La strage durante i lavori per la costruzione di un supermercato Esselunga a Firenze
Barbarie del capitalismo: cinque operai morti
Scioperi e manifestazioni spontanee nelle fabbriche della Toscana. Lavoro nero, irregolarità e ritmi massacranti, 61 subappalti, assenza di controlli. Operai edili inquadrati come metalmeccanici, supersfruttamento degli immigrati. Lavoratori a chiamata trasferiti insieme ai macchinari. Gravi responsabilità dei committenti

Alle 8:52 di venerdì 16 febbraio, un boato ha squarciato la quiete di via Mariti, nel quartiere di Rifredi a Firenze. All’interno di un cantiere aperto per la costruzione di un supermercato Esselunga, nell'area dell'ex Panificio militare, crolla una delle grandi travi portanti del tetto con sopra il solaio. Nel momento del crollo gli operai stavano gettando il cemento della soletta, operazione che poi rende strutturale il solaio. Questo peso aggiuntivo potrebbe aver fatto cedere il ‘dente’ sul quale la trave e il solaio poggiavano che cadendo ha poi innescato un effetto domino con gli altri piani sottostanti in costruzione. Se così fosse c'è da capire perché sia successo. Altra ipotesi il cedimento strutturale della trave per un difetto di costruzione. Il condizionale è d'obbligo in quanto le indagini sono solo all'inizio.
Le macerie hanno investito una squadra di otto operai. In cinque muoiono sul colpo. Per primo a essere identificato è Luigi Coclite, 60 anni di Teramo ma residente a Collesalvetti, in provincia di Livorno. Le altre vittime sono quattro operai magrebini: Mohamed Toukabri, 54 anni della Tunisia, e i marocchini Mohamed El Ferhane, 24 anni, Taoufik Haidar, 45 anni, e Bouzekri Rachimi, 56 anni, il cui corpo, dopo quattro giorni, non è stato ancora ritrovato. I Vigili del Fuoco hanno scavato giorno e notte con l'ausilio dei cani, nella speranza di trovarlo vivo. L’operazione è stata molto complessa, anche a causa della presenza di cemento fresco sul luogo della strage. I feriti sono tre rumeni di 37, 48 e 51 anni, salvi grazie anche ai soccorsi immediati dagli altri compagni di lavoro. Tutti ricoverati all’ospedale di Careggi. Nessuno di loro sarebbe in pericolo di vita.

