Al ballottaggio per le elezioni amministrative parziali del 21-22 giugno 2009
Inarrestabile astensionismo
34 province e 16 comuni capoluogo alla destra. 28 province e 14 comuni capoluogo alla "sinistra" borghese. Il trasversalista Emiliano confermato sindaco di Bari con l'aiuto dell'Udc e della fascista Poli Bortone

Al ballottaggio del 21 e 22 giugno 2009 l'astensionismo (diserzione alle urne, schede nulle e bianche) alle provinciali è balzato al record storico del 55,6%, con un incremento del 20,4% rispetto al 1° turno. L'astensionismo al ballottaggio nei comuni capoluogo è al 40,1% con un incremento del 13% rispetto al 1° turno. Nei 99 comuni superiori ai 15 mila abitanti (compresi quindi i 16 comuni capoluoghi) la diserzione si attesta al 38,7% con un incremento del 15,1% rispetto al primo turno.
Alle provinciali l'astensionismo è andato oltre il 60% nelle province di Belluno, Torino e Taranto. Sopra la media nazionale anche ad Arezzo, Cosenza, Crotone, Lecce, Milano, Rovigo e Venezia. Su 22 province coinvolte solo in 5 l'astensionismo non supera il 50%, ma si attesta comunque oltre il 40%.
Al comune di Caltanissetta l'astensionismo supera il 50%. Lo sfiora Foggia col 49,2%. Sopra la media nazionale anche Bari, Brindisi, Firenze e Terni.
È una marcia inarrestabile quella dell'astensionismo che delegittima in primo luogo i neopodestà e i presidenti di provincia appena eletti, e quindi complessivamente le istituzioni rappresentative borghesi, i partiti del regime che le rappresentano, lo stesso sistema elettorale maggioritario e presidenzialista oggi in vigore.
Dei sindaci eletti, per esempio, pur avendo ovviamente superato il 50% dei voti validi, nessuno supera il 50% degli elettori. In media essi possono contare sul voto di appena il 33,9% degli elettori aventi diritto. I neopodestà di Brindisi, Caltanissetta e Foggia si fermano addirittura sotto il 30% dei consensi del corpo elettorale. Persino il megalomane neopodestà di Bari, Michele Emiliano che sventola la sua come una "strepitosa vittoria", si ferma al 40,9% dei voti sugli elettori.
Per non parlare dei presidenti delle province appena eletti che possono contare solo in media sul 23,8% degli elettori. Neanche un elettore su quattro.

Ulteriore batosta per la "sinistra" borghese
L'astensionismo ha penalizzato sia la destra che la "sinistra" borghese. Ma non c'è dubbio che è quest'ultima alla fine a pagare il prezzo più alto. Anche perché è emersa in questa tornata di ballottaggio una tendenza che dimostra quanto il "centro-sinistra" non solo non riesca più a contare sul suo "zoccolo duro" e le sue roccaforti storiche, ma anche quanto cominci a vacillare il ricatto di "non far vincere le destre", sventagliato davanti agli occhi del proprio elettorato.
Nonostante in questi ballottaggi ci fossero pochissimi risultati scontati e lo scontro fosse spesso sul filo di lana, a stento i candidati del "centro-sinistra" sono riusciti a confermare i voti che avevano ottenuto al primo turno. A Bari il trasversalista Emiliano è stato confermato sindaco con solo 1.961 voti in più rispetto al 1° turno, nonostante avesse imbarcato l'aiuto dell'Udc di Casini e della fascista, ex ministra di AN, Adriana Poli Bortone. A Bologna Delbono ha raccattato solo 536 voti in più rispetto al primo turno, a Firenze Renzi solo 774 voti in più, e a Padova Zanonato solo 193 voti in più. Addirittura a Forlì, Potenza e Terni i candidati del "centro-sinistra" hanno preso meno voti del 1° turno.
Clamoroso il caso di Prato, dove la "sinistra" borghese cede dopo 63 anni alla destra la guida del comune e il suo candidato, Carlesi, perde addirittura 5.011 voti rispetto al 1° turno risultando così battuto pur partito favorito.
Al ballottaggio delle provinciali nessun presidente eletto ha ottenuto nemmeno i voti del 1° turno, se si eccettua la provincia di Taranto.
A Torino, per esempio, Saitta ("centro-sinistra"), che pure è risultato eletto e pur avendo imbarcato i voti dell'Udc, ha lasciato per strada fra il 1° e il 2° turno ben 91.092 voti.
Il risultato è che anche a questo ballottaggio la destra borghese riesce a strappare alla "sinistra" borghese altre 8 province (Ascoli Piceno, Belluno, Crotone, Frosinone, Lecce, Milano, Savona e Venezia) e 3 comuni capoluogo (Caltanissetta, Cremona, Prato).
Tutto questo nonostante l'Udc, che spregiudicatamente adotta la politica dei due forni, si sia apparentata col "centro-sinistra" in Puglia, in Piemonte, a Rimini e a Frosinone. Mentre si era imparentata col "centro-destra" nelle province di Arezzo, Cosenza, Crotone, Ferrara, Prato, e nei capoluoghi di Ancona, Ferrara, Padova.
Per il rieletto neopodesta Emiliano quello di Bari è comunque "un modello innovativo". E il deputato PD Francesco Boccia ribadisce che si tratta di un "modello di coalizione vincente" con l'Udc, da una parte, e i partiti falsi comunisti (PRC, PdCI) e Verdi, dall'altra.
Fatto sta che alla fine della fiera, delle 62 province coinvolte in questa tornata elettorale parziale 34 province vanno alla destra e 28 alla "sinistra" borghese. Ne avevano rispettivamente 9 e 50. Tre sono le nuove province. Dei 30 comuni capoluoghi 16 vanno alla destra e 14 alla "sinistra" borghese. Ne avevano rispettivamente 5 e 25.

Abbandonare le illusioni elettorali
È incredibile che, nonostante tutto, la "sinistra" borghese continui a parlare di governo "bollito" e di "fine del berlusconismo". Sono esattamente le stesse tesi che sosteneva nel 2004 all'indomani del voto europeo e amministrativo e invece il neoduce Berlusconi è di nuovo al governo e il "berlusconismo" è vivo e vegeto.
La verità è che occorre abbandonare ogni illusione elettoralista, parlamentarista e pacifista e respingere ogni messianica attesa della prossima scadenza elettorale o di possibili eventi giudiziari. Occorre abbattere il prima possibile il governo del neoduce Berlusconi ed è la piazza che lo deve fare. Così come occorre rilanciare la lotta di classe e di piazza per difendere gli interessi immediati della classe operaia e delle masse popolari, dei precari, dei pensionati, dei disoccupati, dei giovani, delle donne e dei migranti oggi in balia della politica affamatrice, stangatrice, antipopolare e neofascista del governo centrale e di quelli regionali, provinciali e comunali.
Il PMLI lavora per questo e per l'Italia unita, rossa e socialista.

25 giugno 2009