Lo gridano in 30 mila alla manifestazione organizzata da Assisi Pace Giusta a Roma
Cessate il fuoco a Gaza
Invocato lo Stop al genocidio
 
Dopo le manifestazioni che il 24 febbraio scorso hanno visto in oltre 120 città italiane decine di migliaia di persone mobilitarsi, sabato 11 marzo in oltre 30mila di tutte le età e genere sono scese in piazza a Roma per difendere il diritto e la libertà di manifestare e per chiedere l'immediato cessate il fuoco a Gaza.
La piattaforma promossa dalla coalizione Assisi Pace Giusta chiedeva innanzitutto lo stop immediato a quello che nel corso di tutta la manifestazione, negli slogan, negli striscioni e nei cartelli, è stato definito come il “genocidio” del popolo palestinese, oltre alla richiesta di garantire immediata assistenza umanitaria alla popolazione di Gaza.
La coalizione domandava anche la liberazione di ostaggi e prigionieri da ambo le parti, la fine dell'occupazione, il riconoscimento dello Stato di Palestina sulla base delle risoluzioni dell'ONU, e in ultimo, la promozione urgente di una conferenza internazionale che possa portare “pace e giustizia” in Medio Oriente.

Un colorato e rumoroso serpentone
Il corteo, aperto da uno striscione sul quale era scritto “Per la libertà di manifestare, per il cessate il fuoco a Gaza, per la pace e la giustizia in Medio Oriente”, è partito da piazza della Repubblica dove le decine di migliaia di manifestanti provenienti da tutta Italia hanno costituito i coloratissimi spezzoni delle organizzazioni promotrici, fra le quali la Rete Italiana Pace e Disarmo, CGIL, ACLI, ANPI, ARCI, Altromercato, Emergency, diversi organismi cattolici, la Fondazione Perugia-Assisi, altrettanti movimenti non violenti, Legambiente, Libera, e le reti studentesche degli Studenti Medi, Sbilanciamoci, e l'Unione degli Universitari che insieme impugnavano lo striscione “stop al genocidio, voi i manganelli noi la pace”.
Accompagnato da migliaia di bandiere arcobaleno, della Palestina, da quelle rosse dei sindacati che in piazza erano la stragrande maggioranza, e da tanti altri striscioni, il corteo è giunto al palco allestito ai Fori Imperiali dove si è concluso con gli interventi dei rappresentanti delle associazioni promotrici.
Decine le testimonianze di insegnanti e studenti, e di alcune celebrità mediatiche quali attori e cantanti.
Il segretario nazionale dell'ANPI, Gianfranco Pagliarulo, intervistato, ha definito Gaza “un inferno in terra”, come dimostrano peraltro i trentamila morti accertati ad oggi fra i quali 12mila bambini, e le stime secondo le quali il protrarsi di 6 mesi dell'assedio sionista, causerebbe oltre 85mila morti.
Anche l'ARCI chiede a gran voce “stessi diritti per i due popoli”, mentre Legambiente interseca gli interessi del petrolio alle guerre esponendo lo striscione “Più rinnovabili, più pace”.

