttore pesanti privatizzazioni, forti tagli alla spesa pubblica e ai lavoratori pubblici, la svalutazione della moneta nazionale e altro.
La risposta dei lavoratori e pensionati è scattata il 25 gennaio con un partecipato sciopero generale che ha visto mezzo milione di persone manifestare a Buenos Aires e un altro milione nel resto del paese al seguito della mobilitazione indetta dalla Confederazione Generale del Lavoro (CGT), il più grande sindacato del paese, che al momento hanno chiamato in piazza i lavoratori della salute, dei trasporti, del settore bancario e delle costruzioni. La protesta è continuata nei giorni successivi con un presidio e scontri con la polizia davanti la sede del parlamento che ha iniziato la discussione della legge.
La prima mossa di Milei, appena entrato in carica, è stata la svalutazione di ben il 54% del peso, la moneta nazionale, che ha fatto schizzare la già alta inflazione a livelli record, arrivati a fine 2023 al valore annuo del 211,4%, che ha posizionato l'Argentina in testa alla classifica continentale scalzando persino il Venezuela. Effetto conseguente del balzo inflazionistico, senza misure a favore delle classi povere e dei bassi salari, l'impennata dei prezzi e il crollo del potere d’acquisto di salari e pensioni. Seconda mossa del governo Milei il via libera a dicembre alla privatizzazione delle aziende statali, dai treni agli aerei, alla tv e a parte della banca, nazionale, che tuttavia dovrebbe essere privatizzata solo in parte), seguita a ruota dal licenziamentoi di 5 mila lavoratori pubblici. La cosiddetta “legge omnibus” completa il quadro neoliberista con una controriforma di sanità e educazione, finora gratuite, il peggioramento o la cancellazione delle leggi a tutela dell’ambiente, delle donne e della comunità LGBTQ+. E prepara il regime di Buenos Aires a reprimere le proteste con limiti alle manifestazioni, l'aumento delle pene fino a sei anni per chi le infrange e la possibilità per il governo di assegnarsi a suo giudizio ampi poteri legislativi per un periodo di “emergenza” della durata di un anno. Una misura fascista che riporta l'Argentina diretamente alla dittatura militare del generale Videla del 1976, un modello non rinnegato da Milei e dalla vice presidente Victoria Villarruel.

14 febbraio 2024