Valuterà l'ipotesi di scioglimento a seguito dell'arresto di 130 persone per intreccio mafia-politica con scambio di voto alle Comunali del 2019. Tra gli indagati ci sono l’assessora Lorusso e l’ex consigliere regionale Giacomo Olivieri
Commissione ministeriale per infiltrazione mafiosa al Comune di Bari
Scontro tra il sindaco PD Decaro e il ministro dell'Interno Piantedosi
Il governatore Pd Emiliano ammette Di aver incontrato la sorella del boss insieme a Decaro

Terremoto al comune di Bari guidato del neopodestà Decaro del PD, che è anche presidente dell'Anci. Il nero governo Meloni e il ministro Piantedosi in particolare valutano il commissariamento del comune: “Si è reso necessario – si legge in una nota – in esito ad un primo monitoraggio disposto dal Viminale circa i fatti emersi a seguito dell’indagine giudiziaria che ha portato a più di 100 arresti nel capoluogo pugliese e alla nomina, da parte del Tribunale, ai sensi dell’art. 34 del codice antimafia, di un amministratore giudiziario per l’azienda Mobilità e Trasporti Bari spa, interamente partecipata dallo stesso Comune”.
L'istituzione di una Commissione ministeriale, cosa che ha mandato su tutte le furie il sindaco uscente Decaro, si vota fra tre mesi, ruota intorno ad indagini risalenti alle ultime comunali del 2019.
Il 26 febbraio 2024 nel blitz denominato “Codice interno” la Polizia ha eseguito a Bari e nell'area metropolitana del capoluogo pugliese, due ordinanze nei confronti di 130 persone emesse dal Gip presso il Tribunale di Bari, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, nonché a ingenti sequestri di natura patrimoniale. Tra i destinatari delle misure, anche persone "appartenenti o contigue" al clan Parisi-Palermiti. Le persone coinvolte sono ritenute responsabili di associazione di tipo mafioso, estorsioni, porto e detenzioni di armi da sparo, illecita commercializzazione di sostanze stupefacenti, turbata libertà degli incanti, frode in competizioni sportive, tutti reati aggravati dal metodo mafioso, nonché del reato di cui all’articolo 416 ter del codice penale, lo scambio elettorale politico-mafioso.
Secondo la Dda sarebbe stata documentata un'ingerenza elettorale politico-mafiosa, in particolare di consorterie criminali di stampo mafioso come i Parisi-Palermiti e gli Strisciuglio, nelle Elezioni Comunali di Bari del 26 maggio 2019.
Secondo la Polizia, l'operazione "rappresenta l'epilogo di meticolose investigazioni, dal 2016 ad oggi ed è stata condotta attraverso una poderosa attività tecnica d’intercettazione sia telefonica che telematica ed ambientale, di servizi di pedinamento ed osservazione, perquisizioni, sequestri di armi, stupefacenti, somme di denaro con arresti in flagranza di reato, il tutto corroborato e riscontrato dalle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, nel contesto temporale della guerra di mafia a Japigia che ha prodotto tre omicidi nel 2017”. Sequestrati beni per oltre 20 milioni di euro.
"Il livello di infiltrazione del sodalizio mafioso – dissero allora gli investigatori - in taluni settori della vita politica e imprenditoriale del territorio sarebbe avvenuto "anche attraverso la collocazione di sodali al loro interno, in particolare di un nipote e di un fratello del capo, in maniera da essere presenti all’interno di una società partecipata comunale, l'Amtab e una nota società di automotive, in relazione alle quali, il Tribunale Sezione Misure di Prevenzione ha disposto la misura di prevenzione non ablativa dell’amministrazione giudiziaria di aziende ex articolo 34 del codice antimafia". In effetti la Sacra Corona Unita e le sue articolazioni stanno crescendo con forza negli ultimi anni, questo perché “da un lato – riferiscono fonti investigative autorevoli – si sviluppa in autonomia, non è gerarchicamente collegata ad essa, si ferma nei propri confini e non subisce invasioni orizzontali... e dall'altro – come si legge nei documenti dell'Antimafia datati 2022 - ha saputo sviluppare una politica di consolidamento e di espansione caratterizzata da una penetrante e pervasiva capacità di controllo militare del territorio e da una spiccata vocazione relazionale finalizzata all'attuazione di un più evoluto modello di mafia degli affari”.
