Bellicismo di Macron
No alle truppe Nato in Ucraina

Il 26 febbraio Emanuel Macron ha convocato all'Eliseo 28 tra capi di governo, ministri degli Esteri e alti rappresentanti di Europa, Stati Uniti e Canada, in un vertice straordinario per discutere come aumentare il supporto all'Ucraina di fronte alle difficoltà che le sue forze armate stanno incontrando sul campo. Tra i partecipanti c'erano i principali leader europei, come il cancelliere tedesco Scholz, il premier spagnolo Sanchez, quello portoghese Costa, il presidente polacco Duda, il premier slovacco Fico, la premier lettone Kallas e il premier svedese Kristersson, il cui paese è appena entrato a far parte della Nato. Per il Regno Unito era presente il ministro degli Esteri Cameron, e per gli Usa il sottosegretario di Stato per l'Europa O'Brien, mentre il governo italiano, quasi a rendere la pariglia al presidente francese per aver disertato il recente vertice del G7 di Kiev presieduto da Meloni, aveva inviato solo il viceministro degli Esteri Cirielli.
A dominare la scena, in questa specie di controvertice parigino, sono state le parole di Macron sulla possibilità dell'invio in Ucraina di truppe di paesi della Nato, nel caso l'esercito ucraino non riuscisse a contenere l'avanzata di quello russo. “Sul fronte ucraino le posizioni sono sempre più dure e sappiamo che la Russia prepara nuovi attacchi. Faremo tutto quello che è necessario per impedire che la Russia vinca la guerra”, ha detto infatti il presidente francese, e poi ha aggiunto: “Non c’è consenso al momento sulla possibilità di inviare in maniera ufficiale truppe di terra. Ma in termini di opzioni sul campo, non possiamo escludere niente”. Precedentemente Macron aveva chiesto agli alleati, soprattutto europei, un “sussulto” e la capacità di prendere decisioni “forti”, agitando lo spettro di una futuro confronto diretto con Mosca sul territorio dell'Unione: “Tutti o quasi i Paesi rappresentati a questo tavolo lo hanno detto... l’analisi collettiva è che, da adesso a qualche anno, bisogna prepararsi al fatto che la Russia attaccherà questi stessi Paesi. In gioco oggi c’è la sicurezza di tutti”, aveva enfatizzato l'inquilino dell'Eliseo.

Reazioni scettiche degli alleati all'ipotesi di Macron
La sua ipotesi di un futuro invio di truppe Nato o europee in Ucraina è stata accolta, almeno ufficialmente, con un coro di no da parte degli altri leader, in particolare di Olaf Scholz che lo ha escluso tassativamente dicendo che “non ci sarà nessuna truppa, nessun soldato” inviato né dei paesi Ue né di quelli della Nato. Anche il premier polacco Tusk è stato categorico, sottolineando che “la Polonia non manderà truppe, su questo abbiamo una posizione comune con Petr Fiala” (il premier ceco, ndr). Anche gli Stati Uniti hanno escluso di inviare propri soldati, ribadendo invece, per bocca della portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale, Adrienne Watson, che “la vittoria passa per l’aiuto militare per ora ancora bloccato al Congresso”. Prudente anche la reazione del segretario della Nato, Stoltenberg, per il quale “non ci sono piani” dell'alleanza per un'ipotesi come quella francese, mentre il governo inglese ha escluso l'eventualità di un “dispiegamento su grande scala” di suoi soldati in Ucraina. Quanto all'Italia, con una nota di Palazzo Chigi, è stato ribadito il suo pieno supporto e di tutti gli alleati a Kiev, che però “non contempla la presenza sul territorio ucraino di truppe di Stati europei o Nato”. E anche il ministro degli Esteri Tajani, sottolineando che si trattava di “un'idea di Macron”, si è affrettato a richiamare alla prudenza “perché non dobbiamo far pensare che siamo in guerra con la Russia”.
Di fronte a tali reazioni lo stesso presidente francese ha dovuto ribadire che “nessuno vuole entrare in guerra con la Russia”. E il suo ministro degli Esteri, Séjourné, ha cercato di declassare l'idea francese di intervento in Ucraina ad alcune attività collaterali, come lo sminamento e la cyberdifesa: “senza oltrepassare la soglia della belligeranza”, ha specificato. Viene da chiedersi allora perché Macron abbia voluto lanciare un'ipotesi così audace e quali sia stato il suo obiettivo. Va detto intanto che il bellicoso galletto francese non è nuovo a salti spericolati del genere. Ricordiamo per esempio che dopo il 7 ottobre volò in Israele a proporre al governo del boia Netanyahu una “coalizione internazionale contro Hamas” sul modello di quella imperialista contro lo Stato islamico. Salvo adesso chiedere il cessate il fuoco “umanitario” a Gaza. E quello che oggi “non esclude” un intervento diretto in Ucraina perché “la Russia non deve vincere” è lo stesso Macron che nel giugno 2022 esortava gli alleati a “non umiliare la Russia”.