Landini “pacifista” non affonda sul governo
Il segretario generale della CGIL Maurizio Landini ha sottolineato l'importanza della manifestazione e il ruolo trainante del sindacato di Corso Italia: “Qui non c’è solo la CGIL ma tutte le associazioni che in questo anno hanno riempito le piazze per la pace. Credo sia molto importante la risposta che c’è oggi, come si può vedere c’è una domanda di pace (...) La condizione è che vengano applicate le direttive dell’Onu a partire da due popoli, due stati.”.
Landini, come alla fine la quasi totalità delle organizzazioni promotrici, riconosce la legittimità dello stato d'Israele e afferma che “quello che sta facendo Netanyahu è contro il proprio popolo israeliano. Siamo qui a difendere il diritto di tutte e due i popoli ad esistere ma bisogna fermare il massacro in atto, smetterla con le armi e avviare un dialogo concreto per ricostruire la pace”.
Come molti degli interventi che si sono susseguiti dal palco, Landini ha toccato anche il tema dei manganelli di governo; una critica per difendere il diritto di manifestare in opposizione a quella che definisce “una logica pericolosa del governo che, anziché misurarsi con le richieste democratiche che vengono dal Paese, pensa di usare la forza. Non è questa la strada”, ma subito dopo aggiunge “E lo dico anche nel rispetto dei lavoratori della polizia, perché il problema non sono loro, il problema sono gli ordini e la logica sbagliata che sta usando il governo”.
Peccato che il segretario generale della CGIL abbia sprecato – fra le altre - anche una occasione come questa per dirla tutta e fino in fondo sulla natura neofascista del governo Meloni. Come al solito ha preferito rimanere leggero come una piuma di fronte al salto di qualità evidente che la repressione del dissenso di governo ha fatto da quando al potere nel nostro Paese ci sono i nipotini di Almirante che pestano sull'acceleratore della riabilitazione del fascismo.
Ma d'altra parte, pelosa è stata anche la difesa di quelle stesse forze dell'ordine che il manganello lo impugnano e lo sbattono con forza su giovani e giovanissimi studenti inermi, come se si trattasse di un apparato diverso, indipendente e a sé stante, anziché della mano armata che difende gli interessi della borghesia e del suo Stato capitalista. E così non si è spinto a condannare duramente non solo i responsabili governativi e di polizia ma neppure i poliziotti picchiatori che hanno selvaggiamente manganelleto i manifestanti a Pisa e a Firenze.

Per la Palestina libera e per buttar giù il Governo Meloni serve un radicale cambio di passo
In soldoni però, cosa aspettarsi di diverso dal leader di una CGIL istituzionalizzata, che non è stata capace neanche di fronte ai pestaggi fascisti e ai morti dell'Esselunga di Firenze (che hanno purtroppo rimesso luce sui 3 morti sul lavoro medi al giorno che si verificano nel nostro Paese) di continuare la mobilitazione timidamente intrapresa con lo sciopero territoriale di novembre?
Insomma, seppur la risposta delle masse popolari, di quelle operaie e di quelle studentesche in particolare sia evidente e consistente ad ogni chiamata, la CGIL mantiene una condotta attendista e di retroguardia che causa malumori nella base più avanzata della CGIL stessa, e i marxisti-leninisti hanno il dovere di soffiare sotto la cenere per far riattizzare il fuoco. Questo naturalmente è un bene, una questione che se sarà capace di svilupparsi, potrà anche comportare avanzamenti nell'ambito della lotta di classe nel nostro Paese, per lo meno immediati, data l'urgenza riconosciuta dalle masse più che dai dirigenti confederali, di buttare giù il governo Meloni con la piazza il più in fretta possibile, prima che faccia ulteriori danni.
Il fatto stesso che – tornando al tema principale – questo governo si sia astenuto alle Nazioni Unite per il cessate il fuoco a Gaza e continui a sostenere e armare Israele, come dimostra la missione imperialista nel Mar Rosso, rappresenta un aggravante col quale stimolare le masse popolari antifasciste a scendere in piazza unitariamente in un largo fronte unito avente come denominatori quello stesso obiettivo nazionale, che sarebbe la caduta del governo Meloni, e quello internazionale quale il cessate il fuoco a Gaza.
Poi ciascuno andrà oltre con i propri obiettivi che per noi sono l'Italia socialista, la fine dell'occupazione sionista della Palestina e il riconoscimento di uno Stato palestinese nel quale possano convivere i due popoli in uno stesso Stato, e la vittoria dell'Ucraina sull'aggressione zarista. Tema anch'esso rilanciato nella manifestazione di Roma con la solita eccezione pacifista di analogo cessate il fuoco che però in questo caso finisce per fare – come detto già in mille occasioni – esclusivamente il gioco di Putin.

13 marzo 2024