Discorso di Giovanni Scuderi, Segretario generale e Maestro del PMLI, alla 7ª Sessione plenaria del 5° CC del PMLI
La situazione politica, il pericolo di una guerra mondiale imperialista e il lavoro per dare al PMLI un corpo da Gigante Rosso

Care compagne e cari compagni, che bello vedersi tutti insieme, dopo tanto tempo.
Questa importante Sessione plenaria del 5° Comitato centrale del PMLI apre una nuova fase della vita politica e organizzativa del Partito, quella che potrebbe vedere all'opera la Segreteria generale del PMLI. Propongo di dedicare la Sessione a Lenin, ricordando il Centenario della sua scomparsa. Lenin è una delle cinque stelle che orientano la nostra politica e la nostra vita.
Saluto con calore e riconoscenza tutti i presenti, in particolare chi ha seri problemi di salute e il compagno Sesto Schembri, modello di dedizione alla causa del Partito e del socialismo, che partecipa per la prima volta a una Sessione plenaria del Comitato centrale.
Ringrazio di cuore tutte le compagne e i compagni che mi aiutano quotidianamente con grande disponibilità, perizia e spirito di sacrificio a sbrigare gli affari del nostro amato Partito. Sono certo che lo stesso atteggiamento sarà tenuto nei confronti del compagno che avrà il gravoso compito di succedermi nella carica di Segretario generale, come stabilito nella prima Sessione plenaria del 5° Comitato centrale del PMLI.
Esprimo il nostro profondo dolore per la morte del bracciante indiano Satnam Singh gettato sulla strada come un sacco di immondizia dal suo padrone schiavista, dopo che un trattore gli aveva tranciato un braccio. Chiediamo con forza al governo Meloni di abrogare la Bossi-Fini e di accogliere tutte le richieste dei sindacati per combattere il caporalato, il lavoro nero e l'insicurezza sul lavoro. Onoriamo Satnam con un minuto di silenzio.
Questa Sessione era programmata verso la fine dell'anno. È stata opportunamente anticipata, a costo di altre rinunce, per discutere i problemi che sono sorti riguardo la posizione del Partito sull'Ucraina e Gaza e il comportamento non marxista-leninista di un membro dell’Ufficio politico.
Le riunioni plenarie del Comitato centrale e dell'Ufficio politico sono fondamentali e irrinunciabili, così come quelle delle Commissioni centrali, delle istanze intermedie e di base e della Redazione centrale de “Il Bolscevico”. Solo che gli impegni quotidiani politici, organizzativi, giornalistici e amministrativi delle compagne e dei compagni del Centro, a cominciare dal Segretario generale, sono talmente tanti che impediscono loro di preparare e realizzare con periodicità, o almeno con maggiore frequenza, le suddette riunioni. Un problema purtroppo irrisolvibile con le attuali forze di Partito esistenti a Firenze, dove si trova la Sede centrale del PMLI e della Redazione centrale de “Il Bolscevico”. Per questo motivo siamo costretti a rimandare ancora la celebrazione del 6° Congresso nazionale del Partito.
Tre settimane fa si sono svolte le elezioni del parlamento europeo, quelle regionali del Piemonte e di 3.700 comuni. Dove eravamo presenti, salvo eccezioni, le compagne e i compagni, membri e simpatizzanti del Partiti si sono battuti con grande coraggio, determinazione e sacrificio impugnando con forza la potente arma ideologica e politica del documento del Comitato centrale del Partito sulle elezioni europee redatto dal compagno Erne Guidi, che non finiremo mai di ringraziare. Un caldo elogio e ringraziamento va rivolto alle istanze intermedie e di base del Piemonte, Biella, Firenze, Forlì, Fucecchio, Valdisieve, Vicchio del Mugello e Campobasso che hanno redatto e diffuso i rispettivi documenti elettorali riguardanti le elezioni nel proprio territorio. Un segnale importante e incoraggiante della loro maturità e crescita politica. Un elogio particolare ai compagni milanesi, biellesi e di Valdisieve per aver realizzato rispettivamente una Squadra di propaganda e banchini di propaganda. Le compagne e i compagni milanesi hanno fornito un fulgido esempio politico, organizzativo e giornalistico di propaganda astensionista che si riallaccia ai modelli storici del passato.
L'ammirevole impegno delle compagne e dei compagni di base del Partito è stato premiato dalla marea astensionista europea, regionale e comunale. Particolarmente importante che la “nuova” sirena europeista “pacifista” Pace Terra Dignità non sia riuscita ad attirare nell'Ue imperialista gli antimperialisti più conseguenti e informati. Questo ci incoraggia e ci spinge a perseverare nella lotta per l'uscita dell'Italia dalla Ue.
La bandiera astensionista innalzata negli anni Sessanta e Settanta dai primi pionieri del PMLI va tenuta alta più che mai perché è fondamentale per delegittimare il regime capitalista neofascista, il suo governo, le sue istituzioni, i suoi partiti e la sua cultura e morale, e per elevare la coscienza politica e la combattività del proletariato, delle ragazze e dei ragazzi anticapitalisti e antimperialisti e delle masse popolari. Al contempo dobbiamo decuplicare gli sforzi per convincere i sostenitori del socialismo, a qualsiasi partito appartengano, astensionisti o no, a unirsi per creare le istituzioni rappresentative delle masse fautrici del socialismo. Un passaggio politico e organizzativo fondamentale per passare dalla lotta riformista alla lotta per il socialismo e per il potere politico del proletariato.
 
Il governo Meloni
Fin da subito il Comitato centrale del PMLI, col documento del 25 ottobre 2022, ha inquadrato la natura neofascista del governo Meloni. Anzitutto perché Meloni, i ministri e i sottosegretari di Fratelli d'Italia sono neofascisti fino al midollo per origine, formazione politica e culturale, pratica sociale e progetto politico, certificato dalla fiamma della bara di Mussolini sul simbolo del loro partito. E perché il programma e il disegno governativo sono una riedizione della politica interna ed estera di Mussolini. L'azione governativa successiva ha confermato questa valutazione.
In sostanza, con la marcia su Roma elettorale e parlamentare, iniziata nel 1946 dal MSI del fucilatore di partigiani Giorgio Almirante è ritornato al potere il fascismo, con i dovuti camuffamenti, aggiornamenti e aggiustamenti, e Mussolini nelle vesti femminili, “democratiche” e costituzionali di Giorgia Meloni, che brandisce la triade mussoliniana “Dio, patria e famiglia”.
I partiti della “sinistra” borghese non riconoscono che siamo in presenza a una riedizione della dittatura fascista, diversamente espressa nella forma, perché allora sarebbero costretti a mobilitare le masse per abbatterla con la lotta di piazza. Addirittura Massimo Giannini, uno dei loro più rappresentativi e autorevoli giornalisti, sulle colonne di “Repubblica”, di cui è stato vice-direttore, nell'editoriale del 27 aprile intitolato “La deriva ungherese” ha scritto: “Qui nessuno teme che il disegno meloniano di oggi contempli il ritorno alla dittatura fascista”. E aggiunge: Meloni è “a-fascista” e il suo modello è l'Ungheria di Orban, una “democrazia illiberale”, nemica delle “liberal-democrazie”, che secondo Giannini esisterebbero nei paesi dell'Unione europea, quindi anche in Italia. Invece nel nostro Paese, dall'avvento del primo governo Berlusconi, vige un regime capitalista neofascista. Contorsioni ideologiche e politiche di Giannini, per non ammettere che Meloni e Orban sono entrambi neofascisti e praticano una politica neofascista.
