A "Raiuno" da buon trotzkista non perde l'occasione per attaccare Stalin e il socialismo
Il giullare del regime capitalista fa un peana della costituzione borghese anticomunista
Grande sforzo di Benigni per riportare nelle istituzioni le masse che se ne sono allontanate

C'è stato un coro pressoché unanime di commenti entusiastici allo spettacolo di Roberto Benigni dedicato alla Costituzione, "La più bella del mondo", andato in onda su Raiuno il 17 dicembre scorso con grande successo di ascolti. A cominciare dallo stesso governo Monti, per bocca del suo rappresentante messo alla direzione della Rai, Gubitosi, che nel lodare l'esibizione di Benigni come un modello da seguire per il rilancio dell'azienda, ha rivelato di aver concordato già dall'agosto scorso, insieme alla presidente Tarantola, questa operazione mediatica in un incontro a Firenze con il comico toscano. Il portavoce dell'associazione Articolo 21, Beppe Giulietti, ha proposto addirittura di nominarlo senatore a vita. Il manifesto trotzkista ha esaltato il suo lungo monologo come una "dichiarazione d'amore alla Costituzione" da parte di un "pinocchio civico", e il liberale ex fascista Eugenio Scalfari, in un suo editoriale su la Repubblica del 30 dicembre, lo ha raccomandato neanche troppo scherzosamente sia a Monti che a Bersani, chiunque dei due vada a Palazzo Chigi, come "vicepresidente del Consiglio con delega alla Costituzione. Scrivetelo nelle vostre agende. Sarebbe una magnifica innovazione".
Ciò rivela come in realtà l'esibizione di Benigni non avesse nulla di sincero e di spontaneo, ma fosse un'operazione ben studiata e molto subdola, che si prefiggeva dei precisi obiettivi politici dietro l'esaltazione pura e semplice della Costituzione "più bella del mondo". A cominciare da una sporca opera di revisionismo storico, quando per ricostruire la genesi della Costituzione del 1948 è partito dal periodo tra le due guerre mondiali, accomunando in un'unica condanna Hitler, Mussolini e Stalin e stabilendo un'indegna equivalenza tra il nazifascismo e il socialismo allora rappresentato dall'URSS: "Dal '19 al '45 - ha detto infatti Benigni - l'Europa ha conosciuto contemporaneamente il trionfo del fascismo di Mussolini, del nazismo di Hitler e il comunismo di Stalin, nulla di più tenebroso. Tutti e tre insieme, mai nella storia dell'umanità, tutti e tre insieme in Europa hanno prodotto più dolore, morte e distruzione e infelicità di tutti i tempi, una cosa spaventosa". E poi, per rafforzare la sporca equivalenza da lui istituita, che sembrava presa di peso dal famigerato "Libro nero del comunismo" o copiata dalle più viscerali filippiche anticomuniste di Berlusconi, ha aggiunto: "Tre dittature, tre totalitarismi terribili, non si deve fare differenza, uno peggio uno meglio: terribili tutti!".

Riabilitazione dei fascisti e dei capi storici della DC
Da buon trotzkista, come già aveva fatto con il film della sua svolta borghese e clericale, "La vita è bella", in cui per ingraziarsi il pubblico americano e guadagnarsi l'Oscar aveva compiuto un altro vergognoso falso storico facendo liberare Auschwitz dai carri armati americani anziché dall'Armata Rossa, ha finto di "scordare" che la sconfitta del nazifascismo si deve principalmente all'URSS socialista sotto la guida di Stalin, senza il cui apporto e sacrificio decisivi Hitler e Mussolini avrebbero potuto trionfare e la storia d'Europa avrebbe potuto avere ben altro corso. La stessa guerra di Liberazione, dopo la quale è nata la Carta del 1948, fu mossa e ispirata dalla vittoriosa resistenza dell'Armata Rossa alle orde nazifasciste fino ad allora ritenute invincibili, a partire dalla gloriosa epopea di Stalingrado che ispirò la sollevazione operaia del marzo 1943 alla Fiat, primo storico episodio della nascente Resistenza in Italia. E il maggior contributo di sacrifici e di sangue alla sua conclusione vittoriosa fu dato dai partigiani comunisti che si ispiravano all'URSS e a Stalin.
Ma questo Benigni si è guardato bene dal ricordarlo. Invece, da quell'abile trasformista e leccapiedi di regime che è ormai diventato ha preferito lanciarsi addirittura in una sporca e disgustosa difesa e riabilitazione dei fascisti repubblichini, per i quali ha invocato "grande pietà e rispetto", perché "sono i nostri fratelli italiani". Non per nulla, a commento di questa sua veemente tirata antistalinista e anticomunista, il manifesto trotzkista ha chiosato compiaciuto: "Antitotalitario contro Hitler, Mussolini e Stalin, con più leggerezza di Violante a suo tempo invita al riaffratellamento storico".
Non contento ancora, facendo l'esaltazione dei "nostri padri costituenti che erano dei giganti, profetici, ci hanno fatto volare, hanno scritto una cosa immensa, grandiosa", Benigni ha spinto la sua opera di falsificazione della storia fino a riabilitare anche la memoria dei padri storici della Democrazia Cristiana: a cominciare da "De Gasperi, uno dei più grandi statisti di tutti i tempi", e poi "Giorgio La Pira, un santo", "Amintore Fanfani, un gigante anche lui" e "quel ragazzo pugliese di 29 anni che fece l'impianto della Costituzione, Aldo Moro"; e perfino Andreotti per lui è degno di figurare nel Pantheon dei "padri costituenti".
Tra costoro non ha mancato neanche di citare i presidenti DC della Repubblica, come il golpista Segni e il corrotto Leone. Insomma, proprio tutti coloro che dopo il colpo di Stato del 1947 che pose fine ai governi dell'alleanza antifascista riabilitarono e rimisero ai loro posti i fascisti inaugurando un ferreo regime clericale e anticomunista, basato sulla repressione delle lotte operaie e contadine da parte della polizia di Scelba e sull'epurazione e la persecuzione dei comunisti nelle fabbriche e nell'amministrazione pubblica. Non solo cioè Benigni non è più anticlericale da gran tempo, ma ormai non è più nemmeno antidemocristiano: è un liberale della "sinistra" borghese corrotto dal sistema capitalista e dai suoi privilegi, fino al punto di mettere il suo talento istrionesco al servizio prezzolato della più ottusa e viscerale propaganda anticomunista.

