La Cei: l'autonomia differenziata crea diseguaglianze e povertà
La Meloni e Salvini la attaccano esaltando le riforme neofasciste su premierato e autonomia differenziata

In una nota approvata lo scorso 22 maggio dalla Conferenza episcopale italiana, al termine dei lavori della 79ª Assemblea generale del Consiglio episcopale permanente, i vescovi italiani hanno fortemente criticato il programma governativo sull'autonomia differenziata, mettendone in luce le criticità.
Il Paese – esordisce la nota, citando una lettera collettiva dei vescovi italiani del 1952 - non crescerà se non insieme”. “In particolare – prosegue la nota della Cei - crediamo che la parola 'insieme' sia la chiave per affrontare le sfide odierne e la via che conduce a un futuro possibile per tutti. Siamo convinti infatti – e la storia lo conferma – che il principio di sussidiarietà sia inseparabile da quello della solidarietà. Ogni volta che si scindono si impoverisce il tessuto sociale, o perché si promuovono singole realtà senza chiedere loro di impegnarsi per il bene comune, o perché si rischia di accentrare tutto a livello statale senza valorizzare le competenze dei singoli. Solidarietà e sussidiarietà devono camminare assieme altrimenti si crea un vuoto impossibile da colmare”.
“Da sempre ci sta a cuore – concludono preoccupati i vescovi italiani - il benessere di ogni persona, delle comunità, dell’intero Paese, mentre ci preoccupa qualsiasi tentativo di accentuare gli squilibri già esistenti tra territori, tra aree metropolitane e interne, tra centri e periferie. In questo senso, il progetto di legge con cui vengono precisate le condizioni per l’attivazione dell’autonomia differenziata – prevista dall’articolo 116, terzo comma, della Costituzione – rischia di minare le basi di quel vincolo di solidarietà tra le diverse Regioni, che è presidio al principio di unità della Repubblica. Tale rischio non può essere sottovalutato, in particolare alla luce delle disuguaglianze già esistenti, specialmente nel campo della tutela della salute, cui è dedicata larga parte delle risorse spettanti alle Regioni e che suscita apprensione in quanto inadeguato alle attese dei cittadini sia per i tempi sia per le modalità di erogazione dei servizi”.
Prese di posizione critiche rivolte all’esecutivo affinché tornasse sui propri passi sull'autonomia differenziata per la verità si erano già sentite nel corso dei mesi passati, ma si trattava di singoli vescovi, meridionali e non solo, e della Conferenza episcopale calabra.
Quest'ultima aveva pubblicato il 25 marzo, anticipando le tesi che avrebbe poi approvato la Cei, un documento di forte critica all'autonomia differenziata, intitolato “La dis-unità nazionale e le preoccupazioni delle Chiese di Calabria: Spunti di riflessione”: “perché si parla di secessione dei ricchi? - si legge nel documento dei vescovi calabresi - Dal punto di vista amministrativo le Regioni che chiederanno l’Autonomia differenziata somiglieranno ad altrettante Regioni-Stato, con poteri estesissimi in materie fondamentali. Si innescherebbe una dinamica di dis-integrazione e non di integrazione delle politiche e degli interventi”. “Dal punto di vista economico – affermano quindi i vescovi calabresi - le Regioni richiedenti punterebbero a ottenere uno status paragonabile a quello delle autonomie speciali. Le Regioni che aspirano all’autonomia, come il Veneto e la Lombardia da più tempo e l’Emilia-Romagna da qualche anno, vogliono poter gestire in proprio la maggior parte delle risorse ricavate dalle tasse. Dimenticando che queste hanno come criterio, in base alla Costituzione, la progressività del prelievo e l’universalità dell’accesso dei cittadini ai servizi pubblici. In altre parole le tasse sono in funzione di obiettivi di giustizia sostanziale e del superamento delle disuguaglianze tra le persone, non dei territori”.
Ora la presa di posizione della Cei ha un peso politico ben maggiore essendo quella ufficiale della Chiesa cattolica italiana approvata in modo compatto e all'unanimità da tutti i vescovi italiani.
Una posizione, quella della Cei, che è stata unitaria e inequivocabile nei confronti di un provvedimento che avrà conseguenze devastanti sulla stessa tenuta dell’unità nazionale minacciando addirittura l'unità nazionale in quanto farà venire meno, fra l’altro, quel principio di solidarietà che costituisce un principio cardine della Costituzione, che viene così ulteriormente stravolta.
D'altra parte, le distanze tra il governo Meloni e la Cei non si esauriscono con l'autonomia differenziata ma coinvolgono anche l'altro cardine della riforma neofascista dello Stato italiano, ossia il progetto di premierato: su questo tema il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Cei, ha affermato nella conferenza stampa al termine dei lavori dell'Assemblea che “qualche vescovo ha espresso preoccupazione”, e da questa espressione sembra capire che si tratta di voci tutt'altro che isolate all'interno dell'episcopato italiano.
La Chiesa italiana si unisce perciò in modo piuttosto chiaro all'allarme da una parte per la disgregazione sociale e l'aumento delle diseguaglianze cui l'Italia andrà incontro con l'autonomia differenziata, e dall'altra per regime presidenzialista a cui il nostro Paese andrebbe inevitabilmente incontro con il premierato.
Hanno risposto ai vescovi italiani i due politici che portano avanti rispettivamente il progetto del premierato e quello dell'autonomia differenziata, rispettivamente Giorgia Meloni e Matteo Salvini i quali con estrema arroganza non hanno trovato di meglio che attaccare sprezzantemente la stessa Cei e addirittura, dimostrando anche una notevole ignoranza istituzionale sulla differenza tra la Cei e lo Stato della Città del Vaticano.
“Non so cosa esattamente preoccupi la Conferenza episcopale italiana – ha affermato la Meloni - visto che la riforma non interviene nei rapporti tra Stato e Chiesa. Con tutto il rispetto, non mi sembra che lo Stato Vaticano sia una repubblica parlamentare, quindi nessuno ha mai detto che si preoccupava per questo. Facciamo che nessuno si preoccupa ”.
Salvini d'altra parte ha accusato i vescovi di non avere letto il testo di riforma dell'autonomia differenziata, affermando durante la sua campagna elettorale in Calabria: “non l’hanno letto. L’autonomia è una garanzia per i diritti essenziali al Sud che il Sud non ha mai avuto. Magari c’è qualche vescovo che, viste le polemiche che arrivano dal Vaticano, si è distratto. Manderò a chiunque voglia approfondire il testo dell’autonomia” .
A Salvini ha risposto monsignor Francesco Savino, vescovo della diocesi calabrese di Cassano allo Jonio nonché vicepresidente per l'Italia meridionale della Cei: “dire che i vescovi calabresi non hanno letto la legge mi sembra un’offesa gratuita: l’abbiamo letta e l’abbiamo studiata con costituzionalisti e professori universitari”.

26 giugno 2024