Contro il bando di cooperazione scientifica con le università di Israele
Manganelli mussoliniani contro studenti della Sapienza di Roma
Il 17 aprile assemblea nazionale studenti e docenti
Non si fermano le manifestazioni, lo sciopero e le occupazioni di università

Il governo Meloni sa rispondere solo con i manganelli della polizia alla mobilitazione
studentesca contro il bando di cooperazione scientifica con le università di Israele. Martedì 16 la polizia di Piantedosi ha selvaggiamente caricato e manganellato il corteo di studenti che davanti alla Sapienza chiedevano un confronto con la rettrice Antonella Polimeni che si rifiuta da sempre di incontrali. Due arrestati e diversi manifestanti feriti.
Ormai è chiaro che il governo teme come la peste questa mobilitazione e cerca in ogni modo di criminalizzarla e reprimerla. Senza riuscirci perché si sta allargando in tutta Italia la protesta degli studenti universitari supportata anche da docenti, personale tecnico, intellettuali e accademici, che chiede a gran voce al governo di riconsiderare nel suo complesso gli accordi di ricerca (Maeci) con gli atenei israeliani potenzialmente utilizzabili anche a scopo bellici, e lo stop all'influenza che le multinazionali produttrici delle armi possiedono all'interno delle università.
Il 9 aprile, a un giorno dalla scadenza del bando prevista per il 10, e anche grazie allo sciopero nazionale indetto dal sindacato USB, ci sono state manifestazioni e presidi in ben 25 atenei italiani.
Tutto quello che si è visto da mesi nelle università italiane è andato in onda a reti unificate in un’azione coordinata delle studentesse e degli studenti riuniti sotto gli stessi simboli: gli striscioni dei collettivi con alla testa Cambiare Rotta ove presente, le bandiere rosse nere bianche e verdi della Palestina, la kefiah al collo, i fumogeni rossi come la vernice con cui hanno imbrattato giganti fac simile del bando.

Manifestazioni in 25 città italiane e presidio alla Farnesina
Il fronte più caldo è stato Padova , dove gli studenti che chiedevano un incontro alla rettrice Daniela Mapelli, si sono trovati di fronte un ateneo blindato e ogni ingresso presidiato dagli agenti in assetto antisommossa.
I manifestanti hanno tentato di forzare i blocchi e la polizia li ha respinti con le solite manganellate che sono divenute l'unico mezzo di dialogo fra chi protesta e il governo neofascista Meloni.
A Napoli gli studenti hanno occupato il rettorato dell'ateneo Federico II; alcune decine di essi hanno calato sulla facciata principale lo striscione “Stop accordi con Israele” e hanno affisso una bandiera palestinese nella sala dove si svolgono il Consiglio di Amministrazione e il Senato Accademico. “Siamo stanchi – hanno poi scritto in un comunicato – di attraversare i nostri atenei mentre vengono raccontate bugie su bugie e mentre i luoghi del sapere vengono militarizzati”. Nel pomeriggio centinaia di ragazze e ragazzi dei collettivi universitari hanno tentato di raggiungere il Teatro San Carlo dove si teneva una iniziativa per celebrare i 75 anni dalla fondazione della Nato, ma all'altezza della centrale via Toledo sono stati respinti a manganellate. Tre manifestanti sono stati feriti alla testa. Diversi i contusi.
Sempre alla Federico II, ma questa volta nella sede di Lettere e Filosofia, si è tenuto un incontro dal titolo “Talking about a genocide” che aveva già suscitato la dura reazione della comunità ebraica napoletana che aveva tentato in ogni modo di bloccarlo. “Il tentativo di bloccare il dibattito – hanno affermato studenti e promotori - ben testimonia il progetto sionista di occultare e cancellare il diritto a esistere di un intero popolo che da più di 75 anni vive in condizioni di apartheid”.
Al Politecnico di Milano l'assemblea si è trasformata in corteo e il rettorato è stato occupato per qualche ora, così come a Siena è riuscita l'irruzione al Senato Accademico, e ancora al Politecnico di Torino , all’Alma Mater di Bologna , alla Sapienza, così come davanti alla Normale di Pisa dove gli studenti e le studentesse hanno dato vita a un sit-in.
Altre iniziative anche a Bari - dov'è stato ottenuto il blocco del bando - Venezia , Modena , Genova , e Firenze , l'ultimo ateneo in ordine di tempo nel quale oltre 200 tra professori, assegnisti, dottorandi e tecnici-amministrativi hanno sottoscritto un appello per chiedere ai propri rappresentanti di non aderire al bando.
Per gli studenti di Cambiare Rotta il presidio che si è tenuto davanti alla Farnesina ha comunque “toccato nel segno”; il collettivo ha infatti chiesto e ottenuto un incontro negli uffici del ministero. Uno studente e una docente sono saliti nelle stanze del Maeci per consegnare una lettera, indirizzata ad Antonio Tajani nella quale si chiede il ritiro del bando di collaborazione. “In questo Paese - ha spiegato la ricercatrice e docente che fa parte del comitato estensore della lettera al ministro, Paola Rivetti - è importante denunciare non solo eticamente ma anche politicamente il ruolo dell’industria della guerra”.

