Ignorando il pronunciamento del referendum dell'87
Berlusconi annuncia la costruzione di quattro centrali nucleari entro il 2020
I contribuenti pagheranno una tassa di 12 miliardi di euro. In pericolo la sicurezza e la salute della popolazione
Calpestando la volontà della stragrande maggioranza del popolo italiano che nel referendum del 1987 bocciò con una valanga di "sì" la costruzione delle centrali nucleari nel nostro Paese, il nuovo Mussolini ha annunciato la costruzione di 4 centrali nucleari la prima delle quali sarà operativa entro il 2020.
L'annuncio l'ha dato il 24 febbraio al termine del vertice italo-francese tenutosi a Villa Madama che tra le altre cose ha riguardato la firma di un accordo fra Berlusconi e Sarkozy che prevede la partecipazione italiana nella costruzione di una centrale Oltralpe, ma anche l'avvio delle procedure per realizzare nel nostro Paese - grazie alla tecnologia francese - quattro impianti atomici di terza generazione.
"Dobbiamo svegliarci dal nostro sonno, perché il futuro è nell'energia rinnovabile è nel nucleare - ha chiosato Berlusconi in conferenza stampa - Eravamo protagonisti del nucleare negli anni '70, poi per il fanatismo ideologico di una parte politica abbiamo interrotto la costruzione di due centrali che erano vicine ad essere completate" ha tuonato il neoduce contro gli oltre 20 milioni di elettori che 22 anni fa rifiutarono di convivere con le centrali nucleari.
I termini dell'accordo, controfirmato dall'amministratore delegato di Enel Fulvio Conti e dal presidente e direttore generale di Edf Pierre Gadonneix, prevedono una collaborazione tra l'Enel e il gruppo francese Edf per la ricerca, la produzione di energia nucleare e lo stoccaggio delle scorie e prevede anche la costruzione di quattro centrali con la tecnologia dei reattori di classe Epr (European Pressurised Reactors). In cambio l'Enel potrebbe entrare con una quota del 12,5% nel progetto per la costruzione di un secondo reattore nucleare a Penly, in Normandia.
Berlusconi ora vuole stringere i tempi per una fulminea approvazione del disegno di legge sullo sviluppo che, all'articolo 14, affida all'esecutivo le deleghe in materia di nucleare. Non solo! Il nuovo Mussolini pur di portare a termine il suo progetto ha annunciato che ignorerà le proteste di chi si oppone al nucleare a cominciare dalle Regioni che in un documento inviato al governo il 22 ottobre scorso hanno già manifestato la propria contrarietà all'ipotesi nucleare. Non a caso al ddl sullo sviluppo economico in discussione al Senato è stato inserito al punto f dell'articolo 14 la possibilità per il governo di decidere d'autorità in caso di mancato accordo con gli enti locali. Inoltre è previsto che entro il 30 giugno prossimo il governo dovrà varare un decreto con i criteri morfologici e geologici che dovranno avere i nuovi siti. E non è escluso che in essi ci possano rientrare i quattro impianti dismessi (Trino Vercellese, Caorso, Latina e Sessa Aurunca sul Garigliano). Anche perché il piano del governo prevede che due centrali siano costruite al Nord, una al Centro e una al Sud. E soprattutto perché, dal momento che i nuovi impianti nucleari basati sull'Epr hanno bisogno di molta acqua per il raffreddamento, i siti più "idonei" sono quelli localizzati in prossimità dei laghi. Mentre i costi stimati sono di oltre 3 miliardi di euro per ogni centrale per un aggravio complessivo che peserà sulle tasche dei contribuenti per oltre 12 miliardi.
Non a caso, proprio per mettersi al riparo dalle sicure e sacrosante proteste delle popolazioni, già l'anno scorso appena rimesso piede a Palazzo Chigi il nuovo Mussolini aveva avviato una mistificante campagna stampa a favore del nucleare sostenuta a spada tratta dal ministro dello Sviluppo Claudio Scajola e dalla presidente di Confindustria Emma Marcegaglia secondo cui il nucleare di terza generazione sarebbe "sicuro", "pulito" e soprattutto "economico" e consentirebbe non solo di raggiungere gli obiettivi di Kyoto ma "renderebbe indipendente il nostro paese dalle importazioni di fonti energetiche".