Subappalti e lavoro nero
La strage poteva mietere altre vittime visto che sul cantiere, al momento del crollo, si trovavano una cinquantina di operai sui quasi cento complessivi. Inoltre potevano esserci conseguenze anche all'esterno, vista la collocazione in una zona molto popolata, con edifici molto ravvicinati e strade molto trafficate che portano a scuole, uffici e negozi. Il grande cantiere è legato alla realizzazione di un nuovo supermercato di grandi dimensioni che una parte degli abitanti del quartiere ha osteggiato a lungo. Nell'immensa area dismessa un tempo utilizzata per rifornire di generi di prima necessità le strutture militari, gli abitanti del quartiere si erano a lungo battuti contro l'ennesima cementificazione e speculazione edilizia e chiedevano un'area verde o un mercato rionale con piccoli negozi, ma le giunte comunali targate PD hanno preferito collocarvi l'ennesimo centro commerciale.
La società committente dei lavori risulta La Villata spa, immobiliare di investimento e sviluppo controllata da Esselunga, con sede a Milano, di cui da un anno è presidente l’ex ministro Angelino Alfano. L’impresa esecutrice dei lavori nel cantiere è l’Aep, Attività Edilizie Pavesi srl, con sede a Pieve del Cairo (Pavia), evidentemente legata alla famiglia Caprotti (che controlla Esselunga) in quanto è presente in quasi tutte le opere legate ai suoi supermercati. L'Aep è la stessa ditta che meno di un anno fa a Genova, sempre nella costruzione di un supermercato Esselunga, fu coinvolta in due incidenti, uno dei quali del tutto simile a quello di Firenze (crollo di un solaio durante una gettata di cemento), dove per puro caso ci furono solo feriti. Non è ammissibile che questi colossi della distribuzione continuino a lucrare sulla pelle dei lavoratori affidando i lavori a imprese esecutrici prive di scrupoli, che lavorano al ribasso e aumentano la produttività supersfruttando la forza-lavoro. E non è ammissibile che non rispondano penalmente di queste colpe.
Se però andiamo a vedere chi realmente lavorava sul cantiere scopriamo la frammentazione in una marea di ditte. La costruzione del nuovo supermercato, in un area di 10mila metri quadrati, sta impegnando oltre 30 aziende in subappalto. Ma scorrendo la lista delle aziende notificate alla Asl dal coordinatore della sicurezza (l’ultima comunicazione telematica risale all’8 febbraio), spuntano 61 nomi: sono tutte le imprese che hanno avuto accesso al cantiere di via Mariti. Ci sono grosse aziende come Vangi che fa movimento terra, la Rdb di Teramo, colosso specializzato nella realizzazione di prefabbricati per grandi superfici di vendita, ma la maggior parte si tratta piccole ditte individuali.
La pratica del subappalto a cascata e la ricerca del massimo profitto attraverso il minor prezzo, è l'indagato principale quando si tratta di morti e incidenti sul lavoro. Nel caso specifico gli accertamenti sono solo all'inizio. Ma il solo fatto che per una giornata intera non si era ancora riusciti a capire chi e quanti potessero essere gli operai coinvolti, la dice lunga sulla destrutturazione, lo sfilacciamento, l'improvvisazione, che regna sui cantieri, anche in quelli più grandi. Quì infatti non parliamo di un piccolo lavoretto, ma di una imponente costruzione commissionata da uno dei più grossi marchi della distribuzione con a disposizione ingenti risorse finanziarie, ma la musica non cambia.
Dai primi accertamenti le vittime sembrerebbero lavoratori a cui veniva applicato il contratto di metalmeccanici. Operai che non stavano svolgendo lavori da metalmeccanici ma da edili, che hanno bisogno di formazione prime di salire sui cantieri. È quanto ipotizza il segretario della Fiom Firenze, Prato e Pistoia, Daniele Calosi. Se la cosa fosse confermata, aggiunge, "ci troveremmo di fronte a questo: si utilizza un contratto che ha un costo minore per garantire, dopo, la possibilità a chi prende il subappalto di risparmiare". “Le verifiche sono in corso d'opera -prosegue- ma credo che questa cosa sia di una gravità inaudita in una Firenze troppo spesso assopita da altre vicende mentre invece nel mondo reale si muore di lavoro sul lavoro". Le persone "vanno a lavorare per vivere, non per morire. Ci troviamo di fronte ad una tragedia che poteva essere evitata”.
Mentre scriviamo si apprendono nuovi particolari. Due lavoratori nordafricani erano senza nome fino a quando non sono stati estratti. Erano senza permesso di soggiorno, e quindi non avevano regolare inquadramento contrattuale né adeguata formazione per le mansioni che gli venivano affidate. Un fronte che ora tiene impegnati i tecnici della Asl, a cui la Procura ha chiesto di sbrogliare il groviglio di subappalti e di chiarire proprio la posizione dei singoli lavoratori. Non si esclude infatti che ci fossero anche operai al nero, senza contratto di lavoro: a spingere verso questa ipotesi il fuggi fuggi che secondo alcune testimonianze -ancora tutte da valutare- si sarebbe scatenato fuori dall’area nei minuti successivi al crollo.

