Al ballottaggio del 20 e 21 maggio per l'elezione dei sindaci un elettore su due non si riconosce in questi partiti parlamentari
Astensionismo record: il 48,6% diserta le urne
A Palermo, Genova e Trapani diserta le urne oltre il 60% degli elettori. Il "centro-sinistra" batte il "centro-destra" ma non può cantar vittoria. Disfatta del PDL e della Lega. Sindaci eletti solo da un terzo degli elettori: Orlando a Palermo col 28%, Doria a Genova col 22,7%, Pizzarotti a Parma col 36%. Pompato dai media 5 stelle conquista quattro comuni, fra cui Parma, incamerando i voti del PDL e della Lega e recuperando solo una minima parte di astensionisti
Continuiamo gli sforzi per far maturare il voto astensionista dato al PMLI e al socialismo

L'astensionismo mai così in alto: ha sfiorato il 50%, il 48,6% per l'esattezza, nelle regioni a statuto ordinario e il 52,5% in Sicilia. A Palermo, Genova, Trapani e Sesto San Giovanni ha addirittura superato il tetto, quasi impensabile fino a qualche anno fa, del 60%. E ci riferiamo solo alla componente dell'astensionismo costituita dalla diserzione delle urne alla quale andrebbero aggiunte le altre due componenti del voto nullo e bianco. In sostanza, dei 4.584.021 elettori (di cui 1.120.195 in Sicilia) chiamati a eleggere i sindaci di oltre 100 comuni, di cui 19 capoluoghi, nelle elezioni di ballottaggio del 20 e 21 maggio, un elettore su due ha disertato le urne mandando a dire forte e chiaro che non si riconosce in questi partiti parlamentari e in queste istituzioni borghesi sempre più corrotte e oppressive.
Fra il primo e il secondo turno, la diserzione elettorale è avanzata addirittura del 14% (del 20,1% in Sicilia). Non è un dato semplicemente fisiologico perché in passato lo scarto non era stato così netto. Per esempio nelle comunali parziali dell'anno scorso l'incremento fra il primo e il secondo turno della diserzione fu dell'8,5%.
L'elettorato è sempre più mobile. Non esistono più "zoccoli duri", cieca fiducia, cambiali in bianco. L'elettorato sempre più rifiuta la logica del "meno peggio" e di "turarsi il naso" e sceglie consapevolmente di astenersi per punire questo o quel candidato, questo o quel partito parlamentare. In genere, la peggio tocca al governo uscente. Solo la massiccia presenza di liste civiche o di nuovi schieramenti come il Movimento 5 stelle, com'è successo a Parma, limitano in parte il tracollo di partecipazione alle urne. La diserzione è più massiccia nei grossi centri, per esempio nei comuni capoluogo, rispetto ai comuni più piccoli dove evidentemente il controllo esercitato dalle istituzioni e dai partiti parlamentari sull'elettorato è maggiore e più capillare.