Per quanto già detto, il governo Meloni non può essere trattato come un qualsiasi governo borghese. L'antagonismo di classe e antifascista verso di esso è irriducibile e irrinunciabile. Nemmeno se la ducessa Meloni condannasse qualche crimine del fascismo, come ha fatto, parzialmente, per l'assassinio di Matteotti. E nemmeno se condannasse apertamente la dittatura fascista di Mussolini, poiché ciò non cambia la natura neofascista del suo governo, considerando le leggi e gli atti politici che produce e il disegno politico in cui sono iscritti. Basta citare il premierato, l'emarginazione del parlamento, la fascistizzazione dello Stato, il rilancio del termine Nazione di conio mussoliniano, la sostituzione etnica, il piano colonialista Mattei per l'Africa, la riforma piduista e neofascista della giustizia, il rilancio della cultura e dell'istruzione fasciste, la tolleranza dei gruppi fascisti e neofascisti e dei giovani di FdI che inneggiano a Mussolini, al fascismo, a Hitler, al nazismo e all'antisemitismo, il razzismo e le misure antimigranti, il contrasto all'aborto, l'omofobia, la repressione violenta di ogni dissenso di piazza, il disegno di legge sulla sicurezza, la limitazione e riduzione del diritto di sciopero, l'abolizione dei rave, l'occupazione della Rai, il manganellamento virtuale contro gli intellettuali e i giornalisti che criticano il governo. Per cui al governo Meloni non gli si può riconoscere “il diritto costituzionale di governare”, come invece gli riconosce la “sinistra” borghese, compreso il leader della Cgil Maurizio Landini. Non si può nemmeno riconoscere ai suoi esponenti di parlare in pubblico, zittendoli, come è avvenuto esemplarmente nei confronti della ministra Eugenia Roccella.
Il governo Meloni si vanta di avere il consenso della maggioranza del popolo italiano. In realtà, in base ai risultati elettorali del settembre 2022, esso rappresenta una minoranza dell'elettorato, il 29,6% degli aventi diritto al voto, di cui gran parte di essi non sono neofascisti, e Fratelli d'Italia è stato votato solo dal 15,9% degli aventi diritto. Comunque sia i risultati elettorali, anche se vanno considerati, non possono e non devono condizionare la lotta antifascista.
Il governo Meloni è una dittatura neofascista in contrasto persino con la democrazia borghese. Va quindi combattuto e abbattuto senza esclusione di colpi, usando tutte le forme di lotta, legali e illegali, parlamentari e extraparlamentari, pacifiche e violente di massa. Una lotta che va portata avanti fino alle estreme conseguenze, alla guerra civile, se risponde alla volontà delle masse.
Non bisogna aver paura di dirlo, anzi è necessario e doveroso dirlo fin da ora per far maturare la coscienza antifascista insurrezionale del proletariato e delle masse. Non come ha fatto la segretaria nazionale del PD Elly Schlein che non ha risposto alla sfida che le ha lanciato Meloni al comizio elettorale di Roma del 1 giugno dicendole: “Se non sono democratica, cosa sono? E se sono un dittatore, si fa la lotta armata per depormi?”.
Ducessa Meloni, sappi che la lotta di classe, di cui la lotta antifascista fa parte, non ha limiti e non è condizionata dai lacci costituzionali, parlamentari, legalitari e del diritto borghesi. Non esclude, perciò, che al suo governo potrebbe accadere ciò che accadde al governo Tambroni, il primo tentativo dl ritorno al potere del fascismo, che fu abbattuto dalla rivolta popolare partita da Genova nel luglio 1960.
I partiti della “sinistra” borghese nei confronti del governo Meloni si comportano alla stessa maniera dei loro predecessori degli anni Venti del secolo scorso che si limitarono a combattere il fascismo e Mussolini esclusivamente sul piano parlamentare e costituzionale. Addirittura nell'agosto del 1921 il partito socialista di Turati e la Confederazione generale del lavoro firmarono un “Trattato di pacificazione” con i Fasci italiani di combattimento. Mussolini su “Il Popolo d'Italia” nell'articolo intitolato “Fatto compiuto” scrisse: “Questo trattato di pace è la consacrazione solenne, inoppugnabile, storica, della nostra vittoria”. E nel discorso alla Camera del 22 luglio 1924 si permetteva di sbeffeggiare le opposizioni antifasciste, che avevano abbandonato il parlamento riunendosi nell'Aventino, dopo l'assassinio di Matteotti, con queste parole: “In fondo, che cosa fanno le opposizioni? Fanno degli scioperi generali o parziali? delle manifestazioni di piazza? o tentativi di lotta armata? Niente di tutto ciò. Le opposizioni svolgono un'attività puramente di polemica giornalistica”.
Che tristezza constatare che anche oggi le opposizioni parlamentari antifasciste si comportano allo stesso modo, come se l'esperienza storica antifascista non parlasse chiaro su come bisogna comportarsi di fronte a un governo di stampo mussoliniano. Siamo invece arrivati al punto che subito dopo la chiusura dei seggi per le elezioni europee Schlein e Meloni si sono sentite per telefono per “complimentarsi per il risultato di entrambe”, come ha dichiarato la segretaria nazionale del PD a “Repubblica”.
Con le forze politiche e sindacali della “sinistra” borghese, almeno con alcune di esse, è possibile trovare una intesa, o una convergenza, su lavoro,salario, pensioni, sanità, istruzione, casa, sicurezza sul lavoro, ambiente e clima. Ma è assai difficile, quasi impossibile, trovare un accordo per cacciare il governo Meloni mobilitando e sollevando le masse. Eppure bisogna insistere nel nostro lavoro di convincimento, in quanto i loro iscritti sono sempre più insofferenti verso questo governo e scendono ben volentieri in piazza per combatterlo.
È da 47 anni, non considerando i dieci anni precedenti della preparazione del Partito, che noi marciamo con determinazione sulla via maestra della Rivoluzione d'Ottobre. Da quando cioè abbiamo constatato che la via riformista, parlamentare e costituzionale del PCI revisionista, che affonda le sue radici nel pensiero di Gramsci, non toccava minimamente il sistema capitalista, lo Stato borghese e il potere politico della borghesia. Da quando cioè Mao ci ha aperto gli occhi sul revisionismo, che è la tomba del marxismo-leninismo e del socialismo, e sull'imperialismo e il socialimperialismo, che sono i nemici mortali dei popoli del mondo.
Da allora abbiamo fatto il possibile per convincere le masse proletarie, popolari, femminili e giovanili a seguire la via maestra dell'Ottobre. Ciò nonostante, ancora adesso, esse sono sotto l'influenza della via riformista, parlamentare e costituzionale. Perché questa velenosa via è sostenuta da tutti i partiti della “sinistra” borghese, compresi quelli con la bandiera rossa. E perché la voce del PMLI, per mancanza di forze adeguate e per il sabotaggio dei media, non arriva a tutte le masse.
