Primo esame alla Camera del ddl di Piantedosi, Nordio e Crosetto
Il governo accelera sulla legge liberticida e fascista sulla sicurezza

Nell'ultima decade di giugno, subito dopo aver portato a casa l'autonomia differenziata e la prima approvazione del disegno di legge costituzionale sul premierato, nonché aver calendarizzato in parlamento la controriforma costituzionale piduista della Giustizia, il governo neofascista Meloni ha ripreso in mano e accelerato l'esame alla Camera del ddl fascista sulla sicurezza che porta la firma dei ministri Piantedosi, Nordio e Crosetto. Si tratta dell'ultimo e più grave dei tanti “pacchetti sicurezza” varati da questo governo (dal decreto Rave a quello Cutro, da quello contro le navi delle Ong al decreto Caivano) basati sulla introduzionezione di nuove fattispecie di reati e sull'inasprimento delle pene per quelli già esistenti, in nome della risposta ad una presunta “insicurezza percepita” costruita a tavolino e in una logica tipicamente persecutoria e poliziesca di stampo fascista.
Il provvedimento era stato approvato il 16 novembre 2023 dal Consiglio dei ministri e presentato in parlamento il 22 gennaio scorso, ma era rimasto praticamente fermo per quattro mesi a causa dell'ingorgo dei decreti e disegni di legge del governo. Dal 28 maggio il suo iter è ripartito spedito con l'esame nelle commissioni congiunte Affari costituzionali e Giustizia della Camera, e dal 19 al 27 giugno sono stati votati gli emendamenti, con il respingimento di quasi tutti quelli delle opposizioni. Probabilmente a causa di contrasti nel governo sono stati sospesi per ora quelli presentati dalla maggioranza.
Questo lo stato dell'arte del ddl 1660, i cui contenuti più gravi, che abbiamo già trattato nel n. 43/2023 de Il Bolscevico , qui richiamiamo il più sinteticamente possibile.

Misure fasciste “antiterrorismo” e per la “sicurezza urbana”
Tra le disposizioni del Capo I “per la prevenzione e il contrasto del terrorismo e della criminalità organizzata”, con l' Articolo 1 si introduce un nuovo reato che punisce con la reclusione da 2 a 6 anni la mera detenzione di “materiale contenente istruzioni sulla preparazione o sull'uso” di armi, sostanze, tecniche ecc. “con finalità di terrorismo”. E con una modifica del codice penale si punisce anche la diffusione e divulgazione, con pene da 6 mesi a 4 anni.
Non serve più che ci sia l'effettiva e dimostrata intenzione di compiere atti di terrorismo, basterà essere semplicemente in possesso di pubblicazioni associabili in qualche modo a tale reato. É un principio aberrante che sovverte dalle fondamenta lo Stato di diritto, in quanto trasforma in un crimine il semplice sospetto che lo si potrebbe anche compiere in futuro, e può costituire un precedente da applicare ad altre tipologie di reati.
Le “disposizioni in materia di sicurezza urbana” ( Capo II ) comprendono un corposo pacchetto di articoli che puntano specificamente alla repressione del dissenso e alla persecuzione delle minoranze che vivono l'emarginazione e il disagio sociale. L' Articolo 8 stabilisce il nuovo reato di “occupazione arbitraria di immobile destinata a domicilio altrui” (non necessariamente del proprietario), perseguibile su querela di parte (ma anche d'ufficio nel caso di partecipazione di più di 5 persone e di edifici pubblici), con pene fino a 7 anni e una procedura d'urgenza per lo sgombero. Una norma che si presta ad essere impugnata anche contro gli inquilini morosi per necessità, specie dopo che il governo Meloni ha cancellato il fondo affitti di 330 milioni a loro destinato.
L' Articolo 10 estende l'ambito di applicazione del cosiddetto Daspo urbano per l'accesso alle aree e pertinenze dei trasporti pubblici (ferrovie, stazioni, aeroporti ecc.) ai soggetti con condanne, anche non definitive, nei 5 anni precedenti. Il non rispetto del Daspo pregiudica anche la concessione della sospensione condizionale della pena.