In realtà, come conferma una recente e documentatissima inchiesta del quotidiano britannico "The Independent", le centrali nucleari di nuova generazione che la Gran Bretagna progetta sul modello di quelle francesi, sono più pericolose, in caso di incidente, di quelle vecchie che andrebbero a sostituire. Il giornale ha messo le mani su una serie di documenti interni all'industria del nucleare dai quali emerge che, sebbene i nuovi European Pressurised Reactors (Epr) siano meno esposti al rischio di guasti, in caso di incidente la fuoriuscita di radiazioni sarebbe assai superiore e potrebbe causare il doppio delle vittime. Un rapporto redatto dalla stessa società francese Edf rivela che l'emissione di isotopi radioattivi di bromo, rubidio, iodio e cesio sarebbe quattro volte maggiore rispetto a un reattore tradizionale. Un altro studio della società di smaltimento Posiva Oy sostiene invece che l'emissione dell'isotopo iodio 129 sarebbe ben sette volte maggiore.
Circa i costi occorre considerare anche lo smaltimento delle scorie e lo smantellamento di fine esercizio della centrale. In tal modo il nucleare diventa la fonte più costosa per la produzione del fabbisogno energetico di un Paese.
A sostenerlo è il fisico Angelo Baracca che nel suo libro fresco di stampa intitolato "L'Italia torna al nucleare" dimostra che: "con le centrali nucleari si produce solo energia elettrica. Ma l'elettricità è solo un quinto dei nostri consumi energetici. Oltre l'80% dell'energia che consumiamo per i trasporti o per l'agricoltura non è elettrica. Le centrali nucleari, quindi, non risolverebbero il nostro problema: continueremo a importare petrolio. La Francia, che produce il 78% della sua energia elettrica con il nucleare, importa più petrolio di noi".
Inoltre, aggiunge Baracca: "Non è vero che in Italia si produce poca elettricità. Abbiamo una potenza installata che supera del 30% la domanda di elettricità. Solo che il sistema è inefficiente e quindi la nostra elettricità è la più cara d'Europa. Ma se anche fosse vero che abbiamo bisogno di altra energia elettrica, potremmo decidere di fare come la Spagna dove, in un anno, sono stati creati impianti eolici per 3.500 megawatt: come 2 centrali e mezzo. La costruzione di questi impianti costa meno e ha coinvolto l'industria spagnola con ricadute positive sull'economia. Oppure potremmo fare come le Germania che punta sul solare, pur avendo meno sole. È questione di scelte". E poi per quanto riguarda i tempi di messa in opera, i costi e la sicurezza degli impianti "Bisogna considerare una decina d'anni per avere l'opera finita, anche se c'è chi dice che una centrale si costruisce in 5 anni. In Europa ci sono due centrali in costruzione come quelle che dovremmo importare in Italia: una è in Finlandia, l'altra in Francia. Quella finlandese è iniziata 3-4 anni fa e ha già accumulato 2 anni di ritardo e un aumento di costi di 2 miliardi di euro. Il problema è che una centrale nucleare ha esigenze tecnologiche altissime. Anche i materiali, come il cemento o l'acciaio, devono essere di qualità superiore. Le industrie finlandesi non sono in grado di soddisfare questa esigenza. Pensiamo a cosa potrebbe accadere in Italia dove la Italcementi ha dato cemento taroccato anche per le grandi opere". Infine va detto che: "Dopo il referendum sul nucleare dell'87, l'Italia ha smantellato tutto. All'Enea ci sono una quarantina di dipendenti con le competenze giuste, ma un terzo sono occupati a smaltire le centrali chiuse e quasi tutti sono prossimi alla pensione. Il resto è personale a contratto. Possiamo gestire le centrali con i co.co.pro?".

11 marzo 2009