7 in carcere e 4 ai domiciliari per voto di scambio col clan Araniti
Voti delle cosche per il sindaco PD di Reggio Calabria Falcomatà e il capogruppo meloniano in regione Neri


Dal corrispondente della provincia di Reggio Calabria e della Calabria
L’11 giugno i carabinieri del Ros, coordinati dalla Procura della repubblica di Reggio Calabria, hanno eseguito un’ordinanza di misure cautelari nei confronti di 14 soggetti, 7 in carcere, 4 ai domiciliari e 3 con obbligo di dimora, indagati a vario titolo per i reati di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsione aggravata dal metodo mafioso, reati elettorali, corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio e falsità materiale e ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici.
Tra gli indagati per scambio elettorale politico-mafioso troviamo il sindaco PD Giuseppe Falcomatà, il capogruppo meloniano di Fratelli d’Italia del consiglio regionale della Calabria, Giuseppe Neri, e il consigliere comunale di Reggio Calabria Giuseppe Sera, del PD.
Al centro dell’imponente inchiesta giudiziaria denominata “Ducale” che ha portato alla luce gli sporchi affari criminali della storica cosca Araniti di Sambatello, una piccola frazione situata nella periferia nord di Reggio Calabria, il controllo dei rifiuti nella discarica di Sambatello, situata a ridosso della strada a scorrimento veloce Gallico-Gambarie, e i brogli elettorali alle regionali del 2020 e 2021, e alle comunali di Reggio del 2020.
Era il boss Domenico Araniti detto il “Duca” attraverso una società di comodo dell’imprenditore Fortunato Bilardi a decidere chi dovesse lavorare nella struttura di smaltimento di rifiuti e chi no, ed era sempre il “Duca” attraverso altri esponenti di una cosca “satellite” con base a Calanna, piccolo comune ai piedi dell’Aspromonte, a gestirne gli affari. Un patto antico sancito dopo la seconda guerra di mafia che aveva portato ad una equa spartizione delle assunzioni.
Non a caso tra gli arrestati figura anche il boss di Calanna Antonino Princi, detto lo “Sceriffo”. Proprio Princi nel 2016 fu vittima di un agguato ordinato dall’ex boss di Calanna Giuseppe Greco figlio di “don” Ciccio Greco. Greco ormai deceduto, prima di finire in carcere gestiva la discarica insieme a Domenico Araniti e aveva mal digerito la decisione presa da quest’ultimo di sostituirlo con lo “Sceriffo”.
Grazie alle testimonianze del “pentito” Chindemi, nelle carte dell’inchiesta viene così ricostruito l’intero agguato consumatosi nei pressi della discarica di Sambatello dal quale Princi riuscì comunque a scappare: “Il commando a bordo di un’autovettura aveva esploso colpi d’arma da fuoco nei confronti di Princi Antonino mentre a bordo della sua autovettura si allontanava dal posto di lavoro, il quale era riuscito a scappare rientrando precipitosamente all’interno del sito”.
Da lì a poco lo “Sceriffo”, con il benestare degli Araniti, si sarebbe vendicato dell’attentato subìto cercando a sua volta di uccidere Giuseppe Greco ma senza riuscirci mentre si trovava nella sua proprietà in contrada Sotira in compagnia di uno dei suoi scagnozzi che per sbaglio ne ha fatto le spese al posto suo.
Per quanto riguarda le ingerenze degli Araniti sulla politica locale, dalle indagini della Dda reggina emerge chiaramente come Daniel Barillà finito agli arresti domiciliari, genero del “Duca” ed esponente apicale della cosca “avrebbe alterato le operazioni di voto nelle tornate del 2020, quando si è votato per le elezioni regionali e comunali di Reggio, e del 2021, anno in cui sono state ripetute le consultazioni regionali dopo la morte prematura di Jole Santelli”.
Sempre secondo gli inquirenti, Barillà, per aiutare il consigliere regionale Neri e il consigliere comunale Sera, sarebbe entrato in possesso delle tessere elettorali di alcuni cittadini impossibilitati a recarsi al seggio barrando la preferenza per i “suoi” candidati con la complicità di alcuni scrutatori. In cambio Barillà avrebbe chiesto di essere nominato amministratore/liquidatore della Multiservizi Leonia e una serie di appalti pubblici, oltre all’inserimento del figlio del “Duca” nella struttura del Pd reggino.
Insomma il solito intreccio connaturato alla putrida società capitalista che coinvolge criminalità organizzata, imprenditoria e politicanti borghesi corrotti.
Ancora più grave il coinvolgimento del sindaco PD Giuseppe Falcomatà che non è stato arrestato solo perché non si sarebbe raggiunto “l’indice probatorio sulla consapevolezza per chiedere una misura cautelare”.
Il 25 settembre del 2020 Falcomatà in ballottaggio con Minicuci candidato sindaco per la coalizione di “centro-destra” temendo di non vincere il ballottaggio avrebbe chiamato Barillà per un aiuto: “Danielino come va? Che vogliamo fare? Ho bisogno di una grande mano, una grande mano”.
L’imbroglione Falcomatà si è giustificato dicendo che Barillà si interessa da sempre alla politica ignorando completamente i suoi legami di ‘ndrangheta. Invece di dimettersi e farla finita una volta per sempre, ha avuto la solita faccia tosta di dichiarare: “Questa mattina ho appreso di essere indagato in un’inchiesta della Procura della Reggio Calabria. Chi mi conosce sa che ho sempre svolto il mio ruolo in piena onestà tenendo fede al principio della legalità come bussola del mio agire politico ed amministrativo. Ed in questo senso intendo continuare ad operare con serenità nell’interesse della città, nella piena consapevolezza di quanto importante sia l’attività repressiva delle cosche di ‘ndrangheta portata avanti dalla magistratura che vedrà sempre nelle istituzioni territoriali che mi onoro di rappresentare uno strenuo ed integerrimo alleato”.
D’altronde da un condannato prescritto qual è Falcomatà c’era proprio da aspettarselo! Altro che “Primavera” reggina, è oltremodo evidente, politicamente parlando, che a Reggio Calabria si è ancora in pieno inverno!
Se l’astensionismo continua a dilagare a Reggio e provincia, anche tenendo in considerazione il risultato straordinario raggiunto alle recenti elezioni europee, un motivo ci sarà. Ed è la totale sfiducia da parte delle masse popolari nei confronti dell’elettoralismo borghese e delle istituzioni rappresentative borghesi del regime capitalista e neofascista.
Il punto focale è capire che solo il socialismo e il potere politico del proletariato possono liberare Reggio Calabria dal potere politico della classe dominante borghese, dalla ‘ndrangheta, dalla corruzione e dal malaffare.
Ma nell’immediato noi marxisti-leninisti rinnoviamo per l’ennesima volta l’appello rivolgendoci alle masse astensioniste di sinistra.
Uniamoci per buttare giù dalla piazza la giunta borghese Falcomatà e per costituire in ogni quartiere della città le Assemblee popolari e i Comitati popolari basati sulla democrazia diretta e la parità di genere!

19 giugno 2024