Giro di vite fascista ai blocchi stradali, ferroviari e di fabbriche
L' Articolo 11 è particolarmente grave, perché col pretesto di garantire la circolazione minaccia direttamente i diritti di sciopero e di manifestazione, anche in forma di resistenza passiva usando il proprio corpo per bloccare il traffico o l'uscita delle merci da una fabbrica e altri casi analoghi. Già il primo decreto sicurezza di Salvini del 2018 puniva il blocco della circolazione per protesta, ma servendosi di mezzi e con multe salate. Con questo articolo, modificando una norma del 1948, il reato si estende anche ai blocchi ferroviari e all'uso del proprio corpo, e da illecito amministrativo, con multa da 1000 a 4000 euro, diventa penale con reclusione fino ad un mese o multa di 300 euro per un singolo manifestante. Se il reato è commesso da più persone la pena va da 6 mesi a due anni di carcere.
Con l' Articolo 12 viene reso facoltativo e non più obbligatorio il rinvio della pena per le donne incinte e le madri con bambini fino ad un anno di età: vale a dire che le donne incinte e i bimbi appena nati possono finire in carcere, visto che gli Istituti di custodia attenuata (Icam) previsti in sostituzione del carcere ordinario sono appena 4 in tutta Italia. Un provvedimento particolarmente odioso pensato per punire specificamente le donne Rom. Anche l' Articolo 13 , relativo all'impiego di minori nell'accattonaggio, è rivolto soprattutto ai Rom, alzando da 14 a 16 anni l'età del minore e raddoppiando gli anni di carcere per il di lui genitore o parente, dato che nella maggior parte dei casi riscontrati non si tratta di vere organizzazioni criminali ma di accattonaggio familiare.

Forti aumenti di pena a chi si oppone alle “forze dell'ordine”, anche nelle carceri e nei Cpr
Il Capo III , con gli Articoli 14 , 15 e 17 , è finalizzato ad aumentare le tutele per gli agenti di polizia giudiziaria, pubblica sicurezza, carabinieri, guardie penitenziarie, finanzieri, polizia stradale e pubblici ufficiali in generale, attraverso drastici aggravamenti di pena in caso di violenza, resistenza o minaccia da parte di cittadini e di manifestanti in particolare. L' Articolo 16 aggrava enormemente le pene per il reato di “deturpamento e imbrattamento di cose altrui”, con pene fino ad un anno e sei mesi e multe fino a 3000 euro in caso di edifici pubblici (fino a 3 anni e 12000 euro se recidivi). I movimenti ecologisti come Ultima generazione che manifestano contro l'inadempienza del governo per il cambiamento climatico sono nel mirino del governo.
Gli Articoli 18 e 19 introducono varie misure con l'intento di assicurare un regime terroristico di “sicurezza” nelle carceri e nei centri di trattenimento e accoglienza per i migranti (Cpr, Cpa). Per le carceri si aumenta di un terzo della pena l'aggravante del reato di “istigazione a disobbedire alle leggi” a mezzo scritti o comunicazioni ad altri detenuti (basta un biglietto), e si introduce il nuovo delitto di “rivolta all'interno di un istituto penitenziario”, anche in forma di resistenza passiva e non violenta, con pene da 2 a 8 anni e da 1 a 5 per la mera partecipazione. Questo nuovo reato è replicato anche per i centri per migranti irregolari, con pene da 1 a 6 anni (anche se resistenza passiva) e da 1 a 4 per la mera partecipazione.

Aumentati privilegi e immunità per forze di polizia, esercito e servizi segreti
L' Articolo 20 autorizza gli agenti di ps (si stima oltre 300 mila) a portare senza licenza alcuni tipi di armi quando non sono in servizio, con l'aumento delle armi in circolazione e anche di possibili incidenti: un regalo a certi sindacati di polizia tra i più reazionari e più vicini alla premier neofascista e al fascioleghista Salvini.
L' Articolo 21 mira ad estendere l'applicabilità delle pene del codice di navigazione ai capitani delle navi, italiane o straniere, che non obbediscono o facciano resistenza all'intimazione di fermo di unità della Gdf (chiaramente rivolto alle navi delle Ong). Si prevede inoltre la reclusione da 3 a 10 anni per i capitani di navi straniere “per atti compiuti contro una nave da guerra nazionale”: una norma fatta su misura per scoraggiare altri casi come quello della comandante Carola Rakete.
Infine gli Articoli 22 e 23 concedono tutta una serie di privilegi e tutele speciali extragiudiziali rispettivamente per il personale delle forze armate in missione internazionale, con la non punibilità sull'uso di strumenti informatici per violare domicili e segreti; e per gli agenti segreti sotto copertura e che infrangono la legge durante il servizio, con tutele che vanno dall'estensione dei reati che possono essere violati, all'aumento della tutela processuale, ai colloqui segreti con detenuti, fino all'obbligo di cooperazione da parte delle pubbliche amministrazioni: che potrebbe riguardare per esempio anche lo spionaggio di studenti antifascisti e antisionisti nelle università e nelle scuole col pretesto di sospetto antisemitismo o simpatie per Hamas.

