Attacco squadrista del governo ad 'Annozero'
L'obiettivo è di chiudere o normalizzare la trasmissione di Santoro

Già ancora prima della puntata di esordio della nuova serie cupe nubi si erano addensate su Annozero. In ossequio alle direttive del neoduce di Arcore la nuova dirigenza della Rai berlusconizzata aveva cominciato per tempo le manovre per liquidare o quantomeno boicottare il programma di Rai2 diretto da Michele Santoro. C'erano stati tentativi per sostituire la troupe esterna di fiducia del conduttore con una più compiacente di matrice Mediaset. Il direttore generale della Rai Mauro Masi, uomo proveniente direttamente dalla segreteria di Palazzo Grazioli, aveva tentato vari espedienti per "normalizzare" la trasmissione evirandola dei suoi caratteri più incisivi, come quello di affiancare ai collaboratori di Santoro degli avversari di destra fissi per "riequilibrare" il programma, fino ad escogitare il più subdolo di tutti: il rinvio con varie scuse del rinnovo del contratto a Marco Travaglio, impedendogli così di tenere la sua rubrica fissa e costringendolo a partecipare alla trasmissione solo come "ospite".
Alla conferenza stampa di presentazione della nuova serie, inoltre, il neodirettore di Rai2, Massimo Liofredi, aveva polemizzato con Santoro dissociandosi da lui e dichiarando "non di suo gusto" la trasmissione da egli stesso prodotta: "Annozero non è il centro del mondo. Io ne farei anche a meno di una trasmissione come questa. Mi piacerebbe invece vedere un bel programma di politica", aveva detto infatti Liofredi pensando evidentemente al modello Porta a porta del lecchino di regime Bruno Vespa. Nonostante tutti questi tentativi più o meno sfacciati di ostruzionismo, minacce e sabotaggi vari, la prima puntata era andata lo stesso in onda il 24 settembre, e su un tema particolarmente inviso al nuovo Mussolini, anche se più sul piano mediatico che politico: quello dei suoi scandali sessuali, con un intervento esterno della escort barese Patrizia D'Addario, principale testimone dei festini a Palazzo Grazioli.
La puntata aveva avuto un indice di ascolto altissimo, con cinque milioni e mezzo di telespettatori e uno share del 22,8%, nettamente al di sopra di quello registrato dalla famosa puntata di Porta a porta del 15 settembre in occasione della consegna da parte di Berlusconi delle prime case ai terremotati dell'Abruzzo, previo spostamento di tutte le altre trasmissioni, tra cui la prima puntata di Ballarò, che avrebbero potuto oscurare il monologo televisivo del neoduce. Da qui la sua reazione furibonda, con lo scatenamento di tutti i suoi squadristi - da Gasparri a Cicchitto, da Capezzone a Schifani fino al viceministro delle Comunicazioni Romani - nonché dei suoi molti tirapiedi nella Rai, per arrivare ad una resa dei conti definitiva col programma di Santoro.

La campagna squadrista contro "Annozero"
Il ruolo di capomanipolo della campagna squadrista è stato assunto dal ministro dello Sviluppo economico Scajola che, accusando Annozero di condurre "una campagna mediatica basata sui pruriti, sulla spazzatura, sulla vergogna, sull'infamia, sulle porcherie" e con "l'illusione di sovvertire il risultato elettorale", ha convocato i vertici della Rai per verificare se la trasmissione garantisce "un'informazione completa e imparziale", rispettando "l'impegno assunto dalla Rai nel contratto di servizio". Contratto che è in scadenza a dicembre e che Scajola intenderebbe evidentemente riscrivere eliminando i programmi come Annozero e simili. Come per esempio il programma di Rai3 Report, condotto da Milena Gabbanelli, minacciata dai vertici di "Raiset" di essere lasciata senza tutela legale in balìa delle molte cause giudiziarie (tutte vinte finora) di cui è continuamente fatta oggetto per andare a scavare nei tanti scandali italiani: "Un giornalista - l'ha infatti cupamente minacciata Scajola - deve essere responsabile di quello che fa, come ognuno di noi. Non ci deve essere un'immunità a dire e fare quello che si vuole, ad avere lauti guadagni e non pagare mai il conto".
Contemporaneamente agli attacchi del governo è partita anche una violenta campagna mediatica piduista sui giornali suoi fiancheggiatori, come Il Giornale di Feltri e Libero di Belpietro, per incitare i lettori a non pagare il canone Rai. La ministra della distruzione della scuola pubblica, Mariastella Gelmini, se n'è uscita con un'altra delle sue pensate fasciste, quella di "pagare il canone solo per quei programmi che meritano di averlo". Sotto attacco anche il programma di satira di Rai3 Parla con me, diretto da Serena Dandini, per alcune gag sulle "serate" di Palazzo Grazioli.
La campagna contro i programmi Rai sgraditi al nuovo Mussolini si è poi andata intensificando e incarognendo via via che si avvicinava la manifestazione del 3 ottobre a Roma in difesa della libertà di informazione, da Berlusconi bollata sprezzantemente come "una farsa". In un'intervista su Sky tg24 ha ripetuto la giaculatoria dell'"uso criminoso della televisione", mentre in occasione del suo compleanno, il 29 settembre, alcuni programmi Rai come Uno mattina facevano a gara in servilismo con quelli Mediaset per chiamarlo e fargli gli auguri in diretta, assicurandogli che lì era "a casa sua".
Infine, mentre intanto si completava con uomini di sua fiducia l'occupazione di tutte le caselle della Rai rimaste ancora vacanti, con le nomine di Alberto Maccari (Pdl) e Alessandro Casarin (Lega) ai Tg regionali e Daniele Renzoni (Pdl) a Rai International, e dando via libera (come contropartita ai dalemiani del PD) alla nomina di Bianca Berlinguer alla direzione del Tg3, si è arrivati alla seconda puntata di Annozero del 1° ottobre, per la quale Santoro aveva annunciato come tema Tarantini e lo scandalo sanità in Puglia, con la partecipazione della D'Addario. A questo punto le manovre del neoduce e dei suoi tirapiedi si sono fatte addirittura frenetiche.

