Inchiesta Fanpage
Meloni prende le distanze dai suoi balilla ma non dice che FdI è antifascista
Il ministro dell'interno Piantedosi difende i giovani fascisti di FdI

Nell'atteggiamento di Giorgia Meloni verso l'inchiesta di Fanpage sui suoi balilla di Gioventù nazionale si possono distinguere tre fasi: la prima è quella immediatamente successiva alla pubblicazione della prima parte dell'inchiesta, in cui, come fa sempre quando un'indagine giornalistica smaschera lei e il suo partito, se n'è stata zitta per diversi giorni sperando che calasse l'attenzione dei media, lasciando ai suoi scagnozzi il compito di minimizzare i fatti e screditare chi li aveva svelati. Rientrano in questa tattica l'intervento in tv del direttore editoriale del Secolo d'Italia , Italo Bocchino, che definiva l'inchiesta “giornalismo spazzatura”, i giovani meloniani “una comunità di militanti appassionati” che danno “un importante contributo alla democrazia”, e solo “chiacchiere” i loro gravi comportamenti apologetici fascisti, razzisti e antisemiti catturati dalla microcamera della giornalista di Fanpage (vedi Il Bolscevico n. 26/2024).
Sintetizzavano perfettamente questa linea le parole del responsabile dell'organizzazione di FdI a La7 , Giovanni Donzelli, che prima assolveva d'ufficio i balilla meloniani definendoli “ragazzini per buona parte minorenni, che non hanno ruoli istituzionali”, e poi si scagliava violentemente contro la giornalista sotto copertura accusandola di “infamia” per averli ingannati “in nome della sua carriera”, partecipando alle stesse feste e iniziative come una di loro, e insegnandogli con ciò che “si può tradire e mentire a quello che si definisce un amico”.
Tuttavia lo scandalo non si è spento e anzi faceva il giro delle testate estere, e quando il 26 giugno è uscita la seconda parte dell'inchiesta, che conteneva altre e più gravi nefandezze registrate nelle sedi di Gioventù nazionale, proprio mentre la Meloni era sotto i riflettori per la sua partecipazione al Consiglio europeo, la premier neofascista è stata costretta a venire allo scoperto. In questa seconda fase, infatti, anche qui come altre volte in passato, la ducessa ha cercato di chiudere con un atto di forza la vicenda con un'ammissione parziale e formale dei fatti, accompagnata però col suo abituale vittimismo e mettendo sotto accusa chi li aveva svelati. É così che interpellata dalla stampa a Bruxelles, dapprima ha dichiarato con voce teatrale che “come ho detto tante volte, e lo ribadisco, penso che chi ha sentimenti razzisti, antisemiti o nostalgici semplicemente abbia sbagliato la propria casa perché questi sentimenti sono incompatibili con Fratelli d'Italia”. Ma immediatamente dopo, saettando gli occhi in giro e con accento tagliente e carico di rabbia repressa, rigirando la frittata, si è scagliata contro Fanpage e la sua inchiesta sostenendo che questa “è una nuova frontiera dello scontro politico: da oggi è possibile infiltrarsi nei partiti politici e sindacati, riprendere le riunioni e pubblicarle”. Dopodiché si è appellata ad un intervento di Mattarella lamentandosi che “infiltrarsi nelle riunioni dei partiti politici è un metodo da regime (sic)”.