La reazione di lavoratori e sindacati
La strage di operai ha causato profondo cordoglio, ma anche tanta rabbia e la reazione dei lavoratori è stata immediata, anche in forme spontanee, come hanno fatto i lavoratori dello storico stabilimento fiorentino della ex Nuovo Pignone che sono usciti dalla fabbrica appena hanno appreso la notizia. Cgil, Cisl e Uil Toscana hanno proclamato uno sciopero di due ore con presidio davanti la prefettura di Firenze lo stesso giorno della tragedia. Tante persone commosse e arrabbiate vi hanno partecipato, e c'è stata anche una piccola contestazione verso i rappresentanti sindacali da parte di alcuni giovani dei centri sociali che li accusano di essere complici per aver firmato contratti che favoriscono lo sfruttamento. Al presidio era presente anche il PMLI, che immediatamente, attraverso un comunicato stampa del Comitato Provinciale fiorentino (che pubblichiamo a parte) denunciava il sacrificio dei lavoratori sull'altare del profitto e invocava lo sciopero generale fin da subito.
Tutta la città è stata colpita da questa strage, tanto che molti cittadini sono venuti a porre dei fiori sul cantiere, mentre alcuni abitanti e negozianti del quartiere che conoscevano gli operai, di fronte ai giornalisti non riuscivano a trattenere le lacrime. Una spontaneità che contrasta con l'ipocrisia delle istituzioni locali e del governo nazionale che adesso piangono lacrime di coccodrillo. Il sindaco di Firenze Nardella e il Governatore della Toscana Giani dovrebbero ricordarsi che il loro partito, il PD, è corresponsabile della liberalizzazione e della precarizzazione del mondo del lavoro, mentre la Meloni e i suoi ministri si dovrebbero vergognare in quanto proprio la reintroduzione degli appalti a cascata, reintrodotta recentemente dal governo, sono uno dei fattori che più favoriscono gli incidenti sul lavoro nei cantieri edili.
Nei prossimi giorni la mobilitazione proseguirà. Cgil e Uil (la Cisl invece farà solo delle assemblee), insieme alle categorie degli edili e dei metalmeccanici, hanno deciso due ore di sciopero a livello nazionale per mercoledì 21 febbraio. Nell'occasione a Firenze sarà organizzato un presidio nella zona del cantiere, a partire dalle 16:30. Al presidio interverranno in comizio i segretari generali di Uil Paolo Bombardieri e della Cgil, Maurizio Landini. Quest'ultimo, intervistato a caldo ha commentato: ”Voglio ricordare però che è stato questo Governo a modificare il codice degli appalti e a reintrodurre il subappalto a cascata". "È necessario che ci sia una reazione immediata e penso anche che sia necessario arrivare alla prossima settimana a un'iniziativa generale, che proporrò anche agli altri sindacati, perché non è più accettabile continuare a morire sul lavoro". Staremo a vedere se questo è solo l'inizio o solo parole al vento. Intanto lunedì 21 febbraio si sono mobilitati anche i sindacati di base che a Firenze hanno effettuato un presidio sotto la prefettura.

Basta morti sul lavoro
Occorre mettere all'ordine del giorno la sicurezza sul lavoro, organizzare una mobilitazione e una serie di scioperi nazionali e pretendere tutte le misure possibili per evitare queste stragi, da maggiori controlli all'istituzione del reato di omicidio sul lavoro. In Italia solo nel 2023 sono morti sul posto di lavoro 1041 lavoratrici e lavoratori. Dati comunque al ribasso perché quelli ufficiali dell'Inail non tengono conto dei lavoratori a nero, che incidono per circa il 35-40% del conteggio complessivo: secondo i dati raccolti dall'Osservatorio Nazionale morti sul lavoro di Bologna sono stati 1.485 i lavoratori morti nel 2023. “Per noi chiunque muore mentre svolge un lavoro è considerato un morto sul lavoro”, si legge su cadutisullavoro.blogspot.com , il sito dell'Osservatorio. Dove si contestano con forza i rilievi ufficiali che “continuano ad alterare la percezione del fenomeno con dati parziali e assurdi anche nel 2023 considerando gli indici occupazionali, quando il 30% dei morti non ha nessuna assicurazione o ha un'assicurazione diversa dall'Inail, la quale diffonde i numeri riferiti solo ai propri morti”.
Un sacrificio enorme sull'altare del profitto capitalistico, connaturato a un sistema fondato sullo sfruttamento dell'uomo sull'uomo, che si potrà superare solo con il suo abbattimento e con l'avvento del socialismo. In ogni caso la classe operaia e i lavoratori hanno il dovere immediato di contrastare lo sfruttamento, l'esaperazione dei ritmi, i ricatti, per salvaguardare la loro salute e la loro stessa vita. Una strage, quella di Firenze, che mostra quanto siano ipocriti i politicanti borghesi che vogliono presentare questo sistema come “moderno”, “democratico” e “libero”, quando invece la realtà ci mostra che di fronte al profitto capitalistico la vita umana non ha nessun valore.
A questi ipocriti contrapponiamo le taglienti parole del Segretario nazionale del nostro partito, compagno Giovanni Scuderi, che nell'editoriale del 46° anniversario della fondazione del Pmli affermava che nel capitalismo il proletariato “non ha niente, tranne le braccia per lavorare. E nel lavoro viene sfruttato per arricchire la borghesia tramite il plus valore, ossia la parte delle giornata di lavoro in cui l'operaio, o l'operaia, lavora gratuitamente per il capitalista. Il plusvalore è la fonte del profitto e della ricchezza della classe dei capitalisti e dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo”. E continuava : “Quantunque si sostenga che siamo passati dall'assetto industriale, che produce prodotti materiali, all'assetto postindustriale, che produce prodotti immateriali, il sistema economico è sempre quello capitalista”.

21 febbraio 2024