L'influenza costituzionale, che risale al 1948 quando entrò in vigore la Costituzione, un compromesso tra le due maggiori forze borghesi di allora, la Democrazia cristiana e il PCI di Togliatti, è quella più dura a morire e a essere debellata poiché la Costituzione, un ostacolo controrivoluzionario ideologico e politico grande quanto il Monte Bianco, è la bandiera comune della destra e della “sinistra” del regime capitalista neofascista. Ma è possibile abbattere questo ostacolo perseverando nel nostro lavoro di chiarimento sul carattere di classe della Costituzione italiana e sugli inganni in essa contenuti. Allo scopo è utile diffondere instancabilmente l'Editoriale intitolato “La via maestra per cambiare l'Italia”, soprattutto tra le fautrici e i fautori del socialismo, tra le operaie e gli operai, le ragazze e i ragazzi che si battono nei luoghi di lavoro e di studio e nelle piazze, ma anche tra le intellettuali e gli intellettuali democratici e antifascisti, il cui contributo è assolutamente necessario per il successo della lotta rivoluzionaria. I compagni napoletani hanno fatto un'ottima e coraggiosa semina di quell'Editoriale alla manifestazione nazionale della Cgil e altri il 25 maggio scorso, che aveva per titolo “La via maestra insieme per la Costituzione”
 
La guerra mondiale imperialista
Il pericolo di una guerra imperialista mondiale incombe sui popoli, a causa delle contraddizioni crescenti tra l'imperialismo americano e il socialimperialismo cinese che si disputano su tutti i fronti l'egemonia mondiale, non solo le sfere di influenza, i mercati, le materie prime, le vie di comunicazione, il controllo del cielo e così via.
L'Asia orientale è l'epicentro dello scontro tra gli Usa e la Cina. Il segretario della difesa degli Usa Austin III al Dialogo Shangri-La del 1° giugno ha dichiarato che l'Indo-Pacifico “sta plasmando il corso di questo secolo”. Già nel 2010 Washington definiva che “le tre prorità del Pentagono sono la Cina, la Cina e la Cina”.
Queste due superpotenze mondiali, ma anche l'Ue imperialista e l'imperialismo russo, si preparano freneticamente alla guerra militare attraverso il riarmo, specie navale, l'ammodernamento tecnologico delle forze armate, l'incremento dell'industria bellica, l'aumento delle spese militari, le esercitazioni militari con gli alleati, il rafforzamento delle basi militari all'estero e la ricerca di altre, il rafforzamento delle alleanze e dei partenariati. Mentre infuriano tra di essi le guerre economica, commerciale, finanziaria, tecnologica e diplomatica.
Gli Usa, pur essendo in declino, possiedono tuttora l'esercito più potente del mondo dispiegato su tutto il globo. Le sue forze navali sono presenti soprattutto nell'Indo-Pacifico e nel Mediterraneo, il cui quartier generale è a Napoli, mentre gli aerei radar Awacs operano dalla Sicilia. Gli Usa si avvalgono della Nato per contenere la Cina e la Russia.
La Cina, pur essendo in ascesa, è meno potente degli Usa sul piano militare, ma è in pieno riarmo, specie navale, senza badare a spese. Se lo può permettere perché è la seconda, per alcuni la prima, economia mondiale. Ha già una base militare a Gibuti nel Mar Rosso e ne ricerca altre, ed è presente economicamente, finanziariamente e diplomaticamente in tutte le regioni del mondo, in particolare in Africa, America latina e Caraibi. È presente anche nel Mediterraneo attraverso le “vie della seta marittime, che arrivano fino a Vada Ligure, le “vie della seta digitale”, gli investimenti nei Balcani orientali.
Gli Usa hanno come alleati i paesi dell'Ue e della Nato, il Giappone, la Corea del Sud, le Filippine, Taiwan, l'Australia e altri. La Cina ha come principali alleati la Russia, l'Iran e la Repubblica popolare democratica di Corea. Il suo più importante alleato è la Russia, con la quale ha stipulato un “partenariato speciale”. La Russia è una potenza nucleare e la quarta economia mondiale, che aspira a restaurare l'impero zarista annettendosi uno dopo l'altro, se riesce a sconfiggere la Resistenza dell'Ucraina, i paesi che facevano parte dell'Unione sovietica. Intanto Putin si propone di “costruire un ampio partenariato euroasiatico”, come ha dichiarato il 14 giugno nell'incontro con gli alti funzionari del ministero degli esteri russo.
Non è un caso che dietro al nuovo zar Putin, alla conferenza stampa internazionale del 5 giugno, erano collocate ben visibili la bandiera della Russia, la bandiera dell'impero zarista russo e la bandiera dell'Unione sovietica. La bandiera dell'impero zarista russo era la più alta.
La Cina, appoggiata dalla Russia, si avvale dei paesi BRICS per passare dal mondo unipolare degli Usa a un mondo multipolare incentrato sulla Cina. Il ministro degli esteri cinese Wang Yi, intervenendo all'incontro dei ministri degli esteri dei paesi BRICS, che si è svolto in Russia il 10 giugno ha detto “Di fronte a una competizione tra le forze che promuovono il multipolarismo mondiale e le forze che mantengono l'egemonia unipolare, tra globalizzazione e antiglobalizzazione, dobbiamo seguire la tendenza della storia, schierarci dalla parte dell'equità e della giustizia e fare la scelta giusta”. Come dire: la scelta è o con la Cina o con gli Usa. È quello che sta avvenendo nella realtà.
Che il mondo sia sotto l'egemonia degli Usa o sotto l'egemonia della Cina per i popoli dei vari paesi non cambia assolutamente nulla. Essi devono combattere entrambi i poli imperialisti se vogliono essere liberi e padroni del proprio destino, e non carne da cannone e strumento per arricchire i capitalisti, gli imperialisti e la borghesia.
A livello internazionale le uniche forze che combattono in armi i due poli imperialisti sono lo Stato islamico, al-Quaeda e altri movimenti islamici antimperialisti minori.
Di fronte al pericolo della guerra imperialista mondiale è quanto mai importante convincere il proletariato, i giovani e l'intero popolo italiano a non schierarsi con nessuno dei due poli imperialisti. Impresa difficile, soprattutto per la martellante propaganda dei falsi pacifisti, alcuni vestiti da comunisti, a favore di Putin e della Russia, che dispongono di grandi risorse, presumibilmente provenienti dalla Russia e dalla Cina, e persino di due quotidiani: “Il Fatto” di Marco Travaglio e de “il manifesto” trotzkista di Andrea Fabozzi e di Luciana Castellina. Ciò nonostante dobbiamo continuare, migliorandolo e approfondendolo, il nostro lavoro di chiarificazione e di convincimento attraverso “Il Bolscevico”, che già sta facendo molto bene, e la propaganda tra le masse, studiando attentamente ciò che produciamo sul tema dell'imperialismo e della guerra. In particolare dobbiamo riuscire a smascherare le parole d'ordine: “Pace”, “No alla guerra”, “No all'invio delle armi all'Ucraina”.
