Scendere in piazza per bloccare le controriforme piduiste e neofasciste
L'aggressione squadrista al cinque stelle Donno è un ulteriore motivo per mobilitare le masse antifasciste

La giornata di martedì 18 giugno costituisce un passaggio cruciale per le controriforme piduiste e neofasciste della Costituzione portate avanti dal governo Meloni per rompere l'unità d'Italia e imporre la repubblica presidenziale: alla Camera, dopo la sospensione per la selvaggia aggressione squadrista ad un deputato del M5S, riprende la discussione per l'approvazione in via definitiva, prevista in un paio di giorni, dell'autonomia regionale differenziata voluta dalla Lega che cambierà di fatto e con legge ordinaria la forma dello Stato da unitario a federale, dividendo l'Italia in 20 staterelli a vantaggio solo delle regioni più ricche e affossando per sempre il Sud; mentre al Senato ci sarà il voto finale per la prima delle quattro letture richieste sul disegno di legge costituzionale sul premierato, voluto a tutti i costi dalla neofascista Meloni, che cambierà la repubblica parlamentare nata dalla Resistenza nella repubblica presidenziale preconizzata da Almirante e Gelli e portata avanti da Craxi e Berlusconi.
Questo è infatti il risultato dello sporco patto di scambio tra il ddl del leghista Calderoli sull'autonomia differenziata e il ddl costituzionale Meloni-Casellati sul premierato, a cui si è aggiunto, come contropartita chiesta a sua volta da Forza Italia, il ddl costituzionale del ministro della Giustizia Nordio sulla separazione delle carriere requirente e giudicante dei magistrati recentemente depositato in parlamento: un altro provvedimento già previsto nel Piano di rinascita democratica della P2 e che mira a mettere il potere giudiziario sotto il controllo del governo come sognava Berlusconi.

L'aggressione squadrista nel centenario di Matteotti
Le due controriforme sono arrivate al voto blindate e a passo di carica dalla maggioranza, che ha frustrato ogni velleità di ostruzionismo delle opposizioni ricorrendo sistematicamente alla “tagliola” sui tempi degli interventi e al “canguro” per saltare centinaia di emendamenti con contenuti simili. E alla Camera è arrivata perfino a usare la violenza fisica, com'è accaduto il 12 giugno con l'aggressione squadristica al cinquestelle Leonardo Donno, che inscenando una protesta si era avvicinato con una bandiera tricolore al ministro delle Autonomie Calderoli con l'intenzione di mettergliela sulle spalle. Pur essendo stato subito bloccato dai commessi, il deputato è stato immediatamente circondato da numerosi parlamentari della maggioranza, tra cui in particolare i deputati di FdI Mollicone e Amich, ex parà della Folgore, e i leghisti Candiani e Iezzi, che hanno cercato di colpirlo con pugni e calci, anche quando era già caduto in terra. Tanto che Donno è stato portato via in carrozzina per un colpo ricevuto allo sterno ed è stato poi ricoverato in ospedale.
L'episodio è stato perlopiù trattato dai media di regime come una “rissa” o come uno “scontro” tra opposte fazioni, perché nella mischia erano intervenuti anche parlamentari dell'opposizione in difesa di Donno, ma in realtà si tratta di una vera e propria aggressione squadristica di stampo fascista che ricorda sinistramente quella subita da Matteotti alla Camera per la sua denuncia del fascismo che gli costò la morte per mano dei sicari di Mussolini. E questo a pochi giorni dalla commemorazione ufficiale nella stessa aula e nel centenario dello storico discorso, con tanto di presenza dell'ipocrita premier neofascista.
Tanto più che prima dell'aggressione fisica c'erano state altre aggressioni verbali ma non meno violente della maggioranza verso i banchi dell'opposizione, con in particolare l'ostentazione di braccia incrociate a “X” per esaltare la Decima Mas da parte del leghista Forgiuele, in contrapposizione al coro di Bella Ciao intonato dai deputati di PD, M5S e AVS, e con il saluto fascista “presente” pronunciato dal meloniano Padovani per ricordare Stefano Bertacchi, “figura storica e significativa della destra veronese”. Con la chiusura in bellezza del vicesegretario della Lega, Crippa, che difendendo Forgiuele dichiarava: “Per me è più un gestaccio cantare Bella Ciao perché il comunismo ha portato a milioni di morti. Purtroppo in questo parlamento esistono ancora i comunisti”. Provocazioni insomma del tutto simili per violenza e odio fascista a quelle indirizzate nella stessa aula un secolo fa contro il martire antifascista.

