Arrestato il padrone schiavista di Satnam
I Pm: “Condotta disumana del datore di lavoro per nascondere lo sfruttamento”

Lunedì 1 luglio scorso è stato arrestato Antonello Lovato, titolare dell’azienda agricola di Latina dove lavorava il bracciante indiano, Satnam Singh, il 31enne morto il 19 giugno scorso dopo il gravissimo incidente sul lavoro che gli aveva tranciato un braccio e poi abbandonato davanti a casa dal padrone.
Una decisione presa dalla Procura di Latina e sancita dal Gip, Giuseppe Molfese, modificando l’ipotesi iniziale di omicidio colposo. Dicono dalla Procura: “La consulenza medico legale ha accertato che ove l’indiano, deceduto per la copiosa perdita di sangue, fosse stato tempestivamente soccorso, si sarebbe con ogni probabilità salvato”... “la decisione di omettere il doveroso soccorso” (ha) “costituito accettazione del rischio dell’evento letale”.
L’indagine va avanti non solo per la morte di Satnam Singh ma anche per “l’accertamento delle condizioni di lavoro”. Il padre di Lovato è dal 2019 anch'egli indagato per sfruttamento dei braccianti, a questo fa riferimento il Gip scrivendo che Lovato ha voluto “occultare quanto accaduto per evitare che venissero alla luce le condizioni di irregolarità e sfruttamento nelle quali versava il lavoratore, nonché la gravissima situazione di irregolarità dell’azienda sotto il profilo della sicurezza e della salute sul lavoro”... “si è intenzionalmente e volontariamente disinteressato delle probabili conseguenze del suo agire”.
Lovato aveva parlato di una leggerezza del bracciante: “Avevo avvisato il lavoratore di non avvicinarsi al mezzo, ma lui ha fatto di testa sua”. Una frase che cozza con la ricostruzione del Gip, infatti le condizioni del bracciante “in stato di semi incoscienza, con un braccio amputato e copiosa perdita ematica, rendono, per la valutazione di chiunque, inevitabile l’evento mortale, soprattutto in assenza di un repentino intervento sanitario”.
Questo vale anche per i comportamenti successivi “argomentano e caratterizzano univocamente la condotta omicidiaria”. Lovato si è così difeso: “Non ho chiamato l’ambulanza perché la moglie diceva di portarlo a casa e per questo l’ho caricato sul furgone di famiglia e con la moglie, preso dal panico, l’ho portato a casa, dove sapevo che avevano già chiamato l’ambulanza”. Diversa la versione della moglie di Satnam, che lavorava con lui, che smentisce: “Ho chiesto a Lovato di chiamare i soccorsi ma lui continuava a dire che era morto. Solo dopo aver insistito nella mia richiesta Lovato ha preso un furgone, ha caricato mio marito per poi accompagnarci presso il nostro domicilio”. Per il Gip, Lovato non solo omette di chiamare i soccorsi, ma addirittura fugge con il furgone, provvede a ripulire il sangue, intima il silenzio ai presenti , “faceva il gesto del dito davanti la bocca, come per dirci di stare zitti” dicono i braccianti, insomma la principale finalità dell’indagato era di tutta evidenza quella di celare l’accaduto. Anche perché Satnam era “irregolare sul territorio nazionale, privo di contratto, sguarnito di protezioni antinfortunistiche e adoperando strumentazione da lavoro non certificata”.
A giustificare poi il carcere, scrive il Gip, è “il clima di soggezione nel quale versano gli altri lavoratori stranieri, le possibili intimidazioni o i condizionamenti esterni che andrebbero certamente a minare la genuinità delle loro affermazioni”. Si sottolinea “la possibilità che accadimenti possano ancora realizzarsi” e addirittura l’indole manifestata dall’indagato impone di evidenziare “che non si asterrebbe se si presentasse affettivamente un’occasione per compiere ulteriori atti della stessa specie”. La notizia dell’arresto è accolta con soddisfazione dalla comunità indiana del Lazio: “Stavamo aspettando questa notizia, eravamo arrabbiati. Un incidente può capitare, ma non chiamare i soccorsi è inammissibile”.
Noi marxisti-leninisti siamo lieti dell'arresto di Lovato, ma per noi non può bastare il diritto penale per risolvere gli annosi problemi dei braccianti, occorre legare le loro lotte immediate alla lotta per il lavoro stabile, a tempo pieno, a salario intero, sindacalmente tutelato e da svolgersi in condizioni di massima sicurezza che va riconosciuto a tutti i lavoratori e i disoccupati, migranti inclusi.
La loro terribile condizione di sfruttamento bestiale è figlia anche del razzismo e delle politiche contro i migranti portate avanti dai vari governi, ivi incluso quello in carica, noi ci battiamo perché ai migranti siano garantite frontiere aperte, soccorsi tempestivi, libero accesso e pari diritti, affossando le fallimentari e criminogene politiche razziste e neofasciste sull'immigrazione e sullo sfruttamento.
La storia del povero Satnam è la storia di ordinario sfruttamento e di privazioni totali che vivono migliaia di migranti sotto gli occhi di tutti nel nostro Paese, quando si arriva a negare ogni diritto ecco che diventa possibile negare anche le cure mediche necessarie a salvarsi la pelle, come è stato per Satnam, lasciato morire sotto gli occhi di tutti quando poteva ancora essere salvato.
In ultima analisi per impedire che terribili storie si ripetano sono necessari il socialismo e il potere politico del proletariato, solo così potrà avere fine il bestiale sfruttamento dell'uomo sull'uomo e le condizioni di schiavitù e diritti negati di migliaia di esseri umani super sfruttati sull'altare della legge del massimo profitto, la legge fondamentale del capitalismo monopolistico e in putrefazione ossia l'imperialismo.

10 luglio 2024