E se l'Italia dovesse partecipare alla guerra imperialista mondiale come dobbiamo comportarci? La risposta l'ha già data il Comitato centrale, che nell'importantissimo documento del 15 dicembre 2023 intitolato “Teniamo alta la grande bandiera antimperialista di Lenin”, ha affermato: “Bisogna essere chiari fin da ora. Noi chiameremo il proletariato e l'intero popolo italiano alla guerra civile se l'Italia imperialista parteciperà alla nuova guerra mondiale imperialista”.
È la stessa posizione di Lenin che alla vigilia della prima guerra mondiale imperialista ha indicato che bisognava “trasformare la guerra imperialista in guerra civile” . È la stessa posizione di Mao che nel 1938 in cui spiravano i primi venti di una nuova guerra mondiale ha sostenuto: “Riguardo al problema della guerra, ogni partito comunista lotta contro ogni guerra imperialista condotta dal proprio paese; se una tale guerra scoppia, la sua politica mira alla sconfitta del governo reazionario del suo paese” . Il 1° Ottobre 1969, ventesimo anniversario della Repubblica popolare cinese, ha lanciato questo importantissimo appello: “Popoli del mondo intero, unitevi contro tutte le guerre di aggressione messe in campo dagli imperialisti e dal socialimperialismo, specie le guerre di aggressione con la bomba atomica. Qualora dovesse verificarsi questo tipo di guerra, i popoli del mondo intero dovranno sconfiggere le guerre di aggressione con la guerra rivoluzionaria, e devono prepararsi fin da subito in qualche misura” .
Rendere cosciente il nostro popolo del pericolo della guerra mondiale imperialista è di fondamentale importanza affinché maturi la volontà di scatenare la guerra civile nel caso l'Italia entrasse in tale guerra.
Il governo Meloni ha già manifestato la propensione a partecipare alla guerra a fianco dei suoi alleati dell'Ue e della Nato. La partecipazione alla missione aeronavale europea Aspiden nel Mar Rosso filo nazisionista contro il movimento islamico Houthi, nonché la partecipazione della portaerei Cavour alle esercitazioni davanti alle coste della Cina e l'asse militare tra l'Italia e il Giappone sono dei chiari segnali premonitori.
I venti di guerra imperialista mondiale non si placano, anzi sono sempre più forti. Il “Trattato di partenariato speciale globale” stipulato tra Putin e Kim Jong-un che prevede l'assistenza reciproca in caso di aggressione contro la Russia o la Corea del Nord non è certo un segnale di pace nel mondo.
 
Un corpo da Gigante Rosso
Il nostro Partito purtroppo non ha le forze sufficienti per potere affrontare adeguatamente l'attuale situazione nazionale e internazionale. Bisogna perciò decuplicare gli sforzi per dare al PMLI un corpo da Gigante Rosso. È questo il tema su cui ancora adesso dobbiamo concentrarsi per sviluppare e radicare il Partito. Un obiettivo strategico rilanciato in occasione della Commemorazione di Mao del 2016 intitolata da “Marx a Mao” con queste parole: “Oggi più che preoccuparci di quando arriverà il socialismo, di quando avverrà la svolta rivoluzionaria della lotta di classe, di quando il proletariato si schiererà con noi, dobbiamo preoccuparci di dare al PMLI un corpo da Gigante Rosso radicandolo ed estendendolo nelle città e regioni dove siamo presenti, in modo da ricavarne le forze per espanderlo in tutta Italia. Questo deve essere il nostro obiettivo strategico a medio termine. Questo è quello che ci è richiesto dall'attuale lotta di classe e dall'attuale situazione del nostro Paese. Se non ce la facciamo a raggiungere tale obiettivo a medio termine, non ci resta che rilanciarlo una o più volte fino a conquistarlo”.
La precedente Sessione plenaria del Comitato centrale, che si è svolta il 14 gennaio 2018, ha fornito le indicazioni concrete per raggiungere questo obiettivo strategico. In genere quelle indicazioni sono state applicate ma non a un livello sufficiente, salvo alcuni casi. Dobbiamo ancora migliorare la militanza e la qualità delle Istanze; migliorare lo studio del marxismo-leninismo-pensiero di Mao, della linea del Partito, in particolare la concezione del Partito, e della situazione concreta in cui operiamo; migliorare i metodi di lavoro, lo stile di lavoro e lo spirito di Partito; migliorare nel mettere gli interessi del Partito, della causa e del proletariato al di sopra dei propri interessi personali; migliorare nel dare continuità al lavoro politico personale e di istanza; migliorare la vita interna di Partito; migliorare nel rispetto del centralismo democratico e nella pratica della critica e dell'autocritica; migliorare nell'osservare anche le più piccole indicazioni del Partito.
Se insisteremo a migliorarci su tutti i fronti, in particolare sul fronte in cui operiamo, sicuramente, gradualmente e nel tempo, riusciremo ad avere più militanti, più cellule, più comitati comunali, provinciali e regionali. Ma la quantità non deve essere a scapito della qualità, altrimenti costruiremo un Gigante Rosso dai piedi di argilla. Quantità e qualità devono andare di pari passo, devono essere strettamente uniti. Abbiamo bisogno di pionieri proletari rivoluzionari che in ogni città, anche in uno solo, abbiano il coraggio di alzare le invincibili bandiere del socialismo, del marxismo-leninismo-pensiero di Mao e del PMLI.
Non è facile fare del proselitismo marxista-leninista a causa dei 5 grossi ostacoli, individuati dal 4° Congresso nazionale del 1998, che rallentano e rendono difficoltoso lo sviluppo del PMLI. Essi sono: l'intossicazione parlamentarista, elettoralista, riformista e pacifista della classe operaia e delle masse, il forte indebolimento dell'attrazione del socialismo, l'esistenza di un falso partito comunista, il PRC, la nostra povertà di mezzi e di risorse economiche, il ferreo black-out stampa che vige da sempre su di noi.
In questo quadro si iscrive il fatto, verificato dalla nostra esperienza successiva, che le fautrici e i fautori del socialismo non marxisti-leninisti, le operaie e gli operai e le ragazze e i ragazzi che si battono in prima fila nelle lotte politiche, sindacali, civili, ambientali, studentesche sono sotto l'influenza della democrazia, della Costituzione, del riformismo e del parlamentarismo borghesi. Per cui finché non si sottraggono a questa paralizzante influenza e non scelgono il socialismo è impossibile che si uniscano al PMLI, come militanti o simpatizzanti.
Spetta quindi al Partito, a partire dai militanti di base, convincere queste forze, fondamentali e centrali per dare al PMLI un corpo da Gigante Rosso, a sottrarsi dalla suddetta influenza, non sempre consapevole, e a battersi per il socialismo. Una volta fatta la scelta del socialismo non avranno difficoltà ad accettare la militanza marxista-leninista. In sintesi la scelta e lo sviluppo del PMLI dipendono dalla scelta del socialismo da parte delle forze proletarie e giovanili più avanzate e combattive.
