Partecipano 9.500 soldati, 22 nazioni e 13 atenei con 65 studenti con l'elmetto
Manovre Nato in Sardegna, coinvolti atenei e studenti

Mare Aperto 2024 è il nome della super manovra militare che coinvolge 9.500 soldati di 22 nazioni diverse, 11 delle quali fanno parte della NATO, e che si concluderà il 27 maggio. Quattro settimane di addestramento in un'area che dal Mar Ionio raggiunge le coste francesi. Ben 53 i quadranti di mare, terra e aria interdetti per tutto il tempo dell’esercitazione, compresi tra Puglia, Calabria, Sicilia e soprattutto Sardegna, isola ormai da tempo militarizzata e al centro delle esercitazioni del blocco atlantico.
A conferma del ruolo sempre maggiore che il governo Meloni auspica per l'Italia nel Mediterraneo, è la notizia della pianificazione e della conduzione della manovra affidata al Comando in Capo della Squadra Navale della Marina Militare italiana che dispiegherà, in accordo con l'alto comando NATO, navi, aerei, sommergibili, droni, reparti anfibi, ma anche reparti dei Carabinieri, della Guardia di Finanza e della Guardia Costiera.
L'Ammiraglio Aurelio De Carolis ha già in capo, fra l'altro, ruoli di comando assunti in tutta l’area del Mediterraneo allargato, a cominciare dalla direzione tattica delle tre le missioni navali europee attualmente in corso quali Aspides, la missione UE che risponde agli “attacchi” degli houti nel Mar Rosso, Atalanta che dovrebbe combattere la pirateria nel Corno d'Africa, e Irini che ha l'obiettivo di mantenere il controllo delle armi da e per la Libia, come da desiderata dell'imperialismo occidentale.
Per dare un dimensione anche “civile” ad una operazione militare che entra a pieno titolo nella preparazione dell'imperialismo dell'Ovest alla terza guerra mondiale, la NATO ha inserito anche attività di supporto alla popolazione in previsione di calamità naturali le cui prove saranno condotte nel porto di Cagliari con il coinvolgimento delle autorità e delle organizzazioni locali, della Protezione Civile Italiana, della Croce Rossa e di altre associazioni di soccorso.
Ma la particolarità di questa esercitazione, che si svolge mentre in tutta Europa sono in corso numerose altre manovre ed esercitazioni militari, è la partecipazione diretta a fini bellici di personale civile proveniente da diversi istituti universitari, centri di ricerca ed organizzazioni del comparto marittimo.
A bordo della nave Cavour ci saranno infatti rappresentanti del Centro Alti Studi per la Difesa, del Ce.SI (Centro Studi Internazionali), del Centro di Geopolitica e Strategia Marittima (CESMAR) e, come se non bastasse, l'esercitazione coinvolge ben 65 universitari, tra studenti e docenti accompagnatori provenienti da 13 università italiane (Bari, Alma Mater Studiorum Bologna, Genova, Trieste, Statale Milano, Cattolica Milano, Politecnico Milano, Iulm Milano, Federico II Napoli, Sant’Anna Pisa, La Sapienza Roma, Luiss Roma, Università della Tuscia), che lavoreranno all’interno degli staff militari in funzione del loro percorso di studi.
“Il coinvolgimento degli studenti - si legge sul sito della Marina militare - in un rinsaldato rapporto ormai pluriennale, evidenzia il costante impegno della Marina Militare nel promuovere la cultura del mare quale elemento principale per la crescita e la prosperità dell’Italia”. In verità questa esercitazione dimostra a pieno che è reale l'allarme lanciato dalle migliaia di studenti, ricercatori e docenti che si stanno mobilitando da settimane per chiedere lo stop alla sempre crescente militarizzazione delle istituzioni scolastiche, poste al servizio dell'imperialismo UE, della NATO e delle grandi industrie di armamenti.
L'asservimento di molti rettori e degli Atenei delle Università alle mire militari del nostro Paese è acclarato dai fatti; alcune di esse però per invogliare alla partecipazione, sono state capaci di rilanciare menzogne tali che si smentiscono da sole.
