22 morti e oltre 100 i feriti della repressione dell'esercito
Rivolta popolare in Kenya, assaltato il parlamento
Ritirata la finanziaria di lacrime e sangue dettata dal FMI
Il movimento di protesta guidato dai giovani chiede le dimissioni del presidente Ruto
L'approvazione all'assemblea nazionale lo scorso 20 giugno della legge finanziaria per il 2024 con 204 voti favorevoli e 115 contrari e la sua entrata in vigore dall'1 luglio sembrava la desiderata chiusura del cerchio da parte del governo del presidente William Ruto che rispettava le direttive del Fondo monetario internazionale per tenere sotto controllo il debito del Kenya, una voragine di oltre 80 miliardi di dollari, tramite la consueta politica di lacrime e sangue che tra aumento della pressione fiscale e taglio dei servizi pubblici voleva scaricare sulle spalle delle masse popolari. Non aveva fatto bene i conti e le masse popolari, sotto la spinta determinante dei giovani, hanno protestato, invaso le strade della capitale Nairobi e di tutte le principali città del paese con una protesta che il 25 giugno è diventata una rivolta che ha preso d'assalto il parlamento e lo hanno costretto a ritirare la legge.
Prima dei partiti di opposizione si erano mobilitati contro la legge i giovani che via social lanciavano lo slogan “Occupy Parlament (Occupiamo il parlamento)” e partecipavano in massa alle proteste popolari. I manifestanti erano un milione nelle strade di Nairobi e mettevano sotto assedio la sede del parlamento dove i deputati discutevano alcune modifiche alla Finanziaria 2024; l'irruzione dei manifestanti poneva fine al dibattito e metteva in fuga i parlamentari ma scatenava la repressione della polizia e financo dell'esercito già mobilitato dal presidente Ruto. Il bilancio ufficiale della repressione è di 22 morti, altre fonti parlano di 53, e oltre un centinaio di feriti solo nella capitale.
Ruto in un discorso alla nazione dichiarava che la rivolta era stata orchestrata da “criminali” che sarebbero stati colpiti dalla mobilitazione dell'esercito mentre ai manifestanti offriva l'apertura di un confronto per ascoltarne le richieste. I manifestanti non abboccavano, la rivolta proseguiva in tutto il paese e risultava vincente: il 26 giugno il presidente era costretto a annunciare la cancellazione della legge finanziaria.
Un successo che i giovani protagonisti della protesta incassavano per rilanciare comunque il 29 giugno con la diffusione di un documento nel quale avanzavano una serie di richieste al governo. Nel documento chiarivano che la loro protesta era scattata contro la legge finanziaria, certamente contro le sue antipopolari misure ma anche contro il sistema che le aveva prodotte: "abbiamo un problema con i sistemi post coloniali e le strutture che hanno operato nel paese negli ultimi 61 anni. Queste strutture hanno creato una società squilibrata di chi ha e chi non ha. Ci chiediamo come sia possibile che una popolazione con un alto tasso di scolarizzazione languisca in povertà mentre un piccolo gruppo di elité controlli più del 90% della nostra economia", e diventa sempre più ricca con la pratica del clientelismo mentre il governo impone misure di austerità. Il presidente nel suo discorso, denunciavano i giovani, non ha detto una parola sul come combattere la corruzione, l’appropriazione indebita delle risorse comuni da parte di diversi membri della classe politica che dirige il paese, comprese le mogli del presidente e del vicepresidente che pur non avendo ruoli istituzionali erano destinatarie di cospicui fondi, e quindi si dichiaravano per nulla "convinti dell’onestà della tua dichiarazione. Le tue concessioni sono state fatte in malafede” e ne chiedevano le dimissioni. Mettendo in difficoltà un presidente che aveva vinto le elezioni quasi due anni fa con la promessa di sostenere in particolare i lavoratori e i poveri del paese, e finito poi a ubbidire ai diktat del Fmi, in un Kenya che sarebbe definita una locomotiva economica dell’Africa dell’Est, l'unica democrazia liberale nel Corno d’Africa ma anche uno degli ultimi affidabili alleati in funzione anti-russa degli Stati Uniti nel continente, sempre allineato alle posizioni americane all'Onu. Tanto che recentemente l'imperialismo americano ha riconosciuto il Kenya come “alleato maggiore non membro della Nato”, una condizione che gli consente di avere rapporti privilegiati militari e diplomatici che hanno soltanto 18 paesi nel mondo, solo uno in Africa, il Kenya.

3 luglio 2024