Sentenza da tribunale fascista
Assolti i responsabili della mattanza alla Diaz
Pene ridicole ai massacratori, nessuno di loro finirà in carcere
La vergognosa sentenza emessa il 13 novembre dalla prima sezione penale del Tribunale di Genova a favore dei 29 dirigenti, funzionari e agenti di polizia protagonisti della mattanza scatenata alla scuola Diaz nella notte del 21 luglio 2001 contro 93 manifestanti inermi, massacrati mentre dormivano nei sacco a pelo al termine delle manifestazioni contro il G8 di Genova, è degna di un tribunale speciale fascista.
Il collegio in camicia nera presieduto da Gabrio Barone, giudici a latere Anna Leila Dellopreite e Fulvia Maggio, ha assolto i tre funzionari della polizia di stato: Franco Gratteri, all'epoca capo del Servizio centrale operativo (Sco) e dal 2006 promosso direttore del dipartimento anticrimine (Dac); Gianni Luperi, all'epoca numero due dell'antiterrorismo e poi promosso numero tre dell'Aisi, l'ex Sisde; Gilberto Calderozzi, all'epoca vice direttore dello Sco e in seguito promosso direttore dello stesso servizio centrale operativo della polizia e Spartaco Mortola, ex capo della Digos genovese. Assieme a loro, il tribunale ha mandato assolti altri 13 picchiatori tutti accusati a vario titolo di aver pestato a sangue, falsificato i verbali, calunniato e arrestato illegalmente i 93 manifestanti che pernottavano nell'istituto scolastico.
Pene ridicole per gli altri 13 mazzieri in divisa che presero parte alla mattanza: 4 anni al comandante del VII nucleo Mobile di Roma Vincenzo Canterini (fu il primo a fare irruzione, riconosciuto colpevole di falso ideologico e calunnia), 2 anni al suo vice Michelangelo Fournier, 3 anni a Fabrizio Basili, Ciro Tucci, Carlo Lucaroni, Emiliano Zaccaria, Angelo Cenni, Fabrizio Ledoti, Pietro Stranieri, Vincenzo Compagnone (erano i sottoposti di Canterini, con il grado di capisquadra nel gruppo che entrò nella scuola, colpevoli di lesioni personali continuate), 3 anni a Pietro Troiani e 2 anni e 6 mesi a Michele Burgio, accusati di aver portato le due molotov nella Diaz per giustificare il massacro.
In tutto, appena di 35 anni e sette mesi di carcere, contro i 109 chiesti dai Pm Francesco Cardona e Enrico Zucca. Una beffa che si aggiunge al dolore e alla rabbia delle vittime perché, tra indulto, attenuanti generiche e sopraggiunta prescrizione dei reati, nessuno di loro finirà in carcere. Cosiccome nessuno di loro pagherà mai un centesimo per l'altrettanto vergognoso risarcimento di tutti i danni subiti dalle parti civili che con estremo dileggio il tribunale ha quantificato in circa ottocentomila euro.
Decisioni a dir poco sprezzanti e provocatorie che sono state accolte al grido di "Vergogna! Vergogna!" da parte del pubblico presente in aula fra cui molti protagonisti delle manifestazioni contro il G8 e vittime della brutale repressione poliziesca. Anche perché si tratta di una sentenza che, da un lato, ricalca la vergognosa assoluzione nel processo per l'assassinio di Carlo Giuliani e l'altrettanto vergognosa sentenza del luglio scorso per le torture e le violenze subite dai manifestanti nel lager di Bolzaneto; mentre, dall'alto lato, stride pesantemente con la sorte toccata ai 25 manifestanti che il 16 ottobre 2007 sono stati condannati a 115 anni di carcere per "devastazione e saccheggio" più due milioni e mezzo di euro di risarcimento chiesti dallo Stato italiano.
Insomma, i carnefici sono diventati vittime mentre i manifestanti sono trattati alla stregua di "pericolosi sovversivi", bastonati a sangue, aggrediti nel sonno a calci e pugni, arrestati sulla base di false testimonianze, rinchiusi e torturati nel lager di Bolzaneto o giustiziati in piazza come il povero Carlo Giuliani.
Eppure al ligio tribunale di Genova non mancavano certo le prove per concludere con condanne esemplari un processo durato tre anni e duecento udienze durante le quali nessuno dei 29 massacratori indagati si è mai presentato in aula coprendosi vicendevolmente con "grande spirito di corpo".
Ai giudici genovesi è mancato il coraggio di accertare fino in fondo la verità. Nonostante le indagini abbiano inconfutabilmente dimostrato che si trattò di una vera e propria spedizione punitiva studiata a tavolino e organizzata nei minimi dettagli dai massimi vertici del governo e della polizia; nonostante le false testimonianze rese da Spartaco Mortola, oggi vice questore di Torino, dal vicequestore Massimiliano Di Bernardini (nucleo antirapine, Squadra Mobile di Roma), dal vicequestore Pietro Troiani e dall'agente Alberto Burgio (accusati di abuso di ufficio per la gestione dell'intera operazione nonché dei reati di falso e calunnia in relazione al falso ritrovamento delle due bottiglie molotov); nonostante le calunnie e la falsa testimonianza resa dall'agente del VII nucleo operativo di Roma Massimo Nucera che diceva di aver ricevuto una coltellata da un manifestante appena entrato alla Diaz e, nonostante le agghiaccianti testimonianze sui pestaggi rese dai manifestanti comprovate da innumerevoli documenti cartacei, audio e video; i giudici in camicia nera del tribunale di Genova, invece di infliggere condanne esemplari a tutti gli imputati e contribuire così ad alzare il velo di omertà che da sette anni copre i mandanti politici e istituzionali di questa autentica mattanza di stampo mussoliniano a cominciare dal neoduce Berlusconi, dall'allora vice presidente del Consiglio Fini, dal ministro Scajola e dall'ex capo della polizia Gianni De Gennaro (promosso capo di gabinetto del ministero dell'Interno da Prodi e ora commissario straordinario per l'emergenza rifiuti in Campania nonché direttore del Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza da maggio 2008), si sono ignobilmente prostrati al potere esecutivo confermando che in Italia vige un regime neofascista di cui Berlusconi è il nuovo Mussolini e in cui è proibito manifestare pubblicamente il proprio dissenso.

26 novembre 2008