La seconda parte dell'inchiesta e l'intervento della comunità ebraica
Purtroppo per lei il caso non si sgonfiava affatto, anzi montava ulteriormente, perché stavolta anche la comunità ebraica, che nella prima fase aveva fatto finta di nulla per non turbare la luna di miele con la premier neofascista, almeno finché tace e acconsente sui crimini di Israele e sul genocidio del popolo palestinese, si è decisa infine a battere un colpo. Questo perché nella seconda parte dell'inchiesta erano emerse certe frasi della dirigente romana di Gioventù nazionale e coordinatrice del circolo Pinciano, Flaminia Pace, pronunciate lo scorso 25 aprile, in cui sbeffeggiava la senatrice ebrea di FdI, Ester Mieli, che già nella prima parte dell'inchiesta era stata filmata all'inaugurazione del circolo, e che non aveva trovato nulla da ridire sui comportamenti dei balilla meloniani mostrati nel primo video: nel secondo video si sente infatti la Pace dire che “la cosa più bella è stata ieri a prendersi per il culo sulle svastiche e poi io che avevo fatto il comunicato di solidarietà a Ester Mieli”. Il riferimento era all'intervista del giornalista Rai Giorgio Zanchini alla senatrice, in cui le aveva chiesto se era ebrea e lei gli aveva risposto risentita aprendo un pretestuoso caso di antisemitismo. Tra i comunicati di solidarietà alla senatrice c'era stato infatti anche quello della Pace, che poi in segreto la sbeffeggiava proprio in quanto ebrea tra le risate dei suoi camerati.
Stavolta la Mieli, figlia di un sopravvissuto all'olocausto, non poteva più chiudere tutti e due gli occhi come aveva fatto per la prima puntata dell'inchiesta, e dichiarava: “Le parole e i comportamenti là tenuti sono per me motivo di condanna e disapprovazione, sono sicura che i vertici di Fdi sapranno confermare la vocazione e la sostanza di un partito conservatore completamente libero da ideologie e comportamenti pericolosamente nostalgici”. Interveniva anche il presidente della comunità ebraica di Roma, Victor Fadlun, condannando “le immagini vergognose di razzismo e antisemitismo emerse dall'inchiesta di Fanpage ” e chiedendo “che vengano presi provvedimenti adeguati, anche da FdI”. Anche la senatrice a vita Segre, in un'intervista a La7, si chiedeva se alla luce delle sguaiatezze e dei motti nazisti, fascisti e antisemiti sentiti dalle bocche dei rampolli meloniani avrebbe dovuto “lasciare di nuovo” il suo Paese. Inoltre la Commissione straordinaria sul razzismo e l'antisemitismo da lei presieduta chiedeva di acquisire i filmati di Fanpage .

La lettera di Meloni e la sua ipocrisia sul fascismo
È così che la premier neofascista è dovuta passare ad una nuova fase, la terza e attuale, in cui ha dovuto tagliare due o tre teste delle più compromesse tra i suoi balilla, come la stessa Pace, e cercare di rifare il trucco a sé stessa e al suo partito con una lettera indirizzata il 2 luglio ai dirigenti intermedi e di base di FdI, strigliandoli a non diventare “inconsapevolmente o meno uno strumento nelle mani dell'avversario”. In questa lettera la ducessa si dice infatti “arrabbiata e rattristata per la rappresentazione di noi che è stata data dai comportamenti di alcuni giovani del nostro movimento ripresi in privato”, e ribadisce che “non c’è spazio, in Fratelli d’Italia, per posizioni razziste o antisemite, come non c’è spazio per i nostalgici dei totalitarismi del ‘900, o per qualsiasi manifestazione di stupido folklore. I partiti di destra dai quali molti di noi provengono hanno fatto i conti con il passato e con il ventennio fascista già diversi decenni fa”.
“Non siamo come vorrebbero dipingerci – prosegue spudoratamente Meloni -. Non lo siamo noi e non lo sono i nostri ragazzi di Gioventù Nazionale. Abbiamo un movimento giovanile forte, sano, colorato, curioso e aperto. I nostri ragazzi, che a volto scoperto e la faccia pulita, con volantini e iniziative, difendono la Libertà nelle scuole e nelle università dalla violenza e dall’arroganza della sinistra, sono i primi a essere danneggiati da questa brutta storia. Proprio per questo, non c’è alcuno spazio tra le nostre fila per chi recita un copione macchiettistico utile solo al racconto che i nostri avversari vogliono fare di noi”.
Insomma, la solita tesi che cerca di ridurre tutto ad alcuni giovani ingenui e sprovveduti che con comportamenti goliardici e “folkloristici” carpiti con l'inganno sciupano l'immagine immacolata di un movimento giovanile fatto di “ragazzi stupendi”, come ebbe a dire di loro ad una festa di Atreju. Inoltre la lettera evita accuratamente di pronunciare la parola “fasciste” riferendosi alle loro posizioni, ma usa solo e non a caso gli aggettivi “razziste” e “antisemite”, sufficienti ad accontentare la comunità ebraica. E quando parla di conti fatti col passato non dice col fascismo ma con i “totalitarismi del '900” e col “ventennio fascista”: che non sono la stessa cosa, non soltanto perché così equipara il fascismo al comunismo per coprire i crimini del primo (e infatti si vanta anche di aver votato convintamente la famigerata risoluzione del parlamento europeo del 2019 che equipara il comunismo al nazismo e al fascismo); ma perché si può anche prendere le distanze dal ventennio mussoliniano come periodo storico, in particolare dalle leggi razziali e dall'intervento in guerra, come ha già fatto altre volte, senza per questo rinnegare Mussolini e il fascismo di cui lei e i suoi accoliti sono gli eredi diretti e orgogliosi, tanto da custodire gelosamente nel simbolo la fiamma della tomba del duce.
Sarebbe bastato dire che FdI condanna ogni forma di fascismo e che è un partito antifascista, ma ovviamente se n'è ben guardata. Ma anche ammesso che lo facesse in futuro, non conterebbe nulla poiché sarebbe solo un passo formale per calcolo opportunistico, nel caso lo ritenesse utile per i suoi neri scopi. Come ha chiarito una volta per tutte il Segretario generale Scuderi, nel discorso alla 7ª Sessione plenaria del 5° CC del PMLI: “il governo Meloni non può essere trattato come un qualsiasi governo borghese. L'antagonismo di classe e antifascista verso di esso è irriducibile e irrinunciabile. Nemmeno se la ducessa Meloni condannasse qualche crimine del fascismo, come ha fatto, parzialmente, per l'assassinio di Matteotti. E nemmeno se condannasse apertamente la dittatura fascista di Mussolini, poiché ciò non cambia la natura neofascista del suo governo, considerando le leggi e gli atti politici che produce e il disegno politico in cui sono iscritti ”.

