Nessuno in parlamento ha il coraggio di dirlo
Siamo ritornati ai manganelli di Mussolini
Piantedosi giustifica il manganellamento delle studentesse e degli studenti a Pisa e a Firenze
Nessun rispetto per le "forze dell'ordine" al servizio del regime capitalista neofascista
Costretto dalle polemiche divampate in seguito ai pestaggi della polizia agli studenti e alle studentesse di Pisa e Firenze del 23 febbraio, il ministro Piantedosi ha riferito in parlamento la sua versione dei fatti.
Un discorso nel quale ha sostanzialmente ricalcato i contenuti di una precedente intervista rilasciata al Corriere della Sera domenica 25 febbraio, che conferma il suo appoggio incondizionato alle “forze dell'ordine” di regime.

Piantedosi giustifica e sostiene le “forze dell'ordine” neofascista
Per quanto riguarda i fatti di Pisa, Piantedosi in aula ha messo l'accento sul fatto che per il corteo “non era stato presentato alcun preavviso alla Questura”. Un'arrampicata sugli specchi poiché, com'è noto, se da un lato il preavviso secondo le regole della legge borghese “è obbligatorio”, dall'altro le manifestazioni non prevedono alcuna “autorizzazione”, come recita fra l'altro anche l’articolo 17 della Costituzione, e ciò vuol dire che possono essere comunque fatte.
Secondo il ministro dell'Interno, in breve, i manifestanti non hanno voluto fornire indicazioni sul percorso, finendo per voler attraversare piazza dei Cavalieri, meritandosi quella che lui stesso definisce “una carica di alleggerimento” attraverso la quale gli agenti si sarebbero protetti da ingiurie e sputi.
Un “alleggerimento” alquanto pesante, dal momento che sono rimasti contusi 17 manifestanti, di cui “11 minorenni e 2 funzionari della Polizia”.
Addirittura Piantedosi ha avuto la faccia tosta da considerare come aggravante, e a testimonianza che non ci fossero solo studenti al corteo pisano, la presenza di “una nota esponente antagonista”, poi fermata.
Su Firenze invece, la motivazione della levata in aria dei manganelli, sarebbe da ricercare, oltre al solito preavviso, “negli slogan contro Israele e Usa” e nei rischi che correva il consolato americano, meta ultima dei manifestanti.

Meloni e Mattarella
Le immagini e i video di queste due manifestazioni sono gli stessi che hanno costretto Mattarella a pronunciare, obtorto collo , le sue critiche agli eccessi polizieschi, e gli stessi che hanno spinto la Procura di Pisa ad aprire un fascicolo d’indagine.
Piantedosi, comprendendo di essere su un terreno scivoloso, ha affermato di condividere “pienamente” le parole del capo dello Stato sul fatto che “l’autorevolezza delle forze di polizia non si nutre dell’uso della forza”. Ma è indubbio che la linea di governo è quella dettata dalla Meloni, che a sua volta nei fatti è appoggiata e sostenuta anche dallo stesso Mattarella; un gioco delle parti dunque, ma che nella realtà rimane comodamente inserito nelle parole che stessa Meloni ha pronunciato al TG2 Post qualche giorno fa, dove ha dichiarato perentoriamente: “È molto pericoloso togliere il sostegno delle istituzioni a chi ogni giorno rischia la sua incolumità per garantire la nostra”. Parole gravissime che evocano la censura di qualsiasi dissenso all'interno delle istituzioni e le chiama a fare quadrato intorno alla polizia e al governo neofascista.
In ogni caso Meloni può stare tranquilla, anche stavolta e nonostante tutto, nessuno l'ha fatto. Nemmeno le forze di opposizione parlamentare che continuano ad avere una posizione inconcludente e ambigua sull'acclarata pericolosità del governo in carica.

