Contro la privatizzazione e il precariato
Sciopero nazionale di Poste Italiane con presidi a Milano e Roma

Il 21 marzo scorso i sindacati di base Cub Poste, SLG-CUB Poste, Cobas Poste ed ACU (Associazione Consumatori Utenti) hanno indetto uno sciopero nazionale di 24 ore con presidi a Milano e Roma, contro l’ulteriore privatizzazione dell’azienda a partecipazione pubblica Poste Italiane.
Il governo Meloni con il suo ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti, per ridurre il debito pubblico è quanto mai determinato a cedere il 29% delle azioni, (dopo il 35% venduto nel 2015 dal governo Renzi) non lasciando così presagire all’orizzonte nulla di buono per i lavoratori e gli utenti.
Basti pensare che in seguito alla privatizzazione il personale è stato ridotto del 50%, 1900 uffici sono stati chiusi, e la posta viene consegnata a giorni alterni e rarefatti. Per non parlare della progressiva precarizzazione del lavoro e del costante aumento delle tariffe dei servizi offerti ai cittadini.
Secondo “il piano strategico” presentato nei giorni scorsi dall’amministratore delegato di Poste Italiane Matteo Del Fante, entro la fine del 2028 la società vuole raggiungere ricavi a 13,5 miliardi (+3 l’anno) margine operativo di 3,2
miliardi (+ 4% l’anno), utile netto di 2,3 miliardi (+4% l’anno).
A conti fatti gli azionisti dovrebbero ricevere dividendi cumulati per 6,5 miliardi e una percentuale dei dividendi pagati sugli utili del 65%, +7% in ognuno dei 5 anni di durata del piano.
Tutto questo grazie allo sfruttamento selvaggio dei lavoratori, in particolare dei consulenti finanziari “pressati” e spremuti ogni giorno come veri e propri limoni in cambio di qualche misero “premio”.
Purtroppo per l’ennesima volta lo sciopero di giovedì scorso è stato completamente “snobbato” dalle maggiori sigle sindacali Cgil-Cisl-Uil pronti solo a parole a dare “battaglia” al governo Meloni ma restii a fare fronte unito per cercare di mobilitare il maggior numero di lavoratori possibile per garantire una maggiore opposizione alla cosiddetta svendita di un altro “gioiello di famiglia”.
Nell’appello lanciato dai sindacati di base oltre alla stabilizzazione dei precari e un contratto nazionale che tuteli la qualità della vita e la salute dei lavoratori, si chiede il ripristino di Poste Italiane pubbliche al 100% anche perché dal 1992 ad oggi le privatizzazioni attuate dai governi di “centro-destra” e di “centro-sinistra” invece di ridurre il debito pubblico lo hanno aumentato notevolmente portandolo da 750 miliardi a quasi 3 miliardi.
Anche noi del PMLI condividiamo e appoggiamo l’appello dei sindacati di base, che pur con i loro limiti, in questa delicata fase storica di Poste Italiane si stanno dimostrando senz’altro più combattivi di quelli confederali, ormai completamente integrati e asserviti allo Stato borghese e ai suoi governi.
Pur non dimenticando che in questa marcia società capitalista il proletariato produce l’intera ricchezza economica del Paese e nel lavoro viene sfruttato per arricchire la borghesia attraverso il plusvalore, perciò il potere politico (per noi marxisti-leninisti la madre di tutte le questioni) gli spetta di diritto e può essere conquistato solo attraverso la lotta di classe e la rivoluzione socialista.

27 marzo 2024