Una provocazione che sottolinea il suo protagonismo
C'è sicuramente nella presente e nelle passate sortite contraddittorie dell'inquilino dell'Eliseo una ricerca di protagonismo in linea con le ambizioni egemoniche dell'imperialismo francese, in particolare quella di proporsi come il leader dell'Ue sul fronte anti-russo e della difesa europea, in una fase molto critica per la resistenza ucraina e il blocco dell'invio di armi da parte del Congresso Usa, e davanti a uno Scholz incerto in politica estera e indebolito nel suo stesso paese. Un protagonismo praticato in concorrenza con la stessa Meloni, che col G7 di Kiev e il trattato bilaterale firmato col governo ucraino rischia di contendergli la scena. Non a caso le ha fatto lo sgarbo di non partecipare al vertice da lei presieduto in Ucraina, mentre pochi giorni dopo ha organizzato la conferenza di Parigi non si sa bene a che titolo, visto che non presiede né la Commissione europea né il G7, e nemmeno è il segretario della Nato.
Con la sua provocazione ha inteso lanciare, come leader della sola potenza nucleare europea, una sfida a Putin ammonendolo a non oltrepassare una “linea rossa” in Ucraina, candidando al tempo stesso la Francia come nucleo principale dell'esercito europeo che da sempre va propugnando e che è salito all'ordine del giorno con la reale prospettiva di un disimpegno americano dalla Nato se vincesse Trump. Basti pensare al nuovo piano per il potenziamento e l'integrazione dell'industria bellica europea “sul modello dei vaccini” presentato dalla guerrafondaia presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, la quale lo ha suffragato evocando la guerra in Europa che “non è impossibile” e proclamando che “è ora di svegliarsi, la posta in gioco è molto alta: le nostre libertà e prosperità, c’è un’alleanza di dittatori alle nostre porte”. Macron pensa evidentemente di essere il leader europeo più adatto a guidare questo imponente piano di riarmo della Ue, e lo proclama di fatto con iniziative come la conferenza di Parigi.

