Shangri-La Dialogue Forum sulla sicurezza in questa strategica area mondiale
Usa e Cina si contendono il futuro militare nell'Asia-Pacifico
Duro scambio di battute su Taiwan e il Mare cinese meridionale

Lo Shangri-La Dialogue, il massimo forum sulla sicurezza dell’Asia-Pacifico, dell’Istituto internazionale per gli studi strategici (IISS), un evento annuale a cui partecipano esperti di sicurezza e funzionari della difesa provenienti da vari paesi, si è svolto per il 21° anno a Singapore dal 31 maggio al 2 giugno scorsi, con all’ordine del giorno, come ormai tradizione, la competizione tra Stati Uniti e Cina in un’area definita all’unisono come strategica per i rapporti di forza del futuro tra l’imperialismo dell’Ovest e quello dell’Est.
Aperto dal presidente filippino Ferdinand Marcos Jr, secondo cui “la competizione strategica tra Cina e Stati Uniti sta permeando il panorama regionale in evoluzione. Questa rivalità sta limitando le scelte strategiche degli stati regionali. Questo contesto sta esacerbando i punti critici e ha creato nuovi dilemmi in materia di sicurezza”, mentre “L’influenza determinante della Cina sulla situazione della sicurezza e sull’evoluzione economica di questa regione è un fatto permanente. Allo stesso tempo, la presenza stabilizzante degli Stati Uniti è cruciale per la pace nella regione. Non è mai una scelta. Entrambi i paesi sono importanti. La continua stabilità di questa regione richiede che Cina e Stati Uniti gestiscano tale rivalità in modo responsabile. In attesa dell’eliminazione totale delle armi nucleari, la Cina e gli Stati Uniti hanno la responsabilità unica di adottare misure concrete per invertire il recente aumento delle scorte nucleari e alleviare i rischi di un conflitto nucleare”, lo Shangri-La Dialogue ha rappresentato l’occasione per il primo bilaterale tra i capi della difesa di USA e Cina dopo due anni.
Il capo del Pentagono Austin ha cominciato elogiando la ripresa delle conversazioni con la Cina, frase standard su Taiwan, soprattutto risposta vaga su che cosa farebbe scattare il trattato di mutua difesa con le Filippine. Cautela apprezzata da parte cinese, visto che Marcos aveva appena tracciato una linea chiara come mai prima: “La morte su azione volontaria di un nostro marinaio o funzionario significherebbe passare il Rubicone”. L’assertivo discorso del leader di Manila, che ha definito “fantasie” le rivendicazioni territoriali di Pechino nel mar Cinese meridionale, ha lasciato comunque percepire alla delegazione cinese un senso di accerchiamento. Come se Washington si potesse permettere un approccio più morbido grazie a quello più duro dei suoi alleati. È forse per questo che il tenente generale Jing Jianfeng ha sostenuto che gli USA intendano costruire una “NATO asiatica”.
Uno spauracchio per Pechino, che percepisce l’attivismo americano nella regione come una “interferenza” votata alla complicazione dei dossier più delicati in ottica anti cinese. “La nostra presenza è vitale per il futuro dell’Indo-Pacifico e la regione è più vitale che mai per gli Usa”, ha però detto Austin, parlando di una “nuova convergenza” che “non è una singola alleanza ma una rete di partnership e iniziative complementari tra paesi che condividono gli stessi interessi e valori”.
All’ombra della rivalità tra le grandi potenze, gli attori asiatici hanno provato in realtà a evitare di diventare un terreno di scontro. Il discorso di Austin ha descritto lo sforzo degli Stati Uniti per costruire un reticolo di relazioni nell’Indo-Pacifico per sostenere la sua concorrenza con la Cina; ha anche sottolineato la necessità di una maggiore comunicazione. Austin ha proseguito con quella che ora è una linea familiare sul trattare con la Cina: “il dialogo non è una ricompensa; è una necessità”.
Intanto il 31 maggio gli Stati Uniti hanno approvato una dichiarazione di principi per la collaborazione della base industriale di difesa dell’area indo-pacifica a seguito di ampie consultazioni con gli alleati e i partner. “Le recenti sfide globali e l’attuale contesto di sicurezza – vi si legge - hanno evidenziato l’importanza della resilienza industriale della difesa. Nell’adottare questa dichiarazione di principi, i partecipanti si sforzano di perseguire azioni di collaborazione, a livello bilaterale e multilaterale e in conformità con le politiche nazionali, per migliorare la nostra comune resilienza industriale della difesa. I seguenti principi guideranno queste azioni di collaborazione tra partecipanti che la pensano allo stesso modo:
- Garantire la resilienza industriale della difesa condivisa è vitale per il mantenimento della sicurezza regionale, della sicurezza economica e della prosperità dell’Indo-Pacifico. - Il rafforzamento della resilienza del settore della difesa richiede un’azione collaborativa per espandere la capacità, la capacità e la forza lavoro della base industriale; aumentare la resilienza della catena di fornitura; promuovere l’innovazione nel settore della difesa; migliorare la condivisione delle informazioni; incoraggiare la standardizzazione; ridurre gli ostacoli alla cooperazione; e altrimenti mitigare le potenziali vulnerabilità e facilitare la collaborazione. - Per ottimizzare la collaborazione è necessario tenere conto delle esigenze, delle capacità e dei vantaggi comparativi delle basi industriali dei partecipanti, in linea con la concorrenza di mercato libera ed equa e con la protezione della proprietà intellettuale. - La conduzione di azioni collaborative non sarà limitata ai governi, ma coinvolgerà anche l’industria, i fornitori di capitali, il mondo accademico e altre forme di partenariato. - È necessario promuovere un ulteriore dialogo per promuovere la collaborazione e aumentare la resilienza condivisa del settore della difesa”.