Ci sono milioni di astensionisti di sinistra e due milioni che hanno votato Alternativa verdi e sinistra e Pace Terra Dignità, una vasta platea promettente per il nostro proselitismo. Un lavoro lungo, faticoso e snervante, che solo dei marxisti-leninisti a prova di bomba possono reggere, che va fatto con tranquillità, senza ansietà, senza demoralizzarsi se i frutti ritardano a maturare. Come si sa, non tutto dipende da noi, cioè dalle nostre capacità e dal nostro impegno. Noi abbiamo in mano solo metà della chiave del problema, l'altra metà l'hanno la lotta di classe, il proletariato e le nuove generazioni.
Nella precedente Sessione plenaria abbiamo parlato di tre vecchi problemi che non eravamo riusciti a risolvere; sono ancora aperti o parzialmente aperti.
Si tratta del problema economico, irrisolvibile se non aumentano i militanti e i simpatizzanti e se non siamo in grado di aprire, indirettamente, una attività economica e commerciale. Il bilancio economico del Centro del Partito di quest'anno si è chiuso con uno sbilancio attivo di 250 euro. Questo significa che se viene a mancare una o due quote mensili dei membri del CC andiamo in deficit, con grave rischio per il lavoro del Centro.
Il principale finanziatore del Centro del Partito è il compagno fiorentino pensionato Andrea, che tra l’altro nel testamento ha donato la sua casa al Partito. Un fulgido esempio di totale dedizione alla causa del Partito e del socialismo. Nell'aprile scorso è comparso fortunatamente e inaspettatamente un compagno simpatizzante sardo che sembra seguire l'esempio del suddetto compagno.
L'altro vecchio problema è quello dell'allargamento del gruppo di lavoro del Centro. Nota dolente perché la situazione è ancora quella di sei anni fa. Anzi è peggiorata per problemi di salute e/o di età delle compagne e dei compagni che lavorano al Centro. Per fortuna è in via di recupero una preziosa compagna in pensione, mentre il prossimo anno sarà disponibile un compagno che andrà in pensione. Anche questo problema, come quello economico, è risolvibile stabilmente solo con lo sviluppo del Partito, specie a Firenze.
Il terzo vecchio problema, non in ordine di importanza, è quello del radicamento locale del Partito. Ne abbiamo già parlato più sopra, aggiungiamo qualche altro elemento di riflessione e di azione, in base alle nuove esperienze nazionali e locali del Partito. Riguardo alla linea del Partito, analizzando il lavoro politico e giornalistico abbiamo riscontrato che non tutti i compagni e non tutte le istanze conoscono appieno la posizione del Partito sul governo Meloni, sull'imperialismo, sulla Costituzione e sull'astensionismo. Bisogna quindi porre rimedio con urgenza a questo grave problema. Allo scopo sarebbe utile che tutti quanti leggessimo o rileggessimo le relazioni dei cinque congressi nazionali del Partito dove si trovano le fondamenta ideologiche, politiche, organizzative e giornalistiche del PMLI, le indicazioni per realizzare i nostri compiti strategici e il senso della militanza marxista-leninista. Non è un semplice rinfrescarsi le idee, cosa sempre necessaria. È un bagno rigeneratore ideologico e politico per tutti i membri del Partito, per qualcuno per colmare le lacune di linea, per qualche altro l'occasione per ritrovare la freschezza e l'entusiasmo dei primi anni di militanza.
Più passano gli anni, più alto diventa il rischio di invecchiare ideologicamente e politicamente e di perdere la linea. Dobbiamo vigilare su noi stessi. È impossibile impedire, almeno per ora, l'invecchiamento biologico, ma è possibile impedire il nostro invecchiamento ideologico e politico. Purché continuiamo ad alimentarci col marxismo-leninismo-pensiero di Mao e la linea del PMLI, a praticare la lotta di classe e a rimanere legati alle masse, secondo quanto ci consente l'età anagrafica.
Occuparsi dei problemi immediati delle masse in generale, e in particolare dei problemi delle masse del proprio luogo di lavoro, di studio e di vita,è la condizione principale per radicarsi e per radicare il Partito. Occorre portare le posizioni del Partito, con i dovuti accorgimenti tattici, anche dentro i luoghi di lavoro e di studio attraverso iniziative che cerchino sempre di coinvolgere gli elementi di sinistra più combattivi. Mai stare con le mani in mano e subire le iniziative altrui. Bisogna essere attivi e propositivi, mediante interventi alle assemblee, proponendo ordini del giorno, petizioni, occupazioni, sit-in; organizzando le delegazioni alle manifestazioni e prendendo ogni altra iniziativa possibile che si ritiene utile per agitare le acque e per mobilitare le lavoratrici e i lavoratori, le studentesse e gli studenti del proprio luogo di lavoro e di studio. È così che conquisteremo la fiducia delle masse di cui facciamo parte e diventeremo nel tempo il loro punto di riferimento e la loro guida. È così che conquisteremo anche nuovi militanti, simpatizzanti, amici e alleati del PMLI.
Senza dimenticare la parola d'ordine Studiare, concentrarsi sulle priorità, radicarsi; radicarsi, concentrarsi sulle priorità, studiare, essa ci indica i tre elementi fondamentali ai quali bisogna attenersi per fare bene e con successo il nostro lavoro rivoluzionario. Dovremmo fare un cartello con scritto in maiuscolo tale parole d'ordine e metterlo sulla propria scrivania.
Nel lavoro di Partito,compreso quello giornalistico, è di fondamentale importanza il coinvolgimento, anzitutto ideologico e politico, dei simpatizzanti e degli amici attivi del Partito. I quali non devono essere dei semplici esecutori delle decisioni del Partito, ma vanno considerati e coinvolti come se fossero dei membri del Partito, fermo restando che la loro militanza è ben diversa da quella prevista dallo Statuto del PMLI, e che non hanno gli stessi obblighi organizzativi.
Le istanze di base devono riunire periodicamente i loro simpatizzanti e amici attivi per discutere i documenti nazionali del Partito e dell'istanza, i piani e le iniziative dell'istanza e gli articoli principali de “Il Bolscevico”. A essi possono essere dati degli incarichi politici, organizzativi e giornalistici dell'istanza.
Abbiamo fatto e stiamo facendo una grande esperienza di fronte unito. Abbiamo partecipato attivamente e propositivamente a più iniziative unitarie nel tentativo di creare un'organizzazione più larga possibile di forze anticapitaliste. In una città del Sud abbiamo l'iniziativa e la guida, di fatto, di un simile fronte unito a livello locale, ma non è perfettamente coerente con la linea del Partito. Siamo riusciti a coinvolgere alcune forze politiche e sociali alla storica e indimenticabile commemorazione di Lenin a Cavriago e a Napoli, in occasione del centenario della sua scomparsa.
Sulla base dell'esperienza acquisita dobbiamo migliorare il lavoro di fronte unito “adottando la politica di unità e lotta, di dialettica e combattività, come ha indicato il Comitato centrale nel documento del 25 ottobre 2022 intitolato “Uniamoci contro il governo neofascista Meloni, per il socialismo e il potere politico del proletariato”. Il che significa che nel fronte unito da parte nostra non ci può essere solo unità o solo lotta; l'uno e l'altro elemento devono essere dialetticamente legati. Dobbiamo lavorare per l'unità ma non per l'unità a tutti i costi. Dobbiamo avere un atteggiamento combattivo e non passivo, e meno che mai remissivo, per evitare che si rompa il fronte unito. Quando verifichiamo che non vi sono le condizioni per andare avanti dobbiamo senza indugio rompere l'unità, motivandolo.
