7 lavoratori morti e 5 feriti, di cui 3 gravi
Vogliamo la verità sulla strage nella centrale idroelettrica di Bargi
Dal governo e dalle istituzioni solo lacrime di coccodrillo

Attorno alle ore 15 del 9 aprile scorso una turbina è esplosa nella centrale idroelettrica di Bargi sul lago di Suviana, nell'Appennino bolognese, gestita da Enel Green Power, provocando la morte di sette operai e il ferimento di altri cinque, dei quali tre gravi.
L'esplosione è avvenuta all'ottavo dei dieci piani sotterranei nei quali si sviluppa la centrale costruita nel 1975, a circa quaranta metri sotto il livello dell’acqua del lago, provocando un incendio il cui calore, a sua volta, ha generato lo scoppio di un tubo refrigerante la cui acqua ha provocato in tempi rapidissimi l’allagamento del decimo, nono e ottavo piano sotterraneo, oltre al crollo di un solaio.
Gli operai coinvolti nell'esplosione, tutti morti sul colpo, erano addetti a lavori di manutenzione che erano stati programmati da oltre un anno sulla centrale, al cui collaudo erano intente contemporaneamente nove aziende.
I sommozzatori dei vigili del fuoco hanno impiegato alcuni giorni per recuperare tutti i corpi degli operai uccisi dall'esplosione, perché si sono dovuti calare nei tre piani completamente allagati.
I lavoratori deceduti sono il padovano Adriano Scandellari (57 anni) di Enel Green Power, il milanese Paolo Casiraghi (59 anni) della ditta ABB, il pisano Alessandro D'Andrea (37 anni) della ditta Voith Hydro, il napoletano Vincenzo Garzillo (68 anni) consulente esterno di Lab Engineering, il torinese di origine romena Pavel Petronel Tanase (45 anni) della Engineering Automation, il messinese Vincenzo Franchina (36 anni) della Engineering Automation e il tarantino Mario Pisani (73 anni), il quale era amministratore unico della Engineering Automation nonché tecnico specializzato.
Dei cinque lavoratori rimasti feriti tre – il bolognese Leonardo Raffreddato, il padovano Stefano Bellabotta e il veneziano Sandro Busetto - hanno riportato ustioni gravi e sono stati ricoverati in ospedale, un altro – il bolognese Jonathan Andrisano – è rimasto gravemente intossicato dal fumo ed è stato anche egli ricoverato, mentre soltanto il bolognese Nicholas Bernardini, che ha lamentato soltanto lievi ustioni alle mani, ha potuto lasciare l'ospedale dopo un solo giorno di ricovero.
La Procura della Repubblica di Bologna ha immediatamente aperto un'inchiesta disponendo il sequestro della SCADA (Supervisory Control And Data Acquisition) relativa alla centrale, che è il sistema informatico che consente di controllare e supervisionare impianti da remoto, che dovrà essere accuratamente analizzato dai periti, perché finora la ricostruzione di quanto accaduto si basa esclusivamente sulla deposizione, già resa in Procura, degli operai superstiti, i quali hanno riferito di una fiammata proveniente dalla turbina e di una successiva esplosione che ha ha poi provocato l'allagamento. È certo - e lo ha confermato in conferenza stampa Salvatore Bernabei, l'amministratore delegato di Enel Green Power - che vi fosse un sistema di sicurezza in grado di bloccare il movimento della turbina in caso di guasti, ma evidentemente tale sistema non ha funzionato. Ricordando che sulla centrale erano in corso lavori di manutenzione effettuati da ditte esterne, l'amministratore delegato di Enel Green Power ha affermato che l'appalto era stato conferito alla Voith Hydro srl di Cinisello Balsamo e alla ABB spa di Milano, e ha altresì dichiarato che non vi fosse per le opere di manutenzione una catena di subappalti, ma è certo che quattro dei sette morti appartenevano a ditte diverse da quella appaltante (Enel Green Power) e da quelle appaltatrici (Voith Hydro e ABB): tre operai - e tra di essi l'amministratore dell'impresa, che era anche un tecnico - erano di Engineering Automation srl di Mele (GE) e uno di Lab Engineering srl di Ortona (CH).
Il governo neofascista Meloni e le istituzioni hanno immediatamente versato lacrime di coccodrillo, pur essendo i responsabili ultimi di questo ennesimo crimine antioperaio.
Se è ancora incerta la causa della morte di sette operai e del ferimento di altri cinque, sono invece certe le statistiche delle morti sul lavoro in Italia, che la tragedia della centrale elettrica ha contribuito, purtroppo, ad alimentare: l'Osservatorio nazionale di Bologna morti sul lavoro - che è il più completo in quanto registra dal 2008 in Italia tutti i morti sul lavoro in Italia, compresi i lavoratori che non dispongono di un’assicurazione o che ne hanno una diversa da INAIL - ha documentato che lo scorso anno ci sono stati 1.485 morti sul lavoro, che dall'inizio del 2024 fino alla metà di aprile sono già oltre 600.