Il ministro della Difesa cinese Dong Jun ha tenuto il suo discorso il 2 giugno. Dong ha chiesto di trarre forza dalla “saggezza asiatica” per creare consenso e cercare un terreno comune accantonando le differenze. La Cina è disposta a collaborare con tutte le parti per proteggere i legittimi interessi di sicurezza di tutti i paesi, costruire congiuntamente un ordine internazionale “più giusto ed equo”, dare pieno spazio all’architettura di sicurezza regionale, promuovere una cooperazione di difesa aperta e sostanziale, dare l’esempio di cooperazione in materia di sicurezza marittima, rafforzare la governance della sicurezza nelle aree emergenti per puntare a nuovi progressi nella cooperazione in materia di sicurezza regionale. Dong ha sottolineato che la Cina apprezza la pace e l’armonia e si impegna a perseguire la sicurezza comune, l’uguaglianza e il rispetto reciproco, l’apertura e l’inclusione, nonché a salvaguardare i suoi interessi fondamentali. Attualmente, il Mar Cinese Meridionale ha registrato una stabilità generale, ha affermato Dong, sottolineando che un determinato Paese dovrebbe vedere quali sono i suoi veri interessi e tornare sulla giusta strada del dialogo e della consultazione. “L’Esercito popolare di liberazione cinese” intraprenderà azioni risolute per frenare l’indipendenza di Taiwan e assicurarsi che un simile complotto non abbia mai successo, ha detto.
La delegazione cinese ha altresì respinto le accuse definite infondate del segretario alla Difesa americano Lloyd Austin contro la Cina durante lo Shangri-La Dialogue, affermando che “leadership” non implica egemonia, lo status è determinato da atti e sono le azioni a parlare. Il tenente generale Jing Jianfeng, vice capo del dipartimento di stato maggiore congiunto della Commissione militare centrale cinese, ha dichiarato in una conferenza stampa che, spacciando la cosiddetta “strategia indo-pacifica”, Washington sta tentando di mantenere la sua egemonia. Sebbene la Guerra Fredda sia finita 32 anni fa, gli Stati Uniti non hanno rimosso i residui della Guerra Fredda, come l’alleanza di intelligence Five Eyes e l’alleanza militare bilaterale. Invece, ha intensificato la politica dei blocchi e alimentato conflitti e confronti lanciando il dialogo quadrilaterale sulla sicurezza e i partenariati trilaterali sulla sicurezza. “Per perseguire i propri interessi egoistici, gli Stati Uniti hanno blandito e costretto alcuni paesi ad agire come una pedina con l’obiettivo fondamentale di mantenere il proprio sistema egemonico, indipendentemente dall’aspirazione alla stabilità e all’ordine dei paesi della regione” ha affermato. Per quanto riguarda la questione di Taiwan, Jing ha smentito fermamente le recenti osservazioni degli Stati Uniti secondo cui Taiwan ignora i fatti e distorce la verità. Gli Stati Uniti hanno continuamente indebolito e svuotato il principio della Cina unica, rafforzato i cosiddetti scambi ufficiali con Taiwan e condonato le attività di “indipendenza di Taiwan”, ha affermato. Gli Stati Uniti hanno anche aumentato le vendite di armi a Taiwan sia in termini di qualità che di quantità, hanno spesso navigato attraverso lo stretto di Taiwan per mostrare i muscoli e si sono alleati con altri paesi per intervenire nella questione di Taiwan, ha detto Jing. Che ha aggiunto come negli ultimi anni gli Stati Uniti hanno continuato a interferire nella questione del Mar Cinese Meridionale e l’hanno presa come scusa per reprimere altri paesi. Essi sono la vera mente dietro la tensione nel Mar Cinese Meridionale, hanno inviato navi da guerra e aerei militari per provocare problemi nell’ambito della cosiddetta “libertà di navigazione”. Gli Stati Uniti hanno inoltre intensificato gli sforzi per aumentare il dispiegamento temporaneo e rotazionale, stabilire basi militari aggiuntive e continuare a rafforzare la propria presenza militare nel Mar Cinese Meridionale, ha affermato Jing. “In questo modo, gli Stati Uniti non faranno altro che causare maggiori rischi per la sicurezza e aumentare il rischio di crisi”.