Aggravato ulteriormente il carattere fascista del ddl in parlamento
È chiaro perché il governo neofascista Meloni ora accelera l'approvazione di questo mostruoso giro di vite liberticida e fascista: nell'immediato perché vuole avere mano libera per poter schiacciare con la massima violenza possibile la rivolta sociale, le manifestazioni e le lotte di piazza, specie quando nel prossimo autunno-inverno cercherà di scaricare sui lavoratori e le masse popolari la politica di lacrime e sangue che ha sottoscritto con i vampiri di Bruxelles. E in prospettiva perché, ripristinando appieno il mai del tutto cancellato codice penale Rocco, una volta approvate le controriforme costituzionali piduiste e fasciste del premierato e della giustizia, potrà garantire al meglio l'“ordine e la sicurezza” della nuova dittatura mussoliniana col volto della ducessa Meloni.
Infatti, come ha mostrato il dibattito in parlamento, la maggioranza neofascista non solo boccia sistematicamente tutti gli emendamenti delle opposizioni, ma punta ad aggravare ulteriormente il ddl, concentrando in particolare gli sforzi sugli articoli del Capo II, quelli riguardanti la repressione delle manifestazioni e delle lotte e il rafforzamento dei poteri delle forze repressive dello Stato. Si è accanito particolarmente in questo lavoro infame il deputato e commissario federale della Lega, Igor Iezzi, meglio noto come l'energumeno distintosi nell'aggressione squadrista alla Camera contro il deputato del M5S Leonardo Donno. Due suoi emendamenti all'Articolo 11 chiedevano di estendere le pene per i blocchi stradali e ferroviari anche ai promotori e agli organizzatori, e di considerare sempre come violenza privata (punibile fino a 4 anni), l'impedire anche col proprio corpo l'entrata o l'uscita da uno spazio aziendale, non considerando esimente l'esercizio del diritto di sciopero: voleva essere ben sicuro che l'articolo 11 si applicasse sempre e comunque contro i picchetti operai.
Altrettanto infame un altro suo emendamento all'Articolo 14 che aumenta le pene per resistenza, violenza e minacce a poliziotti e pubblici ufficiali, proponendo l'ulteriore aumento della pena fino a 25 anni (poi ritirato e ripresentato “solo” per 20), se il fatto è commesso per impedire la realizzazione di un'opera pubblica o un'infrastruttura strategica: è puramente casuale che rientrino in queste fattispecie le lotte e le manifestazioni contro la Tav e il ponte sullo Stretto. Sono stati poi ritirati, per mancanza di accordo nella maggioranza, altri emendamenti simili della Lega, come quello che concedeva la non punibilità ai pubblici ufficiali per l'uso delle armi “per vincere la resistenza, anche passiva, all'autorità”.
Purtroppo le opposizioni parlamentari aventiniane continuano a non capire la gravità della posta in gioco, e puntano solo sulla battaglia parlamentare a base di emendamenti per sopprimere o “mitigare” gli articoli più marcatamente liberticidi e fascisti della legge: strada già dimostratasi inutile e perdente in partenza. Questa legge fascista è inemendabile e va solamente affossata con la lotta di piazza antifascista. Come hanno chiesto anche le migliaia di partecipanti alle manifestazioni di protesta contro il ddl 1660 indette sabato 24 giugno - dalle forze sindacali, politiche e giovanili che avevano promosso la manifestazione del 1° giugno contro il governo Meloni - davanti alle prefetture di diverse città d'Italia: da Milano a Reggio Calabria, da Bologna a Bari; e a Roma con una combattiva manifestazione davanti a Montecitorio.
Questa legge è inemendabile anche per Antigone e Asgi, che difendono rispettivamente i diritti dei carcerati e dei migrati, nonché per Amnesty International, e le tre associazioni per i diritti umani lo hanno detto chiaramente il 17 maggio nell'audizione alla Camera: “Le nuove disposizioni che il Governo vorrebbe introdurre appaiono, infatti, impostate ad una logica repressiva, securitaria e concentrazionaria: la sicurezza è declinata solo in termini di proibizioni e punizioni, ignorando che è prima di tutto sicurezza sociale, lavorativa, umana e dovrebbe essere finalizzata all’uguaglianza delle persone”, ha dichiarato infatti alla commissione Giustizia il presidente di Antigone, Patrizio Gonnella. E ha aggiunto che questa legge porterà ad “una deriva del sistema democratico verso un modello autoritario e repressivo nelle nostre comunità colpendo anche con intenti discriminatori, diverse situazioni di marginalità sociale”.

10 luglio 2024