I silenzi di Meloni sugli squadristi alla Camera e sulla giovanile di FdI
Come in altri casi simili la premier neofascista non ha voluto commentare a caldo i fatti gravissimi della Camera, lasciando il compito ai suoi tirapiedi e alleati di minimizzare l'accaduto alla stregua di ordinarie “dinamiche parlamentari” e accusando Donno di “simulazione”, come ha fatto la Lega, o di gettare la colpa sull'opposizione che avrebbe cercato di “rovinarle” il G7, come ha fatto il capogruppo meloniano Foti. Finito il G7, e con l'argomento uscito dalle prime pagine, allora ci è tornata velenosamente sopra nella conferenza stampa per attribuire tutta la responsabilità alle “provocazioni dell'opposizione” in cui sarebbero “caduti parlamentari della maggioranza”, e che solo in questo consisterebbe per lei tutta la “gravità” di quanto accaduto in aula: “Prevedo – ha aggiunto chiudendo sprezzantemente l'argomento - che le provocazioni aumenteranno e penso che i cittadini italiani si debbano interrogare su quale sia l’amore che hanno per la loro nazione quegli esponenti politici che cercano di provocare gli esponenti di maggioranza dileggiando membri del governo proprio mentre gli occhi del mondo sono puntati su di noi”.
Lo stesso silenzio d'ordinanza, in attesa di rigirare la frittata facendo la vittima e attaccando giornalisti e oppositori non appena lo scandalo si attenuerà, Meloni lo sta tenendo sull'inchiesta di Fanpage, che infiltrando una sua inviata nell'organizzazione giovanile di FdI, Gioventù nazionale, ha documentato con una telecamera nascosta gli slogan razzisti, i cori di “duce, duce!” e “Sieg Heil” accompagnati da braccia tese e saluti gladiatori, i rigurgiti antisemiti e l'esaltazione dei leader del terrorismo nero dei Nar e di Ordine nuovo, i concerti rock di gruppi ispirati ai miti nazifascisti che animano, quando non sono esposti al pubblico, le sedi romane e i raduni all'aperto dei “ragazzi stupendi” tanto vantati dalla ducessa; compresi anche gli incontri, per nulla imbarazzati ma anzi compiaciuti, con parlamentari del partito e con la stessa sorella della premier, Arianna, capo della segreteria politica di FdI. Vergognoso anche il silenzio omertoso della comunità ebraica, tanto pronta a condannare come antisemiti i giovani che manifestano contro il genocidio a Gaza e in difesa del popolo palestinese, quanto invece tollerante con i veri antisemiti fascisti solo perché stanno in un governo schierato con Israele.