Il codismo non è un atteggiamento marxista-leninista, come non lo è l'“ultrasinistrismo”. Bisogna perciò stare attenti a non cadere nell'una o nell'altra posizione. Bisogna saper convincere i nostri alleati con argomenti solidi e incontrovertibili. E se non ci riusciamo, bisogna necessariamente fare dei compromessi, ma che non pregiudicano l'immagine e la strategia del Partito. In ogni caso non dobbiamo avere un complesso di inferiorità perché la verità rivoluzionaria sta dalla nostra parte e perché noi siamo oggettivamente i rappresentanti del proletariato.
Il lavoro di fronte unito è parte integrante e fondamentale dell'azione del PMLI, ma non può e non deve sostituire, o essere il tutto, il lavoro diretto del Partito. Un principio che vale a livello nazionale come a livello locale. Al primo posto ci deve essere il lavoro diretto del Partito, salvo momenti eccezionali e temporanei.
Dobbiamo rafforzare e migliorare, anche tecnologicamente, tempo e forze permettendocelo, i nostri strumenti di propaganda. Dobbiamo utilizzare di più i comunicati stampa, migliorandoli nei contenuti e nella forma, rispettando le loro caratteristiche, specie per quanto riguarda la sinteticità e la centratura.
Tutto quello che abbiamo detto fin qui sul Partito e il suo lavoro l'abbiamo sintetizzato nella ricetta di Lenin per la vittoria: “studiare approfonditamente il marxismo, applicare con intelligenza tattica il marxismo, studiare attentamente la situazione del proprio Paese e nel mondo, unire le masse sfruttate e oppresse, a partire dal proletariato e dai contadini, e le forze rivoluzionarie, anche quelle culturali e religiose, combattere senza tregua il riformismo e il revisionismo di destra e di “sinistra”, spendere interamente la propria vita per la causa. Usiamo con perizia la ricetta di Lenin e vinceremo!
Per dare al PMLI un corpo da Gigante Rosso i dirigenti nazionali hanno un compito fondamentale da compiere, quello di dare l'esempio, svolgendo al meglio il lavoro che fanno sul posto di combattimento che occupano. Facendo i sacrifici e gli sforzi necessari per produrre un lavoro a regola d'arte.
Opportunamente “Il Bolscevico”, alla vigilia di questa Sessione plenaria, ha pubblicato un brano della relazione della precedente Sessione dedicato ai quadri del Partito. L'avete letto? Che ne pensate? Avete fatto qualche proposito in merito? In ogni caso, noi tutti membri del Comitato centrale dobbiamo fare a gara per essere i migliori osservanti delle indicazioni di Mao sui marxisti-leninisti. Non a parole ma nei fatti. Prendiamo esempio dai nostri Maestri e dalle compagne e dai compagni dirigenti del PMLI che fino all'ultimo loro respiro hanno lavorato per il successo della causa del proletariato e del socialismo.
Nonostante le nostre deboli forze numeriche siamo riusciti lo stesso a dare al corpo del PMLI una testa da Gigante Rosso. Producendo, tra l'altro dei documenti su varie tematiche, alcune nuove, ai quali hanno collaborato attivamente nuovi dirigenti eletti dal 5° Congresso nazionale in poi. Questi documenti e i discorsi alla Commemorazione di Mao hanno reso il PMLI più autorevole, più influente e più credibile, nonché più forte sul piano ideologico, teorico, politico, giornalistico e storico.
“Il Bolscevico”, sotto l'alta direzione marxista-leninista del compagno Achille Zanieri, sta facendo molto bene la sua parte, grazie all'apporto di alcune prestigiose Penne Rosse. Recentemente, come sapete, ci ha regalato un eccezionale articolo intitolato “Credete nell'esistenza di Gesù? Era davvero rivoluzionario?”, scritto col contributo determinante del compagno simpatizzante Giorg, un valoroso, generoso e umile intellettuale che collabora da esterno della Redazione centrale dell'organo del PMLI. Questo articolo sicuramente ci aiuterà molto nei rapporti con i cattolici di sinistra. Nessuno dei partiti a sinistra del PD ha un organo del livello de “Il Bolscevico”.
Questa forza crescente del PMLI e de “Il Bolscevico” ci attira nuove simpatie e stima in Italia, specie da parte di ex militanti del PC, e all'estero. Abbiamo degli estimatori e delle relazioni in Cina, in Russia, in America Latina, in America, in Inghilterra e in Francia, e degli osservatori in Turchia e in Marocco.
Nel mondo ci sono numerosi partiti che si definiscono marxisti-leninisti o marxisti-leninisti-maoisti. Verso di loro il PMLI pratica una politica di apertura e di verifica. Pur non riconoscendo le organizzazioni internazionali di cui fanno parte.
 
Ucraina e Gaza
Alcuni qualificati simpatizzanti attivi del Partito e lettori de “Il Bolscevico” hanno avanzato delle critiche alla linea del Partito sull'Ucraina. Era quasi inevitabile per via delle contraddizioni esistenti nella nostra società sull'Ucraina e per gli attacchi che i partiti falsi comunisti hanno sferrato al PMLI.
Esaminiamo una per una queste critiche. Cominciamo dalla questione più generale, quella secondo cui “le masse non comprendono la nostra posizione sull'Ucraina”. A parte che non si può generalizzare, in effetti il problema esiste, ma non per questo dobbiamo rinunciare alle nostre idee, concezioni, valutazioni e proposte. Dobbiamo solo saperle esporle, ed è quello che abbiamo fatto e stiamo facendo attraverso il prezioso lavoro de “Il Bolscevico”, che ha raggiunto il suo apice con l'Editoriale della Direzione politica, intitolato “Viva l'eroica resistenza dell'Ucraina”.
Ciò nonostante troviamo delle difficoltà a convincere le masse, compresi le antimperialiste e gli antimperialisti, della giustezza della nostra posizione dato il loro odio storico e ben giustificato contro l'imperialismo americano e la Nato alleati dell'Ucraina. A questo si aggiunge l'influenza che subiscono dall'assordante propaganda dei putiniani, che ha il megafono più potente nel “Fatto quotidiano” di Marco Travaglio, il quale, ricordiamolo, ha tentato di tapparci la bocca minacciandoci, guarda caso in via privata, di querelarci per un articolo de “Il Bolscevico” che lo smascherava. Ieri si è rifatto vivo con un’altra mail indirizzata a “Il Bolscevico” in riferimento all’articolo intitolato “Un giornalista ucraino smaschera Travaglio” in cui veniva accusato di essere un bugiardo riguardo agli accordi di Istanbul. Ma perché non ha trattato pubblicamente la questione sul suo giornale? Perché, come tutti i media del regime, non vuole dare pubblicità al PMLI e a “Il Bolscevico”, e perché è un fifone, ha paura di uscire malconcio dal contraddittorio.
