Col furbo discorso di Onna accogliendo un invito dell'ingenuo Franceschini
Il nuovo Mussolini si appropria della Resistenza svuotandola dell'antifascismo
Berlusconi vuol trasformare la Festa della Liberazione in "Festa della libertà"
Battersi per un nuovo 25 Aprile
Sono anni che ad ogni ricorrenza del 25 Aprile si tenta di svuotarlo dalla sua anima antifascista, sminuire e perfino criminalizzare la Resistenza e in particolare i partigiani delle Brigate Garibaldi, esaltare per contrasto il ruolo dell'esercito regio badogliano e degli Alleati nella liberazione dell'Italia dal nazi-fascismo, e infine per riabilitare i boia fascisti repubblichini in nome della "pacificazione nazionale" e della "memoria condivisa". L'obiettivo è quello di riassorbire la Festa della Liberazione nel regime neofascista e trasformarla in un rito istituzionalizzato di stampo nazionalista, patriottardo e tricolore come il 2 giugno e il 4 novembre, affinché ne sia cancellata per sempre la memoria e l'esempio di resistenza e di lotta al fascismo sotto qualsiasi veste si ripresenti.
In queste sporche manovre si è particolarmente distinto il Quirinale, prima con Ciampi e ora con il rinnegato Napolitano. Non a caso quest'anno, come due anni fa a Cefalonia sulle orme del suo predecessore, questi ha voluto celebrare il 25 Aprile non in luogo simbolo della Resistenza partigiana, bensì a Mignano Monte Lungo (Caserta), teatro di una battaglia a cui partecipò l'esercito Regio a fianco delle truppe Alleate.
Ma quest'anno c'è stato un elemento in più e del tutto inatteso, che ha fatto fare purtroppo un grave progresso allo svuotamento e snaturamento del 25 Aprile. Ed è stata la partecipazione, per la prima volta, del neoduce Berlusconi, che grazie anche ai mass-media di regime ha sfruttato l'occasione facendone un balcone di Palazzo Venezia per un furbo "discorso alla nazione" con cui si è appropriato della Festa della Liberazione, svuotandola dell'antifascismo e riempiendola di nazionalismo, patriottismo, interventismo, liberalismo e anticomunismo.
Il paradosso è che a spianargli la strada e a sdoganarlo anche come "antifascista" è stato proprio il neo segretario del PD Franceschini, che lo aveva "sfidato" (non si capisce se più per miope ingenuità o per incallita vocazione inciucista di stampo veltroniano) a partecipare insieme a lui alla manifestazione di Milano. Al nuovo Mussolini non deve essere parso il vero di cogliere questa insperata occasione per infiltrarsi e occupare anche questo spazio finora a lui precluso. E lo ha fatto dimostrando molta più furbizia di Franceschini, accettando cioè l'"invito" a partecipare alle celebrazioni ma non certo nella piazza ostile di Milano, bensì nel già collaudato palcoscenico mediatico abruzzese di Onna, al riparo da qualsiasi contestazione e con le telecamere tutte per lui.
È così che, ostentando il fazzoletto tricolore della Brigata "Maiella" al collo, ha potuto tenere impunemente un comizio sulla Liberazione in cui è riuscito a non pronunciare mai le parole partigiani e antifascismo, salvo una volta: per dire che senza i soldati alleati "il sacrificio dei nostri partigiani avrebbe rischiato di essere vano" e per dire che nel dopoguerra "il valore prevalente fu per tutti l'antifascismo, ma non per tutti l'antitotalitarismo" (leggi anticomunismo). Come del resto non ha pronunciato mai le parole fascismo o nazi-fascismo, ma le ha sostituite col termine totalitarismo, per includerci anche l'Urss socialista di Stalin, equiparandola così alla Germania di Hitler ed evitando allo stesso tempo di pronunciare una condanna esplicita del fascismo e di Mussolini.
La sua celebrazione della Resistenza e dei suoi artefici è poi consistita tutta nel ricordare il padre rifugiato in Svizzera ("costretto ad espatriare per non essere arrestato...") e la madre che "rischiò la vita per salvare una donna ebrea..."; nonché tutta una sfilza di soggetti, dall'esercito badogliano al carabiniere Salvo D'Acquisto, dai preti alla Brigata ebraica. E tutto ciò, come abbiamo già detto, senza mai nominare i partigiani, come se li avesse già cancellati dalla storia. In compenso si è molto impietosito sui fascisti repubblichini, "che hanno combattuto dalla parte sbagliata sacrificando in buona fede la propria vita ai propri ideali e ad una causa già perduta". Affrettandosi poi a sottolineare che è ora di finirla con i "miti" resistenziali perché "occorre ricordare anche le pagine oscure della guerra civile, anche quelle nelle quali chi combatteva dalla parte giusta ha commesso degli errori, si è assunto delle colpe".
Il resto del disgustoso comizio lo ha dedicato, come Vittorio Emanuele Napolitano, a invocare la costruzione di un "sentimento nazionale unitario" per "un nuovo inizio della nostra democrazia repubblicana" (leggi terza repubblica) e ad esaltare l'esercito interventista e le sue missioni di guerra all'estero, proclamando una pelosa "continuità" tra i caduti in queste avventure militariste e imperialiste con i caduti della Resistenza.
Infine ha dichiarato che vuol far cambiare nome al 25 Aprile, da Festa della Liberazione a "Festa della libertà". Sottintendendo libertà dall'antifascismo e dal comunismo, che per lui sono i veri nemici di oggi. Uno spudorato tentativo di mettere il marchio del nuovo partito fascista, il suo Pdl, sulla Festa della Liberazione dell'Italia dal nazi-fascismo.
Ma quel che più indigna di questa ignobile farsa neofascista è vedere la rincoglionita "sinistra" borghese congratularsi col nuovo Mussolini per la sua "svolta", che ora si vanta di averlo convinto a ritirare il disegno di legge del Pdl sull'istituzione dell'Ordine del tricolore che equipara i reduci repubblichini ai reduci partigiani, e già si culla nell'illusione di un Berlusconi ritornato "statista" e disponibile a dialogare con l'opposizione sulle "riforme" costituzionali: "Mi fa piacere - ha dichiarato infatti Franceschini - che finalmente, dopo 14 anni di silenzio, il premier abbia celebrato i valori del 25 Aprile. Ma adesso sia conseguente. La Costituzione, nata dalla resistenza, si può cambiare solo con il consenso di tutte le parti politiche".
Persino il "disincantato" Scalfari ha concesso un'apertura di credito a Berlusconi, scrivendo su la Repubblica del 26 aprile che "la svolta è comunque avvenuta. Bisogna ora vedere se i seguiti saranno conformi al nuovo inizio e intanto rallegrarsene": un segnale inquietante della pervasività del potere seduttivo che il neoduce è capace di esercitare sulla "sinistra" borghese e sull'intero sistema dell'informazione, anche quella teoricamente a lui avversa.
Per gli antifascisti e tutti i sinceri democratici, invece, questa sporca vicenda deve suonare come un'ulteriore e più allarmante conferma della pericolosità del nuovo Mussolini. E della necessità sempre più impellente di unire le forze per suscitare un nuovo 25 Aprile nel Paese ispirato allo spirito e all'esempio degli eroici partigiani, per opporsi al disegno neofascista e piduista che sta attuando nel Paese e buttarlo giù prima che sia troppo tardi.

29 aprile 2009