Il coinvolgimento più forte, all’interno del consiglio comunale barese, è quello che fa riferimento all’arresto della consigliera Maria Carmen Lorusso che era pronta a ricandidarsi alle prossime Amministrative.
Lorusso, 37 anni, si era candidata nel 2019 nella lista Di Rella sindaco, nel “centro-destra”, e fu eletta con oltre 900 voti, prima di passare nel 2021 con Decaro, diventando anche leader del gruppo consigliare di maggioranza “Sud al Centro''. Anche il marito, l’ex consigliere regionale Giacomo Olivieri, arrestato per la stessa inchiesta, è stato eletto prima in Forza Italia, nel 2005 e poi in Idv nel 2010. Interrogato “ha iniziato, con dichiarazioni spontanee, a chiarire fatti e circostanze certamente utili per il prosieguo delle indagini preliminari". Olivieri, oggi detenuto nel carcere di Brindisi, secondo l'accusa avrebbe raccolto i voti della criminalità dei clan Parisi-Palermiti, Montani e Strisciuglio di Bari per permettere appunto l'elezione della moglie Maria Carmen Lorusso al consiglio comunale nel 2019.
Nell'ottobre del 2022, Francesca Ferri, prima eletta nel “centro-destra” e poi passata in maggioranza nello stesso gruppo di Carmen Lorusso, era stata arrestata ed è a processo con Filippo Dentamaro e l'imprenditore, presidente del Foggia Calcio ed ex consigliere regionale Nicola Canonico per presunto voto di scambio sempre in quella tornata elettorale a Bari. Sono accusati di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione elettorale e di scambio elettorale politico-mafioso.
In particolare nell'operazione ''Codice interno'' è emersa anche la grave infiltrazione
nell’Amtab, la municipalizzata del trasporto pubblico, da parte del clan Parisi. Lo ha spiegato agli inquirenti collaboratore di giustizia, Nicola De Santis, che nel 2019 raccontò di aver partecipato, “tra il 2008 e il 2010”, a un incontro tra Decaro, all’epoca assessore alla Mobilità e ai Trasporti della giunta comunale di Emiliano e Massimo Parisi.
Parisi avrebbe quindi offerto appoggio elettorale a Decaro in cambio di un posto nell’Amtab, poi ottenuto nel 2011. La Procura ha giudicato De Santis attendibile sotto certi aspetti, non ha però trovato riscontri su questo incontro, tanto da chiedere l’archiviazione dell’indagine partita nei confronti del sindaco Decaro, poi disposta dal Gip. Le frasi di De Santis hanno comunque attirato l’attenzione della commissione parlamentare Antimafia, che ha chiesto alla Procura di Bari di trasmettere gli atti d’indagine a Roma.
Il sindaco Decaro, che da anni vive sotto scorta per minacce dei 14 clan locali, non ci sta e sulla decisione di inviare la Commissione da parte del governo ha affermato dall'Aula consiliare: ''Le lacrime di oggi erano legate alla presenza di persone che ho contribuito a liberare dal cappio dell'usura che, sapendo della conferenza stampa, hanno volontariamente deciso di venire. Mi hanno salutato e hanno pianto con me, perché sono persone che ho convinto a denunciare”.
Il sindaco è tornato a parlare di "un atto di guerra" da parte del governo che richiede "una legittima difesa" della "città che da tempo combatte la mafia a testa alta".
Mancano solo tre mesi al voto per il rinnovo dell'amministrazione comunale e Decaro ritiene che questa sia solo una manovra politica del “centro-destra” per "inquinare la campagna elettorale e fare annullare la partita. A Bari perdono da 20 anni e alcuni di loro, come Don Pietro Savastano in Gomorra, dicono 'andiamo a riprenderci la città'. Ma la città è dei baresi, non è di nessuno".