Prime manifestazioni di piazza contro premierato e autonomia
Per protesta contro l'attacco squadristico in parlamento e l'accelerazione forzata sull'autonomia differenziata e il premierato, il 13 giugno si è riunita davanti a Montecitorio una “veglia laica per la Repubblica” convocata dai Comitati per il ritiro di ogni autonomia differenziata e dal Tavolo No Ad, con la partecipazione di Flc-Cgil, Usb e Cobas, degli studenti di Osa e Cambiare rotta e di giovani del PD, di M5S e di Rifondazione, e alla quale si sono uniti anche parlamentari di partiti dell'opposizione. I leader di questi partiti – PD, M5S, AVS, +Europa, con la sola eccezione di IV di Renzi e Azione di Calenda, ormai sempre più organici alla maggioranza neofascista - hanno annunciato la loro partecipazione ad una più larga manifestazione di protesta da tenersi lo stesso 18 giugno a Roma in piazza S. Apostoli, durante l'approvazione dei ddl Calderoli e Casellati, a cui hanno aderito numerose organizzazioni come le Acli, l'Anpi, la Cgil, il Tavolo No Ad e i Comitati No all'autonomia differenziata, il Coordinamento per la democrazia costituzionale, e altri.
Sempre meglio di quel poco e niente che i suddetti partiti sono riusciti a combinare finora in parlamento, ma non basta. Occorre mobilitare tutte le masse antifasciste e chiamarle in piazza per bloccare e affossare le controriforme piduiste e fasciste dell'autonomia differenziata e del premierato. La sola opposizione parlamentare a base di tricolori e qualche manifestazione in difesa di una Costituzione ormai ridotta a brandelli dai partiti tanto della destra quanto della sinistra della classe dominante borghese non possono costituire un serio argine allo strapotere del governo neofascista. Anche perché non va dimenticato che è stata proprio la sinistra borghese, con i governi D'Alema e Amato a spianare la strada all'autonomia differenziata con la “riforma del titolo V della Costituzione”, che permette alle Regioni di rivendicare la potestà su molte materie di primaria rilevanza collettiva nazionale, come la salute, l'istruzione, le infrastrutture, la tutela dell'ambiente, i beni culturali, la sicurezza sul lavoro.

Riconoscere che con Meloni il fascismo è tornato al governo
È quel che chiedono non a caso, oltre all'autonomia fiscale, la Lombardia e il Veneto a trazione fascioleghista, ma anche l'Emilia-Romagna governata dal PD Bonaccini, che anche di recente (intervista a La Stampa del 12 giugno) è tornato a ribadire che “la valorizzazione delle autonomie locali è una storica battaglia della sinistra di questo Paese”, e che in fondo in fondo il ddl Calderoli è un “provvedimento vuoto senza un euro”, uno “scalpo elettorale per la Lega” destinato a non funzionare mai. Una grave sottovalutazione, perché se è vero che nominalmente, prima di poter chiedere il trattenimento di una quota delle tasse raccolte nei propri territori, occorre prima che siano determinati i Lep (livelli essenziali delle prestazioni validi per tutte le regioni), e al momento non ci sono le risorse per assicurarli, Lombardia e Veneto potrebbero intanto rivendicare fin da subito le materie che sulla carta non richiedono finanziamenti aggiuntivi, dando così avvio concreto alla valanga che prima o poi distruggerà l'Unità del Paese.
Né d'altra parte rassicurano le parole della segretaria del PD, che promette “dura opposizione” al premierato perché “non possono pensare di cambiare la forma di governo a colpi di maggioranza”. Che potrebbe anche interpretarsi come “siamo però disposti a discuterne nel quadro di una riforma condivisa”. Invece non bisogna offrire il minimo appiglio alle controriforme del governo, che vanno solo respinte e affossate nel parlamento e nelle piazze.
E soprattutto occorre riconoscere, senza opportunismi e ipocrisie consolatorie, che quello di Giorgia Meloni è un governo neofascista che ha riportato il fascismo mussoliniano al potere nelle vesti femminili, democratiche e costituzionali, come dimostra lampantemente anche l'aggressione squadrista in parlamento, e che pertanto va buttato giù al più presto con una grande mobilitazione antifascista e con la lotta di piazza delle masse, sull'esempio e con lo spirito delle grandi lotte popolari contro la Legge truffa, il governo fascista Tambroni e le lotte operaie e studentesche del '68-'69. Altrimenti il rischio è quello di un'opposizione di tipo aventiniano: come quella che dopo l'assassinio di Matteotti, fidando solo nelle regole della democrazia parlamentare borghese ancora esistente, si rivelò incapace di fermare Mussolini e l'instaurazione della dittatura fascista aperta.

19 giugno 2024