A Casteldaccia (Palermo)
Nuova strage sul lavoro: 5 operai morti e uno gravissimo
I lavoratori della Quadrifoglio, in subappalto, non avrebbero dovuto scendere nella fognatura. Lo sciopero generale a Palermo rivendica: “Prevenzione, salute e sicurezza per chi lavora, no ai subappalti e al lavoro precario e sottopagato, controlli”

Ennesima strage sul lavoro, ennesimo omicidio di operai come sui binari a Brandizzo, come nel cantiere di Via Mariti a Firenze, come nella centrale idroelettrica di Suviana. A Casteldaccia, in provincia di Palermo, 5 lavoratori hanno perso la vita mentre svolgevano lavori di manutenzione ad una fognatura. A quanto sembra avevano inserito una sonda per stasare un tappo che ostruiva il deflusso dei liquami e, non essendo riusciti nello scopo, avevano chiesto l'autorizzazione a scendere di persona nelle fogne per valutare il da farsi.
Il contitolare della ditta, che poi è stato tra i primi a perdere i sensi e a morire, avrebbe dato l'autorizzazione. Almeno questo è quello che emerge dalle prime indagini, perché altre testimonianze affermano che il consenso ad entrare sia stato dato direttamente da un dirigente dell'AMAP, l'azienda municipalizzata dell'acquedotto di Palermo, ossia la ditta committente dei lavori che gestisce le condotte idriche e fognarie. Tre operai sono scesi giù attraverso un tombino stradale e, visto che non risalivano né rispondevano, altri tre colleghi allarmati li hanno raggiunti per prestare eventuale soccorso, ma tutti e sei sono stati investiti dalle esalazioni che avevano saturato gli ambienti, piccoli e senza aria, che ospitavano le pompe di sollevamento delle acque nere. Solo uno di loro è riuscito a risalire e adesso si trova in gravissime condizioni al Policlinico del capoluogo siciliano. Il settimo, che non è entrato, ha dato l'allarme.
Quando i Vigili del fuoco sono arrivati nell'aria vi era un odore nauseabondo avvertibile a decine di metri. Dopo aver effettuato i primi rilevamenti è stato chiaro che a causare la morte dei 5 operai è stato l'idrogeno solforato, un gas prodotto dalla degradazione delle materie organiche estremamente tossico, poiché irritante e asfissiante. In questo caso ne è stata rilevata la presenza in quantità dieci volte superiore al limite di sicurezza. Gli stessi pompieri sono rimasti sorpresi nel constatare come tutti gli operai non indossassero alcun dispositivo di sicurezza. I soccorritori, che hanno trovato gli operai nella melma, non hanno potuto far niente: i polmoni dei 5 lavoratori erano completamente saturi dal gas.
Queste morti si potevano benissimo evitare. Non si tratta di chissà quale evento imprevedibile. Le problematiche tipiche degli spazi angusti e scarsamente ventilati, così come quelle dei gas di fermentazione erano già note agli Antichi Egizi; infatti le camere e le gallerie interne delle piramidi erano state progettare e dotate di condotte di ventilazione, ed esistono testi dell’Antica Roma, che dettagliano il pericolo delle fognature, in cui si raccomanda di utilizzare i prigionieri per la pulizia di fognature e cloache (e non gli schiavi che avevano un valore economico).
Oltre all'incredibile sottovalutazione del rischio e della mancanza di qualsiasi precauzione, l'altra cosa che balza immediatamente agli occhi sono le caratteristiche contrattuali e aziendali. Uno dei lavoratori deceduti aveva 71 anni, mentre è in fin di vita un lavoratore di 62, l'età media è sopra i 50 anni, 4 operai erano in appalto, uno era interinale. La ditta, la Quadrifoglio S.p.a., era un subappalto della TECH, vincitrice della commessa della AMAP. Subappalti, proprio come a Brandizzo, Firenze e Suviana.
Sta emergendo un altra grave irregolarità. Il contratto d'appalto prevedeva soltanto l'aspirazione dei liquami con auto spurgo, ovvero la politura dei pozzetti dalla superficie, e non prevedeva che i lavoratori della Quadrifoglio scendessero sottoterra. Questo spiega perché nessuna delle vittime indossava la mascherina né aveva il gas alert, un apparecchio che misura la concentrazione dell'idrogeno solforato, il gas che poi li ha uccisi. Non è chiaro, dunque, perché i cinque siano scesi all'interno della stazione di sollevamento né cosa sia accaduto dopo, anche perché gli ambienti, chiusi da una paratia, in condizioni normali, dovevano essere a tenuta stagna.
È inutile girarci intorno, il lavoro precario, senza formazione, e gli appalti, sono il comune denominatore di tutte le ultime stragi sul lavoro che si sono verificate nel nostro Paese. Lavoratori presi e gettati nel pericolo con noncuranza e senza la dovuta preparazione, un ginepraio di contratti che agevola le irregolarità. La mancanza di coordinamento, causata dalla frammentazione del lavoro, unita alla pressione dei tempi e dei costi, ci presentano poi il loro conto, un conto salato fatto pagare sulla pelle dei lavoratori. Non si può parlare di fatalità o di imprudenza, queste sono le conseguenze della ricerca del massimo profitto capitalistico, che non si fa scrupoli nemmeno a metter in gioco la vita di lavoratrici e lavoratori. I sindacati rigettano indignati il tentativo di scaricare le responsabilità su errori umani e sui lavoratori, perché questi sono l'anello debole della catena, sempre più ricattabili proprio a causa della precarietà.
Tre morti al giorno che diventano oltre mille in un anno, questi i numeri che invece di diminuire aumentano, collocando il nostro Paese tra i primi posti di questa poco invidiabile classifica. “Basta morti sul lavoro”, è stato il grido di molti operai che hanno preso parte al presidio che si è tenuto davanti la Prefettura di Palermo il 7 maggio, il giorno successivo alla strage di Casteldaccia. La manifestazione si è svolta nel quadro dello sciopero generale di 4 ore (8 per gli edili) indetto da Cgil, Cisl e Uil Palermo. Sciopero e presidio anche da parte del sindacato USB.
“Questa tragedia, l’ennesima, non si può dire che sia causata dalla fatalità, è una tragedia calcolata. Sono il sistema economico e politico che determinano queste tragedie. Ormai è acclarato che nelle catene di appalti e subappalti – ha detto il segretario generale della Cgil Sicilia, Alfio Mannino – la sicurezza dei lavoratori è la prima cosa a venire meno. In questo caso bisogna chiarire la responsabilità del committente che ha affidato i lavori a una ditta non specializzata, non sono stati neanche forniti i più elementari dispositivi di sicurezza”. “Sono gravi anche i ritardi della Regione, a cui abbiamo chiesto la sottoscrizione di un protocollo sulla filiera degli appalti, un tavolo permanente sui temi di salute e sicurezza e che continua a non implementare il numero degli ispettori del lavoro”, ha continuato Mannino, annunciando che la mobilitazione continuerà finché non saranno fornite risposte concrete.

15 maggio 2024