Il “disegno di legge ecovandali” di Sangiuliano è una misura neofascista
Maxi-multe e carcere per gli attivisti per il clima
Bersaglio del governo è il diritto di manifestare

Ad aprile 2023, seguendo di qualche giorno l’eclatante azione degli attivisti di Ultima Generazione alla fontana della Barcaccia in piazza di Spagna a Roma, il Consiglio dei Ministri del governo Meloni, aveva approvato il ddl recante “Disposizioni sanzionatorie in materia di distruzione, dispersione, deterioramento, deturpamento, imbrattamento e uso illecito di beni culturali o paesaggistici”, presentato con urgenza e con grande risonanza mediatica dal ministro Gennaro Sangiuliano per intimidire gli ambientalisti, in un momento nel quale si moltiplicavano in Italia i blitz per richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica sulle urgenze più stringenti della crisi climatica.
Il bolscevico ne aveva data notizia in un articolo recuperabile al link http://www.pmli.it/articoli/2023/20230419_16i_DdlImbrattamentiUltimaGenerazione.html.
Quella che veniva presentata come un inasprimento della legge necessaria ad arginare “una sistematica azione di vandalismo del nostro patrimonio artistico e culturale che non c’entra assolutamente nulla con la tutela dell’ambiente” (…) ma che produce danni economici alla collettività”, è confluita nel testo di legge approvato definitivamente il 18 gennaio scorso dalla Camera dei Deputati con 138 voti a favore del centrodestra, 92 contrari delle opposizioni ed i 10 astenuti di Azione e Italia Viva.
Gongola dunque l'anticomunista e sanfedista ministro Sangiuliano affermando che “D’ora in poi, chi arrecherà dei danni al patrimonio culturale e paesaggistico sarà costretto a pagare di tasca propria il costo delle spese per il ripristino integrale delle opere”, facendosi anche vanto di avere contribuito a realizzare “una bella giornata per la cultura italiana e, in particolare, per il patrimonio artistico e architettonico della Nazione” il quale, aggiungiamo noi, in nessuna delle azioni di Ultima Generazione, ha però riportato alcun danno permanente.

I Contenuti del DDL
Ricordiamo che, in base al testo approvato, chiunque “distrugga, disperda, deteriori, renda in tutto o in parte inservibili o non fruibili beni culturali o paesaggistici” è punito con una sanzione che va dai 20.000 ai 60.000 euro. Se si arriva ad “un uso pregiudizievole per la conservazione o integrità” di questi beni o ad un loro “uso incompatibile con il loro carattere storico o artistico” la sanzione può oscillare da 10.000 a 40.000 euro.
Ma non è tutto, poiché è definitiva anche la modifica di due articoli del codice penale, il 635 e il 639, che estendono ai “trasgressori” il rischio di carcere da 1 a 5 anni di carcere, oltre al pagamento di una multa fino a 10.000 euro. Se, invece, il danneggiamento avverrà in musei, pinacoteche o gallerie la reclusione potrà andare da 1 a 6 mesi e la multa potrà essere da 300 a 1.000 euro. E queste sono solo le misure più vistose del testo.
È chiaro che in primis il decreto cerca di annientare definitivamente i collettivi come Ultima Generazione e con essi la parte più radicale del movimento ambientalista nazionale, che rimane eterogeneo e variegato; eppure oltre “alla prima, più palpabile conseguenza”, il ddl ha un respiro più generale, che va oltre alla questione ambientale.

Il filo nero delle politiche liberticide del governo Meloni
È indubbio che l'approvazione del decreto vada nella direzione di restringere la libertà di esprimere qualunque tipo di dissenso ma anche, e soprattutto, di manifestare.
Ne è testimonianza il fattore comune dei tanti provvedimenti già varati dal governo Meloni, rappresentato da quella chiara ideologia che mira alla costruzione di un modello “autoritario” e repressivo, come lo definiscono alcuni giornali, ma che noi definiamo senza mezzi termini “fascista”, nell’affrontare ogni disagio sociale (come accaduto ad esempio col vergognoso decreto cosiddetto “Caivano”), e le proteste di studenti, operai o attivisti ambientali che siano.
Una visione realmente fascista della “sicurezza” millantata ogni dove dal governo, ma sulla quale PD e compagnia nei fatti danno credito ed autorevolezza al di là delle parole di circostanza, e che alla fine individua in coloro che dissentono e protestano i nemici di tutta la società, meritevoli di punizioni esemplari.
In generale, questo filo conduttore che lega le diverse misure si tinge minacciosamente di nero, e unisce nella repressione fisica e militare anche il diritto civile, quello penale ed anche amministrativo. Un indirizzo che si guarda bene dall'esaminare la causa del dissenso sociale, ma che invece punta esclusivamente a produrre nuovi reati, ad inasprire le pene per quelli già esistenti, che fa abuso degli strumenti cautelari e delle misure di prevenzione, oltre dare il colpo di grazia attraverso multe altissime ed inopportune richieste di risarcimento.
In altre parole, un attacco trasversale a tutti coloro che, per un motivo o per un altro, non accettano di piegarsi alla narrazione di regime, alle sue dinamiche ed al protrarsi delle ingiustizie sociali ed ambientali che egli stesso causa.

Nel mirino del governo c'è il diritto di manifestare
E per finire, se ce ne fosse ancora bisogno, ecco il marchio di fabbrica che certifica la natura neofascista di questo provvedimento e dello stesso Governo: la pena è aumentata se il fatto contestato è commesso “in occasione di manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o aperto al pubblico”. Ciò vuol dire che la manifestazione di piazza del dissenso, l'organizzazione pubblica della protesta, diventa una vera e propria aggravante.
Con ciò appare indiscutibile di come questo processo abbia come principale obiettivo quello di reprimere e schiacciare il diritto di manifestare in generale, oltre ad essere anche uno strumento preventivo in quest'ottica, poiché mira a punire, criminalizzare e delegittimare la protesta, a dissuadere altri potenziali aderenti alla protesta stessa, viste le conseguenze alle quali si può andare incontro.
Il Ddl Sangiuliano è quindi, in estrema sintesi, l'ultima puntata di quel processo applicato anche contro il movimento no Tav e perfezionato in via legislativa negli anni attraverso i vari decreti sicurezza approvati e mantenuti da tutti i partiti parlamentari che furono i primi, fra l'altro, ad inasprire le pene ai blocchi stradali fino al carcere.
Una tappa verso l'ulteriore fascistizzazione dello Stato borghese, alla quale ne seguiranno senz'altro altre, sempre più stringenti, antipopolari ed antidemocratiche, se non spazzeremo via il governo Meloni assieme a tutti i suoi ministri, il più in fretta possibile.

14 febbraio 2024