Centinaia le famiglie sfollate, danni ingenti alle coltivazioni, un morto in Lombardia
Devastanti alluvioni in Veneto, Lombardia e Emilia-Romagna

È passato un anno dalle devastanti inondazioni che hanno interessato l'Emilia-Romagna nel maggio del 2023, ma niente è cambiato per evitare i danni della furia del maltempo. In questi giorni, e mentre scriviamo, le popolazioni del Veneto, della Lombardia, del Piemonte e ancora dell'Emilia-Romagna sono ad affrontare gli ingenti danni e disagi a causa delle forti piogge e delle conseguenti esondazioni di torrenti e fiumi avvenute tra il 14 e il 17 maggio.
Colpito soprattutto il Veneto con 80 comuni andati sott'acqua, fra le zone più colpite le province di Vicenza, Padova, Venezia, Verona e in parte Rovigo, centinaia le famiglie costrette ad evacuare dalle proprie abitazioni, molti i comuni isolati perché l'acqua ha sommerso le strade principali di comunicazione. La pioggia incessante ha gonfiato i fiumi all'inverosimile, che esondando hanno travolto con fango e acqua, case, gli interrati di alcuni ospedali rovinando i macchinari, fabbriche, campi coltivati. Secondo l'università di Padova il Veneto è stato schiacciato da un'ondata di pioggia mai vista in 300 anni. Al momento attuale, in un bilancio approssimativo, si parla di danni per almeno 1 miliardo di euro solo nella regione Veneto.
I soccorsi stanno lavorando per mettere in sicurezza le zone colpite, e salvare gli abitanti ancora intrappolati nelle proprie abitazioni, ma il compito si è rivelato arduo dato che continua a piovere, gli argini dei fiumi che hanno già ceduto in punti strategici e che dovrebbero essere riparati sono pressoché inarrivabili.
Anche la Lombardia è stata colpita dall'ondata di maltempo. Epicentro degli allagamenti e delle esondazioni sono stati i comuni di Bellinzago lombardo e Gessate. Si conta una vittima, un uomo di 66 anni il cui corpo è stato ritrovato in questi giorni, travolto dal torrente Serenza a Cantù. Ingenti i danni alle aziende agricole (per la cronaca si legga l'articolo della redazione locale).
E temporali e grandine hanno travolto l'Emilia-Romagna, che ancora porta i segni della devastante alluvione del 3 e 4 maggio dell'anno scorso, causando numerosi danni e disagi in tutta la regione. La Valle Idice nel bolognese la più critica, dove una frana di detriti ha colpito la zona, bloccando strade e mettendo a rischio le abitazioni. Il nubifragio più dannoso si è abbattuto su Mordano, in provincia di Bologna, allagando in breve tempo le strade e causando gravi problemi alla circolazione.
Nel Ravennate, le piogge torrenziali hanno causato allagamenti, mentre tra Modenese e Reggiano e tra Parmense e Piacentino si sono registrati accumuli di pioggia già abbondanti. Nella provincia di Modena, un forte temporale ha allagato cantine e garage, mentre a San Marino, domenica sera, una grandinata ha causato ulteriori danni. Nel Faentino, i campi sono stati allagati, compromettendo le coltivazioni.
Il ripetersi di eventi alluvionali come quello che sta accadendo in questi giorni che investe gran parte del Nord e ancora l'Emilia-Romagna dimostra ancora una volta come non siano più procrastinabili interventi volti a mettere in sicurezza i territori e le popolazioni. Le peggiorate condizioni di rischio geologico, idrologico e idraulico sono conseguenza dei cambiamenti climatici, e questi sono noti da tempo, quindi ciò che prima poteva rappresentare evento di tipo nuovo ora è divenuto una consuetudine. Di fronte a questo dato inconfutabile le parole del governatore del Veneto il leghista Zaia ci appaiono come una ipocrita giustificazione “un fenomeno eccezionale per la stagionalità e per le sue caratteristiche: acquazzoni intensi in pochissimo tempo, che non permettono uno sgombero dell'acqua superficiale di andarsene con velocità... Si è di fronte ad un fatto inusuale, non programmato" arrivando a dire che le cause perché i lavori precedentemente fatti sui fiumi dalla sua amministrazione non hanno funzionato sono anche da ricercare nell'azione sugli argini di nutrie e tassi. Anche il suo collega di partito nonché governatore della Lombardia Fontana sfodera una grondante demagogia promettendo che “sono convinto che nello spazio di un anno tutte le protezioni che sono state previste saranno efficaci per cui si dovrebbe allontanare definitivamente il rischio che si ripetano episodi tipo questi ultimi".
