Evitare che le difficoltà del mondo agricolo, causato dalla politica governativa ed europea, vengano utilizzate contro l'ambiente
Il governo non soddisfa nessuna delle rivendicazioni principali della protesta contadina
Pur cercando l'accordo con una parte del movimento

La protesta dei contadini europei e italiani ha ottenuto i primi parziali risultati. L'UE ha rimesso in discussione la Politica Agricola Comune (PAC). Intanto la Commissione europea ha ritirato la proposta di modifica al regolamento che avrebbe dovuto imporre il dimezzamento dell’utilizzo di pesticidi in agricoltura entro il 2030. La riforma era già stata respinta e modificata a novembre dal Parlamento europeo ed era al centro delle manifestazioni degli agricoltori che si sono diffuse in tutta l’Unione Europea nelle ultime settimane.
A livello nazionale il governo cerca un dialogo con gli agricoltori, puntando ad arrestare la protesta dei trattori. Due ore a Palazzo Chigi è durato il tavolo presieduto dalla Meloni con dall’altro lato i rappresentanti di Coldiretti, Confagricoltura, Cia, Copagri, Alleanza Coperative. Ma è tensione tra i due capetti fascioleghisti Meloni e Salvini sull’esenzione Irpef ai redditi agrari e dominicali (il reddito fondiario che remunera la proprietà) che non eccedono i 10mila euro. Con il ministro dei trasporti che cerca di mettere il cappello sulle proteste chiedendo di più allo stesso esecutivo di cui fa parte: insomma una Lega “di lotta e di governo”.
Sia l'UE che i governi nazionali cercano di rigirare la frittata, e pensando alle prossime elezioni europee da nemici dei contadini, le cui condizioni economiche e di lavoro non sono mai interessate, vogliono passare per loro amici e sostenitori. Ma la lotta deve continuare perché la sostenibilità economica non si ottiene soltanto con l'allentamento di alcune restrizioni che la PAC voleva imporre. Anzi, c'è il rischio che alla fine chi ci guadagna sono solo i produttori di fertilizzanti e fitofarmaci. Tornare a un agricoltura più sostenibile e meno inquinante deve essere un obiettivo urgente e che non ammette deroghe.
Il problema è in che modo. Se ai contadini italiani, ma non solo, che generalmente possiedono piccole aziende familiari, ad un tratto le si toglie l'utilizzo di “medicinali” per curare le coltivazioni sempre più attaccate da nuove malattie infestanti, il loro destino non potrà che essere una difficilissima sopravvivenza o la chiusura. Al tempo stesso è dimostrato da tutti i rilevamenti che il suolo italiano, in particolare al Nord, è sovraccarico di pesticidi (vedi il glisolfato) che finiscono nell'acqua che beviamo e nell'erba dei terreni che vengono coltivati e che mangiano gli animali di cui ci cibiamo.
Sul fronte economico, ad esempio, i contadini hanno ottenuto poco o nulla. Tra le rivendicazioni principali, oltre al no alla burocrazia e ai regolamenti farraginosi, ci sono il diritto a un reddito dignitoso, il riconoscimento del giusto prezzo e la riduzione della forbice tra quanto viene pagato al produttore e il prezzo sul bancone del supermercato, il sostegno ai settori in difficoltà e a chi deve affrontare la concorrenza globale, lo strapotere dei grossisti e della grande distribuzione, la concentrazione delle terre in poche mani. Poi ci sono la finanziarizzazione dell'agricoltura, dove i prezzi di cereali e sementi vengono stabiliti dalle Borse di Chicago, Londra e Parigi, del tutto scollegati dalle dinamiche reali e produttive. Di questo le istituzioni europee e nazionali non hanno nemmeno parlato.
Il malessere dei contadini e del mondo agricolo rimane dunque forte, anche se le alcune associazioni che li rappresentano stanno già cercando di abbassare i toni. Ma nel nostro Paese la protesta è molto variegata e, a differenza di altre nazioni, in buona parte spontanea. Ad esempio Coldiretti, la più grande, è contestata da molti contadini. Del resto questa associazione, che nel dopoguerra è sempre stata una stampella della Democrazia Cristiana, è sempre andata a braccetto con il governo in caric, ed ora è tutta “pappa e ciccia” con Meloni e Lollobrigida. Adesso Coldiretti, accusata dai comitati di connivenza con il nemico e di aver svenduto l’agricoltura, sta disperatamente cercando di mettere il cappello alla protesta.
L'altra grande Confederazioni italiana agricoltori (CIA) un tempo legata al PSI e ai partiti della sinistra riformista, difficilmente si vede sui trattori alle manifestazioni. Poi ci sono quelli di “Riscatto agricolo”, l'organizzazione di agricoltori che voleva salire sul palco del Festival di Sanremo ma a cui è stato solo concesso un comunicato letto dal conduttore Amadeus. Si mostravano tra i più combattivi, e avevano fischiato Lollobrigida quando è andato sul Raccordo Anulare per imbonirsi gli agricoltori che stazionavano attorno a Roma. Ma dopo aver rinunciato ad una grande manifestazione nella capitale, sembrano molto disponibili alla trattativa. Sulle barricate rimangono i Comitati riuniti agricoli (Cra) di Danilo Calvani, che dieci anni fa era a capo del movimento dei Forconi.
Resta il fatto che l'agricoltura italiana è in profonda crisi, con una base di piccole e medie aziende che sopravvivono a stento, a volte costrette a vendere i loro prodotti al di sotto del loro costo di produzione, mentre sopra a tutto ci sono poche grandi multinazionali del cibo che controllano centinaia di marchi e fanno il bello e il cattivo tempo nella logica della ricerca del massimo profitto e per garantire dividendi agli azionisti. Quando poi i nodi ambientali vengono al pettine e si comincia e rendersi conto che occorre mettere un freno all'agricoltura industriale aggressiva ed inquinante, si pretende che a farsene carico sia l'anello più debole, i contadini e i piccoli produttori.
Nonostante quasi tutti i media dipingano queste proteste come una lotta di agricoltori da una parte, e ambientalisti dall'altra, non bisogna cadere in questa rappresentazione. I contadini sono i primi ad avere interesse allo sviluppo di una agricoltura rispettosa dell'ambiente, che salvaguardia il territorio, che rispetta i ritmi naturali, la salute di uomini e donne e il benessere degli animali. Tra chi lavora per produrre il cibo e chi ha a cuore l'ambiente deve esserci un'alleanza; i veri nemici sono l'UE dei monopoli e i governi che fanno soltanto gli interessi del grande capitale, compreso quello che controlla i grandi gruppi dell'agrindustria. Il vero nemico è il sistema economico capitalistico che penalizza l'agricoltura rispetto al settore industriale, privilegia il settore commerciale rispetto a quello produttivo e dà campo libero al parassitismo e alla grande finanza.

14 febbraio 2024