Per fare un tangibile esempio, sul sito di una Università che ha promosso la collaborazione e accettato di inviare personale e studenti in esercitazione, si legge: “Queste esercitazioni (...) si cimenteranno in scenari realistici su diversi temi afferenti alle seguenti aree: Tutela dell’ambiente e del patrimonio, Protezione civile, Mediazione culturale e politica, Difesa cyber, Pubblica informazione ed a operare in ambienti sottoposti a contaminazione di agenti chimici, biologici, radiologici e nucleari. Gli studenti dei suddetti corsi di laurea dovranno svolgere attività nell’ambito della Pubblica informazione, a supporto dei Comandanti dei Gruppi navali che si fronteggeranno nello scenario delineato”.
Ma anche Arlecchino si confessò burlando, e allora appare più che significativo il riferimento ai rischi di contaminazione “nucleare”, tornati alla ribalta dopo le dichiarazioni del nuovo Zar Putin a seguito dell'aggressione neonazista dell'Ucraina, e che trova pronta all'organizzazione anche l'Alleanza Atlantica e l'UE.
Grottesco – se non fosse così grave – il tentativo di indicare fra gli obiettivi quello della “tutela dell'ambiente”, quando proprio le attività militari comportano un notevole impatto ambientale negativo, come sanno bene proprio i sardi, costretti a vivere in un vero e proprio poligono a cielo aperto; allo stesso tempo è grottesco parlare di “mediazione culturale e politica” attraverso lo schieramento di centinaia di mezzi militari in terra, in aria ed in mare.
Eppure questo approccio degli Atenei - che rappresenta anche il “tradimento” delle istituzioni universitarie del principio rilanciato tuttora dai movimenti studenteschi che vorrebbe armi e guerra fuori dalle Università - è un tassello fondamentale del percorso di militarizzazione della cosiddetta “società civile” che include anche le istituzioni scolastiche e di riflesso quegli studenti e studentesse che non possiedono gli strumenti e la coscienza politica di opporvisi.
Una “normalizzazione” dei rapporti fra università ed esercito al servizio dell'imperialismo dell'Ovest in contrapposizione a quello dell'Est altrettanto pericoloso, al quale noi ci opponiamo con forza nonostante e soprattutto perché ciò accade in tutta Europa, dove vaste esercitazioni NATO si stanno svolgendo con il coinvolgimento della popolazione civile, attraverso una retorica militarista e nazionalista rilanciata senza batter ciglio dalla totalità delle istituzioni pubbliche.
Ecco perché, alla luce dei fatti che delineano un quadro internazionale sempre più guerrafondaio e preoccupante, con focolai sparsi in tutta l'area Mediterranea e centroeuropea, è un segnale incoraggiante l'annuncio da parte dei collettivi studenteschi, del personale tecnico e dei docenti delle 13 università che hanno accettato la proposta NATO e hanno invitato gli studenti a calzare l'elmetto imperialista, di promuovere venti giorni di mobilitazioni proprio contro la campagna “Mare Aperto 2024”.
Dopo il presidio davanti al ministero degli Interni, il movimento studentesco ha aperto un nuovo fronte nella lotta contro la militarizzazione della ricerca che si aggiunge alla richiesta di sciogliere immediatamente ogni legame tra atenei e industria bellica.
Relativamente al tirocinio offerto sulle navi militari, gli studenti e le studentesse hanno affermato che proprio tale bando dimostra ulteriormente il legame strutturale con la guerra che le università presentano, soprattutto nell’ambito della giustificazione ideologica che sta portando i nostri paesi a impegnarsi sempre di più nei teatri di guerra, rilanciando il progetto di riarmo generalizzato. Il collettivo Cambiare Rotta ha inoltre comunicato il lancio della campagna “L’Università non si arruola”, che avrà articolazioni diverse da città in città, ma unite da un unico obiettivo.
Gli studenti ovviamente chiedono l'annullamento immediato di questi tirocini “e una presa di posizione pubblica da parte dei rettori coinvolti contro questo genere di esercitazioni che preparano la guerra”.
 
22 maggio 2024