Per lo scandalo Mediatrade la Procura di Roma vuole processarlo insieme ad altri 11 imputati
Berlusconi a giudizio per evasione fiscale
Mentre incombe la prescrizione

Mentre a Milano nell'ambito del processo Mills Berlusconi incassa l'ennesimo proscioglimento per prescrizione del reato e attacca "il tribunale speciale" meneghino che "si ostina ad andare avanti con il processo Ruby che neppure doveva cominciare", a Roma, il 16 febbraio, la Procura ha chiesto il rinvio a giudizio per l'ex premier e altri 11 imputati accusati a vario titolo di evasione fiscale, violazione delle norme tributarie e costituzione di fondi neri all'estero nell'ambito del procedimento Mediatrade inerente la compravendita dei diritti televisivi.
Alla sbarra rischiano di finire anche il figlio, Piersilvio Berlusconi, vicepresidente Mediaset, il produttore Frank Agrama, il consigliere di amministrazione Pasquale Cannatelli, l'ex ad di Rti Andrea Goretti, i manager sempre di Rti Gabriella Ballabio, Daniele Lorenzano, Giorgio Dal Negro, Roberto Pace e Guido Barbieri e due donne cinesi, Paddy Yiu Mei Chan e Katherine Chun May Hsu, coinvolte nella compravendita a prezzo maggiorato di alcune pellicole.
L'indagine romana, condotta dal procuratore aggiunto Pier Filippo Laviani e dal sostituto Barbara Sargenti, è una costola di quella milanese che si è conclusa il 10 ottobre scorso con il rinvio a giudizio di tutti gli imputati, compresi il presidente di Mediaset, Fedele Confalonieri, e il vicepresidente, Pier Silvio Berlusconi, e il proscioglimento dell'ex premier: decisione quest'ultima contro cui è ricorso in Cassazione il Pubblico ministero (Pm) De Pasquale.
A convincere i Pm romani delle responsabilità di Berlusconi in prima persona sono stati alcuni testimoni e i loro racconti sul sistema in Rai, ma anche in Mediaset. Uno di questi è Giancarlo Leone, l'ad di Rai Cinema. Durante l'interrogatorio il figlio dell'ex presidente della Repubblica ha difeso l'operato della Rai, cercando di far luce anche sui meccanismi che invece utilizzava Mediaset per far lievitare i prezzi dei prodotti acquistati dalle major americane, le società di intermediazione: "A differenza di quanto accadeva in Mediaset - ha verbalizzato Leone - la Rai effettuava l'80% degli acquisti da produttori indipendenti (...) Mediaset spendeva quasi il doppio rispetto alla Rai per l'acquisto dei film, noi producevamo anche in proprio... almeno il 70% di quello che andava in onda, Mediaset solo il 30". Ed è proprio Leone a convincere i Pm che l'ex premier non sia affatto estraneo alla vicenda quando afferma che: "Prima della creazione di Rai Cinema era la direzione Rai che si occupava dell'acquisto dei prodotti dalle major, che negoziavano direttamente con propri responsabili vendita americani... i corrispondenti italiani si occupavano solo di pubbliche relazioni. Facevano loro i prezzi e noi ci adeguavamo". Il quadro offerto da Leone sarà oggetto di verifica nella nuova inchiesta, condotta dallo stesso Pm Sargenti, sull'acquisto di filmati a prezzi maggiorati proprio da Rai Cinema. C'è un unico grande accusatore nelle due inchieste: il produttore Silvio Sarli. A suo dire il meccanismo che portava alla lievitazione dei costi, sia da Mediaset che dalla Rai, era identico. "Film da 50 mila dollari venivano acquistati anche a 400 milioni".
La competenza della Procura romana è relativa soltanto agli anni 2004-2005, quando la sede sociale di Rti si trasferì a Roma. Secondo i Pm, in quegli anni Silvio Berlusconi ha raccomandato ai manager delle società Mediaset di confermare le relazioni d'affari con Agrama, che dagli anni Ottanta ha sottratto fondi a Mediaset per 170 milioni di euro, restituendone una gran parte a manager del gruppo dopo che i soldi erano transitati su conti esteri. Secondo gli inquirenti gli indagati, in concorso tra loro, al fine di evadere le imposte sui redditi, hanno posto in essere un sistema di frode che consisteva nella sovrafatturazione dei diritti di trasmissione di film e fiction acquistati da major statunitensi come la Paramount. I diritti venivano acquistati da Mediatrade, Rti e Fininvest a prezzi gonfiati, tramite società di comodo riconducibili a Frank Agrama e altri intermediari. Parte delle somme sborsate, attraverso la triangolazione con aziende con sede in Estremo Oriente, venivano poi fatte rientrare in Italia.
Secondo i Pm il meccanismo della frode, che portava a registrare in bilancio valori in perdita, è servito ad ottenere detrazioni fiscali e a formare fondi neri. Nel periodo 1999-2004 le sole società di Agrama avrebbero emesso false fatture per 195 milioni. Le false fatturazioni avrebbero consentito a Fininvest di indicare, per conto di Rti, un credito Iva di circa 7,8 milioni nella dichiarazione dei redditi 2004, e di circa 8,5 milioni per l'anno successivo. I costi per i diritti televisivi sarebbero stati invece gonfiati di oltre 22 milioni di dollari nel 2004 e di 26,5 milioni nel 2005. Nel 2005 Fininvest avrebbe anche realizzato un'evasione dell'imposta sui redditi di 2,7 milioni.
Cionostante va detto che anche questa inchiesta, qualora dovesse arrivare a dibattimento, deve fare i conti con la mannaia della prescrizione che è già dietro l'angolo. Nell'aprile 2012 infatti decade il reato di frode relativo alle compravendite contabilizzare nel 2004. Nello stesso mese del 2013 cadrà in prescrizione la parte contabilizzata nel 2005. Inoltre la frammentazione dell'inchiesta con un processo già in corso a Milano e una richiesta di rinvio a giudizio di tutti gli imputati che per ora ha risparmiato Berlusconi, e il procedimento in corso nella Capitale, rischiano di aggiungere altra confusione e generare altri cavilli giudiziari a favore di Berlusconi il quale non perde occasione per attaccare il "Tribunale speciale di Milano che vuole far fuori Berlusconi dalla politica e distruggerlo come persona".

14 marzo 2012