Durante la seconda giornata sono intervenuti anche i ministri della Difesa di Corea del Sud e Giappone. Shin Won-sik ha elencato i numeri dei lanci balistici della Corea del Nord, denunciando con grande forza la cooperazione tra Pyongyang e Mosca, citando il passaggio di 10 mila container. “La Russia usa armi e razzi nordcoreani in Ucraina e in cambio fornisce trasferimento tecnologico anche sul campo satellitare e militare. Mosca fa parte del Consiglio di Sicurezza dell’Onu e dovrebbe essere un guardiano della sicurezza e delle risoluzioni delle Nazioni Unite. Invece ha tradito la comunità internazionale”, ha detto Shin, sostenendo che l’alleanza ormai quasi esplicita tra Russia e Corea del Nord dimostra che la crisi della penisola coreana non è un problema solo regionale, ma globale.
Allo stesso tempo, Shin ha allontanato la possibilità di esportare direttamente armi a Kiev. “Abbiamo una legge che esclude l’export di armi a paesi in conflitto. Per cambiarla serve prima costruire un consenso dentro il paese”. Difficile, se non impossibile, che ciò accada. A maggior ragione dopo la batosta ricevuta dal partito di governo filostatunitense alle elezioni legislative dello scorso aprile. Shin ha infine esaltato la cooperazione ritrovata con il Giappone, che ha definito come “un obbligo, non una scelta”.
Il giapponese Kihaka Minoru ha fatto un discorso ampio, concentrandosi sulla necessità di coltivare partnership globali per far fronte alle nuove minacce che non sono solo sul fronte militare ma anche su quello civile e infrastrutturale, attraverso la sfera cyber. “Il confine tra periodo di pace e di guerra è sempre più labile”, ha avvertito, giustificando la crescente cooperazione con gli Usa e con la Nato con la necessità di far fronte all’autoritarismo e ai tentativi di cambiare lo status quo con la forza.
Il 2 giugno è stata la volta del presidente ucraino Zelensky, presente per perorare la sua formula di pace in dieci punti, che con un lucido intervento ha riassunto cause, motivi e significato dell’attuale aggressione neozarista russo al suo Paese. “Negli anni ’90, - ha affermato il presidente ucraino - l’Ucraina ha subito uno dei più grandi inganni della storia moderna quando le garanzie di sicurezza da parte delle potenze nucleari – in cambio dell’arsenale nucleare situato in Ucraina, non si sono tradotte in vera sicurezza. Sono trascorsi esattamente 28 anni da quando l’Ucraina ha consegnato le sue ultime testate nucleari alla Russia, in linea con un accordo internazionale multilaterale. Ed è proprio la Russia che ha cercato di cancellare l’Ucraina dalla mappa politica del mondo. Negli anni 2000, l’Ucraina ha dovuto affrontare le prime evidenti violazioni del nostro territorio e della nostra sovranità da parte della Russia, rivelando che non esisteva alcun elemento dell’architettura di sicurezza mondiale in grado di frenare la Russia e costringerla ad attenersi ai principi e agli scopi della Carta delle Nazioni Unite. Quindi, Putin crede di poter fare qualsiasi cosa. Verso la metà degli anni 2010, la Russia ha portato una guerra nella nostra terra – una guerra che noi in Ucraina non abbiamo mai, mai, mai voluto, non abbiamo provocato, e che si è espansa fino a diventare l’invasione più pericolosa che l’Europa abbia mai vissuto dalla Seconda Guerra Mondiale. Tutto ciò è stato una serie di fallimenti diplomatici e tentativi costanti di mantenere il mondo diviso in sfere di influenza – il che sconvolge la vita delle nazioni e corrompe le potenze globali. Di conseguenza: guerra. Quando era necessaria l’unità, il mondo era diviso. Quando furono necessarie decisioni coraggiose, molti si accontentarono dello status quo. E quando era necessaria un’azione preventiva per evitare il peggio, all’aggressore è stato in qualche modo concesso il tempo di prepararsi – ricordiamo come Mosca ha tentato il mondo con i colloqui, che si sono conclusi con parole vuote o ultimatum inaccettabili. Ci siamo quindi ritrovati in una guerra che ora colpisce tutti nel mondo e diffonde un pericoloso culto della violenza a livello globale invece della fiducia neldiritto internazionale, fiducia che la diplomazia dovrebbe rafforzare.
Ma l’Ucraina non si lamenterà. Sono qui per affermare: abbiamo trovato un modo per ripristinare la diplomazia. Questo è l’obiettivo di cui ho parlato allo Shangri-La Dialogue, ora possiamo renderlo reale”.

24 luglio 2024