L'ennesima alluvione che ha coinvolto le regioni del Nord evidenzia che non sono più rimandabili i provvedimenti volti ad adeguare la legislazione, gli investimenti e le strutture operative per la difesa e il risanamento dell'ambiente, per combattere il dissesto idrogeologico, la cementificazione selvaggia e il disboscamento, il consumo di suolo, l'inquinamento dell'aria, dell'acqua e del territorio. Come scritto tra l’altro nel Programma d’azione del PMLI occorrono: “Piani straordinari per risanare e disinquinare i grandi fiumi, a partire dal Po, l'Arno e il Tevere, risistemare i loro alvei per favorire il normale scorrimento delle acque e la navigabilità, ripulire e ricoltivare la vegetazione sulle rive; ripopolare la fauna ittica. Piani straordinari per contenere il ripetersi delle piene e evitare le conseguenti alluvioni, impedendo l'escavazione selvaggia degli alvei, riallargando i corsi d'acqua 'regimentati' e favorendo la loro espansione in aree adatte naturalmente o in casse di espansione artificiale, eliminando l'impermeabilizzazione del terreno, incrementando le aree protette alle foci e lungo i corsi dei fiumi. Interventi adeguati per piantare alberi nelle zone a rischio di valanghe e di frane.
Piani straordinari per contenere il ripetersi delle piene e evitare le conseguenti alluvioni, impedendo l'escavazione selvaggia degli alvei, riallargando i corsi d'acqua 'regimentati' e favorendo la loro espansione in aree adatte naturalmente o in casse di espansione artificiale, eliminando l'impermeabilizzazione del terreno, incrementando le aree protette alle foci e lungo i corsi dei fiumi. Impedire nuovo consumo di territorio. Espropriare le terre incolte o abbandonate da almeno tre anni per realizzare attività agricole pubbliche sulla base delle necessità del territorio, ed assumendo innanzitutto i disoccupati locali, garantendo la parità fra donne e uomini. Riuscire a recuperare almeno quel 28% di territorio coltivato del nostro Paese che negli ultimi 25 anni è stato abbandonato, equivale anche a migliorare l'assetto idrogeologico dei territori sempre più a rischio di alluvioni, smottamenti e frane”.
Invece è evidente l’incuria nella gestione idrogeologica del territorio da parte dei governi e degli amministratori regionali e locali che si sono succeduti negli ultimi decenni, con urbanizzazioni, cementificazioni, disboscamenti, sfruttamento del suolo e dei letti dei fiumi per estrarre materiali edilizi senza una minima precauzione per mettere in sicurezza l'ambiente e il territorio. Così a farne le spese, come sempre, sono le masse popolari che vedono i loro paesi, le loro città, le loro case e le loro attività produttive colpite periodicamente e violentemente da frane e allagamenti. Occorre dire basta alla cementificazione e al cronico e inarrestabile consumo di territorio, se vogliamo cominciare a fronteggiare e mitigare i danni derivanti dall'emergenza climatica.
In ultima analisi le responsabilità principali ricadono sul regime capitalista che tramite le amministrazioni locali, regionali e centrali borghesi finanzia progetti speculativi e redditizi per i potentati economici e politici ad esso confacenti e non sulla base degli interessi comuni di sicurezza, benessere e rispetto del territorio della popolazione.

 

22 maggio 2024