Il voto reale ai sindaci
Tutti i sindaci eletti risultano delegittimati dal fortissimo astensionismo. Se si prendono in considerazione tutti gli elettori che avevano diritto di voto, e non già solo i voti validi, i neosindaci in genere sono stati eletti da circa un terzo dell'elettorato. Il minimo dei consensi spetta al sindaco di Trapani, Vito Damiano ("centro-destra"), eletto con appena il 20,2% degli elettori. A Genova, Marco Doria ("centro-sinistra") ha ottenuto il 59,7% dei voti validi che corrispondono però al 22,7% degli aventi diritto. A Palermo, Leoluca Orlando ha sì ottenuto il 72,4% dei voti validi, ma corrispondono appena al 28% degli elettori. A Parma, Federico Pizzarotti (Movimento 5 stelle) è passato col 60,2% dei voti validi, il 36% degli elettori.
Salvo rare eccezioni, i nuovi sindaci governeranno con molti voti in meno dei loro predecessori. Specie se si tratta di riconferme. Flavio Tosi (Lega Nord), per esempio, è stato rieletto sindaco di Verona con 15.921 voti in meno rispetto alle elezioni precedenti. Ettore Romoli ("centro-destra") a Gorizia (1.526 voti in meno). Massimo Federici, Massimo Cialente e Ippazio Stefano, tutti del "centro-sinistra", sono stati riconfermati sindaci rispettivamente di La Spezia, L'Aquila e Taranto con circa 4 mila voti in meno, i primi due, e 15 mila voti in meno, il terzo. Marco Doria a Genova ottiene ben 43.993 voti in meno di chi l'ha preceduto, Marta Vincenzi, dello stesso schieramento di "centro-sinistra".
Per Leoluca Orlando, ormai al quarto mandato di sindaco di Palermo, il calo di consensi è addirittura una parabola discendente che parte dal 1993 (il primo anno in cui vi fu l'elezione diretta dei sindaci) quando ottenne 291.976 voti, per passare al 1997 quando i voti diventarono 207.448 e poi al 2007, quando fu battuto da Cammarata, ottenendo 170.542, per finire quest'anno con 158.010 voti, quasi la metà di 19 anni fa.

Chi vince e chi perde
Alla fine dei conti fra primo e secondo turno, sui 26 comuni capoluogo 14 vanno al "centro-sinistra" (ne aveva 8), 6 al "centro-destra" (ne aveva 17), 2 al "centro" (ne aveva 1), Varese va alla Lega Nord, Palermo all'Idv, Belluno a liste civiche di "centro-sinistra" (senza però il PD), Parma al Movimento 5 stelle.
E questo è l'andamento in tutte le altre città al ballottaggio che vedono in genere una vera e propria disfatta del PDL e della Lega Nord. Quest'ultima addirittura perde il ballottaggio in tutti e sette i comuni dove era in corsa. Il PDL perde fra l'altro roccaforti storiche del "centro-destra" come Lucca.
Non per questo il "centro-sinistra" può cantar vittoria, specie il PD che risulta fortemente in crisi per perdita di consensi e di voti. Dove prevale sul "centro-destra" lo fa per esclusivo demerito degli avversari e non perché abbia incrementato i propri voti rispetto alle precedenti elezioni. Bruciano poi la sconfitta nel confronto con Pizzarotti del Movimento 5 stelle a Parma, con Orlando, sostenuto da IDV, Federazione della sinistra e Verdi, a Palermo, e con Massaro, sostenuto da liste civiche di "centro-sinistra", a Belluno. A Genova inoltre è stato costretto a sostenere un candidato sindaco di Sel come Doria.
Il fatto è che l'astensionismo ha penalizzato fortemente sia la destra che la "sinistra" borghese. Un altro colpo ai vecchi partiti parlamentari l'hanno inflitto gli elettori che hanno preferito votare liste civiche o candidati secondari e sconosciuti.
Il Movimento 5 stelle, grazie anche a una martellante campagna mediatica che si è infittita dopo i risultati del primo turno, è riuscito a ottenere nel ballottaggio altri 4 comuni che con Sarego, conquistato al primo turno, portano a 5 i comuni dove ottengono la carica di sindaco. A Parma ottiene il risultato più clamoroso. Federico Pizzarotti con 51.235 voti (+34.132 rispetto al primo turno) batte il candidato del "centro-sinistra" Vincenzo Bernazzoli che non è riuscito a incrementare i propri voti dopo il primo turno.
Pizzarotti invece ha letteralmente incamerato i voti del PDL e della Lega e di tutte le liste minori presenti al primo turno e una minima parte anche di astenuti. Secondo uno studio dell'Istituto Cattaneo sui flussi elettorali a Parma fra il primo e il secondo turno, avrebbe votato Pizzarotti l'87% degli elettori che al primo turno avevano votato il candidato UDC Ubaldi, l'82,6% di quelli che avevano votato il candidato PDL Ghiretti e l'85,4% di quelli che avevano votato altri candidati. Solo il 6,8% degli astenuti avrebbe nel secondo turno optato per Pizzarotti. Questa dinamica, fra l'altro, conclude l'Istituto Cattaneo, "se da una parte mette in evidenza l'ampiezza dello spettro politico che ha portato alla vittoria del candidato del Movimento 5 stelle, dall'altra mette anche in luce la potenziale fragilità di un consenso ideologicamente molto diversificato".
Un discorso a parte merita il risultato di Palermo dove l'operazione Orlando ha molte analogie con quella di De Magistris a Napoli e di Pisapia a Milano. Lì si trattava di nuove sirene della "sinistra" borghese messe in campo per recuperare fiducia e consensi nell'elettorato di sinistra verso le istituzioni rappresentative borghesi e i suoi governi. Nel caso di Orlando si tratta di una vecchia sirena che tenta di ripulirsi e ripresentarsi come nuova con le stesse finalità e scopi. Addirittura Orlando euforico dopo il risultato elettorale ha dichiarato: "Sono l'anticasta, torna la mia primavera". Ci vuole un bel coraggio a presentarsi come "l'anticasta". Lui che è passato dalla DC all'Idv di Di Pietro passando per la Rete da lui fondata nel '91, i Democratici, e la Margherita. Lui che è già stato sindaco di Palermo dall'85 al '90 e dal '93 al 2000, e poi deputato dell'Assemblea regionale siciliana (2001-2006) e parlamentare per ben tre mandati.
Cosa hanno prodotto di nuovo per Palermo i suoi 12 anni di governo? Che fine ha fatto la "primavera" del '93 promessa e mai mantenuta? Perché questa seconda "primavera" dovrebbe essere diversa dalla prima che ha solo spalancato la porta al buio e rigido inverno di anni di dominio berlusconiano e mafioso?