Un simbolo delle "ultime enclavi di giornalisti farabutti"
Dopo aver proibito tassativamente a tutti gli invitati della maggioranza di partecipare alla puntata, Berlusconi convocava a Palazzo Grazioli il direttore di Libero per invitarlo a non andare alla trasmissione. Invito che Belpietro non raccoglieva sostenendo che così si faceva un regalo a Santoro lasciandogli tutto il campo libero, sconsigliandolo anche dall'impedire la trasmissione perché ciò avrebbe "scatenato un'ira di dio".
Berlusconi convocava a palazzo anche l'ossequioso Vespa, per impartirgli istruzioni su come organizzare la serata di Porta a porta, dopo Annozero, in funzione anti Santoro, a dimostrazione di come egli disponga a piacimento dei giornalisti (stra)pagati dal servizio pubblico. Contemporaneamente, e fino a pochi minuti prima di andare in onda, la partecipazione della D'Addario veniva messa in forse da una diffida dell'avvocato di Tarantini e da forti pressioni del direttore di Rai2 Liofredi, che paventava pesanti conseguenze legali contro la Rai, che nell'eventualità la direzione avrebbe scaricato sulle spalle di Santoro.
La puntata è andata in onda lo stesso ed ha avuto ascolti ancor più alti della prima, con una media di oltre 7 milioni di spettatori e uno share del 28,92%, e ciò ha fatto andare ancor più in bestia il neoduce, che ha giurato di fargliela pagare in quanto il programma è diventato per lui una vera ossessione, il simbolo degli ultimi "giornalisti farabutti" che non hanno ancora piegato la schiena al padrone incontrastato dei media.
Anche perché ormai si era alla vigilia della manifestazione di Roma che, come si sa, ha avuto un enorme successo, facendo salire all'ordine del giorno, anche a livello internazionale, il tema della libertà di stampa in Italia. Non a caso il settimanale britannico Economist, non certo sospettabile di "cattocomunismo", ha scritto in un articolo dal titolo "Museruola a chi informa", che "è dai tempi di Mussolini che non si aveva un governo italiano che interferisse con i media in maniera così lampante e allarmante". E che "le ordinanze di Berlusconi sembrano parte di un progetto per spazzare via le ultime enclavi ribelli rimaste in Italia".
Finalmente qualcuno comincia, sia pure ancora tra mille cautele, ad ammettere che siamo già al fascismo e che per Berlusconi il paragone diretto va fatto con Mussolini e non con altri, come ha ammesso anche il giornalista Giorgio Bocca dichiarando che "il rischio di un nuovo fascismo è attuale in Italia. E penso che, come avvenuto per il delitto Matteotti, arriverà il momento in cui questo governo si troverà nella necessità di sopprimere davvero la libertà di stampa". Anche la presa di posizione del Comitato di redazione del Tg1 contro il direttore berlusconiano Augusto Minzolini, per aver usato il tg delle 20 per un attacco in prima persona alla manifestazione di Roma e nella difesa di ufficio delle querele di Berlusconi a Repubblica e Unità, è da salutare come un segnale importante che sta crescendo tra gli intellettuali e tra i giornalisti democratici e antifascisti la coscienza della necessità di resistere e opporsi al dilagare del nuovo Mussolini e dei suoi gerarchi fascisti.
Occorre però andare oltre le parole e la pura riaffermazione dei principi di una Costituzione che è già stata stravolta nel profondo e non esiste più di fatto, come non bisogna illudersi che sia possibile abbattere Berlusconi con la semplice denuncia dei suoi scandali o confidando solo nelle inchieste giudiziarie. Soprattutto occorre smascherare con coraggio e fino in fondo la vera natura fascista di questo governo e far maturare l'idea che non c'è altro modo per liberarsi veramente del nuovo Mussolini che quello della lotta di piazza e di massa.

7 ottobre 2009