A proposito della rivendicazione per un audit sul debito pubblico
Il debito pubblico non si può abbattere senza abbattere il capitalismo

Da diversi mesi si è diffuso dalla Francia un appello che chiede un "audit cittadino sul debito pubblico". In Italia tale appello è stato rilanciato dalla campagna "Rivolta il debito", che lo definisce "proposta per rivedere in profondità l'entità del debito pubblico italiano accumulato nel tempo per favorire rendite, profitti, interessi di casta e di una ristretta élite e non certo per favorire le spese sociali, l'istruzione, la cultura, il lavoro. Una proposta che serve per impostare un'altra politica economica, del tutto alternativa a quella avanzata in questi anni dai vari governi che si sono succeduti e improntata alla redistribuzione della ricchezza, alla valorizzazione dei beni comuni, del lavoro, del welfare, dell'ambiente contro gli interessi del profitto e della speculazione finanziaria. Una politica economica per il 99% contro l'1% del pianeta".
Come vedremo, però, dietro le sembianze accattivanti e "rivoluzionarie" del congelamento del debito e dell'audit per smascherare la frode dietro cui si giustifica il taglio della spesa pubblica, si celano contraddizioni, limiti ed errori.
Il movimento contro il debito trae origine dal Comitato per l'annullamento del debito del terzo mondo (CADTM) diretto da Eric Toussaint (trotzkista belga, dirigente del World Social Forum, già membro della commissione di audit dell'Ecuador), nato nel 1990, che nell'ottobre 2011 ha promosso in Francia il suddetto appello, grazie alla collaborazione di intellettuali piccolo-borghesi l'economista trotzkista François Chesnais, del filosofo socialdemocratico Etienne Balibar e di Susan George, e organizzazioni riformiste, socialdemocratiche e trotzkiste fra cui il sindacato CGT, il Partito Comunista Francese revisionista, il "Nuovo Partito anticapitalista" vicino a Sinistra Critica, l'Associazione per la tassazione delle transizioni finanziarie e per l'aiuto ai cittadini (ATTAC).
L'appello è stato rilanciato in Italia dalla campagna "Rivolta il debito" e fra i firmatari ci sono lo storico imbroglione trotzkista e liberale Fausto Bertinotti, Giorgio Cremaschi (FIOM e Comitato No Debito No Monti), l'ambientalista ex "Lotta continua" Guido Viale, Marco Bersani (ATTAC e Forum italiano dei movimenti per l'acqua), Andrea Fumagalli (San Precario), il trotzkista Salvatore Cannavò (Sinistra Critica e redattore de "Il Fatto"), il sindaco "arancione" di Napoli Luigi De Magistris. Molti punti d'incontro ci sono anche con "Uniti per l'alternativa", i fautori della teoria della decrescita e dei "beni comuni", il manifesto e organizzazioni studentesche come il Coordinamento dei collettivi "AteneinRivolta" e Unicommon. Un certo spazio lo ha trovato anche sul Fatto Quotidiano.

Il progetto di audit sul debito
Innanzitutto bisogna fare chiarezza attorno al concetto di audit sul debito pubblico. "Audit" di per sé significa controllo e verifica dei conti.
La proposta di audit cittadino che stiamo analizzando, partendo dal principio che "il debito non è un dato inspiegabile e nemmeno un totem a cui sacrificare il modello sociale europeo" (Salvatore Cannavò sul manifesto del 5/1/2012), vuole quindi il congelamento provvisorio del rimborso del debito pubblico per il periodo necessario affinché "tutti possano capire come si è formato, chi ne ha beneficiato e chi lo detiene" (Guido Viale sul manifesto del 29/11/2011), "al fine di determinare quali debiti devono essere annullati o ripudiati o rinegoziati a causa della loro illegittimità, illegalità o per il loro carattere odioso" (dal sito di "Rivolta il debito").
A ciò si accompagna, secondo i fautori di questa proposta, un'altra serie di rivendicazioni. Secondo Damien Millet e Eric Toussaint, "l'audit ha una funzione eminentemente politica, legata a due fondamentali esigenze della società: la trasparenza e il controllo democratico dello Stato e dei governi da parte dei cittadini". Alla riduzione del debito pubblico con l'annullamento dei "debiti illegittimi", secondo Millet e Toussaint, devono seguire "misure complementari" fra cui una "riforma fiscale contributiva, trasferimento in ambito pubblico del settore delle finanze, ri-socializzazione di altri settori economici chiave, riduzione dell'orario di lavoro a parità di paga con ripercussioni sull'occupazione, e anche una serie di altre misure che consentano di invertire l'andamento attuale che ha portato il globo in un vicolo cieco esplosivo".
Il riferimento storico più volte sollevato è l'audit condotto fra il 2006 e il 2008 dall'Ecuador di Rafael Correa che ha portato al ripudio di una parte del debito di quel Paese, in condizioni comunque diversissime da quelle dell'Europa e dell'Italia imperialiste.