Il dibattito parlamentare
Con tutta la destra che si erge compattamente a difesa delle “forze dell'ordine” “senza se e senza ma”, addossando la responsabilità ai ragazzi che “rischiano solo se violano le regole”, il dibattito parlamentare ha visto alcuni interventi che hanno accusato il governo senza però strappargli la maschera – ormai a dire il vero ridotta a un sottilissimo velo – in merito alla natura di questo esecutivo.
Alleanza Verdi-Sinistra, con Grimaldi, ha parlato di “aria pesantissima di repressione del dissenso”, la leader PD Elly Schlein dice “basta manganellate sugli studenti”, mentre Vittoria Baldino, rinfaccia a Piantedosi di essere andato in audizione a “pavoneggiarsi di non vietare le manifestazioni per la pace” che sono semplicemente un diritto costituzionale.
La parlamentare 5 stelle ha attaccato il governo per aver promosso “Uno Stato di Polizia che introduce nuovi reati o inasprisce le pene per rispondere a emergenze immaginarie, come i rave party e gli ecovandali, riservando invece un trattamento di favore ai colletti bianchi, e che non muove un dito per assicurare diritti e libertà. Qual è - continua Baldino - la democrazia che avete in mente? Quella che reprime ogni forma di dissenso che precetta gli scioperi, che cerca di silenziare la libera stampa, che demolisce e identifica chi esprime e interpreta posizioni divergenti dalle vostre, che delegittima e spunta le armi alla magistratura indipendente?”.
Per risposta dai membri del governo sono arrivate solo sarcastiche e provocatorie risa.
Nel nostro Paese i tratti democratici sono già ridotti al lumicino, i manganelli spadroneggiano onde zittire, disperdere, dissuadere e punire ogni forma di dissenso, eppure, anche Baldino come tutti gli altri, si guarda bene dal denunciare la vera natura di questo governo; da un lato attacca, ma dall'altro riserva un inciso nel quale attribuisce “onore a tutti gli uomini e le donne delle Forze dell’ordine che ogni giorno garantiscono la nostra sicurezza, nonostante siano sotto organico”, che contraddice nei fatti gran parte del suo intervento.

I manganelli sono di stampo mussoliniano
Nonostante i numerosi articoli, discussioni, servizi che hanno trattato questi avvenimenti, per trovare qualcuno che dice in estrema ma chiara sintesi a quale fenomeno ci troviamo di fronte, è necessario imbattersi in un podcast sul quotidiano torinese La Stampa . “Usare manganelli contro il dissenso è fascismo”, è questa l'apertura della giornalista Annalisa Cuzzocrea su Day Time del suo articolato intervento che chiede – fra le altre cose - ancora una volta i numeri identificativi sui caschi della polizia che nessun governo ha voluto mai introdurre, a conferma di una dinamica governativa di omertoso silenzio nei confronti dei picchiatori in divisa.
Ma l'inaudita violenza scatenata sui manifestanti pisani è stata puntualmente descritta dalla lettera di una studentessa presente al corteo e rilanciata da alcune sezioni ANPI e da qualche media locale, che ha smentito gran parte della narrazione di Piantedosi: in piazza non c'è stato nessun dialogo fra studenti e polizia, ma solo un muro in assetto antisommossa e tante altre falsità sulle quali è stata improntata la rete delle accuse sostenuta dalla destra di governo.
I giovani manifestanti attaccano anche la giunta guidata dal sindaco Michele Conti, oggi leghista ma già militante del MSI e di AN: “Non mi soddisfanno le parole del Sindaco, - sostiene la studentessa - non mi soddisfa l’ordine del giorno che è stato approvato perché è vago, inconsistente e ridicolo. E la cosa peggiore è che ci avete fatto perdere del tutto la fiducia nelle istituzioni cittadine e questa è una sconfitta bruciante. (...) Non ci avete fermato anzi ci avete dato un motivo in più per scendere in piazza, chiedere giustizia per i manifestanti, chiedere provvedimenti adeguati contro chi si è abbandonato alla violenza.”.