Il vero cambiamento
Già in passato sono state create delle grandi aspettative politiche ed elettorali che poi alla luce dei fatti si sono dimostrate solo una grande illusione e un grande inganno.
Il vero cambiamento non passa certo né dal trasversale Movimento 5 Stelle, né da vecchi e nuovi volponi e trappole elettorali che si vuole mettere in campo, come quella della "lista civica nazionale" proposta da De Magistris e rilanciata dal sindaco di Bari Emiliano in questi giorni come unica via di uscita dalla crisi del PD. Nessuno di questi infatti propone l'uscita dal sistema capitalistico e dall'Ue imperialista e tanto meno ha nei propri programmi la conquista del socialismo.
Il fatto è che finché le illusioni elettorali, parlamentari, pacifiste e governative continueranno a tenere congelate le speranze, la forze e le energie della maggioranza della classe operaia e delle masse giovanili e popolari non vi potrà mai essere alcun reale cambiamento.
Solo continuando a combattere le illusioni elettorali, governative e costituzionali, insistendo sulla tattica dell'astensionismo elettorale e la strategia delle istituzioni rappresentative delle masse fautrici del socialismo, possiamo lavorare concretamente e con successo per dare le ali alla lotta di classe contro il governo della grande finanza e della Ue Monti, il capitalismo, per il socialismo.
Dobbiamo in particolare continuare gli sforzi per far maturare il voto astensionista come un voto dato al PMLI e al socialismo. Ci si può astenere per motivi diversi e i più disparati, tutti legittimi e efficaci, per esprimere il proprio dissenso verso i partiti parlamentari, le istituzioni rappresentative borghesi e i governi centrale, regionali e locali. È questo un astensionismo che fa paura al regime neofascista come testimoniano gli allarmi di certa stampa e addirittura del presidente della Cei Bagnasco. Ma l'astensionismo che fa più male e lascia il segno più profondo è quello espresso consapevolmente e apertamente come voto dato al PMLI e al socialismo. Perché è con questo voto che l'elettorato di sinistra si impegna a spendere le proprie preziose energie per l'avvento del socialismo e per la conquista del potere politico da parte del proletariato, che è la madre di tutte le questioni, e senza la quale non è possibile alcun cambiamento sostanziale.

23 maggio 2012