Centomila in piazza a Roma all'importante iniziativa di Libera
Le ragazze e i ragazzi grandi protagoniste del corteo contro le mafie
Passerella di Schlein e Conte che quando i loro partiti erano al governo non sono stati capaci di debellare le mafie
Col legalitarismo, l'istituzionalismo e il costituzionalismo non si sradicano le mafie. Ci vuole il socialismo
 
La ventinovesima edizione della Giornata Nazionale della Memoria ha registrato una partecipazione straordinaria. Al corteo promosso a Roma dall'associazione “Libera” in ricordo delle vittime di mafia, hanno partecipato oltre centomila persone provenienti da tutta Italia che da piazza dell’Esquilino hanno raggiunto il Circo Massimo passando per via Labicana e il Colosseo. Centomila voci per ricordare chi e’ morto per mano della criminalità organizzata, ma anche per chiedere verità e giustizia dimostrando l'esistenza di una cosiddetta “società civile” che non ha nessuna voglia di girarsi dall'altra parte, e che combatte ogni giorno contro il malaffare e le organizzazioni criminali.

I giovani grandi protagonisti del corteo
Il corteo è stato aperto da uno striscione sul quale era scritto “Roma Libera”, impugnato dal sindaco di Roma Roberto Gualtieri, da quello di Bari Antonio De Caro, (oggi al centro di una indagine della magistratura col suo comune targato PD proprio per infiltrazioni mafiose), e da tantissimi parenti delle vittime innocenti cadute per mano mafiosa.
La stragrande maggioranza dei partecipanti era composta da studenti e studentesse di ogni età che assieme ai loro insegnanti hanno animato un corteo vivace, colorato e rumoroso, pieno di energia, di fiducia e di entusiasmo. Tante le bandiere colorate - fra le quali una enorme della pace -, gli striscioni e i cartelli impugnati e mostrati orgogliosamente dai ragazzi. Su uno vi era scritto “Io vedo, io sento, io parlo”, toccando anche lo spinoso tema dell'omertà, mentre su un altro “100 passi per cambiare”, a omaggiare Giuseppe Impastato, assassinato da mano mafiosa nella Cinisi di “Don Tano” Badalamenti. Anche su questo argomento il nostro apprezzamento e la nostra fiducia nelle nuove generazioni si incrocia con la stessa che dava loro il nostro Maestro Mao, definendoli “come il sole alle otto o alle nove del mattino” , nel quale riponiamo tutte le nostre speranze. Chiaramente cambia il quadro sociale dove essi sono inseriti; nel pieno del liberalismo capitalista e sotto un governo neofascista oggi, all'interno del consolidamento del secondo stato socialista del mondo allora, ma sono sempre loro che hanno tutte le caratteristiche per cambiare il mondo.

Don Ciotti dal palco critica il governo Meloni
Sul palco, al Circo Massimo, prima dell'intervento conclusivo di don Ciotti, sono stati letti i nomi delle oltre mille persone innocenti uccise dalle mafie. A elencarli, tra gli altri, anche il leader del M5S Giuseppe Conte e la segretaria del Pd, Elly Schlein che non si sono fatti sfuggire una occasione così ghiotta, in evidente passerella elettorale. Eppure anche i loro partiti nonostante siano stati al governo, non sono riusciti a torcere un pelo al sistema mafioso, che oggi appare addirittura più ricco, solido e straordinariamente influente nei palazzi che contano.
"Fare memoria – ha affermato don Ciotti nel suo intervento preceduto da un minuto si silenzio - vuol dire impegnarsi non una giornata, ma (...) raccogliere e custodire le memorie di queste nomi, di questi volti e sentirli qui dentro, sentire rinascere quelle memorie finite nell'oblio e trasformarle in pungolo, responsabilità. È importante impegnarsi tutti i giorni. Bisogna fare un lavoro nelle scuole, nelle università e nei territori. Non dobbiamo dimenticarci che le mafie sono forti, anche più di prima. Sparano di meno ma ci sono”.
Ciotti lancia anche una critica al governo Meloni quando afferma che “Alcuni provvedimenti ci pongono domande, interrogativi. Bisogna evitare di demolire dei pilastri, dei meccanismi che in questi anni hanno dimostrato di essere efficaci nel contrasto alla criminalità, alla corruzione, all'illegalità. Vedo che alcuni provvedimenti viaggiano un pochettino nella direzione opposta”. Infine ha solidarizzato chiaramente con Cafiero de Raho, ex procuratore nazionale antimafia seduto in prima fila, anch'egli al centro di attacchi da parte di esponenti di governo all'interno della commissione antimafia.
Gualtieri dal canto suo “fa il sindaco”, e con un discorso di circostanza richiama all'unità fra istituzioni e società civile “per isolare la mafia e sconfiggerla” e invita a sostenere la magistratura e le forze dell'ordine che “rischiano la vita per questo”. "A Roma - aggiunge - ci sono zone ostaggio di clan che spacciano, stiamo cercando di intervenire sia con blitz e presidi, ma soprattutto con opere di rigenerazione urbana per portare lavoro, scuola, cura e sostenere le associazioni".

