Sicilia
La base del PD si ribella alla partecipazione al governo Lombardo
L'amministrazione regionale piace solo alla mafia
Abbatterlo con una mobilitazione di piazza

Dal nostro corrispondente della Sicilia
In rivolta la base e nella bufera il vertice del PD siciliano. Non va proprio giù, infatti, ai militanti di base siciliani del partito di Bersani l'appoggio al IV governo Lombardo, in primo luogo per i guai di Don Arraffaele con l'antimafia.
A nulla è valsa la propaganda filogovernativa: il Lombardo-quater, all'interno del quale convivono FLI, PD, API ed MPA, non è nei fatti e non può apparire agli occhi dei militanti coscienti della base antimafiosa del PD come un "comitato di liberazione regionale" da alfaniani e schifaniani, tale era stato definito dall'imbroglione D'Alema. L'evidenza è che la regione è passata da una lobby politico-mafiosa ad un'altra.
La ribellione della base è andata crescendo in questi mesi, proprio perché inascoltata e repressa, e si è allargata a tal punto che, da qualche giorno, è partita la raccolta delle 3.500 firme di militanti necessarie a indire un referendum nei 390 comuni siciliani per chiedere alla base del partito e agli elettori del "centro-sinistra" se "può il PD continuare a sostenere il governo regionale".
Lo strumento del referendum era stato usato da alcuni circoli siciliani nelle scorse settimane in varie cittadine e paesi siciliani e ovunque le percentuali di "no" avevano stroncato l'alleanza PD-MPA, ma in generale il governo Lombardo.
A Caltagirone, grosso comune della provincia di Catania, su 2.124 votanti, contro la presenza del PD nel governo, si sono espressi 2.069 elettori (97,41%). Dopo Caltagirone, è toccato a Gela, dove il "no" all'alleanza ha ottenuto il 96,2%.
Risultato nettissimo anche in alcuni comuni della provincia di Enna: 4.876 i "no", 141 i "sì". Nel comune capoluogo hanno votato 2.945 militanti e simpatizzanti. I "no" sono stati 2.825, i sì appena 107. Si è votato in altri cinque comuni della provincia: Valguarnera Caropepe, Regalbuto, Pietraperzia, Barrafranca e Nissoria.
Feroci le reazioni dei vertici PD collaborazionisti con il governatore inquisito per mafia. I dirigenti, non potendo più in alcun modo indorare la pillola, hanno scelto la via dello scontro con la loro stessa base. All'insegna di parole d'ordine antipopolari, come il referendum è un "atto di insubordinazione", è uno "strumento impropriamente utilizzato", hanno tentato, inutilmente, di impedire le consultazioni, hanno commissariato il circolo del PD di Caltagirone, hanno minacciato fuoco e fiamme. Invano, perché la base che aveva deciso di votare, ha votato ugualmente, stroncandoli.
Le polemiche hanno investito anche il gruppo dirigente del partito. Il rais piddino catanese Enzo Bianco, ex-sindaco del capatoluogo etneo, vedendo il rischio di estinzione della sua base elettorale, s'è schierato a favore dei referendari e contro il commissariamento del PD calatino. A favore del referendum anche l'europarlamentare Rita Borsellino.
Ma nell'area facente capo al segretario regionale Lupo e al senatore Lumia, principale sostenitore dell'alleanza con Lombardo, non ci sono ripensamenti, anche se appare evidente a tutti, persino ai vertici del PD, che la strada dell'alleanza strategica, politica ed elettorale, con Lombardo, intrapresa a tutti i costi dalla dirigenza regionale del PD, non ha alcuna certezza di potersi realmente concretizzare nelle amministrative del 2011. Le pressioni dei deputati regionali del PD, che minacciano l'uscita dal governo se il "Terzo polo" si alleerà con il PDL anziché con il partito di Bersani, non hanno smosso di una virgola il governatore che non ha ancora scoperto fino in fondo le sue carte elettorali. E, considerate le interviste recentemente rilasciate dal segretario regionale del PD, Giuseppe Lupo, le dichiarazioni anti-PDL dei deputati regionali del partito di Bersani, non nascono certo da una preclusione politica e ideologica nei confronti del partito del neoduce. Il PD siciliano si dichiara persino prontissimo a sedere in un "governo di unità regionale" accanto ai golpisti berlusconiani.
Rispondendo alla suddetta proposta unitaria lanciata dal presidente dell'Ars, Francesco Cascio, PDL, lo dice chiaramente Lupo: "Spero che il suo partito tenga in gran conto il suo auspicio e abbandoni le barricate, l'ostruzionismo pregiudiziale, il muro contro muro che ha fatto tanto danno alla Sicilia e accetti il confronto con le forze della maggioranza che sostengono il governo".
Non c'è verso, da qualunque parte si guardi questa vicenda l'unica conclusione logica a cui era possibile arrivare e a cui sono arrivati la base del PD e gli antimafiosi siciliani è una: i vertici piddini siciliani sono stati comperati da Lombardo e non vogliono staccarsi dalla poltrona, costi quel che costi.
Una strada comunque senza ritorno perché, ammesso che Lombardo non scarichi il PD alle prossime amministrative per tornare col PDL, ammesso che si arrivi al "governo di unità regionale", come può la base del PD, insorta contro questa mostruosa alleanza, votare disciplinatamente per gli uomini del governatore inquisito? E, se i numeri del dissenso sono questi, non saranno certo i termini della nuova legge elettorale per gli enti locali, in approvazione al Parlamento siciliano fra qualche giorno, e sulla quale i deputati del PD hanno messo lo zampino per approvare norme che consentano ai loro candidati di raggranellare qualche voto, a salvare il partito di Bersani dalla batosta elettorale in Sicilia.
Comunque sia, Lombardo se ne deve andare adesso e il modo migliore e più veloce per mandarlo a casa è far leva su una mobilitazione di piazza che veda impegnate le masse lavoratrici, pensionate, disoccupate, precarie, studentesche, i sindacati e i movimenti, le forze politiche, sociali, culturali, religiose antifasciste, antimafiose, democratiche e progressiste.

16 febbraio 2011