La tattica meloniana per chiudere il caso e rivoltare la frittata
In difesa dei giovani fascisti è intervenuto sfacciatamente il ministro dell'Interno Piantedosi con un'intervista a Sky tg24 in cui, stornando le accuse di antisemitismo dai balilla meloniani agli studenti di sinistra che lottano nelle scuole e nelle piazze in difesa del popolo palestinese, ha detto che “l'antisemitismo che si traduce anche in azioni che possono mettere a repentaglio la sicurezza e l'ordine pubblico non si è evidenziato da quel gruppo giovanile (Gioventù nazionale, ndr) ma da ben altri che nelle nostre piazze e nelle nostre università hanno bruciato le bandiere di Israele, gli assalti alla Brigata ebraica il 25 aprile, cose molto più pericolose che non sono state poste in essere da quel gruppo giovanile”.
La stessa sporca menzogna che ribalta spudoratamente la realtà il ministro l'ha ripetuta poi pari pari anche alla Camera, rispondendo nel Question time ad un'interrogazione di AVS. Questo comunque, insieme alla lettera di Meloni e alla sua promessa di fare pulizia nel partito, è parso sufficiente alla comunità ebraica per ritenersi soddisfatta e rinsaldare, nel nome di Israele e del sionismo, l'alleanza contro natura con gli eredi dei loro carnefici fascisti: in un'intervista al Corriere della Sera , il presidente della comunità ebraica milanese, Walter Meghnagi, amico di vecchia data del fascista La Russa, non solo ha assolto Meloni e il suo partito neofascista, confermando di sentirsi protetto da FdI “sia per quanto ha fatto in passato sia per quanto sta facendo ora”; ma si è incredibilmente scagliato contro Fanpage chiedendo “perché non va a mettere le cimici nei centri sociali? O nelle moschee? Perché non ci fanno sentire cosa dicono degli ebrei nei luoghi vicini alla sinistra”?
In soccorso della premier neofascista e dei suoi balilla è sceso anche il rossobruno Franco Cardini con un'intervista su Il Fatto , in cui ha cominciato screditando l'inchiesta di Fanpage (“da vecchio giornalista, come principio generale, vorrei stabilire che i servizi sotto copertura sono sleali, inducono a errori e falsificazioni”); ha continuato assolvendo i rampolli della ducessa in quanto “inconsapevoli del significato del loro gesto”, perché quei simboli e gesti “quei ragazzi li usano per sfidare il pensiero corretto, il conformismo delle persone 'per bene'”; e ha finito difendendo il diritto della Meloni di non ascoltare gli inviti dei “progressisti” a rinnegare il fascismo, visto che loro non si scandalizzano per i simboli neonazisti del battaglione Azov, e anzi li sfida a dichiarare che “il signor Zelenskt si serve anche dei neonazisti”.
Intanto la premier neofascista ha affidato la “pulizia” nell'organizzazione giovanile di FdI a Donzelli e a sua sorella Arianna, ossia proprio a colei che visitava spesso, indottrinava e incitava i giovani balilla: “Sono ragazzi e ragazze cresciuti da Giorgia e Arianna Meloni, è roba loro, una storia bruttissima”, avrebbero infatti commentato a caldo esponenti della corrente rivale di Rampelli, secondo indiscrezioni raccolte da La Stampa del 15 giugno. Anche l'intervento della procura di Roma, che ha chiesto l'acquisizione dell'intera registrazione per individuare eventuali “notizie di reato”, potrebbe essere un assist alla premier neofascista per mettere in realtà nel mirino proprio i giornalisti di Fanpage e la correttezza dell'inchiesta.
 
 
 

10 luglio 2024