In piazza contro le mafie anche a Napoli e Palermo
La giornata del ricordo delle vittime innocenti della mafia, si è celebrata anche altrove, sempre promossa da Libera con la collaborazione di altri enti e organismi. Napoli ha voluto celebrarla in piazza Municipio con una cerimonia dinanzi all'albero della legalità e alla lapide in memoria dei magistrati Falcone e Borsellino e delle donne e uomini delle loro scorte, mentre a Palermo seimila studentesse, studenti e docenti di 139 scuole siciliane hanno letto i nomi di oltre mille vittime innocenti delle mafie, tra le quali 134 donne e 115 bambini.

Capire dov'è la testa della criminalità organizzata
La grande sensibilità che suscita questo tema è un segnale importante e fondamentale, se davvero si vuol risolvere questo storico ed enorme problema. A nostro avviso però, per sconfiggere la piovra mafiosa che domina non solo il Mezzogiorno, ma anche i grandi affari del nord, bisogna capire dov'è “la testa” sulla quale indirizzare i colpi principali. Dire che questa mente, questa cabina di regia si trova nell'alta finanza, nei circoli dell'industria, dell'agricoltura, della sanità, del terziario e nelle istituzioni, è il segreto di Pulcinella, eppure i colpi raramente vengono indirizzati in questo senso, e cioè direttamente all'interno della classe dominante borghese, dello Stato borghese e dell'economia capitalistica.
È per questo che oggi, grazie ai continui innaffiamenti politici specialmente per finalità elettorali, e risucchiando ogni contributo elargito per lo sviluppo del Mezzogiorno e delle aree depresse, le organizzazioni criminali italiane sono divenute potenti trust che investono nelle borse di mezzo mondo.

Mafie e Stato
In ogni caso uno dei più preoccupanti elementi comuni a tutte le mafie italiane è certamente il consolidamento del rapporto tra criminalità organizzata e istituzioni, forze dell’ordine comprese. Il livello politico dello scambio tra mafie e istituzioni è, del resto evidentissimo anche dai vari processi che hanno coinvolto centinaia di politicanti borghesi e amministratori locali, uno fra i più recenti e noti è stato proprio “Mafia Capitale”. Così com’è evidente il ruolo delle mafie nello spostamento di pacchetti di voti a favore di questo o di quel candidato al parlamento nazionale e ai consigli regionali. Basti vedere il salto di qualità che le mafie hanno fatto negli ultimi decenni, non più controllando una vasta area dell’allora partito di governo democristiano, ma fondandone da zero uno proprio, come Forza Italia, e mandandolo al potere. Fra l'altro le mafie sono state spesso anche la mano armata dei neofascisti, e lo stesso Licio Gelli in accordo con la struttura paramilitare clandestina Gladio, la loggia P2, i servizi segreti e parte delle gerarchie ecclesiastiche, le finanziò per poter disporre della loro manovalanza armata in funzione anticomunista. Non possiamo dimenticare infatti che per tutti gli anni '70 e successivi la mafia, e la criminalità organizzata, sono state utilizzate per una lunghissima serie di tentativi di golpe, stragi e assassini politici tendenti a fascistizzare il Paese.
I marxisti-leninisti denunciano da anni queste mostruosità, come da anni sottolineano l’evidenza di una totale mancanza di volontà nelle istituzioni di lottare e sconfiggere la criminalità organizzata, soprattutto laddove non vi sia una contiguità conclamata con le mafie. Purtroppo tutti gli interventi delle alte cariche dello Stato borghese tenuti nelle grandi occasioni di memoria, sono puramente propagandistici e non fanno altro che confondere in un unico calderone criminalità organizzata e criminalità comune, allontanando l'attenzione da uno dei problemi sostanziali, e cioè proprio la presenza delle mafie nelle istituzioni borghesi.
È per questo che in questa lotta, checché ne dica Gualtieri, non possiamo fare alcun affidamento su quelle stesse istituzioni, a cominciare dalla Commissione parlamentare antimafia del governo neofascista Meloni, presieduta da Chiara Colosimo e piena di indagati e imputati per corruzione, concussione e reati ambientali, sulla quale hanno espresso forti critiche anche i familiari delle vittime per Mafia.

