L'ateneo di Torino è il primo a sospendere le collaborazioni
Le università mobilitate per boicottare Israele
Occupato il rettorato alla Sapienza: "Basta complicità criminale con Israele"
No alla polizia nelle università e davanti ad esse

 
Il senato accademico dell’Università di Torino – prima università italiana a compiere un simile passo - ha approvato lo scorso 19 marzo una mozione, approvata a stragrande maggioranza con un solo voto contrario e due astensioni, che vieta la partecipazione di tale università a un bando di collaborazione con università e istituti di ricerca israeliani: “il senato accademico dell’università – si legge nella mozione - ritiene non opportuna la partecipazione al bando del ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale, visto il protrarsi della situazione di guerra a Gaza ”.
Il bando era stato pubblicato alcune settimane fa dal ministero con l'obiettivo di finanziare progetti di ricerca congiunti tra Italia e lo Stato sionista nei settori della tecnologia del suolo, della tecnologia dell’acqua e dell'ottica di precisione, e l'adesione delle università italiane dovrà essere formalizzata entro il prossimo 10 aprile.
Il voto del senato accademico era stato sollecitato da 60 tra professori, ricercatori e personale tecnico amministrativo dell'ateneo torinese oltre che da collettivi e associazioni studentesche che avevano chiesto all’università di aderire alla lettera aperta sottoscritta da oltre 1.800 docenti di tutte le università italiane per chiedere al ministro degli Esteri, Antonio Tajani, di sospendere il bando al fine di impedire a Israele qualsiasi eventuale vantaggio in campo militare derivante da tale ricerca.
È una prima, significativa vittoria culturale del mondo dell'università contro la barbarie del regime sionista, frutto della lotta dei collettivi studenteschi e della presa di coscienza di tanti docenti democratici, ma non basta, e del resto altre università italiane sono già da tempo in fermento per lo stesso motivo.
A Pisa , dopo settimane di confronti e di dibattiti, oltre 250 studenti della Scuola Normale Superiore hanno dichiarato il 20 marzo lo sciopero chiedendo all’ateneo di “interrompere le relazioni con le istituzioni israeliane ” ed esprimendo “solidarietà attiva al popolo palestinese ”, pretendendo che l'istituto pisano renda note “le collaborazioni che l’Ateneo intrattiene con le istituzioni israeliane, con il fine di interrompere le relazioni con università e centri di ricerca che appoggiano lo sforzo bellico di Israele ”, nonché di rimuovere dal sito della Scuola “il bando del ministero degli Esteri ‘Accordo di cooperazione industriale, scientifica e tecnologica Italia-Israele’ ”.
Richieste analoghe sono state avanzate, lo stesso 20 marzo, da oltre trecento studenti universitari appartenenti al Collettivo Universitario Autonomo e a Cambiare Rotta, riuniti in corteo a Bologna per protestare durante l’inaugurazione dell’anno accademico dell'Alma Mater Studiorum con uno striscione recante la scritta 'Unibo complice del genocidio. All’inaugurazione parliamo noi. Stop accordi con Israele'.
Radunati in via Indipendenza, nei pressi del Teatro Auditorium Manzoni, dove si svolgeva la cerimonia, hanno dovuto affrontare la polizia che era già pronta ad accoglierli con i manganelli, mentre all’interno del teatro alcuni studenti che erano seduti in galleria si sono alzati e hanno gridato ripetutamente “totale revoca di tutti gli accordi con il comparto militare industriale e Israele ” e “Palestina libera ”.
È gravissimo che il governo filosionista della Meloni abbia inviato la sua polizia per tacitare una manifestazione studentesca a favore della Palestina e in opposizione delle nefandezze dell'entità sionista, perché la polizia non deve assolutamente entrare nelle università né sostare nelle sue vicinanze al fine di impedire legittime manifestazione del pensiero e lotte non violente.
All’Università degli Studi di Trieste è stata occupata il 19 marzo l’aula Baciocchi, dopo che era stata negata la disponibilità per un incontro dal titolo 'Il diritto di boicottare Israele' con l’attivista americana Stephanie Westbrook sul tema del boicottaggio a Israele, e tale diniego era stato opposto in quanto l'ambasciatore israeliano in Italia aveva telefonato al sindaco di Trieste per negare il patrocinio all'evento e al rettore dell'università per convincerlo a non concedere lo spazio per l'evento.
Il Coordinamento universitario di Trieste ha diramato un comunicato in cui ha chiaramente illustrato i motivi dell’azione: “come assemblea per la Palestina di Trieste – si legge nel loro comunicato - non ci facciamo intimidire dall’ennesima censura: se l’università ci nega gli spazi di discussione, noi ce li prendiamo! Rispondiamo alla chiamata di mobilitazione dei Giovani Palestinesi per la ‘israeli genocide week’ e occupiamo l’università perché vogliamo rimettere in discussione le fabbriche della cultura che forniscono alla guerra la giustificazione ideologica e gli strumenti scientifici. Occupiamo per inceppare la macchina bellica ”. Gli studenti hanno infine ottenuto l’approvazione del rettore per l’organizzazione dell’incontro, che si è svolto poche ore dopo.
La protesta degli studenti dell'Università degli Studi di Cagliari (UniCa) è iniziata agli inizi di febbraio con una lettera che esprime un forte dissenso verso gli accordi accademici tra l'università sarda e le istituzioni israeliane, accordi ritenuti dagli studenti “complici delle politiche di pulizia etnica e dell’apartheid ai danni della popolazione palestinese ”, come si legge nella lettera.
Cresce, pertanto, sempre di più la mobilitazione di studenti, docenti e lavoratori del mondo dell'università per indurre gli atenei a interrompere ogni collaborazione non soltanto con le università israeliane ma anche con qualsiasi altra istituzione dell'entità sionista, compresi gli enti di diritto italiano e straniero che, sotto mentite spoglie, sono in combutta con Israele: significative mobilitazioni studentesche si registrano in questo senso da molti mesi anche tra gli studenti dell'università degli Studi di Trento, della Statale di Milano, della Ca' Foscari di Venezia, dell'Università degli Studi di Firenze, della Carlo Bo di Urbino, della Federico II di Napoli, della Aldo Moro di Bari, dell'Università degli Studi di Palermo e della Sapienza di Roma, il cui rettorato è stato occupato il 25 dagli studenti del Collettivo Cambiare Rotta: “Sapienza for Palestine, stop genocidio, stop accordi”, è lo striscione appeso nell'atrio dell'aula magna per rivendicare che a Roma si faccia come a Torino.
Negare a Israele qualsiasi riconoscimento, troncare con esso qualsiasi rapporto, boicottarlo in tutte le sue manifestazioni e iniziative, fare attorno a esso terra bruciata è un atto di fondamentale valore politico ed è – nonostante molti affermino il contrario - il modo migliore per aiutare gli ebrei e combattere l'antisemitismo, come affermò un importante studioso della religione israelita, il rabbino Elhanan Beck, il 16 maggio 2018 a Londra rivolgendosi ai governi del Regno Unito e degli Stati Uniti d'America: “devono rendersi conto e capire – affermò Beck - che aiutare Israele non avvantaggia il popolo ebraico. Aiutare i sionisti non è a beneficio del popolo ebraico ”. “Non chiediamo due stati – ha quindi concluso il rabbino Beck - sosteniamo un unico Stato e il ritorno del popolo palestinese. Gli ebrei e i musulmani possono vivere insieme in pace ”. Parole che tanto più attuali oggi, mentre è in atto il genocidio del popolo palestinese da parte deil nuovo Hitler Netanyahu.

27 marzo 2024