La Commissione sarà comunque istituita e sarà composta dal viceprefetto Antonio Giannelli, dal maggiore dello Scico della Guardia di finanza Pio Giuseppe Stola e dal prefetto in quiescenza Claudio Sammartino, che è lo zio di Luca Sammartino, vice di Renato Schifani alla giunta siciliana, assessore regionale all’Agricoltura e ras leghista delle preferenze. Costui proprio a Catania si trova sotto processo per due diversi casi di voto di scambio col clan mafioso dei Laudani.
L'uso strumentale della macchina giudiziaria per volontà del governo Meloni è palese, lo dimostrano i tempi, troppo brevi per portare al commissariamento, ma lunghi quanto basta per accendere i riflettori solo sul sindaco e non sulle malefatte dell'''opposizione'' di destra comunale e regionale (che è poi la maggioranza di governo a Palazzo Chigi) e soprattutto di solito la macchina giudiziaria in casi come questi si muove dal basso verso l'alto e non certo il contrario.
Ennesima dimostrazione dell'onnipotenza del governo neofascista Meloni, disposto a utilizzare qualsiasi mezzo per distruggere o mettere in difficoltà i propri avversari politici. Questo è il lato più grave della vicenda, perché mostra come i neofascisti in doppiopetto si sentano ormai padroni dello stato borghese e viaggiano spediti vero la mostruosa terza repubblica e il ''premierato''. In questo regime neofascista le mafie spadroneggiano dentro e fuori le istituzioni, al punto che utilizzano gli stessi personaggi per curare indisturbati i loro sporchi interessi, come l'assessora Anita Maurodinoia eletta col “centro-sinistra” e sposata coll'altro arrestato, l’avvocato Giacomo Olivieri, eletto in Forza Italia e emigrato nella Margherita subito dopo il voto durante la giunta Vendola.
Questo non assolve però politicamente il sindaco e il ''centro-sinistra'' in alcun modo, semmai aggrava la condotta trasformista di Decaro, Emiliano e compari, i quali non hanno esitato un secondo a imbarcare personaggi oggi inquisiti e servirsi dei loro voti, sapendo benissimo chi erano e chi rappresentavano realmente in termini mafiosi.
I potenti gruppi di potere mafioso e criminale secondo l'accusa, avrebbero fatto affari proprio passando con Decaro e compari e non certo denunciandoli o facendogli opposizione.
Dall'altro lato vedere il governo Meloni utilizzare le correnti di destra della magistratura è una cosa che fa drizzare i capelli in testa perché la dice lunga su quello che vivono le masse in lotta e quello che ci attende da questo punto di vista, in termini di manganello, repressione, occultamento di verità giudiziarie, bavaglio alla stampa, minacce agli oppositori politici, copertura garantita a tutta una serie di personaggi del famoso ''mondo di mezzo'' tra l'economia e le marce istituzioni del regime, ovvero la massoneria e le consorterie politico-mafiose (spesso in odore di ''santità'').
A dimostrazione del fatto che in ultima analisi il migliore alleato delle mafie in Italia oggi è proprio il nero governo neofascista in carica.
Apprezzabili le manifestazioni antimafiose e antigovernative come quella tenuta da ''Libera'' di Don Ciotti a Roma, che ha visto la partecipazione di 100mila persone durante la giornata in ricordo delle vittime delle mafie, lo scorso 21 marzo. Don Ciotti, fondatore di Libera, dal palco ha certamente con ragione denunciato le manovre eversive di Piantedosi, nel contempo difendendo il sindaco PD Decaro: “Antonio Decaro è un galantuomo” che “ha lottato contro le mafie”, “siamo indignati dalle modalità e dalle speculazioni. Tocca a noi difendere gli onesti”, dice all’indirizzo di Decaro.
Il sacerdote fondatore dell’associazione continua con diversi messaggi al governo Meloni, certamente alcuni condivisibili. Si va dalle preoccupazioni per “i cambiamenti normativi che favoriscono la corruzione”, alle critiche al ''decreto Caivano'' nella parte in cui abbassa l’età della punibilità per i minorenni: “Non è questo il sistema”.
