Secondo l’“Osservatorio economia e società”
Cresce il divario tra ricchi e poveri a Napoli
105mila disoccupati, redditi bassissimi nei quartieri popolari. Occupazione femminile ai minimi storici

Redazione di Napoli
Venerdì 21 giugno a Napoli, presso la sede comunale di Palazzo S. Giacomo, il neo costituito “Osservatorio economia e società” istituito dal comune e coordinato dal docente di Economia dell’Università degli studi di Napoli “Federico II”, prof. Gaetano Vecchione, alla presenza di quasi tutta la giunta, inclusi Gaetano Manfredi e l’assessore al Bilancio Pier Paolo Baretta, ha presentato la sua relazione.
Nonostante il clamore mediatico dovuto all’iniziativa, la verità che emerge è quella di un crescente divario tra ricchi e poveri, tra borghesia e proletariato, con larghe sacche di povertà che nei quartieri popolari, fino alle zone Nord, Est e Ovest della città, raggiungono dati significativi e allarmanti. La giunta antipopolare Manfredi fa passare la relazione come positiva perché fa leva sulla crescita del Pil di Napoli (28,4%) che rappresenta il 7% dell’intero Mezzogiorno e il 25% della Campania.
Ma dove va a finire questa ricchezza? Chiaramente alle 80mila imprese con un profitto di +23,4%. Tra queste balzano agli occhi le cosiddette “imprese urbane”, ossia quelle dei servizi collegate al turismo, prima fra tutti gli albergatori che aumentano notevolmente i propri profitti, cui seguono i multiproprietari di “B&B” per finire a ristoratori, trattorie, ecc. Un business che, è vero, attraversa anche le imprese familiari che, una volta messe in proprio, hanno risolto il problema della disoccupazione di interi nuclei con il boom del turismo, con Napoli attualmente prima nell’Unione Europea. Ma quando ci sarà il calo fisiologico, riusciranno a reggere?
D’altronde la “turistificazione” selvaggia ha prodotto anche una fuga dalla città di migliaia di napoletani che hanno visto gli affitti delle case aumentare a dismisura soprattutto al centro città, mentre è diventato impossibile acquistare un immobile. L’emigrazione è stata forte negli ultimi tre lustri e per la prima volta Napoli è scesa prima sotto il milione di abitanti e ora rischia un ulteriore crollo demografico con quasi diecimila soggetti in meno rispetto al 2021 (-5%, con attestazione in città a 912.000 abitanti). L’abbandono di Napoli c’è stato soprattutto dai quartieri popolari e, in particolar modo, da Scampia, Bagnoli e Fuorigrotta dove il tasso di disoccupazione supera abbondantemente il 50%, soprattutto quello giovanile e i redditi pro-capite sono bassissimi. Mentre nei quartieri dove si concentra la medio-alta borghesia, ossia Chiaia e Posillipo si va da una media di 50mila euro fino a redditi superiori ai 300mila annui dichiarati - con una media di 120mila euro pari all’8,5% -, nei quartieri popolari si va dai 25mila annui negli storici quartieri operai di Bagnoli, Fuorigrotta e Agnano, fino ai 14-19mila della zona centrale che fa capo alla “zona di Forcella”, per sprofondare nella zona Est di Napoli con la maggioranza dei redditi da zero a 16mila euro, salvo rare eccezioni, Non a caso questa zona, con i quartieri di S. Giovanni, Barra e Ponticelli da qualche anno si è sviluppata una nuova camorra giovanile sanguinaria, con i quartieri infestati dagli scontri tra i clan che sono diventati egemoni e vogliono espandersi nel resto della città e in provincia.
Il dato più preoccupante rimane quello di 105mila disoccupati su 912mila abitanti (60%), quasi 3 napoletani su 10, con il lavoro femminile ai minimi storici, nonostante le donne rappresentino la maggioranza delle masse popolari partenopee. Nei quartieri di Miano, Secondigliano e San Pietro a Patierno siamo al 62% di disoccupazione con soltanto il 23% delle donne occupate nel 38% degli occupati nell’area Nord di Napoli. Un dato spaventoso che la dice lunga su come le imprese crescono e la disoccupazione pure: ossia crescono i profitti, si abbassano i salari e cresce il supersfruttamento del proletariato, soprattutto nel settore dei servizi.
D’altronde nella giungla dei numeri l’Osservatorio certifica, senza dirlo, l’atavica desertificazione industriale con il 5% delle imprese soltanto tra i 10 addetti e qualche centinaia al di sopra dei 50 addetti. Il settore dove si concentra la classe operaia napoletana è quello metalmeccanico-manufatturiero (8,4%), poi vi è quello edile e delle costruzioni (5,9%), e poi quello dei servizi urbani che riguarda impiegati e operai all’interno della pubblica amministrazione (24%) e il resto nella cosiddetta “distribuzione commerciale” (21,7%).
Il sindaco Manfredi commenta i dati entusiasticamente prono ai capitalisti napoletani e commenta con faccia di bronzo: “vogliamo una crescita inclusiva che riduca i divari e aumentare l’istruzione, fermando l’emigrazione dei laureati”. Eppure allo stesso interessa lo sviluppo dissennato del turismo che ha solo portato sfruttamento e povertà tra gli operai stagionali e precari, l’introduzione anche a Napoli dell’odiosa tassa di soggiorno che ha portato nelle casse cittadine quasi 18 milioni di euro.
Il liberismo sfrenato delle politiche della giunta Manfredi è stato notato anche da un articolo di critica apparso sull’edizione napoletana di “Repubblica” il 4 luglio a firma di Rosario Patalano dal titolo inequivocabile “Non trasformiamo la città di Napoli in Albergo d’Europa”. Lo scritto polemico, rispolverando i dati critici dell’Osservatorio, sottolinea l’incredibile flusso di 12,4 milioni di turisti nel capoluogo campano nel 2023, quasi 1,7 di crocieristi, strutture ricettive pari a 13mila tra centro e periferia che hanno trasformato le abitazioni in piccole imprese, per lo più B&B. Conclude giustamente Patalano: “un processo - non privo di fenomeni speculativi - che dovrebbe essere accompagnato anche attraverso progetti di risanamento urbanistico del centro storico, ma l’amministrazione Manfredi fino ad ora ha praticato una politica 'liberista', lasciando arricchire chi sa approfittare del trend turistico e lasciando gli altri nella disperazione”.
La distanza tra i quartieri poveri e quelli ricchi è enorme, tra il proletariato e la borghesia incolmabile, sia dal punto di vista economico che di istruzione: i laureati sono il 16% totale, c’è ancora una sacca di analfabetismo all’1%, i redditi dei capitalisti partenopei sono quattro se non cinque volte rispetto a quelli dei quartieri e delle zone più degradati, meno qualificati e più poveri della città. Un disastro che vede nelle giunte del “centro-sinistra” l’incapacità di far fronte ai gravi problemi che vanno, soprattutto, dalla mancanza atavica di lavoro in città, fino alla mancanza assoluta di un piano di riqualificazione urbana dei quartieri più poveri che dalla zona Ovest a quella Est fino a quella Nord della città; per finire ai trasporti fatiscenti e alla raccolta differenziata che non ha raggiunto nemmeno il 40% in quasi tre anni di mandato. Una relazione, quella dell’“Osservatorio economia e società” che ha messo a nudo la situazione interna della città e, come un boomerang, ha smascherato le politiche antipopolari di chi l’ha promossa.

17 luglio 2024