Strage di Stato
Tali incidenti mortali avvengono in prevalenza nel contesto di piccole aziende che non osservano dolosamente le dovute precauzioni prescritte dalla legge a tutela dei lavoratori, ma nel caso dell'incidente di Suviana è diverso, perché Enel Green Power spa è una grande impresa il cui capitale è interamente posseduto da Enel spa, che a sua volta è partecipata dal Ministero dell'Economia e delle Finanze che detiene il 23,58% del pacchetto azionario e, di fatto, la controlla: se quindi è gravissimo che, a causa di scarsi controlli pubblici, i piccoli imprenditori eludano le norme di sicurezza esponendo i loro lavoratori al rischio di incidenti, è addirittura intollerabile e inconcepibile che un incidente gravissimo avvenga in una società che, tramite Enel spa, è controllata dallo Stato attraverso il suo ministero economico, ed è intollerabile che non ci sia, da parte di Enel Green Power, un controllo finalizzato a evitare abusi sui subappalti.
Il legame tra Enel Green Power e lo Stato borghese impersonato dal Ministero dell'Economia ha indotto Carlo Soricelli - l'operaio in pensione che ha fondato l'Osservatorio nazionale di Bologna morti sul lavoro che tuttora dirige – ad attribuire proprio allo Stato la responsabilità per le morti e i feriti di Suviana: “se le aziende che appaltano i lavori – ha scritto Soricelli - fossero davvero ritenute responsabili di queste morti, penalmente ed economicamente, forse comincerebbero a drizzare le orecchie e a capire che non si può lucrare sulla vita delle persone e la loro disperazione. Io stragi come queste le definisco stragi di Stato, anche quella di Suviana lo è ”.
Come più volte questo giornale ha a sua volta denunciato, i subappalti sono il prodotto di un sistema di organizzazione del lavoro dissennato, costruito lucidamente e dolosamente per comprimere i costi dei grandi committenti, tra i quali ci sono società recentemente balzate agli onori della cronaca per essere state coinvolte negli ultimi anni in gravissimi incidenti sul lavoro nei quali il subappalto è la regola: si tratta o di società largamente partecipate, direttamente o indirettamente, dallo Stato quali l'Enel e le Ferrovie dello Stato o di colossi privati come Esselunga, chiamati in causa rispettivamente per i gravissimi incidenti di Suviana ad aprile di quest'anno, di Brandizzo ad agosto dell'anno scorso e di Firenze lo scorso febbraio, tutti e tre accomunati dal fatto che vi erano subappalti selvaggi.
Il subappalto accosta - spesso in operazioni delicate, nelle quali esperienza e conoscenza reciproca sarebbero indispensabili - imprese diverse, a volte sconosciute l'una all'altra, dentro processi di lavoro frammentati, ognuna di esse preoccupata soltanto di rispettare tempi imposti dal committente e sempre intenta a lucrare margini di profitto minimali a scapito di formazione e sicurezza.
Il sistema del subappalto, infine, è stato sempre protetto da tutti i governi dello Stato borghese che si sono succeduti finora, da ultimo dal governo neofascista Meloni, che si è sempre opposto alla richiesta – da anni avanzata dalla Fillea-Cgil, il sindacato degli lavoratori edili - di estendere al settore privato le tutele degli articoli 41 e 119 del codice degli appalti pubblici, che vietano il subappalto a cascata e riconoscono la parità tra lavoratori in appalto e in subappalto.

