A un anno dalla tragica alluvione che ha devastato il territorio
Iniziative auto celebrative delle istituzioni borghesi. Distacco e proteste delle masse in Romagna

Dal corrispondente della Cellula “Stalin” di Forlì
A un anno esatto dalla tragica alluvione che ha devastato la Romagna, e in particolare le province di Forlì-Cesena e Ravenna, il 16 maggio le amministrazioni locali dei comuni colpiti hanno organizzato delle iniziative per ricordare quei tragici eventi che hanno causato 14 morti, esondazioni, allagamenti, frane e smottamenti nelle zone collinari, ingentissimi danni all'agricoltura, case con l’acqua che arrivava sino al primo piano, abitazioni e strade distrutte dalle frane, auto sommerse dall’acqua, centinaia di sfollati, decine dei quali tutt'oggi ancora fuori casa in tutto il territorio colpito.
Per lo più si è trattato di fiaccolate, messe religiose, comunque iniziative autocelebrative e puramente compassionevoli di un avvenimento catastrofico quanto “inevitabile” di fronte al quale solo l’aiuto reciproco ha potuto e può far fronte, così negli intenti delle istituzioni borghesi e religiose.
Ma la realtà è ben diversa e le masse lo hanno capito.
I cambiamenti climatici originati dal modo di produzione capitalistico generano, e genereranno sempre di più, avvenimenti come questo, per affrontare i quali sicuramente è indispensabile la solidarietà popolare che in questa occasione forse più che in altre è stata determinante per risollevare le masse colpite, con centinaia e centinaia di volontari giunti sia dalle città colpite che da città lontane, con in prima fila i giovani, armati di badile per spalare il fango dalle case, e per dare una parola di conforto in un momento di grande disperazione.
Ma le amministrazioni, tutte, a partire da quelle locali, passando da quella regionale, fino al governo nazionale oggi retto dalla neofascista Meloni, hanno la gravissima responsabilità dell’incuria e della mancata manutenzione del territorio che avrebbe perlomeno ridotto l’impatto dell’alluvione e contenuto i danni in termini di vite, di beni e di territorio, ma anche la responsabilità di sostenere, difendere e protrarre il regime capitalista che tutto (e tutti) distrugge nella sua corsa al profitto.
Il 16 maggio l’amministrazione comunale di destra di Forlì guidata dal sindaco Zattini ha organizzato una cerimonia a Porta Schiavonia dove ha scoperto un monumento che ritrae due giovani con pala e secchio, intitolata “Angeli del fango”.
Una installazione costata 47.000 euro, che potevano essere utilizzati per sostenere i colpiti dall’alluvione, e della quale nessuno sentiva il bisogno (se non l’amministrazione stessa in vista delle elezioni comunali di giugno), tanto meno proprio le giovani volontarie rappresentate nel monumento, identificate come abitanti nel comune di Bertinoro e anch’esse colpite dall’alluvione, presenti ma con uno striscione che recitava “Prima le persone”.
Il Comitato unitario vittime del fango di Forlì aveva annunciato che avrebbe disertato la cerimonia denunciando come “durante questo terribile anno, se si esclude una cerimonia religiosa, chi dovrebbe rappresentare l’unità cittadina non ha mai varcato il ponte-simbolo del disastro, e dei luoghi limitrofi non è neppure il caso di parlare… Noi come Comitato non siamo stati né consultati né informati su questa e su altre iniziative prese dall’Amministrazione… È l’ennesimo episodio caratterizzato dalla mancanza di dialogo e di confronto con gli alluvionati che ha sempre contraddistinto l’Amministrazione Zattini in questi 12 mesi”.
Le masse colpite hanno invece voluto ricordare quei tragici giorni, che hanno lasciato un segno indelebile nelle proprie case e nelle proprie vite, con delle cene e delle “feste” tenute nelle vie delle città colpite, così come avevano già fatto anche appena passato il momento più duro del post alluvione, un momento per ritrovarsi assieme così come assieme, aiutandosi l’un l’altro, hanno affrontato quei durissimi momenti.
A Faenza, doppiamente colpita prima dall’alluvione del 2 e 3 maggio e 2 settimane dopo da quella 16 e 17 maggio, sono partiti 7 cortei da altrettanti luoghi simbolo dell’alluvione e che sono confluiti in Piazza del Popolo, diversi gli striscioni come “Basta cemento sulle zone alluvionate”, presenti i comitati degli alluvionati che hanno espresso “solidarietà e vicinanza alle popolazioni nuovamente colpite da eventi climatici sempre più preoccupanti e ricorrenti (in riferimento al maltempo che proprio in quel momento stava colpendo nuovamente la città, anche con fortissime grandinate, ndc ). Esprimiamo altresì preoccupazione per la evidente inefficacia delle misure tecniche e procedurali assunte e di prevenzione e ansia per la mancanza di informazione circa i programmi in essere e le soluzioni tecniche applicabili e programmate per il miglioramento dei livelli di tutela della popolazione rispetto a tali situazioni”, chiedendo “una ferma rivalutazione del rischio delle singole comunità e adeguate forme di comunicazione, che indichino le misure da assumere per la tutela della proprietà e della sicurezza individuale”.
Il 17 maggio, il passaggio dei ciclisti del Giro d’Italia a Forlì è stato accolto da tanti striscioni appesi alle case: “Alluvionati abbandonati”, “Sommersi nel fango”, “Promesse nel fango”.
Il 18 maggio in 500 hanno manifestato vicino al ponte ferroviario di Sant’Agata sul Santerno, a Ravenna, per chiedere l’innalzamento del ponte su cui scorre la ferrovia, mai più riaperta dopo l’alluvione che ha distrutto l’argine sottostante: “Noi non siamo voti, siamo delle persone e vogliamo rispetto”.

22 maggio 2024