Inno alla Costituzione formale, silenzio su quella materiale
Con la lettura e il commento dei primi 12 articoli della Carta del 1948, infarcito fino all'insopportabile di stucchevoli sdilinquimenti mistici ed esclamazioni iperboliche come "meravigliosa", "poetica", "bellissima", "unica al mondo" e via tromboneggiando, l'attore toscano ha poi sciolto un vero e proprio peana alla Costituzione borghese. Avrebbe almeno potuto cogliere l'occasione per denunciare le discrepanze e le contraddizioni stridenti tra la Costituzione formale e quella materiale, tra i principi da essa pomposamente enunciati e la loro effettiva negazione nella pratica economica, politica, civile e sociale del Paese. Ma questo non era neanche lontanamente nei suoi intenti. Quello che gli interessava era raccontare una favola buona per imbonire le masse, dipingere un mondo immaginario e perfetto di un Paese veramente "democratico", il nostro, dotato della "Costituzione più bella del mondo" ("la Costituzione ci protegge da qualsiasi cosa", ha detto infatti a un certo punto), dentro il quale riconoscersi tutti quanti in pace e senza distinzioni di classe, ricchi e poveri, lavoratori e capitalisti, sfruttati e sfruttatori, e da accettare quindi a scatola chiusa, senza ribellarsi: "La democrazia non è il popolo che va in piazza", ha detto infatti nel cantare le lodi dell'articolo 1, una "poesia" grazie alla quale a suo dire "ognuno di noi è un re, siamo tutti sovrani".
Egli stesso, sapendo di avere la coda di paglia, a un certo punto ha cercato di nascondere la sua sfacciata ipocrisia dietro una battuta, dicendo che "quando entrerà in vigore questa Costituzione sarà un mondo meraviglioso", ammettendo quindi che i principi annunciati nella prima parte sono solo vuote parole che non sono mai state applicate nella realtà. Lo ha notato anche il comico suo amico, Paolo Rossi, che in un'intervista a l'Unità ha ricordato di aver già fatto prima di lui uno spettacolo sulla Costituzione, ma al contrario di quello di Benigni il suo aveva "la presunzione di togliere un velo di ipocrisia, allora, quello che separa un mondo di ottime parole e principi da una realtà che dice altro". Del resto che Benigni non sia nuovo a queste contraffazioni Rossi lo fa capire ricordando che anche Monicelli gli rimproverò a suo tempo di aver fatto arrivare per primi i carri armati americani invece dei russi a liberare i campi di sterminio, contro ogni evidenza storica.