Infranto il tabù del non intervento diretto della Nato
Intanto, con la sua provocazione bellicista, Macron ha infranto un altro tabù, che è quello del non intervento diretto di truppe della Nato in Ucraina, con il pericolo dell'innesco di un conflitto totale con armi nucleari che si porterebbe dietro. Infatti, a dispetto delle prese di distanza degli altri leader, ha tenuto a chiosare che “quelli che dicono ‘mai’ oggi, erano gli stessi che, due anni fa, dicevano ‘mai carri armati, mai aerei, mai missili a lungo raggio’. Tutto è possibile se è utile per raggiungere il nostro obiettivo”. E a ben guardare la sua idea non è del tutto uscita dal novero dei temi sul tappeto in ambito europeo. Il premier slovacco Fico, contrario come Orban all'invio delle armi e all'ingresso dell'Ucraina nella Nato e quindi potrebbe anche esagerare, ha dichiarato prima del vertice che “molti Stati membri della Nato e dell’Unione europea stanno pensando di inviare i loro soldati sul territorio dell’Ucraina su base bilaterale, e non posso neanche immaginarlo. So quel che faranno, ma questa è un’informazione riservata. Questa decisione provocherà un’enorme escalation della tensione”. Ma anche il polacco Duda ha parlato di una discussione “accesa” sul tema, anche se “non ha raccolto entusiasmo”. D'altra parte la proposta di Macron è stata sottolineata con molto favore dal consigliere di Zelensky, Mikhailo Podoliak, perché “fa passare il dibattito a un livello superiore”.
Di sicuro ha fatto comodo anche a Putin, per soffiare sul fuoco e riattizzare la paranoia da lui sparsa ad arte sull'Occidente che vuole attaccare e distruggere la Russia, cogliendo al balzo l'occasione della provocazione di Macron per usarla nel suo discorso annuale ai senatori e deputati della Duma di Stato del 29 febbraio: “Adesso si è cominciato a parlare della possibilità di schierare contingenti militari della Nato in Ucraina. Ma ricordiamo cosa è successo a coloro che già una volta hanno inviato i loro contingenti nel territorio del nostro Paese. Oggi, qualsiasi potenziale aggressore dovrà affrontare conseguenze molto più gravi. Devono capire che disponiamo anche di armi capaci di colpire obiettivi sul loro territorio”, ha detto infatti il nuovo zar dopo aver elencato tutte le nuove armi “invincibili” sviluppate dalla Russia e aver avvertito minacciosamente l'Occidente che “le forze nucleari strategiche sono in piena allerta e la capacità di utilizzarle è assicurata”. E va tenuto conto che quando Putin dice “nostro territorio” intende anche quello annesso illegalmente in Ucraina, il che sottintende per lui il “diritto” di rispondere con armi nucleari in caso di intervento diretto di truppe Nato in quel paese.

Si accumulano i fattori di una guerra mindiale
A fornire un'altra pezza d'appoggio alle criminali minacce nucleari del nuovo zar è anche la vicenda dell'audio intercettato dai suoi servizi segreti in cui il capo dell'aviazione tedesca discuteva con alcuni sottoposti il possibile uso dei missili a lunga gittata Taurus, che Scholz è restio a dare all'Ucraina, per colpire il ponte che collega la Crimea alla Russia. In quell'audio si faceva anche riferimento alla presenza di soldati inglesi per aiutare gli ucraini ad usare i loro missili a lunga gittata Storm shadow, capaci di raggiungere anche Mosca.
Ci sono insomma molti elementi che confermano quanto le inaccettabili dichiarazioni belliciste di Macron non siano poi così cadute nel vuoto, ma siano quantomeno rivelatrici di un rapido accumulo dei fattori di rischio di uno scontro diretto Nato-Russia, nel quadro del più ampio confronto tra l'imperialismo dell'Ovest e quello dell'Est per l'egemonia mondiale denunciato dal Documento del CC del PMLI del 15 Dicembre 2023, “Teniamo alta la grande bandiera antimperialista di Lenin”, in cui si sottolinea che “l’invasione russa dell’Ucraina potrebbe rivelarsi il presagio di una guerra mondiale imperialista”. La resistenza ucraina all'invasore russo non va aiutata con l'intervento sul terreno delle truppe della Nato, che la trasformerebbe fatalmente in una terza guerra mondiale nucleare, ma intensificando le sanzioni contro la Russia e il suo isolamento internazionale e fornendo tutte le armi di cui l'Ucraina ha bisogno per difendersi e sconfiggere l'aggressore russo che dispone di una preponderante superiorità militare in uomini e armamenti..

6 marzo 2024