In carcere Orlov, oppositore di Putin, per aver scritto un testo contro la guerra in Ucraina
 
Oleg Orlov, il 70enne oppositore del nuovo zar Putin, è stato condannato il 26 febbraio da un tribunale di Mosca a due anni e mezzo di carcere, una sentenza immediatamente esecutiva ed è stato quindi portato via in manette e sotto la scorta di decine di agenti antisommossa. La condanna è per "discredito delle forze armate russe", quell'articolo del codice penale introdotto dopo la guerra di aggressione all'Ucraina e usato come un clava dai tribunali russi per mettere a tacere qualsiasi critica alla guerra voluta da Mosca. La condanna di Orlov è l’ennesima prova della ostinata repressione di ogni forma di dissenso messa in atto dal nuovo zar del Cremlino contro il suo regime, un atto di intimidazione verso gli oppositori, assassinati o messi a marcire in cella dove tutto può accadere, vedi la morte di Aleksej Navalny del 16 febbraio. Quello stesso giorno si era tenuta a Mosca la prima udienza del processo a Orlov e sono bastate tre udienze al tribunale per arrivare alla condanna già scritta.
Il fondatore del Centro per la difesa dei diritti umani Memorial nel 2022 aveva pubblicato il testo "Volevano il fascismo e l’hanno ottenuto", un testo scritto per la testata francese Mediapart in cui denunciava "la sanguinosa guerra scatenata dal regime di Putin in Ucraina". Con l'accusa di discredito delle forze armate era già finito a processo lo scorso anno e durante una delle udienze aveva letto i nomi di 64 russi, detenuti politici soltanto per aver pronunciato o scritto parole contro l’invasione dell'Ucraina. Secondo l’ong Ovd-Info, in Russia per azioni pacifiste sono state incriminate 634 persone, circa 200 sono già state condannate al carcere. Quel processo si era concluso lo scorso ottobre con la condanna di Orlov a una multa di 1.500 euro, una sentenza ritenuta troppo indulgente dall'accusa che ricorreva in appello e rilanciava con l'aggiunta di un aggravante pretestuosa, odio politico e ideologico, al fine di ottenere una condanna esemplare al carcere.
Fra le sue numerose attività degli ultlimi due anni contro la guerra in Ucraina riportiamo una denuncia contenuta in una intervista dello scorso luglio quando aveva affermato che "adesso qui in Russia vige il culto del vozhd, del duce. 'Un popolo, una patria, un duce', il vecchio slogan nazista vale pure qui. La guerra è diventata un metodo legittimo per risolvere le frizioni tra gli Stati. Si nega l’esistenza stessa del popolo e della nazione ucraina. Si promuove l’esclusività, unicità e superiorità della cultura, della nazione e dello Stato russo. Sono tutti tentativi di far rivivere l’Impero".

6 marzo 2024