Atteggiamento ipocrita e truffaldino
Allo stesso modo truffaldino, parlando dell'articolo 2, da lui definito "l'articolo dell'eguaglianza", ha citato come esempio negativo di falsa eguaglianza "la gente dei paesi dell'Est che andava per la strada a capo basso, grigia e vuota", e "i film sul comunismo", mentre con questo articolo i padri costituenti "hanno fatto diventare realtà un sogno: l'eguaglianza e la solidarietà".
E così via per tutti gli altri articoli: come l'articolo 3, che secondo lui ci rende "tutti uguali di fronte alla legge", anche se "sappiamo che non si può essere tutti uguali, chi è più bello e chi è più brutto, chi è più ricco e chi è più povero": appunto! O l'articolo 7, da lui straesaltato perché "sancisce il principio della laicità dello Stato", e al tempo stesso difende "i grandi tesori che ci porta la religione", che è la "libertà delle libertà" a cui i costituenti "dovevano dare un grande peso e glielo hanno dato". Fingendo con ciò di non vedere che avendo recepito i Patti lateranensi col fascismo questo articolo ha aperto la porta al Vaticano per ingerirsi negli affari interni dello Stato e negare nei fatti quella "laicità" proclamata a parole.
È lo stesso atteggiamento ipocrita che Benigni ha usato parlando dell'articolo 11, esaltandolo a paroloni perché "ripudia la guerra", "una cosa meravigliosa", che "non ce l'ha nessuno al mondo", che "ci avvicina al mondo", neanche fosse un articolo internazionalista. Ma poi si guarda bene dal denunciare che tutti i governi italiani, di destra e di "centro-sinistra", lo hanno calpestato nei fatti con il sangue attraverso le missioni militari interventiste nella Federazione jugoslava, Afghanistan, Iraq, Libano e Libia. Inoltre ha esaltato la giustezza della seconda parte dell'articolo che dichiara la disponibilità della Repubblica italiana a partecipare a missioni di guerra sotto l'egida dell'Onu.
Ma dove Benigni ha dato veramente fondo alla sua piaggeria di giullare del regime capitalista neofascista è stato con l'esaltazione in chiave nazionalista e patriottarda dell'articolo 12, quello che definisce il tricolore come bandiera della Repubblica, il suo "preferito", quello che lo manda "al manicomio", e che "è sempre lo stesso dall'unità d'Italia ad oggi": "E poi si dice che gli articoli della Costituzione non vengono attuati!", ha avuto la sfrontatezza di commentare. Impossibile non vedere qui la continuità con la comparsata patriottarda che fece al festival di Sanremo del 2011 per celebrare i 150 anni dall'Unità d'Italia, presentandosi su un cavallo bianco al suono dell'inno di Mameli e sventolando il tricolore.

Giullare di regime e mistificatore di professione
Benigni insomma è un giullare di regime e un mistificatore di professione, e non è nuovo a queste operazioni di maquillage istituzionale del regime neofascista a cui si presta ben volentieri ricevendone in cambio elogi sperticati e compensi milionari.
Nella fattispecie il suo compito con lo spettacolo di Raiuno, sponsorizzato da Napolitano, dal governo Monti e dall'intero vertice della Rai presente al gran completo in teatro, era quello di riaccreditare le istituzioni borghesi facendo argine alla cosiddetta "antipolitica", cioè lo schifo delle masse per la corruzione dei politicanti borghesi cavalcato anche dal demagogo Grillo, riportare al voto l'elettorato tendenzialmente astensionista e recuperare gli antagonisti al sistema capitalista. Non a caso si è scagliato con particolare foga contro i "due nemici della Costituzione", che sono "l'indifferenza alla politica", incitando ad "amare la politica" e a "non confondere l'istituzione con chi la rappresenta in quel momento", e l'astensionismo, che lui definisce impropriamente non voto, perché "anche tra due terribili ce n'è sempre uno meno peggio", e perché "la cosa più terribile è chiamarsi fuori, non votare".
Da qui il suo richiamo ai "padri costituenti", alla Costituzione e al tricolore, per cercare di saldare la frattura sempre più profonda tra le masse e le istituzioni borghesi. Anche la prima parte dedicata a sfottere la nuova discesa in campo del neoduce Berlusconi non aveva nulla di genuino, e serviva in realtà a predisporre favorevolmente il pubblico verso la Costituzione presentata implicitamente come un argine al suo ritorno, oltre che a far risaltare positivamente per contrasto Monti e i suoi ministri, presi in giro assai più bonariamente del cavaliere piduista.
La sua esaltazione della Costituzione è stata tanto più ipocrita in quanto egli sa benissimo che i solenni principi in essa sanciti, o sono principi dichiaratamente borghesi, classisti e perfino anticomunisti, come quello che sancisce la proprietà privata e quindi l'intangibilità del sistema capitalista, o sono formalmente democratici ma mai applicati nella realtà, o sono addirittura stati ormai stracciati o stravolti di fatto: basti pensare, solo come esempi recenti, all'inserimento del pareggio di bilancio obbligatorio nella Costituzione modificando l'articolo 81, o allo stravolgimento presidenzialista dell'articolo 59, un vero e proprio golpe bianco compiuto da Napolitano abusando dei suoi poteri per nominare Monti senatore a vita.
Del resto lo stesso Benigni si è lasciato sfuggire che la Costituzione "si può cambiare", sia pure correggendosi subito dopo precisando "nella seconda parte". Che infatti è stata già cambiata abbondantemente anche in maniera formale, oltre che di fatto anche nella sua prima parte. Tanto da far sì che oggi si può ben dire che la Carta del 1948 non esiste più - come dimostriamo nell'articolo ad hoc pubblicato su questo numero de Il Bolscevico - e che al suo posto c'è già una Costituzione materiale in tutto e per tutto conforme al regime capitalista, neofascista, presidenzialista, federalista e interventista dominante.

9 gennaio 2013