La piattaforma del PMLI contro la camorra e le mafie
Per i marxisti-leninisti italiani la lotta alla cosche camorristiche e mafiose è parte integrante della battaglia per il lavoro, lo sviluppo e l'industrializzazione del nostro Paese, a partire dal Mezzogiorno, poiché solo così è possibile contrastarne l’appoggio e affrontare veramente anche l'ultracentenaria questione meridionale, mai risolta dai governanti sia della destra che della "sinistra" borghese che si sono succeduti dall'Unità d'Italia a oggi. Da sempre essi dichiarano di voler risolvere la questione con la militarizzazione del territorio, con l'oppressione delle masse e la fascistizzazione della società che invece sta andando avanti al galoppo col governo Meloni. Ma per colpire la testa della criminalità organizzata non servono i "Piani per la sicurezza" o l'esercito in strada. Queste misure sono e rimangono provvedimenti liberticidi che si ritorcono contro le masse, mentre fanno contenti i fascisti.
Per noi servono veri e propri piani di intervento straordinari economici e sociali - nei quali dovrebbe fare di più anche il sindacato - in modo da poter iniziare a risollevare le masse dalla povertà dilagante, dal degrado sociale, ambientale e urbanistico, dalla disoccupazione e dal caporalato, così da prosciugare l'acqua in cui nuota e si abbevera la criminalità organizzata.
In questo quadro, il PMLI considera anche la lotta contro la precarietà una delle priorità, così come un aumento delle ispezioni nei luoghi di lavoro per verificarne le regolarità. Ci opponiamo poi con forza a ogni forma di autonomia differenziata, alla privatizzazione della sanità, dei trasporti pubblici, delle risorse idriche, dello smaltimento dei rifiuti, della svendita scellerata dei beni pubblici, ai condoni edilizi, ai subappalti, e alle leggi che assecondano i capitali "sporchi", proprio perché sono tutti elementi che favoriscono la criminalità organizzata. Essi sono anche i capisaldi dello stesso governo Meloni, che va spazzato via con la piazza il prima possibile.

Costruire un grande e forte fronte unito contro la camorra e le mafie
In sintesi i marxisti-leninisti italiani invitano tutte le forze politiche, sindacali, sociali, culturali, religiose e democratiche che realmente hanno l'intenzione di liberare il Paese dalla camorra e dalle mafie, a formare un vasto fronte unito sulla base di una piattaforma comune lasciando fuori ogni divergenza di carattere ideologico, strategico, religioso o filosofico. Così, tutti uniti, possiamo riportare delle importanti vittorie sulle mafie, anche se non potremo estirparle del tutto.
Per noi infatti la lotta contro la criminalità organizzata rientra in quella di classe tra il proletariato e la borghesia, tra il socialismo e il capitalismo, tra il marxismo-leninismo-pensiero di Mao e il riformismo, il revisionismo e l'istituzionalismo in tutte le sue derivazioni. I marxisti-leninisti la vivono e la praticano in quest'ottica. Altri, i democratici borghesi anticamorristi e antimafiosi, la vivono e la praticano sul piano della legalità borghese, considerando la criminalità camorrista e mafiosa come un bubbone, un corpo estraneo allo Stato e al sistema economico borghesi.
La differenza è sostanziale e grande, ma non è oggi la contraddizione principale, perché nell’immediato è un bene che tutti coloro che si oppongono sinceramente alle mafie, si uniscano in un vasto fronte unito per combattere assieme i comuni nemici.
Poi, noi siamo certi che la chiusura definitiva dei conti con le mafie potrà avvenire solo cambiando economia e classe dominante, cioè abolendo il capitalismo, il suo Stato e il potere borghese e instaurando il socialismo, il suo Stato e il potere nelle mani del proletariato.

27 marzo 2024