Errori teorici e programmatici
Il primo errore di fondo che riscontriamo nell'impostazione dei fautori dell'audit sta nel fatto che il debito viene visto sostanzialmente come un prodotto del neoliberismo, la causa di tutti i mali, senza nemmeno prendere in considerazione la natura del capitalismo, dell'imperialismo sua fase suprema, del suo Stato totalmente al servizio della borghesia e dei capitalisti e della sete di profitto.
Che il debito pubblico sia tutto a vantaggio dei capitalisti e un danno e un ricatto per le masse lavoratrici e popolari (vedi l'inserimento del pareggio di bilancio nella Costituzione), è indubbio, così come è indubbio che le politiche neoliberiste abbiano aggravato questo stato di cose. È però altrettanto indubbio che le cause vanno ricercate nel capitalismo stesso, come ha spiegato Marx nel Capitale con parole che conservano una scottante attualità: "Il debito pubblico, ossia l'alienazione dello Stato - dispotico, costituzionale o repubblicano che sia - imprime il suo marchio all'era capitalistica. (...) Di qui, con piena coerenza, viene la dottrina moderna che un popolo diventa tanto più ricco quanto più a fondo s'indebita. Il debito pubblico diventa il credo del capitale".
Ci pare pertanto una grossa illusione credere che verificare come sia tecnicamente strutturato il debito potrebbe permetterne la "gestione democratica" e il ripudio della sua "parte illegittima", anche perché bisognerebbe comunque passare per le istituzioni e i governi borghesi, che per quanto "arancioni" possano essere, sono pur sempre condizionati e al servizio degli interessi economici della classe dominante borghese, cioè di chi lucra avidamente su questo stesso debito. Chi stabilirebbe i termini del "carattere odioso" per cui certi debiti vanno respinti? E come si potrebbe assicurare controllo democratico dal basso in un regime neofascista come quello in cui ci troviamo? D'altra parte, la proposta dell'audit cittadino si strozza da sola rifiutandosi di uscire dai limiti angusti del legalitarismo borghese.
Non ci convince nemmeno dividere il debito fra legittimo e illegittimo, perché un debito contratto dallo Stato borghese per fare gli interessi del capitalismo, per ingrassare finanzieri, banche e speculatori privati, sulle spalle delle masse oppresse, non potrà mai essere considerato legittimo da queste ultime. È noto che l'87% del debito pubblico italiano è nelle mani di banche, assicurazioni e fondi.
I nodi vengono finalmente al pettine quando si dice che l'audit cittadino e il congelamento del debito servono per "un'altra politica economica, del tutto alternativa". Che però, non a caso, non esce dai binari del capitalismo, limitandosi ad abbozzare un modello economico e di sviluppo non neoliberista ma nemmeno alternativo al sistema capitalistico, condito di decrescita e keynesismo. Così non si fa che attaccare la lotta di classe e perpetuare l'inganno della possibilità di "riformare" il capitalismo mediante la "democrazia partecipativa" e arrivando persino al punto di vagheggiare la possibilità di "aggiustarlo" liberandolo dal giogo del debito.
Ecco quindi svelato il senso profondo di questa operazione, tesa in realtà a scongiurare una presa di coscienza anticapitalista da parte delle masse oppresse e sfruttate in lotta. Non stupisce che fra i promotori si annidino note volpi riformiste, trotzkiste, pacifiste, movimentiste e spontaneiste che non perdono occasione pur di evitare che si parli di socialismo e rivoluzione, se non per denigrarli. Ciò dimostra anche che prendersela solo con il neoliberismo è fuorviante perché lascia intendere che esistano varianti migliori di politica economica in grado di curare le insanabili contraddizioni del capitalismo, e impedisce di individuare in quest'ultimo il sistema da combattere e abbattere.
Questo naturalmente non toglie che si possa fare fronte unito sulle questioni e le lotte di comune interesse, a partire da quella contro la controriforma del lavoro, per il lavoro, l'istruzione pubblica, il welfare, l'ambiente, ecc. Non potevamo però non esprimere il nostro giudizio di classe e marxista-leninista a questa rivendicazione, certi che sarà d'aiuto per chi vuole farla finita con il capitalismo e l'imperialismo e sul quale invitiamo i sinceri anticapitalisti a confrontarsi con il PMLI e con "Il Bolscevico" in tutta franchezza.

Solo il socialismo può salvare l'Italia
Lenin sottolinea che "una 'lotta' contro la politica dei trust e delle banche che non colpisca le basi economiche dei trust e delle banche si riduce ad un pacifismo e riformismo borghesi". Nel nostro caso, possiamo dire che per eliminare il debito contratto per ingrassare i capitalisti, bisogna eliminare lo Stato borghese. Lo dimostra l'esperienza della Grande Rivoluzione Socialista d'Ottobre e dell'annullamento dell'enorme debito accumulato dalla Russia zarista ad opera della nuova Russia sovietica di Lenin e Stalin.
Ecco perché chi vuole davvero cambiare la società e il sistema economico, mettere fine al ricatto del debito ed allo strapotere dell'oligarchia finanziaria affamatrice dei popoli, presto o tardi si dovrà misurare con la lotta per il socialismo, che nell'immediato passa per l'abbattimento del governo del tecnocrate borghese Monti.
Nuovamente rivolgiamo un particolare appello alla classe operaia e alle ragazze e ai ragazzi che vogliono il cambiamento sociale perché abbandonino ogni illusione elettorale, parlamentare, governativa, costituzionale, riformista e pacifista, si armino del marxismo-leninismo-pensiero di Mao e diano tutta loro forza intellettuale, politica, organizzativa e morale al PMLI per portare fino in fondo la lotta di classe contro il capitalismo e per l'instaurazione dell'Italia unita, rossa e socialista.

28 marzo 2012