Per sbloccare la situazione non abbiamo altra strada che perseverare nel nostro sostegno alla Resistenza ucraina, rafforzando il lavoro di propaganda e di convincimento, aggiustando la tattica in base alle necessità operative e imparando dall'esperienza di piazza e di fronte unito più avanzate, come quella della Cellula “Mao” di Milano e del Comitato lombardo diretti dal compagno Angelo Urgo.
Uno dei simpatizzanti ha criticato il Partito perché è favorevole all'invio di armi all'Ucraina. Ma come si fa a non tener conto di quello che accade sul campo di battaglia? Da quando il Partito ha capito che le armi adeguate e necessarie sarebbero state il fattore decisivo della cacciata dell'invasore neozarista russo dall'Ucraina non ha avuto remore a dichiararsi favorevole all'invio di armi da parte dell'Italia. Fino al punto di approvare, tramite una Risoluzione dell'Ufficio politico in data 9 giugno 2023, “la decisione del parlamento europeo che dà la possibilità agli Stati membri dell'Unione europea a usare fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) per inviare armi all'Ucraina”.
Un altro ha criticato tale Risoluzione ritenendola “non necessaria”, “un errore tattico”, “un atto che ci accomuna troppo e inutilmente all'imperialismo dell'Ovest”. Non è così. Intanto perché era necessario prendere posizione in previsione del dibattito parlamentare relativo, anche se poi non c'è stato. Ci voleva subito una decisione ufficiale del Partito su una questione inedita e assai delicata che non poteva essere lasciata alla valutazione de “Il Bolscevico”. Inoltre perché non potevamo ignorare opportunisticamente la decisione del parlamento europeo. Il rischio di essere accomunati all'imperialismo dell'Ovest c'era, ma la nostra motivazione era ben diversa da quella di esso. Come si sa, quello che conta politicamente sono le motivazioni di ciascuno. È lo stesso problema che si presenta col nostro sostegno a Hamas.
Quanto alle decisioni della Nato di consentire all'Ucraina di usare le armi dei paesi Nato per colpire nel territorio russo, il PMLI è nettamente contrario. Tuttavia non possiamo impedire all'Ucraina di usare le armi che possono colpire le basi militari in territorio russo da cui partono gli attacchi al proprio Paese.
La Risoluzione dell'Ufficio politico è stata criticata anche perché l'uso di fondi del PNRR per l'invio di armi all'Ucraina avrebbe comportato nuovi sacrifici alle masse. Questo è vero e ne eravamo consapevoli. Ma quando si tratta di sostenere cause antimperialiste rilevanti, come quelle dell'Ucraina e di Gaza, non possiamo non chiedere al nostro popolo di fare dei sacrifici perché quelle cause lo riguardano direttamente. Altrimenti l'internazionalismo proletario è solo due parole senza alcun effetto pratico. Un lavoro educativo enorme e difficile da fare, che rientra nel nostro compito generale di ricreare nel proletariato la sua coscienza rivoluzionaria e internazionalista.
Lo stesso simpatizzante ha criticato il Partito per aver “incensato” il governo Zelensky, “borghese, anticomunista, che fa schifo e non può avere il nostro appoggio acritico”. Inoltre Zelensky “non è un eroe” e dobbiamo pubblicare “meno comunicati e interventi di lui”, comunque “non integrali”.
Indipendentemente dal fatto che il Partito appoggia da sempre qualunque forza politica, anche anticomunista, che lotta contro l'imperialismo dell'Ovest o dell'Est, come si può sostenere la suddetta critica quando Zelensky ha rifiutato l'invito di Biden a scappare dall'Ucraina per non essere catturato dalle truppe invasore russe? Quando più volte, anche di recente, è sfuggito al tentativo degli agenti di Putin che volevano ucciderlo? Quando è quotidianamente sotto attacco da parte dei putiniani italiani? Soprattutto quando dirige con determinazione la guerra di liberazione dell'Ucraina? E perché mai non dovremmo pubblicare i suoi comunicati e interventi integrali? A chi gioverebbe, alla Resistenza ucraina o ai suoi denigratori e nemici? E poi perché dovremmo privare “Il Bolscevico” del merito di far conoscere alle e ai sinceri antimperialiste e antimperialisti il pensiero completo e reale di Zelensky, visto tra l'altro che i media lo ignorano o lo citano solo sui punti di loro interesse?
Ovviamente il nostro giudizio e il nostro sostegno a Zelensky non è acritico, come non lo è verso qualsiasi forza antimperialista che appoggiamo. Qualora avessimo delle critiche da fare a Zelensky e al suo governo naturalmente non avremmo problemi a farle. Ma solo se dovessero giovare alla Resistenza ucraina. Che senso avrebbe criticarlo sulla politica interna ed estera? Lo indeboliremmo o lo rafforzeremmo? Lo indeboliremmo sicuramente. Quindi teniamo ferma l'attuale linea.
Oggi più che mai è necessario sostenere Zelensky che rischia di essere sostituito dai suoi avversari ucraini e interni alla Nato. Putin alla conferenza stampa del 5 giugno con i capi delle principali agenzie di stampa del mondo ha detto che “l'amministrazione americana si libererà di Zelensky, penso che abbiano bisogno di circa un anno per fare tutto questo. All'inizio del prossimo anno probabilmente tollereranno Zelensky, poi lo saluteranno e lo sostituiranno, ci sono diversi candidati”.
Finché Zelensky resisterà all'aggressione e non cederà alle pressioni crescenti interne ed estere affinché faccia delle concessioni territoriali al nuovo zar del Cremlino Putin che vuol restaurare l'impero zarista il PMLI sarà sempre al suo fianco fino alla vittoria dell'Ucraina.
Secondo uno dei simpatizzanti “una parte della verità” è dalla parte di Putin. Il Partito la “nasconde per rendere le cose solo apparentemente più semplici, in bianco e nero, perché non ci devono essere sfumature di grigio”. Ma quando mai il Partito ha fatto una cosa del genere? Condannare l'aggressore e sostenere l'aggredito vuol dire essere semplicisti e non considerare le ragioni dell'altra parte? E le “sfumature di grigio” quali sarebbero? Dare parzialmente ragione a Putin? La teoria del o bianco o rosso è da sempre stata usata dalla borghesia e dai suoi pennivendoli per accusare i comunisti di essere unilaterali, di guardare solo la propria parte.
Lo stesso simpatizzante sostiene che il Partito ha cambiato posizione riguardo all'atteggiamento verso l'imperialismo dell'Est e l'imperialismo dell'Ovest, stando con quest'ultimo. Non è così perché il Partito continua a tenere ferma la posizione né con l'uno né con l'altro imperialismo. Anche se potrebbe apparire diversamente perché il PMLI sostiene l'Ucraina che riceve anche il sostegno degli Usa, dell'Ue e della Nato. Ma il sostegno di questi ultimi è diverso da quello del PMLI. Essi vogliono inglobare l'Ucraina nelle alleanze e contenere la Russia. Il PMLI invece vuole che l'Ucraina sia libera, indipendente, sovrana e integrale. E non è d'accordo che essa entri nell'Ue e nella Nato. Ma la decisione spetta unicamente al popolo ucraino.