“Alcuni provvedimenti ci pongono domande, interrogativi. Bisogna evitare di demolire dei pilastri, dei meccanismi che in questi anni hanno dimostrato di essere efficaci nel contrasto alla criminalità, alla corruzione, all’illegalità. Vedo che alcuni provvedimenti viaggiano un pochettino (solo?) nella direzione opposta”, afferma Ciotti tra gli applausi in riferimento all'operato vergognoso del ministro Nordio.
Quello che non va bene del discorso di Ciotti è che è un discorso in ultima analisi sinceramente antimafioso, ma in ultima analisi riformista, interclassista, costituzionalista e troppo poco antigovernativo, dov'è la denuncia del carattere neofascista del governo?
Migliaia di partecipanti si sono ritrovati a Bari sabato 23 marzo al sit-in “'Giù le mani da Bari'' a Piazza del Ferrarese, organizzato dallo stesso Decaro, dal PD e dalla CGIL per rivendicare la trasparenza della sua amministrazione e contro l'invio della Commissione governativa.
Il primo a salire sul palco è stato lo storico liberale Luciano Canfora, docente emerito dell’Università degli studi di Bari: “Il ministro dell’Interno forse non sa che cento anni fa le bande fasciste furono cacciate da Bari vecchia. C’era un uomo, si chiamava Peppino Di Vittorio. Il suddetto ministro non si ricorda che dopo l’insediamento del cavaliere Mussolini, il primo atto compiuto fu sciogliere i consigli comunali socialisti. Questa operazione è un boomerang, si realizzerà in un disastro per chi l’ha inventata, si dirà che non siamo stati capiti”, ha affermato.
“È una risposta meravigliosa della città per la città, è una risposta a chi pensa di utilizzare la città per la propria campagna elettorale ed è soprattutto una risposta a chi dice che Bari è sotto il ricatto della mafia” ha affermato Decaro.
Parole sconcertanti e indicative dello strapotere delle mafie anche in Puglia le parole del governatore Emiliano: “Un giorno, quando ero sindaco, sento bussare alla porta. Decaro (che all’epoca suo assessore) entra bianco come un cencio, e mi dice che era stato in piazza San Pietro e uno gli aveva messo una pistola dietro la schiena, perché stava facendo i sopralluoghi per la Ztl di Bari vecchia. In due andammo a casa della sorella di Antonio Capriati, che era il boss di quel quartiere, e andai a dirle che 'questo ingegnere è assessore mio e deve lavorare, perché c’è il pericolo che qui i bambini possano essere investiti dalle macchine. Quindi, se ha bisogno di assistenza, te lo affido'”.
Per noi marxisti-leninisti lo scontro tra Decaro e il governo Meloni non è lo scontro tra filomafiosi e antimafiosi ma tra due correnti borghesi, ambedue infiltrate e compromesse con le mafie, che si fanno la guerra per prevalere nei governi locali, regionali e centrale. Quanto più a lungo governano e gestiscono potere e denaro, tanto più aumenta il loro grado di mafiosità e le loro compromissioni con le mafie. Insomma si tratta di capire che sono irrimediabilmente tramontati i tempi del “partito dalle mani pulite” vantato dal segretario Berlinguer dell'allora PCI revisionista. Oramai il suo erede PD si è completamente omologato e ha finito per riassumere in sé tutti i connotati degli altri partiti del regime neofascista.
Come abbiamo detto fin dal suo insediamento, non è possibile solo ''criticare'' il governo Meloni mentre lo si “lascia lavorare”: urge abbatterlo attraverso un ampio fronte unito antifascista, usando ogni mezzo, legale e illegale, pacifico e violento (purché si tratti di violenza di massa) per abbatterlo da sinistra e dalla Piazza prima che sia troppo tardi, con i neofascisti al governo non si discute, essi vanno abbattuti.
Contro le mafie, le masse devono fare esplodere la loro rabbia e protesta, acquisire coscienza del fatto che esse sono un prodotto della società capitalista e che potranno essere definitivamente liquidate solo con il socialismo, spezzandogli nel frattempo le unghie lottando per importantissimi provvedimenti (dalla lotta contro il proibizionismo, la bonifica delle aree sottosviluppate, il lavoro stabile e così via) escludendo però risolutamente dal fronte unito le marce e irriformabili istituzioni borghesi, neofasciste e filomafiose.

27 marzo 2024