Il governo Meloni prepara la stretta con l'avallo di Mattarella
Nonostante la polizia di regime continui a manganellare gli studenti in lotta, la ministra dell'Università Anna Maria Bernini, definisce “inaccettabile” la mobilitazione, e soprattutto le occupazioni nei rettorati di Napoli e Milano, che si aggiungono a quelli delle scorse settimane de La Sapienza e di Genova. Il MUR ha annunciato un incontro a breve con il ministro dell’Interno Piantedosi, per “un confronto” che sarà allargato anche alla Crui – la conferenza dei rettori delle università italiane – e agli enti di ricerca.
In tutta evidenza i due ministeri del governo neofascista, cercano di fare asse con le baronie universitarie per limitare e stroncare con ogni mezzo una protesta che sta divenendo ogni giorni più ampia e più coesa. D'altra parte, l'intenzione di non lasciare “campo libero a studenti e collettivi” che invece dovrebbero essere gli attori primari anche delle scelte politiche delle università, e il ripristino dell'ordine pubblico borghese, è una sorta di dichiarazione di guerra che il governo ha lanciato fin dagli albori di questa protesta, come hanno dimostrato i pestaggi agli studenti in lotta a Pisa, a Firenze e in tante altre città
Seppur con la solita dialettica doppiogiochista, anche Mattarella si schiera sulla via della continuità e del governo Meloni, confermando nell'aula magna dell'università di Trieste, che “tagliare i ponti con le università israeliane non farebbe bene a nessuno, neppure ai palestinesi e alle loro ragioni”.
Nel mezzo di una cerimonia nella quale ha ricevuto una laurea honoris causa assieme all'ex presidente sloveno, Borut Pahor, che nel 2020 visitò con lui la foiba di Basovizza, nel più alto esempio di riconciliazione revisionista sulle questioni del fronte orientale, Mattarella ha si parlato di università che devono essere sede di approfondimento e trasmissione, di dibattito e di critica, ma anche che le proteste devono rimanere entro certi confini. Cessare la collaborazione con altre università, incluse con quelle di un paese nazisionista come Israele, vorrebbe dire secondo l'uomo del Colle “non aiutare i diritti, né libertà né la pace ma si indebolisce la forza del dibattito, della critica, del dissenso”, così facendo “si aiuta il potere, quello peggiore, che ha sempre cercato di tenere isolate le università del proprio Paese, di impedirne il collegamento con quelle oltre confine”.
Una versione chiaramente opportunista, che nella sostanza cade nella retorica buonista e accomodante di posizioni però inconciliabili come le ragioni dei palestinesi e l'oppressione di Israele, facendo nei fatti il solo gioco di quest'ultimo, sulla pelle della popolazione di Gaza.
Il suo assist infatti è stato subito raccolto anche dal presidente emerito della Corte costituzionale Giovanni Maria Flick, già Ministro di grazia e giustizia del primo governo Prodi, il quale ha dichiarato ”Ha ragione Mattarella, il manganello non educa, ma sono preoccupato dalla rinascita di un antisemitismo che confonde un governo che sbaglia e la scienza che deve restare invece strumento di dialogo”, confondendo strumentalmente antisionismo con antisemitismo, alla stessa stregua di tutte le forze politiche di governo e non solo, che hanno eletto questo fuorviante e assurdo parallelismo a colonna portante del sostegno a Israele, trasformato da carnefice in vittima.

Continuare e allargare la mobilitazione
“Solo la lotta paga, Intifada fino alla Vittoria”, “Non ci arruoliamo, non siamo menti per le vostre guerre”, sono alcuni degli slogan lanciati nei cortei e nei presidi universitari. Slogan che mostrano ancora una volta come le studentesse e gli studenti siano ancora una volta politicamente un passo più avanti di quell'accozzaglia di revisionisti, falsi democratici e “moderati” che agognano di rappresentarli istituzionalmente a partire dalle elezioni comunali ed europee di giugno. Ci auguriamo che le studentesse e gli studenti, così come i docenti e il personale tecnico delle nostre scuole e delle nostre università, al pari di tutti gli altri lavoratori e lavoratrici di tutti i settori, li puniscano anche elettoralmente, astenendosi e quindi negandogli il voto, quel consenso che serve loro per investirsi di un potere popolare che non hanno.
Il nostro auspicio è quello che nonostante le mille difficoltà e le nuove strette poliziesche che giungeranno, questo grande fronte unitario di lotta si allarghi ancora di più e divenga sempre più incisivo in tutti i luoghi di iscrizione, a partire dagli atenei.
“Il ministro degli Esteri israeliano Katz ha detto a Repubblica che è disposto a incontrare gli studenti. - ha dichiarato uno studente in piazza - Vergogna! Offende la nostra dignità se pensa che abbiamo voglia di dialogare con un governo genocidario.” È vero, “Contro Israele la battaglia deve continuare”.

17 aprile 2024