Allarmi e denunce inascoltati
Oltre ai problemi generali legati ai subappalti, per la centrale idroelettrica in questione i sindacati si erano già mossi per denunciare alcune criticità, tanto che due anni fa la Uil, attraverso i propri rappresentanti, aveva segnalato alcune problematiche relative alla sicurezza dell'impianto di Suviana, soprattutto in relazione ai rischi connessi alla sostituzione dei generatori e delle turbine, che sono esattamente le attività che erano in corso della centrale: si tratta di componenti che pesano alcune tonnellate, contenenti alcuni metri cubi di olio altamente infiammabile con rischio incendio ed esplosione, per la cui sostituzione bisogna utilizzare la fiamma ossidrica.
Anche per questo l'11 aprile si è svolto con ampia partecipazione uno sciopero generale, indetto dalla Cgil e dalla Uil, che è stato di 4 ore per tutto il territorio nazionale e di 8 ore tra i metalmeccanici dell’Emilia Romagna, delle Lombardia, delle Marche e della Sicilia, così come nelle province di Venezia, Padova, Verona, Siena, Foggia, Udine, Pordenone e Vercelli, oltre che in tantissime altre aziende metalmeccaniche italiane dove le rappresentanze sindacali unitarie hanno allungato la proclamazione dello sciopero per tutti i turni lavorativi: “si tratta di una protesta e una mobilitazione necessaria – si legge in un comunicato congiunto di Cgil e Uil - per rivendicare al Governo una nuova legislazione che contrasti la precarietà, la logica degli appalti al massimo ribasso, il dumping contrattuale insieme alla definizione di un piano nazionale sulla salute e sulla sicurezza in tutti luoghi di lavoro per rafforzare la prevenzione, gli organi ispettivi e i controlli, e che perseguiti anche penalmente le aziende inadempienti alla legge e ai dettami contrattuali ”.

Depotenziato il sistema dei controlli
Il comunicato fa riferimento al tema spinoso dei controlli per garantire la sicurezza sui luoghi di lavoro, ma anche in questo caso non si può non ricordare la latitanza dei governi che, almeno dalla sua creazione, hanno costantemente sguarnito anziché potenziato l'Ispettorato nazionale del lavoro - che dal 2015 è un'agenzia posta sotto la vigilanza del Ministero del Lavoro e dal 2017 accorpa le funzioni ispettive precedentemente svolte dal Ministero, dall'INPS e dall'INAIL - al quale attualmente mancano oltre 2.600 ispettori, tanto che questi ultimi hanno dovuto proclamare uno sciopero lo scorso ottobre per denunciare il carico di lavoro eccessivo e i ritardi nelle assunzioni di nuovo personale.
Pure le Asl – anche esse competenti per le ispezioni nei luoghi di lavoro - si trovano in serie difficoltà insieme a tutto il resto del Servizio sanitario nazionale, e ciò per precise scelte politiche coltivate dai governi degli ultimi anni.
Pertanto gli ispettori e i funzionari delle Asl non sono ormai più in grado di esercitare un ragionevole controllo sui luoghi di lavoro e sui cantieri, tale da scoraggiare i datori di lavoro dalla commissione di illeciti ai danni dei lavoratori.
È evidente che depotenziare il controllo pubblico sulle condizioni di lavoro è l'altra faccia della medaglia del permissivismo dei subappalti, e questi due fenomeni sono legati dal filo conduttore delle politiche dei vari governi che si sono succeduti alla guida dello Stato borghese, che è tale in quanto fa gli interessi della borghesia e nessun interesse dimostra per la vita e per la salute dei lavoratori.
Tutto ciò conferma che i responsabili di queste stragi operaie sono i governi borghesi di destra e di “sinistra” succedutisi in questi anni e l'intero apparato istituzionale, burocratico e amministrativo borghese che nulla fanno per impedire o ridurre questi crimini: sono loro, fin da ora, che dovrebbero sedere sul banco degli imputati.
Il Partito marxista-leninista italiano, che è il partito della classe operaia, insieme al suo organo Il Bolscevico , che della classe operaia è la voce rivoluzionaria e di classe, porgono commosse condoglianze alle famiglie dei sette lavoratori morti e augurano ai feriti una pronta e piena guarigione, reclamando con forza la verità su quanto accaduto nella centrale elettrica di Bargi.
Ancora una volta ribadiamo, con le parole con cui si conclude il Comunicato stampa che lo stesso giorno ha pubblicato ill Pmli.Emilia-Romagna:”Basta morti sul lavoro! Basta capitalismo!”

17 aprile 2024