Nessun rispetto per chi serve il regime neofascista
Per noi è stato chiaro fin dal primo giorno nel quale Meloni suonò il campanello che un sorridente Mario Draghi le consegnava, che siamo di fronte a un governo reazionario e neofascista. Tant'è che il Documento del Comitato centrale del PMLI del 25 ottobre 2022, titolato “Uniamoci contro il governo neofascista Meloni
Per il socialismo e il potere politico del proletariato” così denunciava: “Il governo Meloni, composto da Fratelli d'Italia, Lega, Forza Italia e Noi moderati, fin dalla sua costituzione, il 22 ottobre, ha voluto ostentatamente rimarcare di essere di destra, e noi aggiungiamo neofascista, per completezza e maggiore chiarezza, mediante le figure di diversi suoi ministri provenienti dal MSI o da Alleanza nazionale e il cambiamento di denominazione di alcuni ministeri: delle imprese e del made in Italy, agricoltura e sovranità alimentare, famiglia e natalità, istruzione e merito. Col proposito nazionalista di servire meglio gli interessi dei capitalisti italiani e di inculcare alle nuove generazioni l'ideologia e la cultura reazionaria, razzista, maschilista, clericale, omofoba della destra che hanno al centro il trinomio mussoliniano “Dio, patria e famiglia”. (…) Nel discorso programmatico, pronunciato alla Camera con piglio presidenzialista, Meloni ha illustrato la linea nazionalista, sovranista, europeista, atlantista, razzista, meritocratica e filopadronale, col motto “non disturbare chi vuol fare”, del suo governo. E ha annunciato la “riforma” presidenzialista, già nel programma del MSI, nonché della P2. Niente di concreto per le masse, nemmeno sulle bollette e sul carovita.
Le opposizioni di cartone non hanno avuto il coraggio di denunciare la natura e il disegno neofascista del nuovo governo. Il sonato leader del PD addirittura ha detto: “Noi facciamo gli auguri a un nuovo governo che comincia a governare nell'interesse del Paese”. Il trasformista liberale e “neopacifista” Conte, leader del M5S, ha detto che “l'unica certezza che emerge” dal discorso della Meloni “è la continuità con il governo Draghi”, del quale ha fatto parte anche il suo partito. Ha anche detto: “Lei ha speso tante parole sul concetto di merito. Ci fa piacere. Anche noi apprezziamo questo concetto”. L'antifascismo per entrambi è solo una parola” .
A 500 giorni dal suo insediamento, sono i fatti che ci danno ragione. Il carattere neofascista di questo governo, si è manifestato in tutti campi e comincia a essere compreso sulla loro stessa pelle dai settori più avanzati e attivi delle masse, che siano operai quando occupano le fabbriche in difesa dei loro diritti o studenti che occupano le loro scuole o giovani ambientalisti che si battono per il clima. Il suo non è un eccesso di “autoritarismo”, come ciancia l'opposizione parlamentare. No il governo Meloni ricorre al manganello esattamente come faceva Mussolini per difendere e consolidare la dittatura fascista. Usa il manganello per “educare” le giovani generazioni, per intimidire e stroncare gli oppositori, specie quando costituiscono un pericolo reale per la stabilità del regime neofascista. E al manganello poliziesco accompagna il manganello legislativo dell'inasprimento all'inverosimile del carcere e del foglio di via nei confronti degli oppositori irriducibili.

Creare un fronte unito di massa antifascista contro il governo Meloni
Se non vogliamo che l'Italia precipiti in un nuovo ventennio mussoliniano, l'auspicio è che gli antifascisti, gli antimperialisti e i democratici conseguenti, che hanno dato un fortissimo segnale a Pisa e in tante altre città d'Italia, comprendano a fondo l'urgenza di costruire un grande fronte unito contro il governo Meloni, come si legge nel suddetto Documento del CC del PMLI, “un fronte unito più ampio possibile composto dalle forze anticapitaliste, a cominciare da quelle con la bandiera rossa, dalle forze riformiste e dai partiti parlamentari di opposizione. Senza settarismi, pregiudizi ed esclusioni. Deve contare solo l'opposizione a questo governo.
Sul campo di battaglia antineofascista c'è posto per tutti, il PMLI ci sarà senz'altro adottando la politica di unità e lotta, di dialettica e combattività.
In questo fronte unito le forze anticapitaliste con la bandiera rossa dovrebbero svolgere un ruolo di avanguardia, di esempio e di spinta, concertando un'unità più stretta tra di esse, sulla base di un progetto comune sul futuro dell'Italia, che occorre discutere e approvare quanto prima, come abbiamo proposto pubblicamente il 17 febbraio 2021 nel documento contro il governo Draghi.
In questo fronte unito il proletariato - la classe delle operaie e degli operai che producono tutta la ricchezza del Paese ma ne ricevono solo le briciole - deve assumere un ruolo dirigente appropriandosi della sua cultura storica, che è il marxismo-leninismo-pensiero di Mao e non quella dell'operaismo, dell'anarco-sindacalismo e del riformismo.
Finché non si riuscirà ad abbattere il governo neofascista Meloni bisogna rimanere uniti, poi ognuno andrà per la propria strada. Il PMLI andrà fino in fondo sulla via dell'Ottobre verso l'Italia unita, rossa e socialista ”.

6 marzo 2024