Lo stesso simpatizzante chiede al Partito di abbandonare la posizione secondo cui a soffiare di più sui venti di guerra è l'imperialismo dell'Est. Sarebbe un errore perché i fatti dimostrano che sono principalmente il socialimperialismo cinese e l'imperialismo russo, specialmente quest'ultimo, che possono causare la scintilla della guerra mondiale imperialista.
Sotto questo aspetto l'attuale situazione internazionale è simile a quella degli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso, quando Mao sosteneva che il socialimperialismo sovietico era più pericoloso dell'imperialismo americano. Cosa che scatenò l'ira e l'odio contro Mao da parte degli agenti italiani del socialimperialismo sovietico, a cominciare da Cossutta e il neofascista Marco Rizzo. La stessa ira e lo stesso odio che oggi i putiniani, a cominciare dalle oscure centrali denominate Nuovi PCI e Carc, nutrono contro il PMLI.
Per quanto riguarda la pace, sempre lo stesso simpatizzante sostiene che “l'unica speranza di venirne fuori per entrambi sarebbe tornare all'ipotesi di accordo di Istanbul”. Un accordo, rilanciato di recente da Putin, che in sostanza richiedeva la capitolazione dell'Ucraina.
La via giusta per la pace è quella perseguita da Zelensky, che è fondata sui suoi dieci punti. Ha già avuto un primo successo con la Conferenza sulla pace in Svizzera, che ha approvato tre punti del piano di Zelensky e ha messo nero su bianco l'inviolabilità dell'integrità territoriale dell'Ucraina.
Ed è in corso la seconda Conferenza di pace, che si svolgerà nel prossimo anno, forse in Arabia Saudita, per elaborare, come ha detto Zelensky un “piano comune per una pace giusta e duratura”.
Il piano di pace cinese in dodici punti più favorevole a Putin è sostenuto dai cosiddetti “paesi equidistanti”, come il Brasile.
Il sostegno di Zelensky a Israele non c'entra nulla con la guerra in Ucraina, e comunque perché dovremmo parlarne? Bisogna stare attenti a non mettere in cattiva luce Zelensky come fa un giorno sì e l'altro pure “Il Fatto” che è arrivato persino a insultare, a sbeffeggiare e a mettere in ridicolo il presidente dell'Ucraina.
Sulla posizione del PMLI su Gaza è stata sollevata una critica riguardo alla parola d'ordine “Con Hamas” perché ritenuta troppo esplicita e diretta. Ma è un dato di fatto che Hamas, scatenando l'offensiva senza precedenti del 7 ottobre dell'anno scorso contro l'occupante sionista e neonazista, è alla testa della Resistenza del popolo palestinese. Perché non dirlo? Perché non dire subito con chiarezza da che parte stiamo?
Se non demarchiamo le posizioni rischiamo di perdere la nostra sostanza politica, di venir meno alla nostra funzione educativa rivoluzionaria e antimperialista, di stare alla coda dei movimenti antimperialisti, di dare dei vantaggi ai nemici di classe e agli imbroglioni politici.
Se abbiamo aggiustato tatticamente la parola d'ordine iniziale “Con Hamas, le brigate Ezzedin al-Qassam e il popolo palestinese per la liberazione della Palestina” con quella “Col popolo palestinese e con chi guida la sua Resistenza per la liberazione della Palestina” è perché era soprattutto necessario tatticamente soddisfare le richieste delle Associazioni dei palestinesi residenti in Italia non affiliati a Hamas che temevano che la presenza del cartello del PMLI “Con Hamas” portasse a considerare le manifestazioni pro Palestina come manifestazioni dei seguaci di Hamas. Due importanti Associazioni di palestinesi non hanno questo problema, anzi ci invitano a portare il nostro cartello “Con Hamas” nella prima fila del loro spezzone.
Comunque per noi la parola d'ordine “Con Hamas” è quella giusta. Lo dimostra il tentativo del governo Meloni, attraverso l'invito “amichevole” della questura di Catania al compagno Sesto Schembri, a non farci portare alle manifestazioni il cartello “Con Hamas”. Lo dimostrano gli attacchi velenosi degli importanti giornalisti Enrico Mentana e Nicola Porro e la censura della pagina nazionale di Facebook immediatamente dopo il nostro appoggio a Hamas. Lo dimostrano le studentesse e gli studenti americani che nelle loro manifestazioni per la Palestina inneggiano a Hamas.
Siamo orgogliosi delle studentesse e degli studenti italiani che lottano con determinazione e grande coraggio per la Palestina libera, sfidando la repressione e le manganellate meloniane. E appoggiamo quelle forze che chiedono al governo di rompere le relazioni diplomatiche con Israele al quale non vanno inviate armi, a cominciare dai F-16.
La lungimirante parola d'ordine del PMLI “Uno Stato due popoli” interpreta la volontà di diverse forze palestinesi, non solo di Hamas, che vogliono cancellare lo Stato di Israele. Anni fa il Partito comunista palestinese ha superato la posizione dei due Stati adottando un documento che chiede la formazione di uno Stato democratico palestinese.
La nostra posizione riecheggia quella dell'Urss di Stalin del 1947. Il 14 maggio 1947 Andrei Gromiko, Rappresentante dell'Urss presso le Nazioni Unite, intervenendo all'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha dichiarato: “Una soluzione equa può essere raggiunta solo se si tiene sufficiente conto degli interessi legittimi di entrambi i popoli. Tutto ciò porta la Delegazione sovietica alla conclusione che gli interessi legittimi delle popolazioni ebraiche e arabe della Palestina possono essere debitamente salvaguardate solo attraverso l'istituzione di uno Stato arabo-ebraico indipendente, duale, democratico e omogeneo. Tale Stato deve essere basato sull'uguaglianza di diritti per le popolazioni ebraiche e arabe, che potrebbe gettare le basi della cooperazione tra questi due popoli nel loro reciproco interesse e vantaggio. È noto che questo piano per la soluzione del futuro della Palestina ha i suoi sostenitori nel Paese stesso”.
Il compagno Denisse in questi ultimi anni non ha tenuto un comportamento marxista-leninista, poiché ha rifiutato di autocriticarsi non accettando i suoi errori, chiedo al Comitato centrale di destituirlo da membro dell’Ufficio politico.
Il futuro del Partito è nelle mani di tutti i militanti, in particolare dei giovani militanti i quali devono prendere rapidamente coscienza del loro ruolo, e prepararsi concretamente a impugnare la fiaccola rivoluzionaria che riceveranno dai loro predecessori per consegnarla a suo tempo ai propri successori. Nella staffetta storica della Lunga Marcia politica e organizzativa del PMLI.
Come ha scritto il compagno simpatizzante sassarese Antonio, che in aprile si è unito al PMLI, dopo tre anni “di lettura e apprezzamento delle pubblicazioni sul sito del Partito: “Faccia alla tempesta ma sguardo fisso al bersaglio, senza curarsi degli schiaffi delle grandi onde”.
Avanti, compagne e compagni, rimanendo in cordata e applicando le indicazioni della settima Sessione plenaria del 5° Comitato centrale possiamo dare al PMLI un corpo da Gigante Rosso, raggiungere gli obiettivi antigovernativi, antifascisti e antimperialisti prefissati e avanzare sulla via dell'Ottobre verso l'Italia unita, rossa e socialista!

3 luglio 2024