Berlusconi: "Occorre un patto eccezionale tra maggioranza e opposizione per cambiare l'assetto istituzionale"
"Ho fatto un passo indietro per avviare il confronto tra i partiti"
"Monti ha avuto il mio appoggio"

Anche se ha dovuto lasciare palazzo Chigi il neoduce Berlusconi è tutt'altro che uscito di scena e non manca di ricordarlo con interventi mirati e in ben precisi momenti politici. Non solo quando si tratta di far sentire tutto il suo peso politico nelle scelte più importanti del governo Monti, ricordandogli con incitamenti o con minacce di essere pur sempre il suo "maggior azionista", ma anche quando è il momento di lanciare segnali alle altre forze politiche per indirizzare l'agenda verso i temi che più gli stanno a cuore.
È questo il caso, per esempio, della recente intervista al settimanale Gente, con cui è ritornato a bomba sul tema prediletto della controriforma presidenzialista della Costituzione, da attuare in tempi rapidi e attraverso un accordo bipartisan con i partiti del "centro-sinistra": tema che aveva già lanciato in grande stile con un'altra intervista compiacente il 5 febbraio scorso, quella al quotidiano neofascista Libero, che aveva avviato l'inciucio in corso con il PD di Bersani e con l'UDC-Terzo polo di Casini, Fini e Rutelli sulla "riforma" elettorale e istituzionale. L'intento è quello evidentemente di tenere i suoi interlocutori sulla corda e non lasciare che il tema passi in secondo piano a causa delle urgenze dettate dalla crisi economica e dall'agenda di governo.
Per prima cosa, però, ha dovuto rassicurare il destinatario principale dei suoi inviti, il PD, circa i suoi programmi futuri, in particolare sulle sue eventuali mire al Quirinale: "Non è vero che penso al Quirinale come al mio futuro", ha esordito perciò il neoduce smentendo con aria solenne le mai sopite voci di una sua possibile candidatura a salire sulla poltrona di Napolitano quando tra un anno scadrà il suo mandato. Una dichiarazione che comunque non gli costa nulla, dal momento che tutti sanno quanto valgano per lui le promesse solenni. Tant'è vero che non ci rinuncerebbe perché semplicemente azzoppato dall'aggravarsi della crisi e dai numerosi scandali e processi in corso, ma, bontà sua, solo perché "preferisce" passare alla storia come colui che avrà avuto un ruolo importante nel rendere "finalmente governabile questo Paese" attraverso un "cambiamento dell'assetto istituzionale", cogliendo il momento favorevole della pausa della contrapposizione tra centrodestra e centrosinistra". Dopodiché, aggiunge, "il mio impegno in politica potrebbe concludersi con questo successo".
È insomma di nuovo il Berlusconi che si vanta del suo ruolo "disinteressato" di "statista", come ha fatto tante altre volte, quello che si rivolge con aria suadente al PD e al Paese dalle pagine di Gente. "Per cambiare davvero l'Italia - prosegue infatti il nuovo Mussolini - occorre qualcosa di eccezionale, un accordo tra maggioranza e opposizione che, profittando di un comune sostegno a un governo di tecnici, realizzi quelle riforme che una parte politica da sola non può realizzare". In altre parole quelle "riforme" istituzionali che rafforzino il bipolarismo, perché oggi come oggi "i due partiti più grandi devono per forza allearsi con i più piccoli, che poi li condizionano", e che completino la transizione piena e formale dalla repubblica parlamentare alla repubblica presidenziale, perché "chi vede la situazione politica dal di fuori non può immaginare quanto siano contorti i meccanismi che la regolano e la paralizzano".
Anzi, sottolinea il neoduce, è proprio per favorire questo disegno che a novembre, "pur avendo la maggioranza nelle due Camere, d'accordo con la direzione del mio partito, decisi di fare un passo indietro nella speranza che, con un governo tecnico, si potesse avviare un confronto tra maggioranza e opposizione per approvare quelle riforme indispensabili per la governabilità del Paese". Si vanta cioè di non essersi dimesso perché costretto dal precipitare della crisi economica e finanziaria del Paese, dai mercati finanziari, dalla Ue, dalla Bce e da Napolitano, ma di sua spontanea volontà per sbloccare la strada, con il governo Monti sostenuto anche dall'"opposizione", alla controriforma neofascista e presidenzialista della Costituzione. Tant'è vero questo che ha voluto ben rimarcare: "Monti, di cui conoscevo la serietà e la competenza, ha avuto il mio appoggio".
Queste dichiarazioni di Berlusconi smentiscono ancora una volta e più chiaramente che mai quanti lo dipingono come un uomo politicamente finito, ormai occupato unicamente a salvarsi la buccia dalle numerose pendenze giudiziarie che lo assediano e non più in grado di dettare l'agenda politica del Paese. Certamente l'impunità dai suoi processi è una condizione irrinunciabile del suo appoggio a Monti, così come del resto l'intangibilità del suo impero mediatico privato e del suo controllo politico sulla Rai. Sappiamo benissimo che senza il patto segreto di ferro con Monti e Napolitano che glielo garantisce, non avrebbe mai accettato di sloggiare da Palazzo Chigi. Non ci vuol molto a capirlo: basta pensare alla prescrizione del processo Mills, alla sentenza della Cassazione favorevole a Dell'Utri, al disegno di legge della ministra Severino che sta per abolire il reato di concussione (salvandolo così dall'accusa principale al processo Ruby), mentre reintroduce la legge-bavaglio sulle intercettazioni e conferma la responsabilità civile per i giudici anche per "manifesta violazione del diritto".
Ma questo non esaurisce affatto il suo ruolo politico, che è e rimane sempre quello di completare la controriforma neofascista, presidenzialista e federalista della Costituzione, secondo il piano della P2 di cui egli è pur sempre il principale referente, anche se non l'unico. Così come sempre forti sono i poteri e gli interessi che egli rappresenta ancora all'interno della classe dominante borghese in camicia nera. Ed è stupefacente, sotto questa luce, la facilità con cui la "sinistra" borghese, ossia il PD liberale di Bersani (ma anche in una certa misura le sue coperture a sinistra SEL e FDS), si presti al suo gioco accettando di inciuciare sulla legge elettorale e sulle "riforme" istituzionali neofasciste e presidenzialiste, sotto il patrocinio ufficiale di Napolitano e Monti e quello occulto della P2.

9 maggio 2012