Per imporre la sua controriforma neofascista della giustizia e sottomettere la magistratura, come chiede anche il "venerabile" Gelli
Berlusconi: "subito e anche da soli cambieremo la costituzione"
Con l'attacco ai marxisti-leninisti lancia un sinistro segnale al PMLI
Il governo ha una solida maggioranza in parlamento e nel Paese e la userà per cambiare la Costituzione anche da solo. E lo farà subito, cominciando con la "riforma" della giustizia per mettere sotto controllo la magistratura.
Questo il proclama neofascista che Berlusconi ha lanciato il 10 dicembre intervenendo come ospite d'onore alla presentazione dell'ennesimo libro dell'anchorman di regime Bruno Vespa, a coronamento dell'offensiva che da alcuni giorni il suo guardasigilli Alfano e il suo avvocato di fiducia Ghedini avevano scatenato sulla controriforma della giustizia, sfruttando come pretesto la vicenda del cosiddetto "scontro" tra le procure di Napoli e di Catanzaro sulle inchieste scippate al pm De Magistris.
I due fedeli scagnozzi del neoduce avevano pronto un piano per un primo assaggio di controriforma da far approvare subito al parlamento, addirittura entro Natale, in attesa della più corposa separazione delle carriere, che prevedeva intanto forti limitazioni ai poteri di indagine dei pubblici ministeri (pm), da trasferire alla polizia giudiziaria alle dipendenze del ministero dell'Interno, cioè del governo, e la drastica limitazione delle intercettazioni, da ridurre ai soli casi di mafia e terrorismo, escludendo cioè l'enorme bubbone della corruzione politica. Lo "scandalo" pilotato ad arte dello scontro tra procure, con il discredito gettato sull'intera magistratura e l'esplosione della questione morale nelle file del PD sono caduti come manna dal cielo per il neoduce, che non vuole farsi sfuggire l'occasione per mettere una volta per tutte il morso e i paraocchi governativi alla magistratura.
Tutto questo senza preoccuparsi troppo del consenso dell'"opposizione", del resto sempre più cointeressata a limitare il potere della magistratura inquirente, perché sempre più coinvolta anch'essa in scandali e inchieste giudiziarie a carico di suoi leader nazionali, governatori di regione, sindaci e amministratori locali. Come dimostra il fatto che abbia mandato il suo ministro ombra della Giustizia ad incontrare Alfano, mentre Veltroni si è spinto addirittura a proporre alla maggioranza di arrivare insieme a concludere la "riforma" della giustizia nel giro di 60 giorni.
Ad ogni buon conto Berlusconi ha messo le mani avanti per far capire bene che lui è deciso ad ottenerla con o senza il contributo del PD: "Per fortuna il governo ha una vasta maggioranza in parlamento e i sondaggi ci danno ragione", ha detto il premier rivendicando come al solito la "volontà popolare" per legittimare come "democratiche" le sue misure neofasciste e poter dire, come ha detto, "io credo che dobbiamo andare avanti come ci chiedono gli italiani di fare". Questo significa che "siete pronti a cambiare anche da soli la Costituzione?", gli ha chiesto Vespa. "La Costituzione si cambia. I cittadini hanno la possibilità di giudicare quelle che saranno le nostre decisioni, che saranno prese con due votazioni successive distanziate da sei mesi in ciascuna delle Camere e i cittadini decideranno alla fine, come popolo sovrano se quella riforma potrà funzionare o meno. Io credo che questa sia la democrazia e che nessuno possa farci il minimo appunto se noi funzioneremo in questo modo", gli ha risposto Berlusconi raccogliendo prontamente l'assist del ruffiano di regime.
Il neoduce ha quindi ribadito a Vespa la sua intenzione di procedere come un rullo compressore sulla controriforma giudiziaria, fino alla separazione delle carriere tra i giudici e i pm, anche a colpi di maggioranza e vincendo il referendum popolare che ne deriverebbe. Una dichiarazione in perfetta sintonia con le dichiarazioni di Licio Gelli fatte pochi giorni prima in due interviste, in cui il "venerabile" della P2, oltre a ricordare ancora una volta e con maggiori dettagli l'affiliazione di Berlusconi alla sua loggia massonica, ha detto esplicitamente che il suo "piano di rinascita democratica" è già pienamente realizzato, "o quasi", e che a suo coronamento manca solo, guarda caso, "la divisione delle carriere giudiziarie".
Quanto alla "opposizione" parlamentare, se ci sta e accetta di aprire un tavolo in parlamento per trattare la controriforma alle sue condizioni, tanto meglio, se no il governo andrà avanti da solo. In ogni caso Berlusconi ha ribadito sdegnosamente che non parteciperà a questa eventuale trattativa, ma la lascerà fare ai suoi tirapiedi: "non si può dialogare con chi ti accusa di essere Hitler, di essere il dittatore argentino Videla, con chi ti accusa di essere il diavolo e di non poter dire una parola quando si parla di moralità pubblica", ha detto infatti il neoduce spiegando che "la sinistra italiana è una sinistra non democratica, non riformista, non rispettosa degli avversari". E al finto stupore di Vespa per un giudizio tanto drastico ha aggiunto: "Io non accetto di poter parlare con questo tipo di persone che ieri il nostro onorevole Paolo Bonaiuti ha detto sono dei vecchi marxisti-leninisti. Condivido totalmente questa affermazione, ci vuole un cambio di generazione per poter avere in Italia una sinistra socialdemocratica. Io fin quando sarò al governo non mi siederò mai a un tavolo con codesti individui. In parlamento i gruppi possono tranquillamente collaborare. Io so quali sono le mie pertinenze e so quali sono le pertinenze del parlamento".
In questa accusa al PD è ravvisabile certamente un attacco strumentale per delegittimare il suo gruppo dirigente, forzarlo a rompere i legami con i "giustizialisti" alla Di Pietro e accettare il "dialogo sulle riforme" alle sue condizioni. Tuttavia non c'è solo questo. Da sempre il neoduce usa questi toni da "guerra fredda" con la "sinistra" borghese quando la vuol tenere sotto schiaffo e trattare da posizioni di forza. Però finora aveva sempre usato il termine "comunista", mai "marxista-leninista", che è molto più specifico e non attribuibile nemmeno a partiti falsi comunisti come il PRC e il PdCI (che infatti lo rifiutano sdegnosamente, mentre si fregiano ancora dell'aggettivo "comunista"), figuriamoci ai rinnegati e riformisti del PD.
Quello di Berlusconi puzza quindi di attacco trasversale all'unico Partito marxista-leninista esistente di nome e di fatto oggi in Italia, proprio guarda caso in concomitanza con il suo 5° Congresso nazionale. È un sinistro avvertimento ai suoi veri e più strenui oppositori, quelli che non hanno paura - al contrario della "sinistra" borghese rimbambita e imbelle, se non suo zimbello - di chiamare neofascista questo regime e di denunciare lui come il nuovo Mussolini. E che pongono di conseguenza la sua caduta in cima agli obiettivi prioritari e urgenti che indicano al proletariato e alle masse popolari italiane.

17 dicembre 2008