Spot elettorale di Meloni sulla sanità
Bluff sulle liste di attesa

Il 4 giugno scorso, a pochi giorni dal voto per le europee, il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto legge sulle liste d'attesa presso gli ospedali e le strutture sanitarie pubbliche e private. Si tratta di uno spot elettorale del governo Meloni che strumentalizza lo stato comatoso della sanità pubblica italiana per promettere tagli alle liste d'attesa che non avverranno mai, per la semplice ragione che il decreto è a costo zero, non ci sono i soldi per finanziare le misure previste.
Nei sette articoli del testo ci sono norme sul controllo dell’andamento delle liste d’attesa a livello centrale, sui Cup regionali, sulla possibilità del lavoro notturno e festivo dei medici, sull’obbligo della Asl di acquistare intramoenia e attività privata in quei settori dove le attese sono più lunghe e così via.
In effetti non si parla mai di soldi, l'unica misura per la quale si prevede una copertura, di circa 250 milioni, è quella che riduce le tasse al 15% per i medici che fanno intramoenia finalizzata a ridurre le liste di attesa.
Il ministro Schillaci ha spiegato: “Il punto cruciale è il sistema per garantire al cittadino l’erogazione di prestazioni sanitarie mediante ricorso a intramoenia e privati accreditati quando non vengono rispettati i tempi di attesa” . Ha detto che nel 2021 e 2023 i governi hanno stanziato 500 milioni di euro l’anno. Quei soldi non sarebbero stati tutti spesi e quindi bisognerebbe usarli per comprare prestazioni.
Ma il punto è che visto il numero delle persone che non accedono agli esami e alle visite nei tempi previsti ci vorrebbe almeno un miliardo solo per mettere in pratica quella misura. Non si parla di soldi nemmeno per quanto previsto dall’articolo 4 del decreto e cioè che si possano attivare visite anche il sabato e la domenica.
Il decreto è fortemente contestato dalle Regioni, anche quelle governate dalla destra, la sciagurata riforma del titolo V della Costituzione del 2001 ha infatti devoluto la sanità a materia delle regioni. Parla il coordinatore della Commissione salute della Conferenza delle regioni, Raffaele Donini, che protesta per il fatto che le amministrazioni locali non sono state consultate. “Ci si risparmi almeno l’imbarazzo di dover smentire ogni riferimento alla concertazione con le Regioni. Ci riuniremo nei prossimi giorni e faremo pervenire le nostre proposte di modifica del decreto concordate in modo unanime. Da quello che posso esprimere a titolo personale, come assessore alla Salute dell’Emilia-Romagna si tratta di un decreto ancora privo di coperture finanziarie e molto astratto. Da un lato è evidente la volontà di esautorare le regioni dalla loro funzione di programmazione sanitaria con meccanismi di direzione, controllo, ispezione da parte del Governo, direttamente nei confronti delle Asl e non delle Regioni... Dall’altro, si spinge ancora l’acceleratore sulla privatizzazione della sanità, sia favorendo l’attività libero professionale dei medici a scapito di un potenziamento del sistema sanitario pubblico, sia alzando il tetto di spesa per il privato accreditato senza prima assicurare un adeguato finanziamento al sistema pubblico”.
Insomma per affrontare uno dei problemi della sanità, le Regioni sono invitate a usare quel che rimane dei precedenti stanziamenti che però non erano aggiuntivi ma facevano già parte del Fondo sanitario nazionale.
Nel decreto c’è una parte per la quale il denaro è stato trovato, si tratta della nascita di una nuova direzione generale, l’ennesima all’interno del ministero alla Salute. Da quando è al governo la Meloni, il ministero guidato da Orazio Schillaci è cresciuto notevolmente, sono state intatti create quattro direzioni in più e pure quattro nuovi dipartimenti (che raggruppano le direzioni stesse). Tanti posti di vertice, tanto che non si riescono ancora a trovare tutte le persone che li ricopriranno.
Insomma non solo uno spot elettorale demagogico e truffaldino, ma il decreto è soprattutto l'ennesima dimostrazione del fatto che il governo va nella direzione opposta a quella giusta che è quella di finanziare la sanità pubblica senza strizzare l'occhio ai privati, assumere personale medico e paramedico qualificato che resta l'unico modo anche per ridurre le vergognose liste d'attesa nel pubblico, spesso e volentieri vero e proprio meccanismo determinato ad arte per favorire la sanità privata, tanto che spesso gli stessi medici che operano nel pubblico e fanno slittare le visite nel tempo, ricevono privatamente e fanno le opportune visite in pochi giorni da privati.
Urge lottare dunque per la sanità pubblica, gratuita, senza ticket, cogestita dai pazienti e dai lavoratori del settore, dotata di strutture di prevenzione, cura e diagnosi su tutto il territorio nazionale, stroncando gli appetiti dei pescecani capitalisti della sanità privata i cui interessi e le fette di mercato avanzano a scapito del pubblico, specie nel martoriato Meridione.
Lo stato comatoso del SSN, le vergognose liste d'attesa e gli spot elettorali mal riusciti come questo da parte del governo, sono l'ennesima dimostrazione del fatto che occorre abbattere da sinistra e dalla Piazza il nero governo Meloni, prima che possa fare ulteriori danni al nostro martoriato popolo.

12 giugno 2024